giovedì 4 febbraio 2016

Aborto spontaneo: entità del problema

       In Italia i casi di aborto spontaneo vengono individuati come interruzioni involontarie di gravidanza avvenute entro il 180° giorno compiuto di amenorrea (ovvero 25 settimane e 5 giorni). I casi di espulsione del feto dopo il 180° giorno vengono registrati come casi di nati morti. Le definizioni adottate dai vari Paesi non sono omogenee e questo pone problematiche di confronti internazionali.
       Le statistiche ufficiali rilevano i casi per i quali si sia reso necessario il ricovero in istituti di cura sia pubblici che privati. Quindi quelli non soggetti a ricovero, quali ad esempio gli AS che si risolvono senza intervento del medico o che necessitano di sole cure ambulatoriali, non vengono pertanto rilevati.
       Nel corso del tempo si è assistito ad un incremento del casi di aborto spontaneo in Italia: da 56.157 casi del 1982 si è arrivati a 75.457 nel 2004 (ultimo dato disponibile), pari ad una crescita del 34%. Si parla quindi di 130 casi di aborto spontaneo ogni 1000 nati vivi.
       Alcuni studi hanno ricostruito il rischio di aborto spontaneo per generazioni e si è osservato che le donne delle giovani generazioni hanno un rischio maggiore rispetto alle donne della stessa età e con lo stesso numero di gravidanze delle generazioni più vecchie. Questo può essere imputato a diversi fattori di tipo genetico, ambientale, oppure legati agli stili di vita, ma solo con indagini ad hoc si riesce a valutare l’impatto di questi fattori sul rischio di aborto spontaneo.
       Considerando comunque solo l’età e il numero di gravidanze precedenti come fattori legati al rischio di aborto spontaneo, è stato rilevato che la figura più a rischio è la donna primipara tardiva, ovvero oltre i 35 anni.

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