giovedì 30 giugno 2016

Incontinenza in gravidanza, come contrastarla

        L’incontinenza durante la gravidanza è un disturbo molto più comune e diffuso di quanto potremmo immaginare: moltissime donne, infatti, sono colpite da problemi di incontinenza urinaria durante la gestazione, ovvero di fuoriuscita improvvisa e indesiderata di urina, sebbene non si senta la necessità di urinare.
        Si parla di una percentuale non elevatissima: l’incontinenza in gravidanza riguarda circa il 10% delle donne in stato interessante, che si presenta soprattutto nell’ultimo trimestre, per cause che possono dipendere per lo più dall’eccesso di peso e pressione che va dall’utero alla vescica, determinando anche una minore tonicità del perineo e della vescica e, pertanto, la perdita di urina. Capita che la gestante perda involontariamente urina anche durante uno starnuto o un colpo di tosse: ciò è determinato dalla complessiva rilassatezza del muscolo, che può determinare questo problema.
        Tranquille, però! Non si tratta di un disturbo che si presenterà per tutta la vita, ma è per lo più un problema che si presenta soprattutto verso la fine della gravidanza. È però molto importante cercare di fare in modo che il bimbo non prema troppo sul pavimento pelvico, per evitare l’insorgenza di lacerazioni durante il parto. I rimedi sono per lo più preventivi: è infatti necessario evitare troppi sforzi, mantenere il peso ‘normale’ e ridurre il consumo di cibi particolarmente piccanti, che potrebbero dare vita a problemi intestinali. Via libera anche agli esercizi di Kegel, particolari esercizi per potenziare i muscoli del perineo: con questi piccoli rimedi, l’incontinenza in gravidanza si può prevenire e contrastare!

Consigli PMA, ci pensa Eleonora Mazzoni

         Al giorno d’oggi, per molte coppie che non riescono ad avere figli in maniera naturale, l’unico metodo perché la donna rimanga incinta è quello dato dalla procreazione medicalmente assistita. I due metodi più diffusi sono: la fecondazione omologa, valida per quelle coppie che possono utilizzare i loro stessi gameti; e la fecondazione eterologa dedicata invece alle coppie che necessitano di gameti esterni.
         Il percorso della PMA non è molto semplice, né dal punto di vista fisiologico, né sotto il profilo psicologico: molte coppie devono affrontare diversi tentativi prima di raggiungere l’obiettivo prefissato, e le continue visite, gli esami, i test, spesso mettono a dura prova anche la psiche della coppia, talvolta riflettendosi anche sul rapporto stesso.
Картинки по запросу fecondazione in vitro         Eleonora Mazzoni, nel suo manuale dal titolo “In becco alla cicogna”, edito dalla casa editrice biglia Blu, ha deciso di raccontare il suo percorso che, alla fine, le ha concesso di diventare mamma.
         Tra i consigli che emergono nel suo libro, una attenzione particolare è dedicata al rapporto di coppia: infatti, è molto importante, secondo la Mazzoni, cercare di trovare un punto d’incontro, approfondire il rapporto con il partner, affrontare il discorso dell’infertilità senza colpevolizzarsi, e prendersi per mano in questo percorso così importante. Solo così, e con il sostegno delle persone più care, si potrà affrontare degnamente questo percorso e giungere ad un equilibrio di coppia e individuale che aiuterà a vivere meglio anche eventuali esiti negativi.

Volare in gravidanza, i possibili rischi

        Generalmente, a parte condizioni fisiche particolari – e comunque sempre sotto stretto consiglio medico – i viaggi non sono vietati, anzi: in molti casi si consiglia alla futura mamma di trascorrere il periodo della dolce attesa nella maniera più serena possibile e pertanto tenendo in considerazione l’esigenza e la necessità di rilassarsi, anche grazie alla piacevolezza di un viaggio.
        Pertanto, volare in gravidanza è assolutamente possibile e non ci sono né rischi né controindicazioni per la futura mamma ed il bebè: ciò, ovviamente, vale a patto che la gravidanza proceda bene e che non vi siano grossi problemi di salute per i quali può essere richiesto e indicato il riposo assoluto.
        Viaggiare in aereo con il pancione si può, almeno fino alla 36esima settimana (o 32esima nel caso di gravidanza gemellare): superato questo periodo, molte compagnie aeree decidono di non dare il permesso al decollo, in quanto temono di correre il rischio che il travaglio avvenga durante il volo.
        I consigli, però, sono quelli di evitare spostamenti troppo lunghi, o quantomeno cercare di limitare la lunghezza di percorso di volo: un volo non dovrebbe durare più di quattro ore, anche perché la gestante potrebbe avere delle necessità diverse da una donna in condizioni normali, ed è bene non affaticare troppo  i muscoli.
        Talvolta accade che le compagnie di volo decidano di richiedere alla donna in dolce attesa un certificato medico dopo le 28 settimane: in questo certificato dovrebbe essere dichiarato dal medico che la mamma ed il feto godono di buona salute, e che non ci sono controindicazioni né rischio di parto prematuro.
        In ogni caso, per evitare di incorrere in problemi, è bene verificare le regole stabilite dalla compagnia aerea con cui si vola.

Scienza: da cellule della pelle prodotti ovociti e spermatozoi

Ottenuti ovociti e spermatozoi
       Secondo la ricerca condotta da un team di studiosi spagnoli e statunitensi – a partire dall’Istituto Valenciano de Infertilidad n Spagna e la Standford University – potrebbe essere possibile riprodurre marcatori compatibili con le cellule germinali a partire dalle cellule della pelle. Queste cellule, riprogrammate, potrebbero dare vita ad una soluzione importante per tutte quelle coppie infertili, ovvero quelle coppie che non hanno l’opportunità reale di produrre gameti (ovociti e spermatozoi).
       Ad oggi, queste coppie possono ricorrere alla fecondazione eterologa – che finalmente in Italia è possibile, eticamente e legalmente, da due anni circa – ma a causa dello scarso numero di donazioni, le liste d’attesa nei centri pubblici e privati continuano ad allungarsi, generando attese lunghissime per queste coppie.
Ovociti e spermatozoi       Grazie allo studio condotto dai ricercatori – e pubblicato sulla rivista Scientific Reports – le cellule epidermiche potrebbero portare alla produzione di gameti, dando così alle coppie la possibilità di concepire. Al momento, gli studi condotti sui topi hanno portato risultati di successo, ma è necessario proseguire con le ricerche e le sperimentazioni per capire se questa strada possa essere percorsa anche per combattere l’infertilità nell’uomo, manipolando le cellule della pelle per portare alla normale produzione di ovociti e spermatozoi.

Successo fecondazione assistita ridotto con bisfenolo A

Fecondazione assistita bisfenolo A
       Il bisfenolo A è una sostanza che si trova per lo più in alcuni contenitori che vengono utilizzati per uso alimentare: si calcola che ogni anno circa 7,7 milioni di tonnellate di prodotti chimici siano state realizzate anche con questa sostanza, un numero abbastanza rilevante che potrebbe essere determinante per il successo della fecondazione assistita.
       A rivelarlo sono gli studiosi dell’Università di Harvard, coordinati da Jorge Chavarro: secondo i risultati di questa ricerca – che è stata resa nota sulla rivista Nature reviews endocrinology e che ha coinvolto circa 20 anni di studi dell’endocrinologo del Missouri, Fred vom Saal – gli effetti di questa sostanza sul sistema riproduttivo possono essere devastanti.
Successo fecondazione assistita       Andrebbe quindi effettuato un controllo maggiore sulle dosi di bisfenolo A impiegate nella produzione di contenitori alimentari: si parla non solo di recipienti in plastica, ma anche di bottiglie e lattine, che ogni giorno albergano sulle nostre tavole e nelle nostre dispense e di cui, ovviamente, facciamo sempre un largo uso.
       I danni del bisfenolo A interessano le persone con livelli di estrogeni e di ormoni alterati per via di questa sostanza, e si applicano anche sul sistema immunitario dei feti e dei bambini piccoli. Ma, soprattutto, il bisfenolo può essere dannoso, se non letale, per gli embrioni utilizzati per la procreazione medicalmente assistita, ai quali può provocare addirittura la morte.

mercoledì 29 giugno 2016

Indagine su PMA rivela: basse percentuali di successo, ecco perché

Indagine su Procreazione Assistita
        Nell’indagine su PMA si rivela, quindi, l’identikit di tutte quelle coppie che, all’età di 40 anni circa e con un lavoro stabile che consente loro di avere la possibilità (finalmente) di mantenere un figlio, non riescono a concepire in maniera naturale e decidono quindi di rivolgersi alla tecnica della fecondazione assistita in Italia.
        La fecondazione assistita – di cui, sappiamo, vi sono diverse tecniche e differenti metodi a seconda delle difficoltà di procreazione – è quell’insieme di metodi che vengono utilizzati dalle coppie che non riescono ad avere un figlio attraverso rapporti mirati e che, dopo un percorso doloroso di accettazione del problema, decidono di affrontare anni di peripezie mediche e farmacologiche che solo nel 22% dei casi riescono a dare a queste coppie la risoluzione del problema.
        Ma quali sono le motivazioni per le quali queste coppie non riescono ad avere figli? Perché per loro è così difficile procreare, anche con l’aiuto della procreazione medicalmente assistita?
    Indagine su PMA
  1. Età avanzata: le coppie che hanno circa 40 anni di età (in media si parla di 39,8 anni per gli uomini e di 36,7 anni per le donne) hanno maggiori difficoltà a procreare anche perché attendono più a lungo prima di rivolgersi ad uno specialista (e il percorso si allunga per le persone meno istruite).
  2. I costi: il prezzo della felicità per queste coppie è molto alto, ed anche per questo motivo talvolta è impossibile, per molti aspiranti genitori, affrontare un percorso di procreazione medicalmente assistita. C’è chi chiede in prestito del denaro, chi si rivolge ai centri pubblici, e chi risparmia prima di potersi ‘permettere’ la realizzazione del sogno: in ogni caso, i tempi si dilatano, rendendo quindi sempre più difficile il successo della fecondazione assistita.
  3. Problemi psicologici, che spesso possono trasformarsi in problemi di coppia: gli aspiranti genitori che vorrebbero avere un figlio, si trovano a dover affrontare un grande disagio che è l’impossibilità di procreare in maniera naturale. La sensazione di ‘diversità’ che si respira all’interno della coppia crea un enorme disagio psicologico, che potrebbe far diventare il percorso di PMA molto più lungo e complesso.

Citomegalovirus in gravidanza, rischi e pericoli

        Il citomegalovirus è un virus che determina una infezione, spesso senza alcun tipo di sintomo: secondo le stime, infatti, il 10% delle persone che vengono affette da questo virus presentano sintomi molto simili a quelli di una banale influenza, motivo per cui è molto difficile diagnosticare la presenza di questa malattia. Allo stesso tempo, ciò significa che la malattia non è dannosa e generalmente non provoca danni.
       Lo stesso non si può dire per il citomegalovirus durante la dolce attesa: infatti, chi contrae questa infezione in gravidanza potrebbe correre qualche rischio, e l’infezione, attraversando la placenta, potrebbe contagiare il feto provocando diversi danni.
Citomegalovirus in gravidanza       Non è assolutamente detto che una gestante che contrae la malattia possa infettare anche il bambino: i rischi, infatti, sono molto variabili a seconda del tipo di infezione (per esempio, se è la prima volta che si contrae il virus oppure si tratta di una seconda infezione): nel caso in cui il virus colpisca per la prima volta la futura mamma, c’è un rischio di trasmissione pari a 3 su 10; nel caso di seconda infezione, 2 casi su 100.
       Poiché spesso questa patologia è stata già contratta prima della gravidanza, i rischi si abbassano notevolmente. In ogni caso, per ridurre al massimo la possibilità di contrarre il virus, è bene prestare attenzione a determinati fattori di rischio, come ad esempio:
  • Stretto contatto con bambini sotto i 3 anni;
  • Scarsa pulizia ed igiene delle mani;
  • Saliva, urina, sangue e feci infette.

Caso Antinori, una modella tra le 23 donatrici

Caso Antinori        La donazione di ovuli che avrebbe effettuato la modella milanese nella clinica in cui operava Severino Antinori, non sarebbe stata una vera e propria donazione: sebbene il ministro Lorenzin avesse più volte sottolineato l’importanza di evitare il commercio di ovuli attraverso un rimborso spese, nella clinica Matris si operava in tutt’altra maniera.
Infatti, secondo le indagini, ben 23 donne avrebbero donato i loro ovuli alla clinica in cui operava il ginecologo, dietro un lauto rimborso spese. La modella, però, ha negato di aver fatto la donazione ma anche la stessa terapia di preparazione, quel ‘bombardamento ormonale’ necessario per rendere utile il trattamento perché spaventata dalle richieste di approfondimento effettuate alla clinica: “Ho domandato se potevo interrompere la cura nel caso in cui avessi iniziato a star male. Hanno risposto che non se ne parlava neanche, se il contratto partiva dovevo arrivare fino in fondo. Allora ho rinunciato.”, queste le parole della modella che, così, ha deciso di non andare fino in fondo.
        Inizialmente, alla modella erano stati offerti 1500 euro di rimborso spese per la donazione dei suoi ovuli, ma successivamente questi soldi erano aumentati fino a 2mila euro. In ogni caso, però, all’ultimo momento la donazione non è più avvenuta, perché la modella ha deciso di rinunciare ad un facile guadagno a costo della sua incolumità e del rispetto degli altri.

Secondo bebè, nuovi arrivi in famiglia

        Ma, a seconda dell’età del primo figlio, spesso è molto difficile trovare le parole giuste per dire al fratellino del secondo bebè: tendenzialmente è più facile con i bambini di una certa età, perché riescono a comprendere ‘meglio’ cosa sta accadendo, anche se la delicatezza non è mai troppa. Un primogenito potrebbe reagire ‘male’, ovvero con una certa gelosia, alla notizia del secondo bebè in arrivo, perché immediatamente portato a pensare che il nuovo arrivato voglia usurpare il suo posto di figlio unico.
        Pertanto, è bene puntare ai punti forti della situazione, cercando di mostrare al bambino tutti i vantaggi che potrebbero derivare dal nuovo arrivo in famiglia, senza dimenticare che questo è un momento molto delicato, nel quale il primogenito ha bisogno di conferme e deve essere tenuto in alta considerazione, sia da mamma che da papà.
Secondo bebè        Per evitare che la gelosia la faccia da padrona, bisogna trattare il bimbo con affetto e conferme, il più possibile: è importante affrontare questo momento con il sorriso, in maniera giocosa e serena, perché il bambino non si senta escluso e non voluto bene come il fratellino in arrivo.
        Un altro punto importante da tenere in considerazione è il coinvolgimento del figlio maggiore nelle cure del neonato: le mamme possono cercare di far sentire utile il bambino coinvolgendolo nelle cure dedicate al fratellino, e quindi facendosi aiutare a mettere la crema, il ciuccio, a cambiare il pannolino, e tutti i vari rituali di cura del neonato potrebbero essere eseguiti alla presenza del più grande, che andrà ricoperto di complimenti ed orgoglio per il suo comportamento da fratello maggiore.

Fecondazione in vitro eterologa, una opportunità in più

Caratteristiche fecondazione in vitro eterologa

Fecondazione in vitro eterologa caratteristiche
       Ma quali sono le caratteristiche della fecondazione in vitro eterologa? A parlarne è il Professor Ermanno Greco, che ha accettato di discutere di questo tema così delicato ed allo stesso tempo importante, con Il Mattino, giornale a cui ha indicato le caratteristiche principali di questo tipo di tecnica a cui si ricorre a fronte di una difficoltà evidente nel concepire.
       La fecondazione eterologa è quel tipo di fecondazione assistita in cui si utilizzano i gameti esterni alla coppia, per fattori variabili, come ad esempio menopausa, età della donna avanzata, riduzione delle riserve ovariche o patologie genetiche. In questo caso, quindi, si utilizzano ovociti e sperma esterno alla coppia, che vengono coltivati in laboratorio e, successivamente, vengono impiantati nell’utero della donna, sperando in percentuali abbastanza elevate (si parla di circa il 65% di gravidanza ottenuta grazie al trasferimento di due embrioni attraverso semplice transfer eco guidato dell’embrione senza prelievo ovocitario).
fecondazione in vitro eterologa       Il successo del trasferimento è determinato da diversi fattori, non ultima l’età della donatrice: per questo motivo, è necessario che la donatrice non abbia più di 35 anni, anche se le migliori opportunità di successo si registrano in donatrici di età massima 32 anni.
       Sia le donatrici che le donne che ricevono l’impianto devono essere sottoposte ad esami specifici, per rendere ancora maggiori le percentuali di successo ma anche per ottimizzare una maggiore sicurezza per chi riceverà la fecondazione in vitro eterologa.

Rischio schizofrenia bimbo se mamma fuma in gravidanza

          Secondo quanto emerge da recenti studi in merito, se la mamma fuma durante il periodo della dolce attesa, c’è un elevato rischio che il bimbo soffra di schizofrenia. Ovviamente, il collegamento tra le patologie del bebè ed i comportamenti (o meglio, i vizi) della futura mamma, sono già abbastanza noti: in particolare, si sa molto bene quanto possano essere dannosi comportamenti come l’abuso di alcol, ma anche il fumo, la vita particolarmente stressante, tutte situazioni che possono provocare alla lunga un serio rischio per la salute ed il benessere del piccolo.
Rischio schizofrenia bimbo          E per tutti questi motivi spesso ginecologi (e medici in generale) consigliano alle gestanti di evitare (o quantomeno ridurre il più possibile) queste abitudini scorrette e dannose. L’ultima ricerca in merito, portata avanti dai ricercatori della Columbia University che hanno effettuato uno studio pubblicato sull’American Journal of Psychiatry, dichiara che il rischio di malattia per il nascituro è decisamente elevato se il bimbo è stato ‘sottoposto’ alle cattive abitudini della mamma in gravidanza, in particolar modo, appunto, alla nicotina. Studiando in particolare 1000 casi di schizofrenia (ed altrettanti sani) nati in Finlandia, è emerso dai prelievi che se la mamma presentava nel sangue elevati livelli di conitina, per il bebè ci sarebbero state alte possibilità di ammalarsi.
          Un problema molto importante, di cui bisogna tenere conto: è fondamentale, quindi, che si comprenda questa situazione per evitare conseguenze spiacevoli ed anche molto gravi.

Flop eterologa in Italia, i problemi della fecondazione assistita

Eterologa Italia       Il primo problema in assoluto riguarda in particolare l’incapacità di reperire gameti. Come sappiamo, la fecondazione eterologa si distingue dall’omologa perché è quel tipo di fecondazione assistita che richiede l’uso di gameti esterni alla coppia: per rendere possibile questo intervento, è quindi necessario che vi siano stati in precedenza donatori disponibili a donare il loro sperma o i loro ovociti, in maniera da garantire alle coppie infertili la possibilità di usufruirne.
       Per motivi difficili da definire, ma in ogni caso abbastanza impegnativi, le strutture non riescono ad adeguarsi alle richieste delle coppie infertili: i gameti mancano, perché mancano le donazioni e, probabilmente, queste ultime mancano perché non vi sono informazioni e incentivi a sufficienza per rendere possibile la fecondazione eterologa in Italia.
Flop eterologa in Italia       In qualche caso, le coppie decidono quindi di rinunciare al lungo percorso in Italia per rivolgersi alle cliniche straniere: questo comportamento, del tutto giustificabile, non fa però che incentivare il turismo riproduttivo, ed in qualche caso rende ancora più importante il costo dell’eterologa visto che, a partire dal suo inserimento nei Lea (Livelli Essenziali di Assistenza), questi cicli dovranno essere rimborsati. Ed a proposito di rimborso, anche quello dei costi è un problema: in alcuni casi il costo dell’eterologa è accettabile, ma nella maggior parte dei casi, invece, i prezzi sono esorbitanti. Per non parlare di un altro aspetto, che potrebbe apparire secondario ma non lo è: il commercio degli ovuli e gli ovuli rubati, che dopo il caso Antinori ha sollevato un polverone nel nostro paese. Ed anche la domanda più importante: si riuscirà a dare alle coppie la sicurezza di potersi affidare a strutture adeguate per l’eterologa nel nostro paese?

Donatori eterologa scarseggiano, le ricerche delle coppie

          Ma cosa accade quando si verifica una situazione del genere? In Italia, come è noto, la sensibilizzazione e l’incentivazione da parte delle forze politiche nei confronti di una donazione volontaria di gameti non è forte e sentita come avviene altrove. In molti paesi stranieri, chi dona i suoi gameti ha diritto ad esami gratuiti, ma anche ad un rimborso spese e alla ‘giustificazione’ per il posto di lavoro: diritti che sembrano così naturali e scontati che ci fanno dimenticare che in Italia, attualmente, la situazione non è questa.
Donatori eterologa          Non solo perché i donatori eterologa non hanno diritto, nella maggior parte dei casi, ad un rimborso spese, ma anche perché manca alla base la sensibilizzazione, e con essa l’informazione, sugli effetti positivi che donare i propri gameti comporterebbe. Inoltre, manca una formazione specifica sull’iter diagnostico e concreto per la donazione di seme e ovociti: ed anche per questo motivo, i donatori sono sempre di meno.
          Senza donazioni è impossibile intraprendere il percorso di fecondazione assistita eterologa. E questo, le coppie, lo sanno molto bene. E per cercare di affrontare questa situazione, le coppie si rivolgono a banche estere, oppure cercano i gameti online.
          Ma anche in questo caso i tempi si allungano, oltre ai costi (esorbitanti) di queste operazioni che rendono ancora l’eterologa in Italia una vera e propria chimera.

Dati Censis su PMA, diventare genitori oggi

Procreazione Medicalmente Assistita
         Coppie infertili, che per un anno hanno provato ad avere figli con rapporti mirati e spontanei senza alcun effetto positivo. Uomini e donne, per lo più di 40 e 37 anni in media rispettivamente, con un livello di istruzione abbastanza elevato ed un livello di occupazione adeguato all’esigenza del tutto fisiologica e psicologica di avere un figlio. Questo è l’identikit degli aspiranti genitori disegnato dai dati Censis che fanno chiarezza su esigenze e necessità delle coppie infertili, secondo un quadro aggiornato dal titolo «Diventare genitori oggi: il punto di vista delle coppie in Pma».
Dati Censis su PMA         I dati importanti, che colpiscono, sono proprio quelli relativi alla proporzionalità tra l’avanzare dell’età e l’avanzare delle richieste per la fecondazione: del tutto normale visto che le donne (ma anche gli uomini, seppur non in egual misura) perdono la loro fertilità con l’avanzare degli anni. Ma ciò che aumenta allo stesso modo è anche il lasso di tempo che intercorre tra la scoperta di soffrire di infertilità e la decisione di rivolgersi al medico: secondo i dati Censis, si arriva alla PMA anche dopo quattro anni di dubbi e sofferenze interiori. E ciò, ovviamente, non fa che aumentare le possibilità di fallimento delle tecniche che, se attuate in tempi più ristretti, potrebbero essere molto più positive in fatto di risultati.

Tinta capelli in gravidanza, i consigli

Tinta capelli in gravidanza         In realtà, sulla gravidanza ruota una serie di luoghi comuni e falsi miti da sfatare, che si sono accumulati nel corso degli anni dando vita a pensieri e idee spesso del tutto sbagliate e controproducenti. Una di queste è proprio quella relativa alla colorazione dei capelli che, secondo le nonne e le bisnonne, non andrebbe fatta durante il delicato periodo della gestazione perché, oltre a contenere una sostanza dannosa come l’ammoniaca, rischia di essere molto pericolosa per il bambino.

         In effetti, questa opinione comune poteva essere vera fino a qualche decennio fa, quando la maggior parte delle tinte in commercio erano composte per lo più di ammoniaca e di sostanze dannose e nocive per la salute del bimbo. Infatti, una sostanza chimica come l’ammoniaca, potrebbe filtrare attraverso il cuoio capelluto ed arrivare fino al feto superando la barriera della placenta: questo significa comunque un pericolo per il feto, pericolo che aumenta soprattutto nei primi 3 mesi di gravidanza, quando si inizia a configurare in pieno lo sviluppo del bambino. In questo caso è quindi molto importante che la futura mamma non tocchi né entri in contatto con queste sostanze, per una sorta di prevenzione della salute del bebè.
Картинки по запросу tinta capelli gravidanza         Per evitare di fare del male al feto, occorre quindi trovare un compromesso. Evitare la tinta nei primi tre mesi di gravidanza, per esempio, ed utilizzare tinte a base di coloranti naturali, prive di sostanze chimiche ed agenti irritanti che potrebbero provocare un serio danno al bebè.


E voi, come vi comportate? Quali sono le azioni preventive che mettete in atto? 
Fonte fecondazioneeterologait