lunedì 30 novembre 2015

Cinque modi per coccolare il bebè nella pancia


       Se aspettiamo un bebè non dobbiamo per forza aspettare di averlo tra le nostre bracca per poterlo coccolare. Ci sono alcuni modi per coccolare il bimbo nella pancia durante i nove mesi di attesa
        Instaurare un profondo e saldo legame con il bambino è importante e si può (e si deve) iniziare sin dalla gravidanza. Si chiama bonding, un termine anglosassone che indica proprio quel legame così speciale che unisce il bambino e i suoi genitori ancora prima della nascita.

       Secondo  Michelle O'Neill, autrice di libri che consigliano pratiche di meditazione in gravidanza, uno dei modi migliori per entrare in connessione con il bambino è scoprire sentimenti che non si sapeva nemmeno di avere dentro di sé. Prendersi il giusto tempo per entrare in contatto con il bebè significa, quindi, portare alla luce speranze e sogni per il bambino, ma anche le proprie paure di diventare mamma, di cambiare e può anche aiutare a capire che tipo di genitore si desidera essere.

Come iniziare a coccolare il bambino nella pancia?

Ecco cinque modi per entrare in contatto con il piccolino
  • Massaggiare la pancia
Ovviamente fare una carezza al pancione vuol dire darla al proprio bambino. Probabilmente tutte dal momento che hanno scoperto di essere in dolce attesa hanno cominciato ad accarezzarsi la pancia, è un'azione istintiva che le future mamme fanno automaticamente. E' un gesto che tranquillizza sia la mamma che il bambino, che a partire dalle 17 settimane può anche farsi sentire con calcetti e pugnetti e rispondere alle coccole ricevute.
  • Ascoltare musica
Qualche studio ha dimostrato che i bambini che ascoltavano melodie semplici mentre erano ancora nel pancione della mamma ricordavano questi suoni dopo la nascita, l'importante è condividere il momento dell'ascolto, mettendosi in relax e scegliendo musica armonica e rilassante come Bach o Haendel.
  • Cantare e parlare al bebè
Parlare con il bambino nella pancia può sembrare sciocco, ma in realtà non lo è affatto. In questo modo lui impara ad abituarsi al suono della voce della mamma e gli studi hanno dimostrato che poi dimostrerà di riconoscere la voce così familiare dopo la nascita. Il ritmo e il tono della voce della mamma, ma anche quella del papà che ha un tono più basso e quindi ancora più piacevole, rassicurano il bambino e lo cullano dolcemente
  • Tenere un diario
Un diario della gravidanza non solo permetterà di registrare ricordi dolci o divertenti, ma è anche un  efficace strumento per elaborare la gravidanza e l'esperienza che si sta vivendo. Invece del diario, un'alternativa carina è quella di scrivere delle lettere destinate proprio al bambino che sta per nascere.
  • Stare in acqua
L'acqua offre un sollievo alla mamma che si sente meno pesante, ma è anche l'elemento naturale del bambino che in acqua sta bene e si diverte!

Fonte http://www.pianetamamma.it/gravidanza/gravidanza-curiosita/come-coccolare-bimbo-nella-pancia.html

La sofferenza fetale

        Una tra le cause di maggiore urgenza per cui si interviene durante il parto è la sofferenza fetale. In sé la parola può indicare diverse casistiche e diverse gravità ma possiamo dire che venga così definito uno stato in cui il battito cardiaco del bambino rimane sotto la norma (che a termine di gravidanza si aggira tra i 120 e i 160 battiti al minuto) per un periodo di tempo prolungato.

Quali possono essere le cause di questa sofferenza fetale?

         Dicevo che può rappresentare diverse casistiche perché associato sia a patologie o malformazioni cerebrali del bambino (già conosciute quindi con le ecografie) sia ad eventi improvvisi durante il travaglio di parto. Nello specifico ciò che causa un'improvvisa sofferenza del bambino è la mancanza di ossigeno e quindi tutte le condizioni che provocano una riduzione del flusso di sangue al cervello del bambino possono portare ad essa. Per citarne alcune tra le più comuni:
  • ipertonia uterina (contrazioni molto intense e molto prolungate del muscolo uterino che provocano la riduzione del passaggio di sangue attraverso la placenta)
  • cordone ombelicale con dei nodi o attorcigliato intorno al collo del bambino.
        Quando si manifesta? E gli operatori come se ne accorgono?
         La sofferenza fetale causata da malformazioni o patologie cerebrali può manifestarsi in qualsiasi momento della gravidanza, tipicamente però sia quella acuta (improvvisa) sia quella di origine patologica si presentano durante il travaglio di parto. Una volta arrivate in ospedale per il parto via appoggeranno due sonde ad ultrasuoni (come quelle per le ecografie esterne) sulla pancia, una misura l'entità delle contrazione l'altra il battito cardiaco del bambino. Il macchinario a cui sono collegate queste sonde, detto cardiotocografo, registrerà i dati su un tracciato e tramite l'interpretazione di questo gli operatori sapranno come sta il vostro bambino.
         Non sempre durante il travaglio è necessario restare collegati al cardiotocografo quindi se non fosse necessario ogni 15-20minuti l'ostetrica si preoccupera' di controllare il battito cardiaco del vostro bambino con una sonda portatile ad ultrasuoni, in modo da avere sempre sotto controllo la situazione.

Cosa accade se si riscontra una sofferenza fetale?

         Molto probabilmente in quei momenti vi verrà spiegato poco, cioè il medico una volta valutato il tracciato e stabilito che il battito cardiaco non va bene, decide di intervenire con un taglio cesareo d'urgenza. La frase tipica che viene detta alle mamme somiglia molto a:"Signora dobbiamo intervenire con un taglio cesareo perché il bambino non sta bene". Potete provare a chiedere, voi o chi vi accompagna, qualche spiegazione in merito ma il mio consiglio è di attendere dopo l'intervento. In quel caso saranno molto più disponibili a rispondere alle vostre domande e spiegarvi con calma ogni cosa vogliate sapere in merito alle ragioni di intervento.

Quali sono le conseguenze a lungo termine di una sofferenza fetale?

         Bisogna distinguere nuovamente i due casi. Se il bambino è affetto dalla patologia cerebrale bisognerà valutare le conseguenze di quella patologia. Cioe' in questo caso non è tanto la sofferenza fetale a causare conseguenze ma la patologia in sé. Se invece parliamo di sofferenza fetale acuta, possono esserci o non esserci conseguenze. Sicuramente più la mancanza di ossigeno è stata prolungata più è probabile che si sviluppi un malfunzionamento di una parte del cervello con possibili ritardi mentali o ritardo di sviluppo cognitivo e motorio. In questo caso va comunque programmato un follow-up, una serie di visite con la sezione di neuropsichiatria infantile perché vi seguano nel percorso della crescita del vostro bambino e possano valutare gli eventuali danni subiti con le relative terapie.
         Per ciò che riguarda la correlazione tra sofferenza fetale e sviluppo dell'autismo in questo momento non esistono sufficienti prove scientifiche a riguardo, soprattutto perché non conosciamo ancora quale sia la causa scatenante dell'autismo stesso. Ci terrei però a rassicurarvi in merito al fatto che i casi in cui si sono presentate conseguenze importanti alla sofferenza fetale acuta sono limitati a periodi di mancanza d'ossigeno veramente prolungata. Tenendo conto che nella maggior parte degli ospedali italiani dalla decisione di fare un cesareo d'urgenza alla nascita del bambino passano dai 7 ai 10 minuti, possiamo cosiderare questo tempo come sicuro perché non vi siano conseguenze a lungo termine.

Fonte http://www.pianetamamma.it/parto/partorire-parto/sofferenza-fetale.html

I vantaggi del parto in acqua


       Tra le modalità di parto sempre più diffuse e richieste dalle future mamme italiane c'è il parto in acqua, come funziona e quali sono i vantaggi?

        Partorire in acqua riduce il dolore delle contrazioni, favorisce il relax della mamma e la naturalità del parto.

        A Roma, presso la clinica Villa Pia, è stata recentemente inaugurata una nuova sala parto estremamente innovativa, con una vasca per il parto, un letto tondo trasformabile, cuscini colorati che la partoriente può usare per vivere nel maggiore comfort possibile i momenti del travaglio, insieme alla sua famiglia. Nella sala parto ci sono anche le liane che permettono alla donna di sorreggersi durante le contrazioni e di cambiare posizione con maggiore facilità.  

       Inoltre durante il travaglio ci sono musiche rilassanti in filodiffusione, aromi e luci finalizzati al raggiungimento del massimo benessere, secondo le più efficacia indicazioni dell'aromaterapia, cromoterapia e musicoterapia.

        Il parto in acqua favorisce l'espulsione del bambino, stimola la produzione di endorfine, che agiscono da antidolorifici naturali, si riducono i tempi di nascita e il rischio di un intervento da parte del medico e per il bambino nascere in acqua è meno traumatico perché il passaggio è dal liquido amniotico all'acqua, la ci temperatura può essere regolata e viene sempre accuratamente filtrata.


       Abbiamo posto al Prof. Riccardo Ingallina, direttore dell’U.O. di Ostetricia e Ginecologi di Villa Pia, alcune domande per capire come funziona il parto in acqua e quali sono i vantaggi di questo tipo di nascita.

1.   Come avvengono il travaglio e il parto in acqua presso la nuova sala parto della clinica Villa Pia?
Il Travaglio e parto in acqua avvengono in modo più naturale di quello ospedalizzato, la partoriente si sente più protagonista ed è sostenuta dalle attenzioni di una ostetrica tutta per lei, dal conforto del marito o del compagno. L'acqua a temperatura idonea consente la liberazione di ormoni che riducono il sintomo doloroso delle contrazioni uterine. A Villa Pia la sala parto detta "sala floreale" è dotata di tecnologia avanzata: vasca, piano del parto e strutture che consentono alla donna di muoversi liberamente e scegliere la posizione più gradita per ogni tempo del parto. Tutto avviene in sicurezza poiché pur non intervenendo se non in caso di necessità, è presente 24h su 24 una equipe costituita da ginecologi, neonatologo ed anestesista.

2.   Ci descriva l'ambiente in cui avviene il parto
L'ambiente della "sala floreale" è molto soft  per l'assenza di rumori e presenze inutili, per la ricercata demedicalizzazione  e la tranquillità che ne deriva. Tutte particolarità volutamente ricercate che consentono alla partoriente di concentrarsi sulle fasi del travaglio come meglio si sente secondo la propria predisposizione all'evento. Ogni due ore la partoriente viene fatta uscire dalla vasca, asciugata può anche bere e mangiare qualche biscotto ed essere informata dei progressi e dei tempi del parto.

3.   Tutte le partorienti possono far nascere il proprio bambino in acqua?
Per l'elegibilità al parto in acqua è operativo in clinica un protocollo condiviso. Non vi devono essere patologie in atto o in precedenti parti, il bambino deve essere unico e presentarsi di vertice. Il parto deve avvenire tra 37 e 41 sett. Questa valutazione viene fatta l'ultimo mese e si stabilisce appunto con il ginecologo e l'ostetrica il cosiddetto "piano del parto". Solo le gestanti a basso rischio valutato in quella occasione e confermato al momento del ricovero sono candidate a questo tipo di parto.

4.   Quali sono i vantaggi della cromoterapia, musicoterapia e aromaterapia nel parto?
La cromoterapia, la musicoterapia e la aromatoterapia sono presidi utilissimi che combinati tra loro e con il calore dell'acqua, che consente anche un'assenza di peso, determinano un senso di benessere e rendono la nascita meno traumatica sia per la mamma che per il neonato il quale viene subito disposto sul torace materno, al caldo. Il suo cordone viene reciso quando smette di pulsare e se non è necessario il neonatologo stesso attende il suo acclimatamento all'ambiente prima di visitarlo. E' molto bello vedere questo contatto che viene mantenuto tra il corpo del neonato e quello della mamma piuttosto che la separazione improvvisa. Questo aspetto viene curato anche nel postpartum e nei giorni successivi quando e come si desidera.

5.   Quanto costa il parto in acqua?
Il parto in acqua non ha un costo. La Clinica Villa Pia situata in Via Ramazzini di fronte all'Ospedale San Camillo di Roma è accreditata presso la Regione Lazio. L'amministrazione ha scelto di venire incontro alle giovani coppie offrendo questa opportunità di un parto umanizzato, più naturale ma sempre in sicurezza. Con coraggio ha investito per questa opera nobile pur non avendo, attualmente, sostegno da parte della Regione Lazio neppure per il parto tradizionale cioè quello più ospedalizzato e più medicalizzato

Fonte http://www.pianetamamma.it/parto/partorire-parto/parto-in-acqua-come-funziona.html

Racconto di un papà in sala parto: Allora è deciso, posso assistere al parto

Allora è deciso, posso assistere al parto di Rosandra, nonostante sia un parto cesareo che è a tutti gli effetti un’operazione chirurgica.

Tutto concordato, ma a un certo punto veniamo separati. Lei è condotta in sala operatoria per la preparazione all’intervento chirurgico, mentre io devo andare dal direttore della clinica e chiedergli l’autorizzazione scritta per poter assistere all’operazione. In quel preciso momento, inesorabilmente, inizio a sentire la tensione capillare su tutti i miei tessuti che pulsa forte con la frequenza cardiaca e senza sosta.
 
Mancheranno ancora 10 minuti, forse 5, oppure 15 o mezz’ora… non lo so, ma io ancora non sono lì, corro al piano superiore a cercare il direttore sanitario, trovo il suo studio, e dopo una breve attesa, finalmente riesco a parlargli e ad ottenere il pezzo di carta che mi permetterà di accedere alla sala parto. Ritorno subito al piano inferiore e raggiungo il corridoio per l’accesso alla sala operatoria, ma non ho idea di cosa fare, con chi parlare, dove poter andare e dove no. C’è un’aria particolarmente inquietante. Attraverso, per errore, una sala travaglio che non era sorvegliata, in cui non sarei dovuto entrare. Finalmente riesco a parlare con un infermiere che ritira la mia autorizzazione e che mi chiede di attendere ancora perché mi devono fornire camice, cuffia, ganti e copri scarpe prima di poter entrare in sala operatoria.
 
Ma nel frattempo cosa sta accadendo? Rosandra dov’è? E’ già iniziato il parto? Potrò veramente assistere o alla fine saranno cambiate le cose? L’attesa, anche se breve, mi sembra interminabile, cerco di controllare le pulsazioni sotto la pelle, ma ogni tentativo razionale è inutile perché sono tutto un fremito, mi giro e mi rigiro, vado avanti e indietro e guardo continuamente intorno a me, fissando chiunque passi per quel corridoio, ammiccando per capire se può darmi più informazioni. Sudo in silenzio. Mi sposto di continuo dalla mia posizione.
 
Non aspetto oltre e trovo da solo la stanza in cui si trova l’occorrente per coprirmi, c’è un’inserviente molto giovane che di fronte alla mia richiesta irruente non indugia un attimo e mi consegna camicia, cuffia, guanti e copriscarpe. Indosso il tutto. C’è un’altra stanza adiacente al corridoio in cui due medici o infermieri parlano tra loro come fanno due normali colleghi di lavoro durante una pausa. E’ la stanza più vicina al limite che non ho ancora osato varcare, dal quale si accede alla sala operatoria in cui si trovano Rosandra e il nostro piccolo ancora immerso nel liquido amniotico all’interno del grembo della sua mamma.
 
Indugio ancora qualche minuto, ma poi ignaro di quel che sta accadendo, mi spingo oltre nel corridoio e mi affaccio nei pressi della sala operatoria. Intravedo medici, infermieri, ma subito vengo avvicinato dalla capo-sala, che mi invita ad allontanarmi, perché non posso entrare. Le spiego che sono autorizzato a farlo, ma lei mi risponde che non è ancora possibile entrare perché si stanno ancora preparando per l’operazione.
 
Torno alla mia attesa nella stanza a fianco, ma la ragione non mi aiuta proprio: c’è qualcosa più forte di me che mi spinge avanti e indietro e mi fa dubitare continuamente che io possa realmente entrare e assistere in diretta a quel che sta per succedere, la venuta al mondo di mio figlio.
 
Continuo a sudare freddo, ma mi rassegno e mi ripeto continuamente in mente che è solo questione di tempo… calma, calma, calma… ma i pensieri e le sensazioni corrono a mille e continuano a pulsare e rimbombare forte in tutto il mio corpo.
 
Finalmente qualcuno (non ricordo nemmeno più chi, forse la caposala) mi dice che è tutto pronto e che posso entrare. Corro nella sala, finto disinvolto.
E’ vero: tutto è pronto e i medici stanno per iniziare a praticare il parto cesareo.
Rosandra è stesa sul lettino al centro della sala.
Da questo momento in poi, ogni tentativo di descrivere le cose in modo razionale non ha quasi più speranza.
 
Siamo tutti lì in quella stanza. Noi due, i due ginecologi che devono operare Rosandra, l’anestesista, la caposala e qualche altra infermiera e, alla stessa stregua degli altri, c’è anche lui, il nostro piccolino, che ancora non ha un nome, che ha un mondo tutto suo che finora abbiamo cercato di perlustrare ma che di fatto non conosceremo mai. E da quel mondo, incredibilmente e forse anche un po’ prepotentemente, ma certamente a fin di bene, stiamo per tirarlo fuori.
 
Iniziano in pochi attimi, Rosandra è sotto l’effetto dell’anestesia locale, ha il ventre nascosto da un lenzuolo al di sopra del quale io riesco a intravedere le mani dei due ginecologi–chirurghi–macellai che ormai stanno intervenendo per tagliare. Rosandra avverte subito con molta preoccupazione la sensazione del taglio, o almeno quello che gli arriva attraverso l’anestesia peridurale. Ci comunica che sente un forte bruciore e inizia a lamentarsi. Non è chiaro se si tratti di dolore vero e proprio, ma dopo meno di un minuto l’anestesista le somministra un sedativo perché lei è inevitabilmente provata da queste sensazioni. Io ho la possibilità di osservare tutte le varie operazioni di taglio con bisturi e altri arnesi che i due ginecologi continuano a effettuare senza sosta, ma l’agitazione di Rosandra cresce ad ogni nuova manipolazione sulla sua pancia. Tutti i medici cercano di tranquillizzarci sostenendo che il battito cardiaco (che è per loro l’indicatore clinico del dolore) è ben monitorato e non da nessun segnale per cui preoccuparsi. Sostengono che l’anestesia non elimina le sensazioni tattili e che il livello di sopportazione e di accettazione di queste sensazioni è soggettivo. Raccontato così, a freddo, sembra quasi tutto molto semplice, ma per noi che al momento eravamo assolutamente impreparati a questa eventualità, non è stata affatto una cosa banale da digerire.
Inizialmente mi affido alle parole dei medici e faccio di tutto per tranquillizzare Rosandra e per aiutarla a distrarsi e a trovare la serenità persa. Di fronte ai miei occhi succede di tutto e non è il caso che io ne descriva i dettagli. Razionalmente accetto il fatto che lei non sente il reale effetto di quello che le stanno facendo, ma se solo provo ad associare le cose che osservo con i suoi lamenti di Rosandra, mi vengono i brividi.
  

Comunque  ciò che importa più di tutto, e che ci fa andare avanti, è che il nostro cucciolo da un momento all’altro sarà fuori dal pancione in mezzo a noi, e questo mi sembra ancora più incredibile. Nonostante la preoccupazione per lo stato emotivo di Rosandra, ammetto che il mio cuore va ancora a vento come prima e più di prima, per la nascita di mio figlio che sta per avvenire. Sono eccitato perché sono lì presente e non vedo l’ora di vederlo e di sapere che sta bene e che va a finire tutto bene per lui e per Rosandra. Ho abbastanza fiducia nei due ginecologi che stanno operando, ma sono scettico per natura verso tutto ciò che non è evidente o che comunque non conosco direttamente, così come la medicina chirurgica. Purtroppo l’agitazione di Rosandra non cala, anzi sotto l’effetto del sedativo prende una forma strana. Lei sembra mezza addormentata, ma allo stesso tempo si dimena quando giungono determinate pressioni sulla pancia ed inizia ad avere pretese assurde, tipo muovere le gambe o alzarsi… L’operazione va avanti per non so quanti minuti, 10, 12 o forse 15, siamo tutti tesi verso quell’unico obbiettivo comune che prevale su tutto il resto, ma il fatto che Rosandra provi dolore, o comunque una forte sofferenza, inevitabilmente ci influenza un po’ tutti. I ginecologi, a tratti, temporeggiano su quelle manovre che provocano più “dolore”, in altri momenti dichiarano che è tutto normale e sembrano quasi pensare che l’agitazione di Rosandra sia eccessiva. L’anestesista, un medico molto giovane e con il mio stesso nome, Maurizio, appare molto dispiaciuto per come vanno le cose, quasi come se si sentisse responsabile. Io non so praticamente nulla di anestesia, e non conosco affatto quali sono i fattori che influiscono sull’efficacia dell’anestesia. Temo che un errato dosaggio, o qualsiasi altra imprecisione commessa durante la fase pre-operatoria possa aver causato questo stato delle cose. Stento a credere che una reazione soggettiva così eccessiva non si poteva evitare, anche se solo con un’adeguata preparazione psicologica della paziente. Purtroppo non riesco a trattenere del tutto i miei pensieri, mischiandoli alle parole che non avrei dovuto proprio proferire, data la mia posizione da “intruso”. Tutti i medici si mettono subito sulla difensiva, direi quasi per deformazione professionale. Il più giovane dei due ginecologi ha un cedimento emotivo maggiore e tira fuori una frase del tipo: “figuriamoci poi come volevano affrontare un parto naturale!!” Anche io me ne esco con qualche frase del tipo: “ma forse un dosaggio diverso dell’anestesia poteva evitare queste cattive sensazioni”.
 
Comunque per fortuna l’attenzione di tutti è su qualcos’altro molto più importante, che ci obbliga a disciogliere ogni piccola tensione, quindi con la dovuta calma andiamo avanti verso il bene supremo che sta per compiersi, la vita.
 
I due ginecologi procedono con fermezza e con tempismo nelle operazioni di taglio e di apertura. Sono due ginecologi che operano insieme da tanti anni, e quindi hanno sicuramente une competenza e una precisione molto elevata. Insieme lavorano come un orologio svizzero, apparentemente senza possibilità di errore, ma son sempre delle persone.
 
Fino a quando non vedo mio figlio, continuo a trepidare, ma qualcosa mi dice che andrà tutto bene. La mia natura ottimista mi dà la forza per guardare avanti in positivo.
Rosandra continua a delirare e a lamentarsi quando le spinte sono più forti, sembra un tempo interminabile, ma per fortuna è solo un intervallo finito, e per fortuna tutto procede bene. Insomma ci siamo quasi. Tutte le operazioni necessarie per accedere al feto sono state effettuate, i vari strati sono stati aperti, anche l’utero, infine la placenta, e così a un certo punto fuoriesce il liquido amniotico. E’ in quel momento che deve essere prelevata la testa del bambino, un’operazione che è assegnata sistematicamente al più giovane dei due ginecologi. Non è proprio banale, il tutto si svolge in un attimo che però ti sembra interminabile, il braccio del dottore spinge, Rosandra grida forte, la mano entra sempre di più, finalmente vedo la testa, il collo minuscolo preso tra le dita di quella mano, una torsione delicata ma risoluta, e così improvvisamente… vedo mio figlio in viso.
 
 E’ una rosa piena di capelli scuri con l’espressione di un cucciolo deciso e preciso. Ha gli occhi della mamma. Almeno questo è quello che sento io. E’ in uno stato di confusione terribile, emette un vagito di tono basso, ma ben distinto, che stride bene tra le mie emozioni a palla, il delirio di Rosandra, l’apprensione forte dei medici e i macchinari complicati intorno a noi. Il ginecologo completa l’operazione di estrazione, l’altro ginecologo taglia il cordone, ma io ho la vista come offuscata e non me ne rendo conto, riesco a mala pena a scattare qualche foto senza flash con la mia digitale compatta tenuta fino a quel momento ben nascosta, cerco di esprimere a Rosandra la bellezza di quello che sto osservando, oramai anche io deliro. Osservo le parti del suo corpo soggette alla presa sotto guanto della mano del dottore. I suoi tessuti morbidissimi ed elastici, tutte le parti del corpo intatte e precise, le manine e i piedini teneri e minuti, l’addome, le spalle, il torace, il culetto, le gambe a salsicciotto, la testina delicata. Alcune brevi operazioni di routine e finalmente il bimbo è pronto per essere portato in pediatria, ma prima, come avevamo richiesto, lo mostrano alla mamma che per un attimo ha un lampo improvviso di gioia e di pace, e che sembra lontana da tutto e da tutti in quello sguardo sovrumano. L’istinto la porta a prenderlo con le sue mani, ma il ginecologo più giovane repentinamente glielo sottrae sostenendo che può essere un gesto pericoloso perché può portare infezioni.
 
Lo portano via, mi chiedono come si chiama, grido fuori di me il suo nome: Santiago!!
Non racconterò il seguito perché potrebbe risultare anche sgradevole e poi perché non ha più nessuna rilevanza rispetto all’accaduto. E’ durato ancora vari minuti, 5 o 10. Rosandra ha continuato a penare, ma oramai il peggio è passato.
 
La nostra vita è cambiata. La vita è cambiata. Una nuova vita, ricchezza pura e bellezza indomata. Pace a tutti gli uomini di buona volontà!
Scritto da Papà Maurizio
 

Ostacolate in India e Thailandia, le cliniche per l’utero in affitto passano all’affamata Cambogia

DIRITTI UMANI IN CAMBOGIA. La Cambogia ha tanti problemi, tra i quali non spicca quello della fertilità: nonostante il paese sia una monarchia parlamentare, il governo di Hun Sen, che non si fa problemi a far sparare sulla folla quando ci sono manifestazioni, resta molto simile a un regime, i diritti umani più basilari non vengono rispettati, le terre private possono essere espropriate in ogni momento, la giustizia non esiste, la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi e fiorisce uno dei principali mercati per il traffico di bambini al mondo.


DECINE DI CLINICHE. Eppure in un solo anno, tra il 2014 e il 2015, hanno aperto nella capitale Phnom Penh tra i 15 e i 20 centri che offrono il “servizio” dell’utero in affitto. Alcune cliniche sono americane, altre thailandesi, tutte desiderose di sfruttare la povertà del paese. In teoria in Cambogia l’utero in affitto è illegale, ma siccome non c’è una legge specifica a proibirlo il business della maternità surrogata prospera e i centri hanno code di centinaia di acquirenti.

«A MIA INSAPUTA». Finora, solo tre bambini sono stati concepiti alla Fertility Clinic of Cambodia, ma ancora nessuno è nato. Le donne, in teoria, prestano il loro utero gratis in modo altruistico, anche se il direttore Samnang Hor spiega al Bangkok Post: «Non sono previsti pagamenti, però non posso escludere che ci sia un giro di soldi a mia insaputa». La legislazione incerta ha portato anche molte donne thailandesi a superare il confine, farsi inseminare in Cambogia, per poi tornare a partorire in Thailandia. La pratica, per quanto rischiosa, rassicura i clienti, che conoscono gli standard di qualità thailandesi in fatto di maternità surrogata.

«LA CAMBOGIA NON CAPISCE». Nessuno sa ancora però come reagirà il governo cambogiano quando nasceranno i primi bambini. Sam Everingham, che lavora al centro Families Through Surrogacy per aiutare famiglie e donne nella compravendita di uteri e bambini, non prevede niente di buono: «Il governo potrebbe bloccare tutto, come successo in Nepal e Thailandia. C’è nell’aria un possibile disastro. Nella cultura cambogiana non c’è spazio per la comprensione della maternità surrogata, quindi bisogna vedere che cosa succederà alla nascita dei primi bambini il prossimo anno, quando le coppie cercheranno di lasciare il paese con un figlio. Qualcuno deve rompere il ghiaccio».

Fonte http://www.tempi.it/ostacolate-in-india-e-thailandia-cliniche-utero-in-affitto-passano-alla-cambogia#.Vlw5S2fovRF

domenica 29 novembre 2015

Menopausa

Che cos’è la menopausa?

Si parla di menopausa quando le mestruazioni cessano definitivamente e in modo irreversibile, mentre il periodo che precede e segue la menopausa, di durata variabile e caratterizzato da una complessa sintomatologia fisica ed emotiva (tra cui le note vampate di calore, ma anche sonno disturbato, irritabilità, tristezza, ansia) viene indicato come "perimenopausa". Si definisce invece “climaterio” il periodo di transizione tra la vita riproduttiva e la menopausa.
La menopausa è fisiologica quando avviene tra i 48 e i 52 anni.

Quali sono le cause della menopausa?

La menopausa si verifica a seguito della cessazione di produzione, da parte delle ovaie, degliormoni riproduttivi (estrogeni).

Quali sono i sintomi della menopausa?

Alcune donne entrano in menopausa senza particolari fastidi, quasi senza accorgersi dei mutamenti a cui va incontro il proprio organismo, mentre altre manifestano sintomi che possono anche essere importanti. La fluttuazione (prima) e il calo (poi) dei livelli degli estrogeni, sono infatti responsabili di diverse modificazioni fisiche e psichiche definite, nel complesso, "sintomi della menopausa". Oltre alle alterazioni a carico del ciclo mestruale, i primi sintomi correlati all’insorgere della menopausa sono quelli legati alla carenza degli ormoni estrogeni (vampate, sudorazioni improvvise, tachicardia, insonnia, repentini cambiamenti d'umore, ansia, depressione, modificazioni della libido, difficoltà alla concentrazione). Sono sintomi a medio termine la distrofia delle mucose vulvo/vaginali e dell’apparato genito-urinario. La sintomatologia più tardiva, che insorge generalmente dopo alcuni anni dalla menopausa, comprende l’osteoporosi e l’aumento del rischio cardio vascolare. Vi è inoltre una ridistribuzione del grasso corporeo, con modificazioni dell’aspetto fisico e una tendenza all’aumento ponderale.

Come prevenire la menopausa?

Nonostante la menopausa sia un passaggio naturale e obbligato con cui ogni donna nella propria vita si trova a confrontarsi, non sempre esso arriva in modo "indolore". Dal momento che molte sono le modificazioni a cui l'organismo femminile va incontro con la menopausa, è bene preparare al meglio mente e corpo. Può essere l'occasione per prendersi più cura di se stesse, adottando stili di vita più sani. In particolare è importante ridurre l’apporto alimentare e aumentare l’attività fisica. È inoltre assolutamente consigliata la sospensione del fumo, per contrastare l’aumento del rischio cardiovascolare.

Diagnosi 

Per diagnosticare lo stato di menopausa è quasi sempre inutile effettuare test diagnostici. Infatti la fine dei cicli mestruali e l’eventuale comparsa di sintomi, permette alle donne, senza l’ausilio del medico, di comprendere che sta iniziando questo periodo della vita.
In alcuni casi, sarà invece il medico specialista a consigliare l’esecuzione di esami o procedure diagnostiche, per definire meglio il quadro clinico.

Trattamenti 

La principale terapia della menopausa è quella ormonale sostitutiva, che consiste nella somministrazione di estrogeni, quasi sempre associati a un’adeguata dose di progestinici, in modo da riportare l'organismo a una situazione di equilibrio simile al periodo precedente la menopausa, riducendo o azzerando gli eventuali sintomi.
È compito dello specialista definire in quali casi sia utile e/o necessario intraprendere la terapia ormonale sostitutiva.

L'infertilità maschile

Che cos’è l’infertiltà maschile?

         L'infertilità maschile interessa il 7% degli uomini e sempre di più i giovani. È una causa diffusa dell'infertilità di coppia. Rispetto al passato, oggi si ritiene che in 1 caso su 2 la difficoltà ad ottenere una gravidanza dipenda da problemi riproduttivi maschili. Le cause sono la produzione insufficiente di spermatozoi oppure la natura qualitativamente alterata degli spermatozoi  (per ridotta motilità, alterata morfologia, DNA danneggiato) che ostacolano il concempimento. L'infertilità si distingue decisamente dalla sterilità, che si accerta quando c'è un'assenza totale (azoospermia) o drasticamente insufficiente (cripto-azoospermia) di spermatozoi nel liquido seminale oppure quando non c'è eiaculazione (aspermia) o gli spermatozoi presenti nel liquido seminale sono morti (necrozoospermia).  L'assenza di spermatozoi nel liquido seminale o l'assenza di eiaculazione non impedisce l'individuazione di spermatozoi vitali utili al concepimento. Per le diverse tipologie di sterilità e alle tecniche che consentono il recupero di spermatozoi per il concepimento rimandiamo al focus dedicato  (qui-link).

Quali sono le cause dell’infertiltà maschile?

         L'infertilità maschile può avere diverse cause e la ricerca scientifica sta ancora indagando su alcune ancora oscure, come quelle genetiche.

  • Cause genetiche: quando si presenta una ridotta produzione degli spermatozoi generalmente la causa è da imputare a uno sviluppo imperfetto dei testicoli. Questo tipo di difetti si presenta già nel feto, per una probabile predisposizione genetica associata all'esposizione a fattori ambientali tossici.
  • Criptorchidismo: il  criptorchidismo è la mancata discesa dei testicoli nella loro sede entro il primo anno di vita. La condizione viene corretta chirurgicamente nei primi anni di vita, ma i testicoli conservano una funzionalità ridotta.
  • Infezioni uro-seminali: gli stati infiammatori e infettivi delle vie seminali possono danneggiare gli spermatozoi, i canali seminali, la prostata e le vescicole seminali per la   presenza di germi e di globuli bianchi.
  • Febbre: un episodio febbrile può interferire con la capacità riproduttiva per 60-180 giorni.
  • Fonti di calore: pantaloni in poliestere troppo stretti possono aumentare la temperatura nell'area dei genitali e influenzare la fertilità.
  • Epididimite: è un'infiammazione acuta o cronica dell'epididimo, un organo posto dietro al testicolo importante per la produzione del liquido seminale
  • Varicocele: è una dilatazione delle vene testicolari. Nella maggior parte dei casi coinvolge il testicolo sinistro. Può danneggiare il DNA degli spermatozoi riducendo la fertilità maschile.
  • Anticorpi antispermatozoi: la loro presenza riduce la capacità fecondante degli spermatozoi e può ostacolarne il transito nelle vie genitali femminili.
  • Disfunzione erettile: le disfunzioni legate all'erezione sono legate al 5% dei casi di infertilità.
  • Malattie sessualmente trasmesse: il Papillomavirus, Sifilide, Gonorrea, Clamidia possono provocare infertilità. 
  • Farmaci: i farmaci antitumorali, quelli per la cura dell'ipertensione o del colesterolo alto ( dislipidemie) sono un fattore di rischio.
  • Chirurgia: i trattamenti chirurgici dell'apparato genito-urinario, delle ernie inguinali oppure quelli demolitivi in seguito a neoplasie possono modificare, anche in maniera irreversibile, la capacità riproduttiva maschile.
  • Traumi: traumi e torsioni testicolari possono incidere sulla loro funzionalità.
  • Stili di vita: il fumo di tabacco o cannabis danneggia l'integrità del Dna degli spermatozoi e ne riduce numero e motilità. Altri fattori di rischio sono sedentarietà, sovrappeso, obesità, cattiva alimentazione, assunzione di alcolici e droghe.
  • Rischi ambientali: pesticidi, solventi, materie plastiche, vernici, radiazioni elettromagnetiche possono ridurre la fertilità.

Quali sono i sintomi dell’infertilità maschile?

         Generalmente le condizioni che portano all'infertilità maschile non hanno sintomi specifici. 
         Fanno eccezione il varicocele che può essere “silenzioso” o dare una sensazione di fastidio o peso a livello dello scroto, e gli stati infiammatori dei canali uroseminali che spesso provocano urgenza minzionale, bruciore urinario o eiaculatorio.


Facebook, Zuckerberg: "Mi prenderò due mesi di paternità"

SAN FRANCISCO - Mark Zuckerberg prenderà due mesi di congedo di paternità quando la moglie, Priscilla Chan, partorirà. Lo afferma lo stesso Zuckerberg sul suo profilo Facebook, pubblicando anche una foto con un passeggino e il loro cane. "Ci stiamo preparando all'arrivo di nostra figlia. Stiamo scegliendo i nostri libri preferiti per bambini e i giocattoli. Ci prenderemo del tempo nei suoi primi mesi di vita. Ho deciso che prenderò due mesi di paternità. Studi hanno mostrato che quando i genitori che lavorano si prendono del tempo per stare con i figli appena nati è meglio per i figli e per la famiglia".

Due mesi di congedo parentale è la metà del tempo concesso dalla società a tutti i dipendenti. Il 31enne Zuckerberg non ha svelato la data della nascita né ha spiegato, al momento, chi guiderà l'azienda in sua assenza.


Solitamente molto riservato, Zuckerberg aveva scelto il social network anche per annunciare la gravidanza





Fonte http://www.repubblica.it/tecnologia/2015/11/21/news/facebook_zuckerberg_mi_prendero_due_mesi_di_paternita_-127833367/?ref=search

Un figlio a 39 anni: serve la Fivet?


Riserva ovarica bassa e probabilità di concepimento

Domanda.
Ho 39 anni e una bimba di 3 anni e mezzo che è arrivata molto velocemente. E' una bambina molto "energica" quindi ci abbiamo pensato un po' prima di farne un secondo. Ma adesso lei è brava e io ne vorrei tanto un altro. Nel frattempo ho avuto qualche volta l'ureaplasma per cui adesso sono in attesa di fare la isterosalpingografia. La mia ginecologa mi ha fatto fare per sicurezza anche degli esami ormonali ed è risultato che ho una riserva ovarica ridotta: AMH 9,73pm e ormone antimulleriano 1,36ng/ml. Quindi, a parte l'esito (per nulla scontato) dell'esame delle tube adesso scopro anche di avere una riserva ovarica bassa. La mia ginecologa mi ha detto solo che "mi resta poco tempo". Quando le ho chiesto quanto non mi ha risposto. Lei me lo saprebbe dire? Devo capire cosa devo fare. La mia ginecologa ha detto che se le tube sono chiuse posso ricorrere alla Fivet ma, vista la mia situazione ormonale, anche se sono aperte non mi resta altra soluzione che la Fivet. Questo mi fa pensare che ho davvero pochissimo tempo e la cosa mi sta deprimendo. Mi dica cosa ne pensa e cosa dovrei fare secondo lei. Quante probabilità ci sono che resti incinta naturalmente? E con l'inseminazione? Che tipo di Fivet farebbe lei?

Risposta. È assolutamente normale avere una riserva ovarica bassa a 39 anni e questo non significa affatto dover ricorrere a tecniche di procreazione assistita. Se le sue tube sono regolarmente pervie e non ci sono problemi di liquido seminale, le sue probabilità di concepimento sono sovrapponibili a quelle di una tecnica di procreazione assistita che servirebbe soltanto, in linea teorica, a verificare la qualità dei suoi ovociti selezionando quelli "migliori". Purtroppo quello che le donne non sanno è che a 39 anni c'è effettivamente poco tempo, indipendentemente dai valori di AMH che non dovrebbero essere dosati in modo indiscriminato creando inutili allarmismi nelle pazienti. Infatti, tali valori non ci permettono di predire in modo preciso nulla, né se lei concepirà naturalmente, né se lei concepirà in modo assistito, né a che età lei andrà in menopausa. Possono solo confermarci per ora quello che sappiamo già, cioè che la natura ha disegnato la donna per riprodursi al meglio tra i 25 e i 35 anni, un concetto che dovremmo insegnare a scuola.

Perdite mestruali e test di gravidanza

Domanda. Il mese scorso il ciclo mestruale mi è arrivato con due giorni di anticipo ed è stato più strano del solito dato che io ho un ciclo molto regolare e con la durata di 4/5 giorni. Il flusso del primo giorno è stato molto leggero, il giorno seguente non avevo più nulla, ma solo delle perdite rosa/beige. Queste perdite sono durate solo due giorni. Premetto che ho avuto rapporti non protetti, durante il periodo fertile. Inoltre, la temperatura basale nel primo giorno di ciclo era 37,2 e nei giorni seguenti la mia temperatura è rimasta invariata a 36.8, quindi non è scesa come normalmente dovrebbe essere durante un ciclo. Che ne pensa lei? Posso già effettuare un test?

Risposta. Certamente sì perché talvolta anche se la gravidanza è iniziata regolarmente possono verificarsi delle perdite ematiche più o meno in corrispondenza dei giorni della data attesa delle mestruazioni. Dunque se si hanno avuti rapporti liberi e non protetti è sempre bene fare un test di gravidanza se il flusso mestruale non compare con le sue caratteristiche solite. Infatti nella maggior parte dei casi può anche esserci una gravidanza in regolare evoluzione, ma talvolta queste perdite ematiche possono nascondere una possibile gravidanza extrauterina o, in assenza di gravidanza, possono indicare che l'ovulazione non è arrivata correttamente con il rischio che si formino cisti ovariche.

Menopausa, quando serve la Terapia sostitutiva ormonale

Domanda. Ho 54 anni e sono in cura con la levotiroxina 75 mg dal 1996 per diagnosticata tiroidite di Hashimto. Qualche mese fa ho subito un'isterectomia subtotale, conservando le ovaie per mia scelta, a causa di un fibroma. Dopo tre mesi dall'intervento, dalle analisi risulto già in menopausa (accuso vampate, insonnia, nervosismo) con un notevole deficit di vitamina D (prendo già un integratore una volta al mese) e osteopenia. Le chiedo gentilmente un parere sull'opportunità e/o necessità di iniziare una Terapia Ormonale Sostitutiva (TOS), previo controllo, non tanto per risolvere il problema delle vampate quanto per salvaguardare al meglio il problema osseo.

Risposta. A 54 anni era prevedibile che le ovaie smettessero di funzionare perché comunque è l'età giusta per entrare in menopausa. Se non c'era familiarità per tumore dell'ovaio e della mammella conservarle può anche essere una scelta giusta perché l'ovaio anziano continua comunque a produrre una piccola quantità di ormoni maschili che possono contribuire allo stato di benessere generale della donna. Sarà opportuno, però, sempre sorvegliarle attentamente con l'ecografia pelvica nel tentativo di fare una diagnosi precoce nel caso fossero destinate ad ammalarsi. Per quanto riguarda la Tos, in assenza di utero, lei può assumere solo una terapia estrogenica anche a basso dosaggio per la sintomatologia e la protezione ossea, a patto che non sussistano altri fattori di rischio che la controindicano. Si affidi con fiducia ad unginecologo esperto di problematiche menopausali e continui l'assunzione della vitamina D.

Rossella Nappi è Professore Associato della Clinica Ostetrica e Ginecologica, IRCCS Policlinico San Matteo Università degli Studi di Pavia.

"Io single a trent'anni ho la maternità in frigorifero"

        È UNA siciliana del ceppo normanno, capelli biondi e occhi azzurri. Trentaquattro anni e ancora single. Così l'anno scorso - dopo aver partecipato ad un convegno in cui una ginecologa concludeva la sua relazione sulle maternità tardive con un invito a regalarsi la fertilità - lei lo ha fatto davvero.


        Prima a Catania - e forse in Sicilia miss Single ha bussato alla porta del centro Hera/Umr della sua città, oltre mille trattamenti di procreazione assistita all'anno, per chiedere invece di conservare i suoi ovociti per il futuro.

       Un giorno, se troverà un compagno, proverà ad avere bambini naturalmente. Oppure, se non succederà, «metto in valigia i miei ovociti sotto zero e vado all'estero per fare quello che una single in Italia non può fare. Trovo una banca dello sperma e tento una gravidanza».

       Miss Single è però una del settore e per questo probabilmente ha una sensibilità maggiore. Da dodici anni fa l'ostetrica a Catania in una grande casa di cura convenzionata da mille parti all'anno.
A stretto contatto con mamme e neonati. Mamme sempre più anziane, anche nel sud che ha smesso di fare figli. Le vedeva, una dopo l'altra: non ragazze, ma donne che avevano dovuto aspettare, colpa dei soldi, dell'uomo che non c'è, dell'appartamento che non si trova.

       «Ho pensato che poteva capitare anche a me - ricorda - aspetti di fare carriera, di comprar casa, la persona giusta. E intanto invecchi. E scivoli verso un'età in cui restare incinta è un terno al lotto. Allora ho deciso che la congelazione di ovociti poteva essere un'opportunità. Ne ho parlato con mamma, casalinga, che mi ha sorpreso. "È una scelta tua", mi ha detto. E sono andata a candidarmi. All'inizio il medico era perplesso, forse perché ero la prima a chiederlo. Ma ero molto determinata. E ho cominciato subito il percorso: farmaci per la stimolazione, due cicli, esami e prelievo in sedazione. Sono riuscita a congelare 26 ovociti e sono contenta ». Costo totale dell'operazione circa duemila euro, 150 annui per la crioconservazione. «Sapevo che non sarebbe stato economico - ammette - ma preferisco rinunciare ad un viaggio o ad un vestito firmato: il mio desiderio di avere un figlio viene prima. E adesso vivo più tranquilla, posso aspettare più serenamente. Magari riuscirò anche ad incontrare l'uomo giusto e ad avere un figlio naturalmente. Ma se non succederà non avrò l'ansia. Per questo dico a tutte di pensarci, di non aspettare troppo, di darsi la possibilità di diventare mamme senza dover poi farsi donare gli ovociti da un'altra donna. Io non sono contraria alla fecondazione eterologa ma voglio esservi spinta. Ho bisogno di sentire un legame biologico con mio figlio. E per questo stesso motivo non mi sentirei di donare i miei ovociti inutilizzati. Non riuscirei a non pensare che da qualche parte c'è un bambino con la metà del mio patrimonio genetico».
Fonte http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/09/29/io-single-a-trentanni-ho-la-maternita-in-frigorifero50.html?ref=search

sabato 28 novembre 2015

Infertilità femminile

Che cos’è l’infertilità femminile?

       L'infertilità femminile è la condizione che ostacola la possibilità per la donna di ottenere una gravidanza. Alla nascita, la donna possiede una riserva ovarica (circa 400 mila ovociti) che va progressivamente impoverendosi col passare dell’età, azzerandosi alla menopausa.
        Dal punto di vista medico l'infertilità si accerta dopo 12 mesi di rapporti liberi e non protetti (6 mesi se la donna ha più di 35 anni o altri fattori di rischio) durante i quale non è stata raggiunta la gravidanza.
      Il termine infertilità andrebbe distinto da quello di sterilità, che definisce l’impossibilità assoluta a concepire per una causa non rimovibile, anche se, nell’uso comune, i due termini vanno spesso a sovrapporsi.

Quali sono le cause dell’infertilità femminile?

       Esistono numerose cause di infertilità femminile: alterazioni dell'apparato riproduttivo, malformazioni congenite, infezioni, disfunzioni ormonali. Solo in alcuni casi, invece, si parla di infertilità idiopatica, quando gli esami diagnostici non sono riusciti ad individuare alcuna causa specifica.
In sintesi, le cause di infertilità femminile, sono le seguenti:
  • Tubariche/pelviche: riduzione di funzione o chiusura delle tube di Falloppio, aderenze pelviche (in seguito a patologie infiammatorie o a pregressi interventi chirurgici)
  • Endometriosi: malattia frequente nell’età fertile, in cui isole di cellule endometriali (normalmente presenti solo all’interno della cavità uterina) migrano e colonizzano altri organi (più comunemente l’ovaio ed il peritoneo pelvico). Questa patologia può essere asintomatica, ma talora diventa invalidante. La sua presenza o le recidive di questa malattia, possono ridurre in modo severo le probabilità di concepimento
  • Ovulatorie/ormonali: irregolarità o mancanza di ovulazione, iperprolattinemia, sindrome dell’ovaio micropolicistico, riserva ovarica ridotta o assente
  • Cervicali: quando il muco presente nella cervice uterina è ostile al passaggio degli spermatozoi per una carenza di estrogeni, per fattori infettivi o per pregressi interventi chirurgici che hanno danneggiato le ghiandole cervicali. L’infertilità cervicale può essere dovuta, in rari casi, anche alla produzione, da parte della donna, di anticorpi diretti contro gli spermatozoi stessi
  • Uterine: presenza di malformazioni congenite dell’utero, fibromi o aderenze all’interno della cavità uterina oppure presenza di fattori infiammatori a carico dell’endometrio (la mucosa di rivestimento della cavità uterina)
  • Sconosciute: quando gli accertamenti non sono stati di grado di evidenziare una o più cause specifiche. Questa situazione va sotto il nome di infertilità idiopatica. Questa diagnosi dovrebbe essere correttamente definita come ‘insufficientemente indagata’, Vi si giunge per il lungo periodo di ricerca o per l’età dei partner, che non consentono un completamento delle indagini.

Diagnosi 

         Di seguito elenchiamo gli accertamenti che possono essere effettuati sulla partner femminile,nella diagnosi dell’ infertilità di coppia:
  • Dosaggi ormonali: FSH, LH, estradiolo nella prima metà del ciclo (2^-3^ giorno di mestruazione); progesterone e Prolattina nella seconda metà del ciclo; Ormone Antimulleriano (AMH); TSH. Questi esami hanno lo scopo principale di valutare la riserva ovarica, vale a dire il patrimonio di ovociti della donna e quindi il suo potenziale di fertilità.
  • Tampone vaginale: esame che valuta la presenza o meno di infezioni del tratto distale dell’apparato riproduttivo (vagina e collo dell’utero).
  • Ecografia pelvica transvaginale: permette di valutare l’anatomia dell’apparato riproduttivo femminile (utero ed annessi) e la presenza di eventuali alterazioni a suo carico (malformazioni uterine, fibromi, neoformazioni annessiali ecc). Con l’ecografia transvaginale è possibile valutare il numero e la crescita dei follicoli ovarici sia in condizioni basali che sotto stimolo.
  • Isterosonografia: è un esame attraverso il quale, dopo aver iniettato una soluzione salina sterile o altra sostanza apposita nella cavità uterina, è possibile valutare la normalità o meno della cavità uterina stessa, nonché la pervietà delle tube.
  • Ecografia tridimensionale (eco 3D) dell’utero: tecnologia che, attraverso una elaborazione rapida del volume del viscere, permette il riconoscimento di eventuali malformazioni congenite dell’utero. L’ecografia 3D, può essere utilizzata anche per lo studio degli annessi o in abbinamento alla sonoisterografia.
  • Isterosalpingografia: esame radiologico utilizzato per valutare la pervietà tubarica. Permette anche il riconoscimento di alcune patologie congenite o acquisite dell’utero.
  • Isteroscopia: tecnica endoscopica che, attraverso l’inserzione di uno strumento ottico collegato ad una telecamera in cavità uterina, permette una visione diretta della cavità endometriale ed il riconoscimento quindi di eventuali patologie a suo carico.
  • Laparoscopia: tecnica chirurgica che permette di vedere dentro l’addome attraverso uno strumento a fibre ottiche (il laparoscopio) collegato ad una telecamera. Dato il piccolo diametro del laparoscopio (da 2 a 10 mm), la procedura può essere eseguita “a cielo chiuso”, ossia senza praticare l’apertura dell’addome, ma ricorrendo ad incisioni di pochi millimetri. Attraverso la laparoscopia, è possibile visualizzare l’anatomia di utero ed annessi, valutare in modo molto preciso la funzionalità tubarica ed intervenire operativamente per risolvere alcune patologie (rimozioni di cisti, adesiolisi, asportazione di fibromi uterini ecc )

Trattamenti 

    Il trattamento dell'infertilità femminile dipende dalle cause dell’infertilità stessa. Per questo motivo, è necessario che la fase diagnostica sia eseguita nel modo più preciso e completo possibile.
Le tecniche di Procreazione medicalmente assistita (PMA) consentono di aumentare le probabilità di concepimento laddove esiste un ostacolo al concepimento stesso.
Esistono diversi livelli di Pma:
  • Il 1° livello comprende tutte le metodiche che favoriscono il concepimento naturale, ossia la cosiddetta fecondazione “in vivo”. Ne fanno parte l'induzione dell'ovulazione per rapporti mirati e l'inseminazione intrauterina.
  • Il 2° e 3° livello comprendono tutte le tecniche di fecondazione in cui l'incontro tra ovocita e spermatozoo, prelevati alla coppia, avviene in laboratorio (ossia “in vitro”). Queste metodiche prevedono generalmente l’induzione di una multipla stimolazione ovarica, procedura che consente lo sviluppo simultaneo di più follicoli ovarici, per poter disporre di un elevato numero di ovociti maturi (le cellule uovo materne), da avviare alla fecondazione, aumentando così le possibilità di successo della tecnica.
     
Le metodiche di fecondazione in vitro sono:
 
  • FIVET (fecondazione in vitro embryo transfer – IVF - In vitro Fertilization): con questa metodica ovociti e spermatozoi vengono posti insieme in una piastra con terreno di coltura adatto e si lascia che gli spermatozoi penetrino l’ovocita in modo naturale.
  • ICSI (iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo): è la microiniezione di un singolo spermatozoo direttamente all’interno della cellula uovo. È riservata ai casi in cui si teme che, con la semplice inseminazione dell’ovocita, ci possano essere problemi nell’ottenere la fecondazione. È considerata metodica di PMA di III livello, quando sia necessario l’utilizzo di spermatozoi prelevati chirurgicamente dal testicolo.

Prevenzione

      La prevenzione della fertilità nella donna inizia sin dalla sua infanzia e prosegue nell’adolescenza e nella giovinezza, per esempio non trascurando banali infezioni che possono avere conseguenze negative a lungo termine.
         Per conservare la fertilità bisogna seguire uno stile di vita sanoevitando alcuni fattori di rischio, come il fumo, l'abuso di alcooll’obesità o l’eccessiva magrezza, la sedentarietà, ma anche l’eccessiva attività fisica.
      E’ noto poi che l’inquinamento e l'esposizione a fattori ambientali tossici possono compromettere la fertilità nella specie umana. Negli ultimi anni si è registrato un incremento delle patologie acute e croniche della sfera riproduttiva legate alle malattie infettive sessualmente trasmesse, che possono comportare un danno permanente agli organi riproduttivi, con conseguente infertilità di coppia.
    E’ molto importante, quindi, svolgere un’ opera di istruzione e divulgare regole comportamentali in questo senso, nei riguardi della popolazione giovanile che scopre la sfera sessuale.
       Dato che, come abbiamo detto, la possibilità riproduttiva della donna è legata in modo diretto alla sua età, è importante inoltre sottolineare quanto possa essere penalizzante rimandare il momento della maternità.
       Parlando di prevenzione, è importante ricordare come oggi la scienza, grazie alle tecniche dicrioconservazione, permetta alla donna la possibilità di conservare il proprio patrimonio riproduttivo (ovociti – tessuto ovarico) prima di iniziare terapie (a causa per esempio di un tumore) che potrebbero diminuire o annullare le proprie capacità riproduttive.
         La crioconservazione degli ovociti, viene oggi proposta anche a donne giovani e sane che desiderano rimandare il momento della ricerca di una gravidanza in una età in cui il concepimento potrebbe risultare difficile.