martedì 31 ottobre 2017

Chi mangia male è meno fertile? Via le schifezze da tavola!

45299719_s      Mentre è noto da tempo che le donne in sovrappeso o obese hanno più difficoltà a rimanere incinte rispetto alle persone più magre, la nuova ricerca suggerisce che anche coloro che riescono a rimanere in linea nonostante consumino schifezze di ogni genere, danneggiano lo stesso la loro fertilità.

Tre nuovi studi presentati a una conferenza sulla fertilità negli Stati Uniti suggeriscono che il consumo di alti livelli di grassi:


  • abbassa la probabilità della coppia di raggiungere una gravidanza
  • causa danni alle ovaie
  • produce embrioni di scarsa qualità

      Un team della Harvard School of Public Health e del Massachusetts General Hospital, ha esaminato l’impatto di un elevato apporto di grassi trans (TFA) sui tassi di fecondità di 141 uomini che cercavano di concepire attraverso la fecondazione in vitro. Hanno scoperto che i tassi di fecondazione erano più bassi nelle coppie in cui gli uomini avevano le diete più elevati di grassi trans.

Negli alimenti, i TFA vengono generati da tre fonti principali (fonte: European Food Information Council – EUFIC):


  • trasformazione batterica di acidi grassi insaturi durante la masticazione di ruminanti come mucche e pecore (che passano nel grasso, nella carne e nel latte);
  • idrogenazione o indurimento industriale di oli da utilizzare in creme da spalmare, e di grassi per i prodotti da forno;
  • riscaldamento e frittura di oli a temperature elevate.


Il cibo sbagliato è causa di una diminuita fertilità
Картинки по запросу Chi mangia male è meno fertile      Gli uomini che si alimentavano nel modo più sano hanno avuto successo nell’83% delle fecondazioni in vitro. Quelli che si alimentavano peggio e in cui il 20% delle calorie proveniva da grassi trans)  hanno avuto solo il 47% di successo. Si è notato anche un declino progressivo della fertilità in concomitanza al peggioramento della dieta. Questa proporzionalità inversa suggerisce che il cibo sia proprio la causa della diminuzione della fertilità.

      In un altro studio separato i ricercatori della University of Colorado, hanno scoperto che le femmine di topo alimentate con una dieta ricca di grassi avevano le ovaie danneggiate e bassi tassi di fertilità, anche se non erano in sovrappeso.
     
      I ricercatori ritengono che diete ad alto contenuto di grassi inneschino uno stato di basso grado di infiammazione cronica nel corpo che danneggia la fertilità, forse perché il corpo “pensa” di essere in condizioni di stress e quindi non nelle condizioni idonee per far crescere un bambino.

     Un terzo studio condotto nelle università del Nord e Sud Carolina ha evidenziato che le donne che ottenevano bassi livelli di embrioni vitali da un trattamento di fecondazione in vitro e che avevano grosse difficoltà a rimanere incinte avevano anche alti livelli di acido elaidinico nel circolo sanguigno, suggerendo  che mangiavano tanti cibi fritti.

     Tutti questi studi presentati alla riunione annuale della American Society for Reproductive Medicine (ASRM) a Baltimora, dimostrano che non solo obesità ma anche  la cattiva alimentazione sono nemici della fertilità.Dimostrano anche che non bisogna focalizzarsi solo sul peso di un donna quando la gravidanza non arriva mava investigato lo stile di vita dell’uomo.

     Negli ultimi anni il numero degli spermatozoi degli uomini sono scesi da 20 a 15 milioni al ml.La dieta è senza dubbio un fattore che contribuisce al calo della qualità dello sperma e quindi della fertilità delle coppie in generale.

     Pertanto fate tesoro di queste indicazioni e iniziate a mangiare in modo sano e completo! Provare non costa nulla :)

Fonte https://www.periodofertile.it/fertilita/chi-mangia-male-e-meno-fertile

Infertilità nell’uomo

Infertilità e sub-fertilità
Картинки по запросу infertilita uomo      L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce l’infertilità maschile come l’incapacità di ottenere un concepimento dopo almeno dodici mesi di rapporti sessuali regolari con una femmina fertile, senza utilizzare alcun metodo anticoncezionale. D’altra parte, l’attribuzione della causa dell’infertilità a uno solo dei membri della coppia richiede un’attenta valutazione per escludere che, all’origine del mancato concepimento, ci siano problemi sia del maschio, che della femmina. Inoltre, passando da una definizione “generale”, come quella citata in precedenza, alla realtà biologica, bisogna considerare, che fra un soggetto fertile e uno del tutto infertile, ci possono essere gradi di fertilità, o di infertilità, intermedi. Un maschio che si trovi in questa condizione di definisce “subfertile”, cioè meno fertile del normale, e avrà ridotte probabilità di far concepire un figlio a una donna fertile, ma potrà comunque raggiungere questo obiettivo.

Frequenza
      In termini generali, l’infertilità da fattore maschile ha una frequenza del 30%, mentre in un altro 30% di casi il mancato concepimento è dovuto a problemi sia del maschio, che della femmina. A fronte di una probabilità così elevata che una coppia non abbia figli solo, o anche, per un fattore maschile, la frequenza con la quale gli uomini si rivolgono a specialisti competenti per una valutazione dell’efficienza dell’apparato riproduttivo è molto bassa. All’origine di questa contraddizione ci sono motivi culturali e sociali molto ben radicati in diversi Paesi, fra i quali l’Italia.

Fonte https://www.fondazioneserono.org/fertilita/infertilita-maschile-fertilita/cause-infertilita-maschile/cause-dellinfertilita-maschile/

Nati senza ovuli, o quasi. Una nuova frontiera?

Nati senza ovuli, o quasi. Una nuova frontiera?      Un gruppo di scienziati coordinati dall’embriologo molecolare Tony Perry dell’Università di Bath, in Inghilterra, ha portato a termine un esperimento che ha del sensazionale: è riuscito a far nascere in laboratorio topolini senza che ovulo e spermatozoi venissero a contatto. Tecnicamente, dunque, una fecondazione senza ovuli. Anche se, come spiega la rivista Nature Communication, allo scopo sono stati comunque utilizzati ovociti per produrre partenoti, ovvero cellule uovo che poi sono state forzate a svilupparsi come se fossero state fecondate.

      In particolare, nei partenoti – che vengono impiegati anche per produrre staminali – è stato trasferito il nucleo degli spermatozoi. Dalla loro unione si sono sviluppati embrioni che hanno permesso la nascita di animali sani. Le implicazioni della scoperta sono ancora tutte da valutare, ma sicuramente rappresenta un passo avanti nella comprensione della vitalità degli embrioni e potrà portare, forse, a un affinamento delle tecniche di fecondazione assistita.

Fonte http://www.dolceattesa.com/rimanere-incinta/nati-senza-ovuli-quasi-nuova-frontiera_fecondazione-assistita_genetica/?refresh_ce-cp

Villocentesi: cos’è e quando si fa?

Картинки по запросу Villocentesi       Villocentesi: cos'é? Quando - e perché - può essere utile e quando, invece, non è necessaria? Il dubbio è legittimo specialmente tra le mamme in attesa che hanno superato i 35 anni e che, quindi, vogliono avere qualche informazione in più sul feto che portano in grembo. Si tratta, infatti, di un esame diagnostico invasivo che viene generalmente consigliato a coloro per le quali esiste un rischio elevato di anomalie cromosomiche del feto, rischio che può essere legato appunto all'età avanzata della futura mamma ma anche dettato dai risultati dei test di screening, dalla storia clinica della paziente e del partner - per esempio nel caso in cui uno dei due o entrambi siano portatori di alterazioni dei cromosomi o siano a rischio di malattie come talassemia, emofilia, fibrosi cistica - o, ancora, da un figlio precedente già affetto da simili alterazioni. Ecco, nel dettaglio, come funziona l'esame e in che periodo della gestazione può essere eseguito.

Quando si fa la villocentesi?

       La villocentesi - rispetto all'amniocentesi - ha il vantaggio di poter essere eseguita in anticipo: il prelievo dei villi coriali, infatti, si effettua già a partire dalla decima settimana di gravidanza e comunque mai dopo la quattordicesima. Questo rende possibile una diagnosi estremamente precoce di eventuali anomalie cromosomiche o genetiche.

Esame villocentesi: come funziona?

       L'esame villocentesi è di tipo invasivo e prevede il prelievo dei villi coriali - che fanno parte della placenta e condividono il patrimonio genetico con il feto - tramite l'inserimento di un ago estremamente sottile che viene fatto penetrare nel ventre della futura mamma attraverso l'addome sotto diretto controllo ecografico. Quando l'ago raggiunge la placenta aspira alcuni frammenti (muovendosi leggermente avanti e indietro per estrarre questo materiale che è semi-solido) e quindi viene sfilato senza provocare dolore ma causando, in qualche caso, una leggera sensazione di fastidio. A questo punto il campione prelevato viene diviso in due: il primo viene analizzato immediatamente mentre il secondo viene messo in coltura di modo che le cellule si moltiplichino permettendo un'indagine ancora più precisa.

Fonte http://magazinedelledonne.it/gravidanza/content/2449158-villocentesi-cos-e-e-quando-si-fa

Smalto in gravidanza: sì o no?

Картинки по запросу Smalto in gravidanza      La dolce attesa ti fa bella e questo è noto. Spesso, però, si cerca di apparire ancora più al top cercando di dimagrire in gravidanza o conservando la beauty routine. Ma si può mettere lo smalto in gravidanza? I dubbi non mancano e, come per la tinta per capelli, non è il caso di rinunciare alla cura del corpo, l’importante è solo seguire qualche accortezza.

Mettere lo smalto in gravidanza fa male?

      In generale i medici consigliano di non usare lo smalto nei primi tre mesi di gravidanza, perché il primo trimestre rappresenta la fase più delicata per lo sviluppo del feto, e invitano le future mamme a toglierlo qualche giorno prima rispetto alla data presunta del parto perché se per qualche ragione fosse indispensabile un parto cesareo trattandosi di un intervento chirurgico a tutti gli effetti i medici potrebbero aver bisogno di controllare le unghie per identificare prontamente eventuali versamenti di sangue.

Lo smalto in gravidanza si può mettere!

      Detto questo, però, lo smalto in gravidanza si può mettere eccome. L’importante è solo scegliere prodotti di buona qualità, fare attenzione che lo smalto non finisca sulla pelle e ricordarsi di areare bene la stanza quando si utilizzano acetone e colori. Lo smalto, di per sé, non è dannoso per il feto perché non viene assorbito a livello circolatorio.

Картинки по запросу Smalto in gravidanzaUnghie deboli e smalti ad hoc

      L’unica difficoltà potrebbe riguardare il benessere delle unghie che, nel periodo della gestazione, sono già più fragili del solito (e questo è il motivo per cui generalmente viene sconsigliata la ricostruzione delle unghie in gravidanza) perché il ferro, l’acido folico e il silicio vengono forniti in gran quantità dalla mamma al feto. In alternativa al classico smalto, quindi, qualora le unghie sembrassero particolarmente deboli (o tendenti allo sfaldamento) il consiglio è di privilegiare prodotti ad hoc che contengono silicio e calcio o gel alla vitamina E. Il risultato? Unghie più forti e una manicure assolutamente perfetta!

Fonte http://magazinedelledonne.it/gravidanza/content/2271107-smalto-in-gravidanza-si-o-no

Gravidanza. Troppo paracetamolo aumenta rischio di deficit di attenzione e iperattività nei bambini

       Le donne che abusano di paracetamolo in gravidanza sarebbero a rischio più elevato di avere bambini con deficit di attenzione e iperattività (Adhd – attention deficit hyperactivity disorder) rispetto a coloro che non usano questo farmaco. A evidenziarlo è uno studio norvegese coordinato da Eivind Ystrom del Norwegian Institute of Public Health all’Università di Oslo. I risultati sono stati pubblicati da Pediatrics.


Lo studio
       I ricercatori hanno analizzato quasi 113mila bambini e i loro genitori, inclusi 2.246 bimbi ai quali era stato diagnosticato Adhd. Quasi la metà delle madri aveva assunto paracetamolo in gravidanza. L’uso del farmaco solo durante un trimestre sarebbe stato associato a un aumento della probabilità di avere un figlio con Adhd del 7%, mentre il rischio sarebbe aumentato fino al 22% tra le donne che hanno assunto il medicinale per due trimestri e fino al 27% quando veniva utilizzato nel corso di tutta la gravidanza. L’uso a breve termine, invece, per esempio inferiore agli otto giorni, non sarebbe stato associato all’aumento del rischio di Adhd, con una probabilità di avere figli con il disturbo del 10% inferiore rispetto alle madri che non usavano il farmaco. Mentre le donne che assumevano il farmaco per febbre e infezioni per un numero di giorni che andava dai 22 ai 28 avevano una probabilità sei volte maggiore di avere figlio con Adhd.

Fonte: Pediatrics

lunedì 30 ottobre 2017

Gravidanza: disturbi depressivi per quasi 1 gestante su 5

Картинки по запросу gravidanza disturbi       Anche se per molte e’ un momento magico, la gravidanza puo’ divenire un incubo per una quota non indifferente di donne: infatti il 15-20% delle gestanti soffre di sintomi depressivi, e l’8-10% di vera e propria depressione clinica, che richiede un trattamento specifico. Lo spiega all’ANSA alla vigilia della giornata mondiale della salute mentale Carmine Pariante del King’s College di Londra, che in una sperimentazione clinica pubblicata sul Journal of Clinical Psychiatry ha dimostrato l’efficacia di una terapia con grassi omega-3 (quelli di pesci come il salmone).

       La gravidanza – spiega – puo’ presentare delle insidie per la salute mentale di molte donne. Sono piu’ a rischio coloro che hanno gia’ un vissuto di disturbi depressivi, ma anche donne con un’esperienza di maltrattamento o traumi dell’infanzia “che aumenta il rischio di depressione in gravidanza di 10 volte”, spiega Pariante.

       “La depressione in gravidanza e’ l’ultimo tabu’ da superare – afferma -. Ci sono troppe aspettative nei confronti della gestante (che tutti si aspettano sia felice) che le rendono anche piu’ difficile chiedere aiuto. Infatti – sottolinea – oltre meta’ dei casi di depressione post-partum e’ in realta’ l’esito di una depressione in gravidanza non curata”.

       Inoltre, ancor piu’ della depressione post-partum, i disturbi depressivi della gestante si riflettono sulla salute del nascituro: sono associati a disturbi mentali (depressione e ansia) che si manifestano a partire dall’adolescenza; c’e’ anche un rischio di parto prematuro legato ad essi. E’ quindi importante che la problematica sia riconosciuta e gestita tempestivamente con farmaci e/o la psicoterapia o con l’integrazione con omega-3. Questi, dati alle gestanti ad alte dosi (3,4 grammi/di’), hanno dimostrato un chiaro effetto antidepressivo. “Nel nostro studio abbiamo valutato gli omega 3 come unica terapia per otto settimane, in gestanti con diagnosi di depressione – spiega -. Due donne su 3 sono migliorate dopo 8 settimane, un risultato significativo rispetto al placebo”.


Fonte http://www.meteoweb.eu/2017/10/gravidanza-disturbi-depressivi-per-quasi-1-gestante-su-5/982309/#hAoLchfuORQuKVzM.99

Infertilità e procreazione assistita: cosa pensano gli Europei

Infertilità e procreazione assistita: cosa pensano gli Europei      Le opinioni dei cittadini europei in fatto di infertilità e procreazione medicalmente assistita appaiono piuttosto variegate: è quanto emerge da un’indagine dell’istituto di ricerche francese Odoxa , polo di eccellenza in Europa per le tecniche di riproduzione assistita. La ricerca, condotta su un campione di 2.986 cittadini europei (francesi, britannici, spagnoli, tedeschi e italiani), ha voluto sondare l’opinione pubblica su alcuni punti salienti della questione. L’Italia, per diversi aspetti, risulta una voce fuori dal coro, ma anche altri Paesi si distaccano dalla media su alcuni punti, ed è molto interessante fare dei confronti. Ne parliamo con Rita Vassena, Direttrice Scientifica .

L’età ideale per avere il primo figlio
      Per il 40% degli europei è tra i 26 e i 28 anni. In particolare, per tedeschi e britannici è 26, per gli italiani 28 anni. “In pratica, tutti gli europei indicano un’età leggermente più alta rispetto alla realtà”, considera Rita Vassena. “Il picco di fertilità della donna è infatti a 24 anni. L’errata percezione è senza dubbio dovuta a una certa confusione tra l’età ideale ‘biologia’ e l’età ideale ‘nella pratica’, cioè quando ci si ritiene sufficientemente pronti per accogliere un bambino. Intervistati su questo aspetto, gli italiani indicano 28 anni (4 in più rispetto al picco di fertilità biologico) e sono coloro che più rimandano questo appuntamento”.

Che cosa significa “infertilità”
      Ben il 60% degli europei ha una concezione pessimistica del termine, che interpreta come una condizione senza rimedi, cioè ‘impossibilità di avere figli’. “Anche in questo caso, siamo di fronte a una percezione errata della realtà: di fatto, infertilità significa ‘difficoltà ad avere figli’.
Tra i più sfiduciati ci sono italiani, spagnoli e francesi, ma c’è anche una maggioranza di britannici e tedeschi, per quanto scarsa (54%), che considera l’infertilità, a ragione, semplicemente come una capacità più bassa di concepire. La percezione disillusa può avere conseguenze negative: la convinzione che l’infertilità sia un punto di non ritorno porta molte donne a sentirsi ‘sbagliate’. E le coppie che si considerano ‘infertili’, non immaginando soluzioni al loro problema, perdono troppo presto la speranza e rinunciano ad avere figli”.

Informazione e consapevolezza
      Dall’indagine si rileva, in genere, una scarsa informazione rispetto alle tecniche di riproduzione assistita. “In media, gli europei intervistati ne riconoscono soltanto due tra quelle proposte dal sondaggio: l’inseminazione artificiale (52%), cioè l’iniezione di spermatozoi direttamente nell’utero della donna, e la fecondazione in vitro (41%), cioè una tecnica in cui ovociti e spermatozoi vengono fatti incontrare in laboratorio, al di fuori del corpo della donna, e poi l’embrione viene trasferito in utero. Su questo punto gli italiani si distinguono indicando come pratica più nota, dopo l’inseminazione artificiale (53%), l’uso di farmaci che inducono l’ovulazione (39%). Altre tecniche, come la donazione di gameti, la crioconservazione degli ovociti o il trasferimento di embrioni congelati, risultano in tutti i Paesi poco conosciute. In compenso, però, gli europei dimostrano una buona consapevolezza della situazione: si ritiene infatti poco informato il 70% degli europei e il 75% degli italiani”. Tra i responsabili indicati per la mancanza di informazione: lo Stato, i datori di lavoro, i mezzi di comunicazione e, per gli italiani, anche i professionisti della salute.

Riproduzione assistita
Картинки по запросу Riproduzione assistita      In generale viene vista favorevolmente, anche se va ribadito che è vissuta come un “terreno sconosciuto”: non molti europei sanno infatti – come visto sopra – quali tecniche esistano oltre all’inseminazione artificiale. Ed è certamente anche un terreno delicato: se da un lato è considerata un effettivo progresso per le coppie infertili (87% europei, 77% italiani), dall’altro non sono pochissimi (pur se in minoranza) a ritenerla una tecnica “contro natura”: 41% europei (46% italiani). “Su un aspetto, poi, gli italiani costituiscono un’eccezione importante nello scenario europeo: sono moderatamente aperti alla riproduzione assistita per donne single (54% su una media europea del 59%) e contrari al 60% a quella per coppie di donne omosessuali (mentre la media europea è favorevole al 57%, con gli inglesi che addirittura la antepongono a quella per donne single)”.

Donazione di gameti
      Se dunque la riproduzione assistita è considerata con favore dalla maggioranza, potervi ricorrere è però ancora lontano dal sembrare semplice. Le donne europee, per esempio, pur accettando la pratica a livello teorico, rifiutano in modo massiccio la donazione di ovociti: il 67% si dichiara contrario (le italiane sono nella media: 68%). “I motivi del rifiuto sono soprattutto indicati in mancanza di informazione (36%), anonimato della donazione (32%), paura dell’invasività del trattamento (25%). Unica eccezione, le spagnole: al 58% sono disposte a donare i propri ovociti o lo hanno già fatto. Questo si spiega probabilmente con una tradizione di donazione molto radicata in Spagna (gli spagnoli sono tra i primi donatori al mondo di sangue e organi) e con una promozione capillare condotta negli ultimi 20 anni sulla donazione dei gameti che ha portato a stabilire regole molto chiare sul piano legale ed etico”. Da notare: mentre 7 donne su 10 non sono disposte a donare ovociti, 1 uomo su 2 è invece disposto a donare sperma. Particolarmente favorevoli spagnoli, tedeschi e italiani (55%).

Conservazione degli ovociti per motivi non medici
       Altra questione molto delicata: la riproduzione assistita può essere di aiuto anche per motivi che non sono medici. Ad esempio, il congelamento degli ovuli in età giovane può essere un modo per avere la possibilità di una gravidanza anche dopo i 40 anni. “Se su questo tema tutta Europa si divide in due (51% favorevole, 49% contrario). L’Italia si stacca notevolmente dalla media con un 62% di contrari. Al polo opposto si trova la Spagna: il 77% è favorevole”. In generale, gli europei contrari al congelamento lo ritengono una tecnica contro natura o contraria alla propria religione (33%), che rafforza l’idea che la maternità danneggi la carriera (30%) e che si traduce in uno sfruttamento commerciale dell’apprensione delle donne (26%). Gli argomenti a favore sono invece: la crioconservazione libera le donne dalla paura dell’orologio biologico (36%), è un progresso della medicina (34%), permette alle donne una crescita professionale prima di avere un figlio (20)%. Commenta Rita Vassena: “Nei Paesi in cui il rifiuto è più forte, come Italia e Gran Bretagna, la donna che conserva i propri ovociti è spesso vista come ‘egoista’. Ma questa interpretazione è in contrasto assoluto con la realtà spagnola, dove il fattore motivante più dichiarato dalle donne che fanno questa scelta (90%) è che non hanno ancora incontrato il compagno ideale. Non sono quindi donne che non tengono alla famiglia: anzi, ci tengono moltissimo, tanto da non volerne costruire una a qualsiasi condizione, ma soltanto sulla base di una scelta consapevole”.

Fonte http://www.dolceattesa.com/rimanere-incinta/infertilita-procreazione-assistita-cosa-pensano-gli-europei_infertilita/

Stitichezza in gravidanza: cause e rimedi

Stitichezza in gravidanza: cause e rimedi       La stitichezza in gravidanza è un problema che affligge moltissime future mamme. Il principale responsabile è certamente da individuarsi nel progesterone, ormone deputato a inibire le contrazioni della muscolatura liscia della parete uterina e quindi prodotto in gran quantità durante tutta la gravidanza. La sua azione rilassante sulle fibre muscolari si riflette tuttavia anche sull’apparato digerente, con conseguente riduzione della peristalsi intestinale, ovvero di quelle contrazioni involontarie che hanno il compito di spingere le feci verso il basso. Con il progredire della gravidanza, il problema viene poi aggravato dalla riduzione dell’attività fisica e dal sempre maggiore peso dell’utero, che comprime l’apparato gastrointestinale rallentando l’intero processo digestivo. Altro fattore che concorre a rendere la stitichezza in gravidanza così frequente è infine l’aumentata capacità dell’intestino di assorbire acqua: durante la gestazione, infatti, il fabbisogno di liquidi aumenta, così che l’organismo tende a trattenerne il più possibile, con la conseguente formazione di feci dure e compatte, il cui transito risulta ancor più difficoltoso.

       Il rimedio più efficace per combattere la stitichezza in gravidanza risulta quindi un’aumentata assunzione di liquidi. Si consiglia di bere almeno 2 litri di acqua al giorno, ma anche succhi di frutta naturali (ricchi di vitamine), infusi e tisane. Via libera inoltre a brodi, minestre e passati di verdura, che contribuiscono a mantenere le feci morbide.

       Un grandissimo aiuto contro la stitichezza proviene poi da un’adeguata alimentazione: cercate di seguire una dieta ricca di fibre, frutta, verdura, legumi e cereali integrali. In particolare, alleati della regolarità intestinale risultano frutta e verdura cotte, prugne,  fichi secchi, kiwi ben maturi, yogurt e bevande che contengono fermenti lattici vivi, in grado di riequilibrare la flora intestinale.

       Ricordate infine di praticare regolare attività fisica: potete chiedete consiglio al ginecologo e farvi così suggerire gli sport più indicati per la gravidanza, ma molto efficaci risultano anche delle semplici passeggiate quotidiane, che tonificano la muscolatura addominale favorendo la peristalsi intestinale e al contempo favoriscono il ritorno del sangue venoso al cuore, riducendo il rischio di disturbi quali vene varicose ed emorroidi.

       Altri consigli utili consistono nel frazionare i pasti in tanti piccoli spuntini, mangiare con calma, masticando a lungo ogni boccone ed evitare di coricarsi subito dopo mangiato.

Fonte http://salute.leonardo.it/stitichezza-gravidanza-cause-e-rimedi/

Gravidanza. Solfato di magnesio protegge mamma e bambino

      La somministrazione di solfato di magnesio alle donne in gravidanza ad alto rischio di nascita pre-termine potrebbe limitare, nel feto, il rischio di paralisi cerebrale e morte. E’  quanto emerge da una metanalisi coordinata da Caroline Crowther, della Facoltà di Medicina dell’Università di Adelaide, in Australia. I risultati dello studio sono stati pubblicati da PLoS Medicine.

      Nella metanalisi, nota con l’acronimo AMICABLE, Crowther e colleghi hanno preso in esame banche dati medici  aggiornate a febbraio 2017, oltre a considerare cinque studi clinici randomizzati che hanno coinvolto, complessivamente, 5.493 donne e 6.131 bambini a rischio di nascita prematura, ovvero prima della 37a settimana. Tutti gli studi riportavano i risultati neurologici sui neonati. Complessivamente, il solfato di magnesio non avrebbe avuto alcun vantaggio nel prevenire la morte o la paralisi cerebrale.

      Tuttavia, quando l’analisi si limitava ai quattro studi che valutavano nello specifico la neuroprotezione del feto, l’utilizzo di questo composto chimico avrebbe ridotto in modo significativo il tasso di paralisi cerebrale e di morte, rispettivamente del 15,1 e del 17,4%. In sostanza, secondo gli autori, ogni 41 donne trattate, si riusciva a prevenire la morte di un bambino. “Il beneficio è stato evidenziato al di là del motivo della nascita prematura e con una variazione minima rispetto a quanto tempo prima veniva somministrato e al dosaggio”, sottolineano gli autori.

Fonte: PLoS Medicine

I benefici dei pistacchi in gravidanza

Картинки по запросу pistacchi in gravidanza         I pistacchi sono il nuovo comfort food delle donne in gravidanza. Soddisfano le voglie, ma non incidono sull’aumento di peso, mettendo d’accordo future mamme, ginecologi e nutrizionisti che, per la salute di mamma e bambino, riducono sempre di più i chili che è lecito prendere durante i nove mesi di attesa. Nello specifico, sarebbero 42 i grammi di pistacchi al giorno concessi che  levano il medico di torno.

         «Il diabete mellito gestazionale è una patologia sempre più diffusa, per evitare e prevenire questo problema è bene tenere il peso sotto controllo. In gravidanza, il fabbisogno energetico non subisce grandi cambiamenti: per questo, non bisogna cadere nell’errore di aumentare le quantità di cibo (mangiando per due, come vuole la tradizione popolare), per far fronte ai bisogni di crescita del feto. In realtà, durante il periodo dell’attesa occorrono solo 300 calorie in più al giorno – afferma Evelina Flachi, Nutrizionista e Specialista in Scienza dell’alimentazione – per questo, è bene che anche le donne che all’inizio della gravidanza erano magre tengano sotto controllo il proprio peso nei nove mesi, cercando di mantenersi nei limiti consigliati, da 9 a 13 chilogrammi in totale. Se si aumenta oltre questi valori, sarà poi più difficile recuperare il peso precedente la gravidanza. Inoltre, un eccesso di peso potrebbe favorire anche la comparsa di alcuni problemi durante l’attesa, dal mal di schiena al diabete gestazionale».

         Uno studio, infatti, ne rivela i benefici per gestire i livelli di zuccheri nel sangue delle donne che soffrono di diabete mellito gestazionale (GDM), un tipo di diabete che si sviluppa in una donna in gravidanza e che non ne ha mai sofferto in precedenza. Questa frutta secca a guscio che arriva dalla California, sembra davvero la soluzione a tutti i mali. La bacchetta magica per la dieta (mangiati come snack o al posto del pane), per l’attività sportiva (sono un ottimo spuntino per reintegrare i nutrienti post allenamento), e adesso anche per la salute delle future neomamme.

         «Lo studio dimostra che i pistacchi possono essere un’utile integrazione alla dieta per mantenere livelli salutari di zucchero nel sangue, fornendo nutrienti essenziali alla madre e al bambino in questo momento fondamentale», spiega Zhaoping Li, ricercatrice e professoressa di medicina, Chief of the Division of Clinical Nutrition, University of California, Los Angeles. «È entusiasmante sapere che a tavola si possono scegliere alimenti non lavorati che siano anche così gradevoli per le pazienti. In seguito a una diagnosi di diabete, le future mamme sono di sicuro molto più propense a rispettare una dieta prescritta se c’è un cibo che amano».

Картинки по запросу pistacchi in gravidanza         L’alterata tolleranza al glucosio durante la gestazione (GIGT) si verifica quando in gravidanza il corpo non è in grado di regolare normalmente i livelli di glucosio nel sangue a causa di cambiamenti ormonali. Mentre la patologia si risolve dopo la nascita del bambino, le donne con GDM o GIGT corrono però un rischio maggiore di sviluppare il diabete successivamente. «Il nostro studio è il primo a dimostrare che il consumo di pistacchi può aiutare le donne con diabete gestazionale a controllare i livelli di zucchero nel sangue dopo averlo assunto », spiega Sheng Ge, ricercatrice principale, primario e direttrice della Clinical Nutrition al Sixth People’s Hospital, Shanghai Jiao Tong University, Cina, dove è stato condotto lo studio.

         Nello studio è stato chiesto a 30 donne con diabete gestazionale (tutte tra le 24 e le 28 settimane di gravidanza) di consumare una colazione a base di 42 grammi di pistacchi oppure di 100 grammi di pane di grano integrale (due fette) dopo il digiuno notturno. I pistacchi e il pane integrale sono stati scelti in base all’equivalenza calorica. Lo zucchero nel sangue e il GLP-1, un ormone chiave nella regolazione della produzione di insulina5, sono stati misurati ogni 30 minuti dopo il pasto, fino a 120 minuti; e dopo sette giorni i gruppi sono stati invertiti. I livelli di zucchero nel sangue sono risultati significativamente inferiori dopo il consumo di pistacchi piuttosto che di pane integrale dopo 30 minuti, 60 minuti, 90 minuti e 120 minuti. E anche i livelli di insulina nel sangue non sono aumentati durante le due ore successive al consumo di pistacchi.

         I pistacchi hanno un basso indice glicemico (IG), sono relativamente alti in fibre, grassi sani, antiossidanti e fitonutrienti antiinfiammatori, tutte sostanze nutritive da cui le persone con diabete, ma non solo, possono trarre beneficio. Mangiare pistacchi ha un effetto minimo sui livelli di zucchero nel sangue a fine pasto: aggiunti a un piatto ricco di carboidrati, contribuiscono a ridurre al minimo ogni picco glicemico nel sangue.

         «Il sogno di ogni ostetrico e nutrizionista è quello di poter far mangiare cose appetitose alle proprie pazienti consentendo loro di mantenere un peso corretto e di prevenire la comparsa di patologie insidiose come il diabete gestazionale, ma spesso le cose buone fanno male e quelle meno invitanti sono più salutari. Il recente studio “Effetti dell’assunzione di pistacchio sulla risposta glicemica postprandiale nelle donne in gravidanza” dimostra che per una volta si riesce a unire il gusto di un prodotto con la sua capacità di far bene all’organismo», conclude Cristiano Messina, specialista in ginecologia ed ostetricia .

Fonte https://www.vanityfair.it/benessere/salute-e-prevenzione/2017/10/30/benefici-dei-pistacchi-gravidanza

Infertilità maschile: gli uomini saltano i controlli

       Andrologo, questo sconosciuto. In caso di difficoltà a concepire i controlli che vengono effettuati sulla coppia riguardano soprattutto le donne, mentre i problemi legati all’ infertilità maschile vengono spesso ignorati. A spiegarlo sono gli andrologi della Sia, la Società italiana di andrologia, secondo cui una coppia su quattro con problemi di fertilità “salta” il controllo sull’uomo concentrandosi – a volte fino anche ad accanirsi – solo sulla donna.

Infertilità maschile raddoppiata
       Questo fenomeno rispecchia un retaggio culturale duro a morire: quello secondo cui i problemi di infertilità attengono in particolar modo alla sfera femminile. Eppure l’ infertilità maschile negli ultimi trent’anni è raddoppiata, e nella difficoltà a concepire il fattore maschile è ormai esattamente sovrapponibile a quello femminile.

Più controlli sugli uomini
       Dai dati raccolti dalla Sia emerge che, in caso di difficoltà nel concepimento, un iter diagnostico che preveda sin da subito l’intervento parallelo del ginecologo per la donna e dell’andrologo per l’uomo consentirebbe di evitare almeno ottomila procedure di procreazione medicalmente assistita (pma) all’anno, con un risparmio di oltre 150 milioni di euro e, nei casi in cui la procedura resti indispensabile, migliorarne fino al 50% la probabilità di successo.
Infertilità maschile: gli uomini saltano i controlli
Dalla “Pma” alla “Pna”
       Gli andrologi spiegano inoltre che se gli uomini si sottoponessero a una buona prevenzione per la loro salute riproduttiva i disturbi di fertilità delle coppie potrebbero essere intercettati fino a dieci anni prima di quanto accade oggi e, intervenendo con gli opportuni trattamenti, le possibilità delle coppie di concepire un figlio in modo naturale potrebbero migliorare, riducendo il ricorso alla procreazione medicalmente assistita in favore della cosiddetta “procreazione naturalmente assistita”.

Fonte https://www.bimbisaniebelli.it/concepimento/infertilita/infertilita-maschile-gli-uomini-saltano-controlli-44961

domenica 29 ottobre 2017

I nutraceutici aiutano la fertilità?

      Il nome “integratori” indica che hanno la stessa natura degli alimenti che mangiamo (infatti contengono sostanze comunemente contenute nei vari cibi), ma che possono trovare una loro utilità laddove, nonostante un’alimentazione più equilibrata possibile, ci si ritrovi in carenza o con un aumentato fabbisogno di uno o più nutrienti. Questo può accadere in presenza di particolari condizioni (ad esempio un particolare stile di vita), di una patologia (allergie o problemi gastrointestinali, tanto per citarne due) o semplicemente per predisposizioni genetiche.

      Molto spesso, e negli ultimi anni sempre di più, anche in caso di infertilità vengono suggeriti determinati tipi di nutraceutici.

      Da un lato la ricerca scientifica si orienta sempre più verso lo studio delle cause, congenite o correlare a fattori esterni, di infertilità e subinfertilità, dall’altro i costi elevati di tecniche di riproduzione assistita hanno portato i consumatori ad orientarsi verso alternative più economiche e a portata di mano.

      L’infertilità colpisce il 15% delle coppie (Ko e Sabanegh, 2013) e nella metà dei casi la causa risiede nell’uomo e sono soprattutto gli uomini a ricorrere all’aiuto di integratori alimentari, basati soprattutto su sostanze con attività antiossidante naturale.
Per quanto, però, i nutraceutici siano di libero commercio e non necessitino di prescrizione medica, è sempre meglio evitare il “fai da te”.

      Lo stress ossidativo si origina da una eccessiva produzione di radicali liberi (ROS) e nei testicoli e nello sperma può avere varia origine: infezioni, infiammazioni, traumi, fumo di tabacco, inquinamento, intenso esercizio fisico, chemioterapia. Può dipendere da esposizione al calore (vasche termali, saune). Qualunque sia la sua origine, però, tra i suoi effetti più frequenti c’è la teratozoospermia, con produzione di spermatozoi immaturi e sottosviluppati, malformati per il oltre il 96% della produzione totale.

      Gli antiossidanti sono sostanze prodotte naturalmente dal nostro organismo oppure vengono introdotti con l’alimentazione, quando c’è un eccesso di radicali liberi e possono non essere sufficienti.
      Con l’alimentazione assumiamo antiossidanti consumando regolarmente erbe, frutta, verdura, noci, legumi, latticini e carne/pesce. Quando è necessaria un’integrazione, i prodotti solitamente consigliati sono a base di vitamine e minerali.

      Numerosissimi sono gli studi in letteratura sui nutraceutici e sui loro effetti sui parametri seminali e gli esiti della gravidanza.
      Il Cochrane è un network di ricercatori, professionisti, pazienti e chiunque sia coinvolto o interessato alla salute.

      Attua un grande lavoro di revisione delle pubblicazioni in letteratura al fine di trovare delle evidenze scientifiche e dare una corretta informazione accessibile a tutti, per rendere migliore il mondo della sanità e della prevenzione.

      Nel 2011 il Cochrane ha effettuato una revisione di 34 studi controllati sugli antiossidanti, registrando un aumento statisticamente significativo dei tassi di gravidanza e del tasso di nati vivi negli uomini trattati con integrazione rispetto a quelli trattati con placebo.
Картинки по запросу nutraceuticiPurtroppo il problema di questi 34 studi è lo stesso di quasi tutti gli studi su nutraceutici effettuati finora: campione troppo ridotto, tempi di studio troppo brevi, procedure non standardizzate.

      Questo significa che, nonostante esistano delle evidenze scientifiche che dimostrano l’efficacia di questi integratori, i lavori non sono sufficienti affinché vengano creati dei protocolli ufficiali di diagnosi e regimi di dosaggio al fine di standardizzare sia i prodotti che il loro utilizzo.

I nutraceutici  si usano o non si usano?
      Sicuramente è sconsigliato il “fai da te”. E’ sempre meglio rivolgersi ad un professionista (medico e nutrizionista, possibilmente in tandem), perché l’utilizzo di integratori è utile laddove ve ne sia effettivo bisogno, cioè dove davvero ci sia carenza di particolari nutrienti o un aumentato fabbisogno. Il motivo è semplice: anche le sostanze naturali, se assunte in eccesso, hanno i loro risvolti negativi.

Qualche esempio:

      La vitamina C, potentissimo e famosissimo antiossidante, se assunta in eccesso, può provocare dispepsia, problemi renali, mal di testa.
      Lo zinco (utilizzatissimo per infertilità e subinfertilità maschile) se in eccesso può provocare perdita di appetito, ulcera gastrica, problemi gastrointestinali.
      Il selenio (anche questo utile per problemi maschili) se in eccesso può provocare affaticamento, irritabilità, tremori, alitosi.

Cosa fare?
Be’, innanzitutto si può fare molta prevenzione, anche in tempi in cui non si pensa ancora alla cicogna, perché questi processi di “risanamento” non sono molto veloci, quindi è bene pensare alla propria salute riproduttiva il prima possibile:

  • non fumare, smettere se si è iniziato;
  • non bere alcolici o magari concedersi un bicchiere di vino rosso di tanto in tanto, magari per sottolineare un’occasione o una compagnia particolare;
  • una dieta equilibrata, con preferenza di cereali integrali (orzo, farro, avena, riso integrale o bianco) e legumi, ricca di frutta e verdura di stagione (quelle fuori stagione costano il doppio e nutrono la metà); alternare carne, pesce e uova e assumere quotidianamente latte o derivati (anche un buono yogurt greco bianco è un ottimo alimento); ogni giorno assumere 20-30 g di frutta secca o di semi. In caso di voglia di dolce, un quadratino di cioccolato fondente (almeno 80%!) non può che far bene. Se ce ne sarà bisogno, il medico o il nutrizionista daranno informazioni su un’eventuale integrazione.
Fonte https://www.periodofertile.it/fertilita/nutraceutici-aiutano-la-fertilita