mercoledì 28 febbraio 2018

Poteva essere la più bella mamma del mondo.

       Il suicidio di Marilyn Monroe potrebbe forse celare, tra le sue molteplici ragioni, anche quella dell’endometriosi. Infatti, pochi sanno che il suo fu uno dei primi e più celebri casi di diagnosi certificata di questa patologia che causa la crescita anomala dell’endometrio fuori dall’ utero. E che, soprattutto, sarebbero stati i potenti antidolorifici assunti per combatterla ad averla resa dipendente dai farmaci dei quali abusò fino a perdere la vita.

Info15       La bionda più famosa della storia scoprì che soffriva di questo disturbo dopo aver sposato in seconde nozze Joe di Maggio, super star del baseball americano. Era l’anno 1954. Le copertine dei magazine erano tutte per loro. Ma alla coppia più glamour e invidiata di Hollywood mancava la cosa più desiderata: un figlio. Perché Marilyn (si parlerà addirittura di 14 aborti) non riusciva a rimanere incinta. Cosa che, secondo molti, finì per pesare, fino alla rottura, sulla loro unione.

       Nonostante l’incontro e poi, nel 1956, l’unione con Arthur Miller quello della maternità eternamente mancata fu per Marilyn un tarlo che la perseguitò fino a minare inesorabilmente il suo già fragile equilibrio mentale. Come testimonia una sua lettera del 1952 nella quale, a poche ore da un intervento di appendicectomia, così supplicava il chirurgo Marcus Rabwin:

“La prego, tagli il meno possibile” – si legge – “salvi quello che può. Per l’amor di Dio, non rimuova le ovaie”.

       Parole che la dicono lunga sullo stato di paranoia in cui la gettava il semplice pensiero di non poter diventare mamma.

       La verità è che negli anni ’50 ed oltre del Novecento la diagnosi di endometriosi era un’inappellabile sentenza di infertilità. Visto che le sue cause sono rimaste ignote fino a pochissimo tempo fa.

       Dopo 3 secoli di teorie, la scoperta del Professor Pietro Giulio Signorile sull’Endometriosi.
Solo nel 2009, infatti, dopo oltre 3 secoli di teorie mai confermate, solo grazie ad uno studio del Professor Pietro Giulio Signorile, presidente della Fondazione Italiana Endometriosi, si è potuto dimostrare il principale motivo dell’insorgenza di questa patologia. La crescita del tessuto endometriale fuori dall’ utero. Una mezza rivoluzione che ha contribuito anche a cambiare la percezione che chi ne soffre ha dell’endometriosi. Tanto è vero che, a differenza del passato, oggi le “endogirls” non si nascondono più. Condividendo sui social sogni, speranze e consigli. Che forse, chissà, avrebbero potuto rendere meno amara l’esistenza di un sex symbol che ammagliava gli uomini ma voleva solo essere mamma.


Fonte http://www.west-info.eu/it/poteva-essere-la-piu-bella-mamma-del-mondo/

L’effetto della gravidanza sull’endometriosi: verità o finzione?

OBIETTIVO E MOTIVAZIONE

        L’obiettivo era di valutare le prove del fatto che la gravidanza e l’allattamento abbiano un effetto benefico sulle caratteristiche di crescita e sui sintomi dell’endometriosi diagnosticati prima della gravidanza.

METODI DI RICERCA
        Una ricerca di articoli contenenti parole chiave correlate alla gravidanza e all’endometriosi è stata eseguita tramite PubMed. I manoscritti che trattano di un potenziale effetto della gravidanza sull’endometriosi sono stati sistematicamente esaminati. Abbiamo incluso pubblicazioni in lingua inglese, francese e tedesca su studi sull’uomo dal 1966 a maggio 2017. Le bibliografie di questi manoscritti sono state cercate per ulteriore letteratura pertinente.

RISULTATI
Картинки по запросу gravidanza sull’endometriosi
        Sono stati identificati cinque piccoli studi osservazionali riguardanti lo sviluppo longitudinale delle lesioni endometriosiche durante e dopo la gravidanza, quattro di media qualità e uno di bassa qualità. Undici pubblicazioni hanno riportato misurazioni di endometriomi durante la gravidanza e il periodo postparto (i cinque studi appena citati e sei case report).

        Sono stati inclusi altri 22 casi clinici / piccole casistiche (al massimo cinque casi), sei studi sull’istologia delle lesioni endometriosiche in gravidanza, oltre a otto studi sul ruolo della gravidanza nello sviluppo iniziale e sulla recidiva dell’endometriosi. Pochi studi di qualità molto limitata sono disponibili per valutare l’effetto della gravidanza e del periodo postnatale sullo sviluppo dell’endometriosi.

        Lo sviluppo dell’endometriosi è variabile e non ci sono prove che ci si possa aspettare che la gravidanza riduca generalmente la dimensione e il numero delle lesioni endometriosiche. Crescita e cambiamenti strutturali delle lesioni durante la gravidanza possono verificarsi con la decidualizzazione. I risultati sull’associazione tra gravidanza e sintomi di endometriosi sono controversi e fortemente distorti.

CONCLUSIONI
        I dati disponibili sullo sviluppo dell’endometriosi durante e dopo la gravidanza mostrano minori effetti benefici rispetto a quanto riportato in precedenza. Pertanto, le donne che mirano alla gravidanza in presenza dell’endometriosi non devono essere informate che la gravidanza può essere una strategia per gestire i sintomi e ridurre la progressione della malattia.

Fonte Leeners B, et al. Hum Reprod Update. 2018.

POCO IODIO IN GRAVIDANZA E RISCHIO DI RITARDO MENTALE NEL FETO

       L’allarme in merito è stato lanciato da una fonte più che autorevole: l’American Academy of Pediatrics, che ha pubblicato sulla prestigiosa rivista Pediatrics un invito a integrare con iodio l’alimentazione delle donne in attesa.

       La carenza di iodio in gravidanza, può ostacolare il corretto sviluppo cerebrale del feto ed espone il bambino a una maggiore vulnerabilità ad alcuni inquinanti presenti nell’atmosfera.

       Lo iodio, inoltre, come dimostrato da Rogan del National Institute of Environmental Health Sciences in North Carolina, è un elemento indispensabile per una adeguata produzione degli ormoni tiroidei, che in carenza, determina il quadro di ipotiroidismo.

       I neonati che non vengono trattati per risolvere questa patologia possono sviluppare un grave ritardo nello sviluppo cognitivo e manifestando anche danni cerebrali permanenti.

Картинки по запросу POCO IODIO IN GRAVIDANZA       Stando a quanto affermato dal ricercatore, l’integrazione giornaliera di iodio durante la gravidanza dovrebbe oscillare tra i 290 e i 1110 mg.

       Per scongiurare i possibili rischi di un apporto inadeguato di iodio durante la gravidanza, le gestanti vegetariane o priva di latticini dovrebbero sottoporsi periodicamente, durante la gestazione, anche a un test delle urine.

       La carenza di iodio in gravidanza, stando ai dati del ricercatore, sembra essere piuttosto diffusa.

       Questa teoria, supportata anche da un analogo studio condotto presso l’Università del Surray, porta alla conclusione della necessità di una adeguata integrazione di iodio da somministrare durante la gravidanza.
       I ricercatori inglesi hanno anche sottoposto alcuni bambini di 8 anni a un test del quoziente intellettivo e altri bambini di 9 anni a un test di lettura.

       I risultati hanno evidenziato come i piccoli nati da donne che avevano accusato un apporto inadeguato di iodio in gravidanza avessero più probabilità di ottenere punteggi inferiori alla norma.

       Naturalmente, maggiore è la carenza di iodio durante la gravidanza, maggiori sono i rischi che il bambino riporti danni intellettivi e neurologici.

       Anche i dati dell’OMS sottolineano che circa 120 mila neonati presentano carenza di iodio e potrebbero andare incontro a ritardi fisici e mentali.

       Questo vale, in particolar modo, per i Paesi mediterranei, Italia compresa, dove l’utilizzo del sale iodato rimane tuttora poco diffuso fra la popolazione.

       Fatta salva la nostra raccomandazione, di non eccedere con il sale…

 Fonti  Effect of inadequate iodine status in UK pregnant women on cognitive outcomes in their children: results from the Avon Longitudinal Study of Parents and Children (ALSPAC)
Iodine Deficiency, Pollutant Chemicals, and the Thyroid: New Information on an Old Problem

UNO SCREENING PER LA CELIACHIA DEL BAMBINO

       L’ingestione di alimenti contenenti questo tipo di antigene causa una reazione allergica infiammatoria a livello della parete intestinale del soggetto affetto.

       Il perpetuarsi di questa situazione determina l’atrofia progressiva dei villi intestinali, le strutture deputate all’assorbimento delle sostanze nutritive presenti nel pasto.

        La condizione di malassorbimento si manifesta con la presenza di diarrea cronica ed è la causa del deperimento progressivo del soggetto affetto. Nei bambini l’incapacità di assimilazione si ripercuote inoltre sui processi di accrescimento, comportando ritardi significativi a carico dello sviluppo dell’apparato muscolo scheletrico.

       Un recente articolo, edito dalla rivista scientifica JAMA Pediatric, ha illustrato una nuova metodica in grado di permettere una diagnosi precoce e non invasiva del disturbo celiaco nei bambini.
pasta bambino

       Questa malattia può progredire in modo subdolo ed aspecifico, tanto da essere spesso sottodiagnosticata in età pediatrica.

        L’idea degli autori dello studio è stata quella di creare programmi di screening basati sull’osservazione di 5 parametri indicatori della crescita in età pediatrica.

       Il metodo si poneva l’obbiettivo di individuare in modo efficace la presenza di malattia celiaca nei bambini osservati basandosi solo sulla misurazione dell’accrescimento corporeo.

       Il dottor Antti Saari, dell’Università della Finlandia orientale, ed i suoi coautori hanno prima di tutto sviluppato uno schema di riferimento per la valutazione dei disturbi dell’accrescimento. L’osservazione di una popolazione di 51.332 bambini sani ha permesso di ricavare 5 parametri fisiologici, derivati dall’elaborazione statistica delle variazioni di altezza e di indice di massa corporea dei bambini nel tempo.

        I dati elaborati si riferiscono al periodo di crescita compreso tra 0 e 20 anni d’età.

       Questi stessi parametri sono stati poi valutati in 177 bambini affetti da celiachia, analizzando i dati di crescita raccolti fino alla diagnosi della malattia (da 1 a 16 anni).

       Gli autori hanno dimostrato che la valutazione crociata dei 5 parametri è in grado di evidenziare una significativa differenziazione tra i soggetti sani e quelli malati, tanto da permettere l’emissione di sospetto di malattia già due anni prima della effettiva diagnosi.

        L’applicazione di screening di questo tipo potrebbe essere facilmente introdotta nel sistema sanitario nazionale.

       L’utilizzo nell’ambito di banche dati pediatriche informatizzate, facilmente analizzabili, permetterebbe l’attuazione di programmi diagnostici efficaci, non invasivi e poco costosi.

       La diagnosi precoce della malattia celiaca è un obbiettivo molto importante, in grado di garantire un miglioramento della qualità di vita dei bambini ed un trattamento tempestivo della malattia.

       Anche i costi per il sistema sanitario nazionale sarebbero ridotti a causa del minor numero di analisi ed ospedalizzazioni necessarie ai soggetti malati non ancora giunti ad una diagnosi.

        La celiachia diagnosticata precocemente è una malattia con prognosi fausta.

       Una dieta priva di glutine concede al celiaco una aspettativa di vita normale sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.

       Una diagnosi tardiva può invece compromettere la risposta alla sola terapia dietetica ed aumentare la possibilità di pericolose complicazioni.

Fonti  Systematic Growth Monitoring for the Early Detection of Celiac Disease in Children
Antti Saari, MD1; Samuli Harju, BM1; Outi Mäkitie, MD, PhD2,3,4; et al
JAMA Pediatrics – Growth Screening Could Help Detect Celiac Disease in Kids

Come aumentare la fertilità con l'omeopatia

       Una premessa è d'obbligo: l'omeopatia non cura l'infertilità ma può aiutare chi cerca un bambino a ritrovare il "ritmo" giusto, a connettersi con il tempo fisiologico necessario a concepire un bebé. Per saperne di più e fare chiarezza in merito, abbiamo intervistato la dott.ssa Gabriella Maggi, specialista in Ginecologia ed esperta in Medicina Complementare.

La fertilità
       Innanzitutto, è importante precisare che la fertilità (in assenza di patologie) risente di numerose variabili. A partire dall'alimentazione, sino ad arrivare alla quantità e alla qualità del sonno. Alterazioni del ritmo sonno-veglia, per esempio, possono intervenire negativamente nei ritmi ormonali così come il sovrappeso, il vizio del fumo, lo stress prolungato e anche la stessa ansia di "dover" concepire.

       «Concepire è un atto naturale, un fenomeno fisiologico che richiede tempo. Oggi assistiamo a una tendenza alla medicalizzazione del concepimento, quasi fosse qualcosa da ottenere con immediatezza, il più presto possibile. Invece, la natura ha bisogno dei suoi tempi ed è importante imparare a fare i conti con i ritmi fisiologici del proprio corpo, rispettandoli» spiega la dott.ssa Maggi.

       Dunque, prima di ogni cosa: stemperare l'ansia, adottare uno stile di vita salutare e abbandonare la fretta.

Imparare a conoscersi
       Quando si desidera un bambino, è cruciale osservare i propri ritmi e conoscere l'andamento (e le eventuali alterazioni) del ciclo mestruale nella sua interezza.

       «Per aiutare a regolarizzare il "ritmo" del ciclo mestruale, consiglio l'assunzione di Folliculinum 9CH in un'unica dose globuli il settimo giorno del ciclo mestruale. Ripetendo, eventualmente, l'assunzione il ventunesimo giorno di ciclo. Si tratta di un rimedio a base di estratto di follicolo ovarico, indicato per aiutare a restituire il ritmo corretto al ciclo mestruale (che inizia il primo giorno della mestruazione e termina il primo giorno della mestruazione successiva)» chiarisce la dott.ssa Gabriella Maggi.

La coppia
       Quando ci si trova a voler aiutare la fertilità, è necessario considerare la coppia nella sua totalità. Infatti, l'attenzione non si può focalizzare soltanto sul ruolo femminile. Anche la fertilità maschile subisce fluttuazioni dipendenti dalle stesse variabili che influenzano la capacità di procreare della donna.

       Per esempio, in presenza di una malattia (anche una semplice influenza), gli spermatozoi risultano meno attivi e prodotti in quantità minore. Anche per questi motivi "tecnici" (ma, prima di tutto, per ragioni di tipo emotivo-affettivo) è importante che la fertilità diventi una "questione di coppia", un fatto naturale da non approcciare con ansia o fretta e che riguarda sempre entrambi i partner.

Medicinale omeopatico di terreno
       «Per aiutare la fertilità, può essere efficace anche assumere un medicinale omeopatico di terreno. Questi ultimi sono medicinali che considerano e agiscono sull'intero spazio biopatologico del soggetto. Si tratta, dunque, di un approccio che prende in considerazione il paziente nella sua interezza: la base dell'omeopatia. Esistono numerose "tipologie" di donna in omeopatia, a cui sono associati diversi medicinali omeopatici di terreno. Le tipologie si differenziano per costituzione e caratteristiche fisiche, oltre che per le inclinazioni emotive e il temperamento» spiega la dott.ssa Maggi.

       «Se volessimo fare tre esempi emblematici, potremmo considerare i tre tipi e i tre medicinali omeopatici di terreno: Thuja, Sepia e Pulsatilla. La donna Thuja presenta solitamente un aspetto "a mela", con la parte superiore del corpo più abbondante rispetto a quella inferiore, può soffrire di sindrome dell'ovaio micropolicistico, di insonnia e di leucorrea abbondante. Il tipo Sepia mostra, invece, una fisicità più magra e snella, ha solitamente colori scuri, è spesso stanco e senza energia, con probabili disturbi a carico del fegato. A volte, il biotipo Sepia mostra depressione e temperamento lunatico. Infine, il tipo Pulsatilla si può riferire a una donna incline al pianto, che necessita di essere consolata, spesso con alterazioni dei livelli di prolattina e problemi circolatori (vene varicose, gonfiori)» precisa la dottoressa Maggi.

       L'efficacia delle medicina omoepatica dipende soprattutto dalla scelta azzeccata del medicinale. Per questi motivi, è molto importante affidarsi a un medico omeopata e iniziare una terapia personalizzata. Anche la ricettività soggettiva ha un ruolo cruciale ma è soprattuto la scelta non corretta del medicinale omeopatico di terreno a non far funzionare la terapia.

       «Nel caso della fertilità, la medicina omeopatica può aiutare a ottimizzare le energie e a ripristinare gli equilibri. In una condizione di energie ottimali, anche la fertilità trae massimo beneficio. Tutto ciò vale sia per la donna, sia per l'uomo. Tanto che si consiglia alla coppia di affrontare insieme, senza ansia o fretta, la procreazione. Anche l'uomo può, infatti, assumere i rimedi omeopatici di terreno (personalizzati) rivolgendosi a un medico omeopata e ottimizzando così le sue energie e la capacità di procreare» conclude la dott.ssa Maggi.

Fonte http://www.donnamoderna.com/mamme/rimanere-incinta/fertilita-omeopatia

martedì 27 febbraio 2018

Come aumentare le probabilità di gravidanza? La donna deve fare più sesso!

         Perchè dovrebbero aumentare la frequenza di rapporti anche nei giorni non fertili?
La risposta arriva da due nuovi studi che hanno messo in luce l‘importanza di avere rapporti sessuali anche al di fuori della finestra fertile.

42400988_s         L‘attività sessuale nel corpo della donna innesca importanti  risposte del sistema immunitario che la preparano a una possibile gravidanza. I risultati ottenuti dagli studi non sono solo importanti alla luce della ricerca della gravidanza ma anche per il trattamento delle malattie autoimmuni.

         Sebbene non sia ancora ben chiaro il meccanismo, le coppie dovrebbero impegnarsi costantemente per tutto l’arco del ciclo mestruale ( ovviamente non tuti i giorni altrimenti potrebbe risultare noioso) per favorire  quelle modifiche al sistema immuntario della donna che ne aumentano la fertilità e che supportano il concepimento.

         Negli studi, che sono stati  pubblicati nelle riviste scientifiche Fertility and Sterility e Physiology and Behavior, i  ricercatori hanno reclutato 30 donne  la metà delle quali erano sessualmente attive, mentre l’altra metà non aveva rapporti sessuali. Sono stati prelevati e analizzati campioni di saliva nelle 4 fasi: durante le mestruaizoni, durante la fase folllicolare, in ovulazione e nella fase luteale.

         Si sono  viste differenze notevoli tra i due gruppi in merito ai livelli dei Linfociti T (in particolare dei Linfociti T helper di tipo 1 e di tipo 2) e in merito ai livelli delle immunoglobuline (anticorpi).

         Questi cambiamenti che si verificano nelle donne sessualmete attive e non in quelle stinenti, contribuiscono ad aumentare la probabilità di concepimento.

         Il corpo della donna va incontro a un dilemma molto difficile. Al fine di proteggere se stesso, il corpo ha bisogno di difendersi contro gli invasori esterni  (batteri, virus ecc.). Ma se si applica questa logica allo sperma o a un embrione appena concepito, la gravidanza non può verificarsi o procedere. Pertanto le donne vanno incontro a mutamenti del loro sistema immunitario per poter permettere la gravidanza,

         Nelle donne sessualmente attive, i ricercatori hanno osservato elevati livelli di cellule T helper di tipo 2 durante la fase luteale del ciclo mestruale, un periodo in cui il rivestimento uterino, l’endometrio,  ispessisce per prepararsi ad accogliere l’eventuale embrione concepito. Questo tipo di cellula T impedisce al corpo di rilevare l’emrione e lo sperma come corpi estranei, consentendo così il concepiemnto e l’annidamento dell’embrione.

Картинки по запросу rimanere incinta         Tra le donne sessualmente attive, gli autori dello studio hanno notato anche livelli più alti di cellule T helper di tipo 1 durante la fase follicolare del ciclo mestruale, quando i follicoli delle ovaie stanno maturando. Le cellule T helper di tipo 1 aiutano il corpo a prevenire infezioni esterne.

         Per quanto riguarda le immunoglobuline, ci sono cambiamenti evidenti sempre nelle donne sessualmente attive.I livelli di immunoglobuline  A, che di solito si trovano nelle mucose del tratto riproduttivo femminile e possono influenzare la fecondazione, sono più alti durante la fase follicolare.  Inoltre, i livelli di  immunoglobuline G, che si trovano di solito nel sangue per proteggere da infezioni esterne, sono risultati aumentati nelle donne sessualmente attive durante la fase luteale.

         Questi cambiamenti non si verificano nelle donne che non hanno rapporti sessuali.

         Secondo di ricercatori quindi il sistema immunitario risponde ad un comportamento sociale: l’attività sessuale. Le donne sessualmente attive  si preparano in questo modo a una possibilità di gravidanza e quindi ad accogliere l’ingresso di quello che altrimenti sarebbe visto come un “corpo estraneo”.

         Capire come il sesso possa causare cambiamenti nella risposta immunitaria,  potrà aiutare i medici a curare i disturbi del sistema immunitario, tra cui le malattie autoimmuni.

         Per coloro che invece cercano un bambino, adesso sapete che avete un motivo in più per aumenatre la frequenza dei rapporti anche se non siete nei giorni fertili.

In becco alla cicogna!

Fonte: Tierney K. Lorenz,   Julia R. Heiman,  Gregory E. Demas,  Sexual activity modulates shifts in TH1/TH2 cytokine profile across the menstrual cycle: an observational study, Online: September 15, 2015 Fertility and Sterility.

MINACCIA DI PARTO PRETERMINE, DI CHE SI TRATTA?

        Si definisce Minaccia di Parto Pretermine (MPP) l’appianamento e la dilatazione della cervice uterina tra la 20a e la 37a settimana di gestazione.

        Sintomi:

  • Contrazioni uterine ritmiche con o senza dolore, resistenti al riposo;
  • Malessere generale: lombalgia, pressione sovrapubica, crampi intestinali, diarrea.

        Segni:

  • Riscontro di attività contrattile regolare prima della 37°sett. con palpazione addominale o tocografia;
  • Modificazioni a carico del collo uterino: posizione, lunghezza e dilatazione (cervicometria);
  • Lieve perdita ematica;
  • Aumento di perdite vaginali;
  • Segni di cistite o vaginite.

         Nonostante i progressi della medicina e delle tecniche assistenziali, negli ultimi 50 anni il tasso di incidenza del parto pretermine non si è modificato e si attesta tra il 4% e il 16%.

        Il parto pretermine rappresenta la maggior causa di mortalità e morbilità neonatale; nel 70-80% dei casi l’insorgenza è spontanea.

        Il 50% dei parti pretermine è associato a fattori di rischio quali:

  • Precedente parto pretermine
  • Ipertensione, patologie renali, diabete mellito
  • Anomalie anatomiche materne e fetali
  • Perdite ematiche in gravidanza
  • Infezioni del tratto urinario e dell’apparato genitale
  • Gravidanza multipla
  • Polidramnios e disturbi della placentazione
  • Abuso di sostanze stupefacenti e fumo
  • Situazioni di disagio sociale

         Il restante 50% delle donne non ha apparenti fattori di rischio associati.

        Nel caso in cui si sospettino i sintomi di una minaccia di parto pretermine è bene rivolgersi ad un centro ospedaliero per la valutazione del quadro clinico e la messa in opera di misure assistenziali volte a ridurre il rischio di parto pretermine.

parto-prematuro@        Nel caso di grave MPP in un epoca di gestazione inferiore alle 34 settimane è prassi durante l’ospedalizzazione la somministrazione di cortisonici per favorire la produzione del surfactante, una sostanza presente negli alveoli polmonari importante per la respirazione alla nascita (maturazione dello sviluppo polmonare fetale).

        Fino a qualche anno fa l’incidenza di mortalità neonatale a seguito di nascita pretermine era molto alta, ma oggi, grazie alla pratica di terapie intensive neonatali, il rischio si è abbassato notevolmente tanto che il 50% dei bambini nati prima della 24a settimana sopravvive raggiungendo elevate aspettative di sopravvivenza sin dalla 27a/28a settimana.

        Il peso alla nascita rappresenta, insieme all’epoca gestazionale, uno dei fattori che maggiormente influenzano il tasso di sopravvivenza del bambino nato prematuramente. I dati dimostrano che i neonati di peso superiore ai 700g sopravvivono nell’80% dei casi.


Tumore al testicolo e infertilità: il calore li favorisce

      Identificato un nuovo gene che attivato dal calore, sembra legato allo sviluppo della infertilità maschile e del tumore del testicolo. La notizia – spiegano – è stata resa pubblica durante il XXXIII Convegno di Medicina della Riproduzione condotto dai professori Carlo Foresta e Andrea Lenzi con i maggiori luminari, studiosi ed esperti ad Abano Terme, nel Padovano, che termina oggi dopo due giorni di relazioni che hanno, tra gli altri temi trattati, analizzato l’uomo del futuro, che potrebbe nascere da uteri artificiali, e studiato le conseguenze dei Pfas sul testosterone.

      I ricercatori dell’Università di Padova, coordinati dal professor Carlo Foresta, direttore della UOC Andrologia e Medicina della Riproduzione e Coordinatore della Rete Endocrinologica del Veneto, hanno dimostrato che il gene E2F1 , deputato alla regolazione della divisione cellulare, e’ fortemente coinvolto nella produzione degli spermatozoi e che le alterazioni costitutive di questo gene portano ad una maggiore predisposizione all’infertilita’, all’anomala discesa del testicolo alla nascita (criptorchidismo) e al tumore del testicolo. Studi sperimentali condotti dal gruppo di ricerca dell’Università di Padova hanno dimostrato che l’espressione di questo gene viene fortemente attivata dall’aumento della temperatura.

      Il normale funzionamento del testicolo ed i meccanismi che regolano la produzione di spermatozoi sono infatti fortemente sensibili agli aumenti della temperatura e frequentemente l’infertilita’ maschile e’ riscontrata in situazioni che determinano l’aumento di temperatura dei testicoli come varicocele, obesita’, esposizione lavorativa a fonti di calore o saune. I ricercatori di Padova hanno documentato che negli spermatozoi di questi pazienti, l’attivita’ del gene E2F1 e’ fortemente aumentata, potendosi quindi considerare come uno dei meccanismi che hanno determinato l’infertilità.

Картинки по запросу Tumore al testicolo      Questa ipotesi e’ rafforzata dalla presenza di infertilita’ nelle condizioni in cui geneticamente e’ presente una alterazione di E2F1, che comporta un aumento della sua attivita’. Questo studio di genetica e’ stato condotto su 174 infertili. Per verificare il ruolo delle anomalie di E2F1 nello sviluppo del tumore del testicolo, i ricercatori hanno studiato 261 casi di giovani affetti da questa patologia, ed hanno documentato che le alterazioni di questo gene, che ne determinano una aumentata attivita’, sono piu’ frequenti nei soggetti affetti da tumore testicolare.

      Da questi risultati emerge chiaramente che il gene E2F1 è fortemente coinvolto nei meccanismi che regolano il normale funzionamento del testicolo e una alterazione della sua funzione può manifestarsi con diversi gradi di danno testicolare che vanno dall’infertilità al criptorchidismo fino al tumore del testicolo. Commenta il professor Foresta: “Questi risultati aprono scenari nuovi poiché inducono ad ipotizzare che l’aumento del tumore del testicolo e la riduzione sempre più evidente di spermatozoi degli uomini possa essere associata anche ad un incremento della temperatura, anche quella ambientale, che potrebbe agire proprio stimolando l’espressione di questo gene”.


Per approfondire http://www.meteoweb.eu/2018/02/tumore-testicolo-infertilita-calore/1049414/#PvkAEkKZ3ZIWPwrH.99

Alimentazione in gravidanza: quali vitamine assumere

        Assumere vitamine durante la gravidanza è importantissimo, perché sono un valido alleato per il regolare sviluppo del feto e il benessere della mamma. Inoltre, un corretto apporto vitaminico riduce il senso di stanchezza e debolezza, frequenti durante la gestazione, contrastando anche l’insorgere di complicazioni come anemia, preeclampsia e difetti alla colonna vertebrale o di nascita.

Le vitamine per la gravidanza

    Картинки по запросу in gravidanza: quali vitamine
  • Acido folico e vitamina B12. L’assunzione di vitamina B9, o acido folico, è fondamentale, in gravidanza, perché una carenza di questo micronutriente potrebbe comportare difetti del tubo neurale (ad esempio, la spina bifida) e malformazioni cardiovascolari congenite nel feto. Inoltre, un corretto apporto di folati riduce il rischio di complicazioni, che possono interessare la donna nel periodo gestazionale, come la preeclampsia. Di solito, si consiglia un’integrazione con circa 400 mcg di acido folico al giorno per almeno il primo trimestre di gravidanza, cominciando qualche mese prima del concepimento, qualora sia stato pianificato. Alimenti ricchi di vitamina B9 sono i vegetali a foglia verde, pomodori, arance, legumi, cereali integrali e il fegato.
  • Anche la vitamina B12, o cobalamina, presente in alimenti di origine animale, è un ottimo alleato nella prevenzione delle malformazioni fetali.
  • Vitamina A. Negli ultimi tre mesi di gravidanza, aumenta il fabbisogno di vitamina A. Contenuta nel fegato, nelle uova, nei latticini, in tutti i frutti ed ortaggi giallo-arancioni, come arance, albicocche, pomodori, carote, peperoni, zucca, così come nei vegetali a foglia verde, la vitamina A, o retinolo, è fondamentale per lo sviluppo delle cellule e la crescita del feto e rafforza il sistema immunitario. Tuttavia ne è sconsigliato un consumo eccessivo, perché potrebbe provocare malformazioni fetali.
  • Vitamina D. L’assunzione di vitamina D, associata al calcio, è consigliata per favorire la crescita delle ossa del bambino e permettergli di costruire uno scheletro sano e forte. Le principali fonti alimentari di vitamina D sono il tuorlo d’uovo e alcuni pesci particolarmente grassi, come il salmone o lo sgombro.
  • Vitamine C ed E. La vitamina C migliora l’assorbimento del ferro e rafforza le difese immunitarie. Presente in alcuni frutti, come agrumi, fragole e kiwi, oltre che in pomodori, peperoni, cavoli e broccoli, la vitamina C andrebbe assunta insieme ai sali minerali come ferro, rame e zinco, per scongiurare l’insorgere dell’anemia durante la gravidanza. Non bisogna, inoltre, tralasciare la vitamina E che, oltre ad essere un potente antiossidante, aiuta a prevenire la gestosi. Per questo, è bene che, durante i nove mesi di gravidanza, nell’alimentazione non manchino olio extravergine d’oliva, cereali integrali e frutta secca.
Fonte https://dilei.it/mamma/alimentazione-gravidanza-vitamine/475755/

MEGLIO ALLONTANARSI DALL’INQUINAMENTO SE SI È IN GRAVIDANZA

Plica nucale ecografia        E’ stato scoperto che vivendo in ambienti inquinati il rischio di sviluppare infiammazioni intrauterine è molto più alto.

        Ma cosa comportano queste infiammazioni? Esse potrebbero portare la donna ad avere un parto prematuro ma anche causare nel neonato patologie e disturbi di tipo neurologico e respiratorio.

        Lo studio è stato condotto da un team di pediatri e specialisti in epidemiologia provenienti dagli Stati Uniti e dalla Cina, che si sono preoccupati di analizzare le conseguenze delle PM2.5, ovvero delle polveri sottili.

        Lo studio è stato condotto sul benessere e sullo stato di salute di oltre 5 mila coppie di mamme e bambini della zona di Boston. Le PM2,5 già da tempo vengono collegate a malattie di tipo respiratorio e cardiovascolare in persone di tutte le età. Esse sono in sostanza le polveri sottili che vengono emesse nell’ambiente da automobili e veicoli in generale, dalle industrie e dal riscaldamento di aziende e case. Tali polveri provenienti dall’ambiente vengono respirate con facilità e raggiungono i polmoni, penetrando in profondità e causando danni.

         I dati si sono basati su alcune specifiche metodologie di ricerca e hanno dimostrato che la gran parte delle neo mamme che avevano partecipato alla ricerca era stata esposta ad una quantità di PM2.5 inferiore rispetto a quello che l’Agenzia per la protezione dell’ambiente ritiene accettabile, mentre un gruppo di circa 1.500 mamme (intorno al 30% del totale) ha respirato a lungo in ambienti in cui l’inquinamento atmosferico era uguale e spesso superava quello ritenuto accettabile dall’ente sopracitato.

Похожее изображение        Proprio in queste mamme, maggiormente esposte al pericoloso inquinamento, è stata notata una probabilità di infiammazione intrauterina doppia rispetto alle altre mamme. I primi tre mesi di gravidanza sono il periodo più pericoloso per contrarre l’infiammazione, quindi anche il più delicato, in cui le tutele devono essere maggiori.

        Questi studi hanno messo in evidenza come non solo gli alti livelli di inquinamento provochino danni alla salute delle persone, in particolare a quella delle donne in stato interessante, ma anche che bassi livelli di inquinamento possono portare disturbi e contribuire allo sviluppo di vere e proprie patologie sia nella gestante che nel piccolo, ancora prima che questi venga al mondo. Studi più approfonditi potrebbero essere portati avanti studiando la placenta, un elemento che potrebbe mostrare ciò che accade al bimbo nel primissimo periodo della sua vita e fornire informazioni sull’ambiente nel quale la madre e il piccolo hanno vissuto la gravidanza.

Fonte Intrauterine Inflammation and Maternal Exposure to Ambient PM2.5 durin Preconception and Specific Period of Pregnancy: The Boston Birth Cohort

lunedì 26 febbraio 2018

Come conservare il desiderio sessuale quando si cerca un figlio?

       Questa domanda viene posta spesso dalle donne che lamentano la difficoltà di convincere i partner ad avere rapporti sessuali durante i periodi in cui sono fertili, ma, per motivi diversi, si tratta di una difficoltà che non è né maschile né femminile. Il fatto che la domanda emerga più nel pubblico femminile è una questione spiegabile in parte per differenze dovute al ruolo dei partner, in parte per una questione culturale.

       Quindi per capire come convincere il partner ad avere rapporti durante i periodi fertili, forse è utile capire perché ci sia bisogno di convincerlo a fare una cosa che, in altre occasioni, non richiede un’opera di convincimento.

       Il sesso non è un evento meccanico; il corpo risponde eccitandosi quando è sollecitato da pensieri sessualmente desiderabili e l’idea di avere un rapporto sessuale “solo” per procreare non è ugualmente eccitante per ogni persona. Questo è un pensiero che non ha una connotazione di genere, mentre ha una connotazione culturale il fatto che, in generale, a volte capiti che le donne diano meno importanza degli uomini alla propria eccitazione e che vivano la sessualità anche per motivi diversi dal piacere. Infatti culturalmente si tende a valorizzare di più l’eccitazione sessuale maschile piuttosto che quella femminile come se avessero un peso diverso nel favorire il benessere sessuale, ma non è così. L’eccitazione sessuale è un momento fondamentale dell’inizio della sessualità e lo è ugualmente per entrambi i generi.

       Questo stereotipo culturale (che, in quanto stereotipo, non si applica a tutti) è in parte favorito dalla differenza meccanica osservabile nella difficoltà di avere rapporti sessuali con un uomo non eccitato e la minore difficoltà che si presenta nel caso in cui sia la donna ad essere meno eccitata. Ad oggi, fortunatamente, il sesso non è più considerato solo una cosa che deve funzionare, ma è considerato anche un momento di benessere e condivisione.

       Quindi la domanda iniziale, come convincere il proprio partner ad avere rapporti quando si è fertili, deve trovare risposta nel chiedersi “Come convinco me stessa ad avere rapporti quando sono fertile?” “Che cosa mi eccita quando abbiamo rapporti in momenti di fertilità?” “Nel caso non lo facessi ma riuscissi comunque ad avere rapporti, come faccio a vivere la sessualità senza desiderio sessuale?” E, se io ci riesco, “Sto chiedendo a lui la stessa cosa che chiedo a me stessa?” “Se lui non riesce a fare quello che faccio io, come posso aiutarlo?”.

       Per rispondere quindi alla domanda iniziale e per costruire maggiore collaborazione con il vostro partner è importante che vi poniate nell’ottica di collaborare attivamente e realmente con la persona con cui desiderate avere un figlio, interessandovi delle sue motivazioni, dei suoi pensieri e delle sue emozioni nei confronti del momento che andate a condividere. Nel caso in cui si chieda, invece, esclusivamente una prestazione sessuale, forse non è il caso di parlare di collaborazione ma piuttosto di uso del corpo altrui che, indipendentemente dall’oggetto, è una prospettiva che può lasciare poco spazio al sentimento e che, forse, non è la più lungimirante con cui porre le fondamenta per una famiglia.

       Dialogate e, eventualmente, provate a costruire dei momenti di gioco e fantasia che uniscano la contingenza del momento favorevole alla condivisione di piacere in accordo con il vostro desiderio.

Fonte https://www.periodofertile.it/fertilita/conservare-desiderio-sessuale-ricerca-figlio

Toxoplasmosi in gravidanza: sintomi, rischi e come prevenirla

Toxoplasmosi: cause di trasmissione
       La toxoplasmosi è una delle infezioni parassitarie più comuni al mondo. Il parassita che ne è la causa è in grado di infettare diverse tipologie di animali a sangue caldo, tra cui mammiferi e volatili, compreso l’uomo. Quest’ultimo può contrarre il toxoplasma consumando cibo crudo oppure entrando in contatto con escrementi di animali infetti, in particolare gatti. Il gatto, infatti, rappresenta l’ospite definitivo, poiché è solamente nei felidi che il parassita in questione riesce a riprodursi. Le feci emesse da un gatto infetto da toxoplasmosi rilasciano nell’ambiente oocisti, vale a dire le cellule uovo che fungono da agenti infettivi.

Toxoplasmosi: sintomi e pericoli
toxoplasmosi prevenzione
       Le infezioni da toxoplasmosi solitamente non causano sintomi eclatanti negli esseri umani adulti. Nella maggior parte dei casi, si riscontrano, da una settimana ad un mese dopo il contagio, segni simili a quelli di una normalissima influenza, come dolori muscolari, linfoadenopatia, stanchezza, febbre e mal di testa. Raramente e quasi sempre in soggetti già immunodepressi, si manifestano, invece, sintomi più gravi, come astenia, ingrossamento di fegato e milza, problemi alla vista e convulsioni.
       La toxoplasmosi in gravidanza ha tutt’altri effetti e non deve essere presa sottogamba. Se la futura mamma contrae l’infezione durante la gravidanza, non è automatico che la malattia venga trasmessa al bambino. Qualora ciò avvenga, però, il nascituro potrà essere colpito da toxoplasmosi congenita. Le conseguenze di una simile evenienza sono decisamente spiacevoli: se il parassita arriva al feto attraverso la placenta, può provocare l’insorgere di malformazioni, danni al sistema nervoso centrale che possono portare ritardo mentale o epilessia, lesioni agli occhi causa di cecità, o addirittura un parto prematuro o unaborto, soprattutto se il contagio si verifica nei primi mesi di gravidanza, mentre minori sono i rischi nell’ultimo trimestre.

Prevenzione
       I pericoli non sono pochi e purtroppo non esiste ancora un vaccino in grado di sventare il rischio toxoplasmosi, ma fortunatamente è possibile prendere delle precauzioni per scongiurare il contagio. Un mito da sfatare è quello secondo cui sia necessario liberarsi del gatto di casa non appena si scopre di essere in dolce attesa. In realtà, è stato dimostrato che il rischio di contrarre la toxoplasmosi in gravidanza semplicemente stando a contatto con gatti di appartamento è abbastanza trascurabile.

       I gatti domestici, infatti, hanno solitamente abitudini alimentari che non prevedono cibi crudi, principale ricettacolo del parassita. Ad ogni modo, è bene regolare l’alimentazione del gatto, eliminando carni crude o poco cotte. Con qualche piccolo accorgimento non ci sarà nessun motivo per allontanare il proprio gatto da casa durante la gravidanza. Ad esempio, si potrebbe affidare a qualche altro membro della famiglia il cambio della lettiera, così da evitare ogni tipo di contatto con gli escrementi del gatto. Se ciò non è possibile, basterà indossare dei guanti mentre lo si fa e lavarsi molto bene le mani subito dopo con dei detergenti efficaci. Un’altra accortezza può essere quella di cambiare la lettiera almeno una volta al giorno, in quanto le oocisti del parassita, una volta espulse con le feci, richiedono almeno 24 ore per sviluppare spore e diventare effettivamente infettive. Evitare che il gatto passi del tempo all’aperto, fuori dal nostro controllo, è un’ulteriore precauzione che deve essere presa in considerazione.

toxoplasmosi evitare carne cruda       I rischi maggiori di contrarre la malattia riguardano, però, l’alimentazione. Per prevenire la toxoplasmosi è bene evitare il consumo di alimenti crudi, in particolare insaccati e carne cruda. È fondamentale consumare esclusivamente carni cotte e osservare con cura le più comuni norme igieniche,come lavarsi le mani dopo aver toccato carne cruda o uova. La carne va consumata sempre cotta, perciò vanno evitati salumi e insaccati (meglio non mangiare prosciutto crudo e bresaola in gravidanza, così come salsiccia, salame e wurstel), carpaccio o carne troppo al sangue. È consentito, invece, il prosciutto cotto in gravidanza e anche la mortadella non è male, perché le alte temperature a cui sono sottoposti nella loro produzione li renderebbero sicuri. Viene consigliato anche di evitare di bere il latte senza averlo prima bollito. La verdura consumata cruda va lavata accuratamente, magari aggiungendo all’acqua del bicarbonato o dei disinfettanti alimentari appositi. La frutta che cresce sugli alberi è sicura, mentre bisogna prestare maggiore attenzione a quella raccolta sul terreno: ad esempio, sarebbe opportuno evitare le fragole in gravidanza.

Fonte https://www.passionemamma.it/2018/02/toxoplasmosi-in-gravidanza-sintomi-rischi-e-come-prevenirla/

L’Italia non è un Paese per mamme?

L’Italia non è un Paese per mamme?       Il nostro è un paese amico delle famiglie? Dipende. Le mamme residenti al Nord che si dichiarano molto soddisfatte della città in cui vivono sono il 20%, un dato che scende al 12,4% per le mamme del Centro Italia e al 4,2% per le famiglie del Sud. A conquistare il podio della regione mother friendly è il Trentino Alto Adige, che ha registrato i più alti livelli di soddisfazione, mentre il primato negativo dovuto alla carenza di servizi per la famiglia spetta alla Puglia e alla Sicilia.

Le caratteristiche della città ideale

Le caratteristiche della città ideale       A “misurare” la soddisfazione delle mamme è stata un’indagine condotta di recente su un campione di seimila genitori da Immobiliare.it. Il sondaggio ha invitato le famiglie a esprimere un giudizio sulla propria città, specificando quali caratteristiche ritenevano importanti per garantire un’adeguata qualità di vita ai loro bambini. La città ideale secondo le mamme italiane è quella che dispone di parchi pubblici comodi e ben tenuti (elemento citato dal 69,9% delle intervistate), dove l’aria è pulita (desiderio del 39,5%) e ci sono piste ciclabili che permettono di spostarsi in bicicletta con i bambini in sicurezza (33,6%). Seguono, tra le esigenze più sentite, la possibilità di muoversi agevolmente con i mezzi pubblici, la presenza di centri sportivi attrezzati anche per i più piccoli, un servizio sanitario efficiente (garantito da pediatri, ospedali e farmacie che siano facilmente raggiungibili e funzionino bene), un’offerta culturale adeguata (grazie a musei, biblioteche e spazi per attività culturali) e la disponibilità di aree chiuse al traffico in cui passeggiare con tranquillità. Il quadro che emerge, chiedendo ai genitori di descrivere la loro città ideale, è quello di una città a misura di bambino, in cui i piccoli possono trascorrere del tempo fuori, giocando al parco, andando in bicicletta, divertendosi all’aria aperta.

C’è voglia di natura
C'è voglia di naturaUn desiderio di natura, di verde, di aria pulita che supera anche le attrattive e i servizi offerti dalle grandi città. Secondo la maggior parte delle mamme intervistate, infatti, la città ideale si trova al mare e garantisce aria salubre e clima mite (opzione scelta dal 47% del campione), al secondo posto troviamo i piccoli centri, le località di campagna che offrono ai bambini la possibilità di conoscere piante, fiori, animali, mentre la metropoli con le sue pur numerose risorse si colloca come terza scelta.

I fattori che maggiormente penalizzano la qualità di vita delle famiglie risultano invece il traffico eccessivo e lo smog, segnalati dal 28,2% delle mamme e la lontananza/assenza di servizi per la famiglia.

Al Nord mamme più soddisfatte
Al Nord mamme più soddisfatteSulla base dei criteri individuati dalle mamme, ecco che è stata stilata la classifica di “gradimento” delle regioni italiane: sul podio troviamo il Trentino Alto Adige con il 41,7% di genitori residenti che si è dichiarato molto soddisfatto, seguito dal Friuli Venezia Giulia (31,5% di genitori molto soddisfatti) e dalla Sardegna (24,1%).

Le regioni dove purtroppo si regista invece un alto tasso di insoddisfazione sono la Puglia (tra le mamme residenti a Salerno una su quattro si è definita insoddisfatta della propria città), la Sicilia e il Lazio. A pesare in modo particolare ai genitori del sud risulta la mancanza di servizi adeguati per le famiglie con bambini, mentre le mamme del Centro Italia puntano il dito contro il traffico eccessivo.

Le regioni dove è più facile essere mammeLe regioni dove è più facile essere mamme
I risultati di questa indagine corrispondono ai dati del rapporto “Le Equilibriste-Da scommessa a investimento: maternità in Italia” redatto da Save the Children che ha stilato una classifica delle regioni dove è più facile essere mamme prendendo in considerazione vari elementi tra cui il tasso di fecondità, il tasso di occupazione femminile, l’indice di presa in carico degli asili nido e dei servizi per la prima infanzia. La regione più mother friendly si riconferma il Trentino Alto Adige, seguito da Valle d’Aosta (al primo posto per l’offerta di servizi pubblici per l’infanzia), Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Piemonte e le altre regioni del nord, che mostrano in generale condizioni più favorevoli alla maternità. In ultima posizione troviamo invece la Calabria, preceduta di poco da Puglia, Basilicata, Sicilia e Campania.

Un profondo squilibrio territoriale
Un profondo squilibrio territoriale“Ai primi posti nella classifica delle regioni che mostrano condizioni più favorevoli alla maternità troviamo solo regioni del nord, mentre gli ultimi posti sono tutti riservati alle regioni del sud”, commenta Silvia Taviani, coordinatrice del rapporto Mamme Equilibriste di Save the Children. La mancanza di servizi adeguati (in particolare di asili nido che accolgano i bimbi da 0 a 3 anni) corrisponde inevitabilmente a un minor presenza della donna nel mercato del lavoro. “Per sostenere concretamente le mamme in Italia è necessario intervenire sia sul piano dei servizi sia sul piano del lavoro”, commenta Silvia Taviani. “È fondamentale rafforzare la rete dei servizi per la prima infanzia, in alcune aree del Paese oggi di fatto inesistente, intervenendo sulle disparità a livello regionale tra il nord e il sud e promuovendo un ulteriore sviluppo degli stessi in termini di qualità. Allo stesso tempo, occorre favorire e incentivare un cambiamento nel mondo del lavoro, sia pubblico che privato, affinché non penalizzi più, ma anzi valorizzi, le donne che sono mamme e che lavorano. Investire sulle mamme è oggi una assoluta priorità per evitare che lo svantaggio si trasmetta di generazione in generazione e per non lasciare i bambini senza opportunità”.



Fonte http://www.ioeilmiobambino.it/puerperio/litalia-non-un-paese-mamme_famiglia-famiglia_soldi-e-diritti/?refresh_ce-cp

Kefir in gravidanza: quali sono i benefici

Картинки по запросу Kefir in gravidanza        Il kefir è una bevanda ricca di fermenti lattici e probiotici, il cui consumo è ideale anche durante la gravidanza. Generalmente, il kefir è a base di latte fermentato in modo naturale da lieviti e batteri ed è composto da proteine, amminoacidi, glucosio e galattosio. Oltre al kefir di latte, esiste anche quello d’acqua, una bevanda leggermente frizzante ottenuta dalla fermentazione dei grani di kefir, a cui va aggiunta una certa percentuale di zucchero e alcuni ingredienti, come frutta ed erbe aromatiche. I benefici del kefir sono innumerevoli, perché questa speciale bevanda contribuisce a promuovere la formazione di anticorpi e riequilibra la flora batterica intestinale. Inoltre, il kefir contiene vitamine, sali minerali e la biotina, un coenzima della vitamina B che ne favorisce l’assimilazione, oltre ad un alto contenuto di acido folico, indispensabile per un corretto sviluppo del feto. Un’alimentazione adeguata, integrata con l’assunzione di probiotici, può fornire all’organismo di una donna incinta tutto ciò di cui ha bisogno per il benessere suo e del bambino che ha in grembo.

Tre buoni motivi per assumere kefir in gravidanza
        I benefici del kefir sono davvero tanti in gravidanza. Tra questi, ci sono almeno tre ottimi motivi per assumere tale bevanda ricca di probiotici, quando si aspetta un bambino.


  • Il kefir svolge un ruolo fondamentale nella lotta alle infezioni del tratto uro-genitale. Solitamente, i ginecologi prescrivono i probiotici soprattutto durante gli ultimi mesi di gravidanza, onde evitare che la colonizzazione dei batteri benefici dell’intestino, spostandosi nel tratto genitale, possa interessare anche il bambino alla nascita.
  • Il kefir riduce la comparsa di dermatiti, asma e allergie. Secondo gli esperti, l’uso corretto di specifici probiotici, tra cui il kefir, durante la gestazione e il primo anno di vita del bambino, può ridurre l’incidenza di allergie nei neonati ad alto rischio anche del 50%. Alcuni studi hanno evidenziato che l’assunzione di probiotici, durante e dopo la gravidanza, è in grado di ridurre il rischio di malattie atopiche e di evitare l’insorgere di allergie alimentari e riniti, diminuendo anche la durata e l’impatto delle infezioni respiratorie, prima che i sintomi diventino cronici.
  • Il kefir è un’ottima fonte di acido folico. L’acido folico è indispensabile quando si è in dolce attesa, perché protegge il bambino da malformazioni gravi. Una carenza di vitamina B9, nelle prime fasi della gravidanza, aumenta in modo significativo il rischio di malformazioni del feto, in particolare di difetti del tubo neurale, come la spina bifida.
Fonte https://dilei.it/mamma/kefir-gravidanza-benefici/476323/

GONADOTROPINE, FSH, LH – I FARMACI PER OVULAZIONE

        Le gonadotropine sono sostanze naturalmente prodotte dall’organismo, che agiscono direttamente sugli organi sessuali modulandone le funzioni riproduttive. La famiglia delle gonadotropine comprende tre ormoni: FSH, LH e hCG.

In particolare:
Картинки по запросу GONADOTROPINE
  • FSH ormone follicolo stimolante
  • stimola la crescita e lo sviluppo dei follicoli durante la prima metà del ciclo mestruale
  • LH ormone luteinizzante prodotto dalla metà del ciclo in poi, indirizza lo sviluppo dei follicoli verso l’ovulazione vera e propria e sostiene il corpo luteo, ovvero l’elemento che dopo lo scoppio del follicolo mantiene la produzione di progesterone nella seconda metà del ciclo allo scopo di sostenere un’eventuale inizio di gravidanza 
        FSH e LH sono sintetizzati dalle cellule gonadotrope dell’adenoipofisi.

        Queste cellule costituiscono il 10-15% del parenchima ghiandolare.

        L’hCG è prodotto dal corion e poi dalla placenta nel caso in cui un embrione si impianti nell’utero. Ha la funzione di prolungare, durante la gravidanza, l’effetto dell’LH sul corpo luteo.

        Tali ormoni sono presenti sia nella femmina che nel maschio (ad eccezione dell’hCG) ed hanno funzioni essenziali sullo sviluppo, la maturazione, il mantenimento delle funzioni delle ovaie e dei testicoli.

        FSH ed LH vengono secreti sotto stimolazione del GnRH che è l’ormone di rilascio ipotalamico delle gonadotropine. Il GnRH viene secreto in maniera pulsatile con periodo di 1-3 ore, ciò comporta una oscillazione dei livelli ematici anche di LH e FSH.

Utilizzo delle gonadotropine nella PMA

ormoni
        L’utilizzo di queste sostanze nella procreazione assistita ha, dunque, lo scopo di mimare e rafforzare le funzioni ormonali fisiologiche allo scopo di stimolare e rendere produttiva l’attività ovulatoria. Le gonadotropine sono utilizzate nella PMA per effettuare la stimolazione ovarica necessaria per eseguire tecniche di fecondazione assistita come la FIVET o la ICSI, che prevedono il prelievo o pick up degli ovociti maturi.

        Inizialmente si utilizzavano le cosiddette “gonadotropine umane menopausali”,isolate e purificate da urine di donne in menopausa. Il prodotto ottenuto in questo caso è una miscela di FSH e LH.

         Attualmente i progressi raggiunti in campo scientifico hanno consentito di sintetizzare in laboratorio gonadotropine ricombinanti, ottenibili in forma pura, cioè solo FSH o solo LH.

        Questi farmaci vengono somministrati per via iniettiva, con dosaggi e terapie personalizzati. I protocolli di scelta sono due: lungo o breve, a seconda del caso in questione, dell’età della donna, della risposta dell’organismo e delle ovaie e anche del numero e dell’esito dei tentativi fatti in precedenza. La paziente viene seguita tramite ecografie e misurazione del livello di estradiolo.

        Nel corso della terapia i follicoli si sviluppano gradualmente e il loro diametro aumenta progressivamente; sale anche il livello di estradiolo.

        Quando i follicoli sono sviluppati (ossia il loro diametro ha superato i 17mm) e l’estradiolo ha raggiunto i livelli desiderati, proporzionalmente al numero dei follicoli, si giunge all’ultima fase della terapia ormonale, nella quale si pratica una iniezione intramuscolare che fa maturare gli ovociti.

        L’ovulazione viene stimolata con iniezione di gonadotropina corionica umana (hCG), la cui azione simula quella svolta dall’ormone luteinizzante (LH) in fase preovulatoria. Fatta anche l’ultima iniezione, il trattamento viene sospeso e dopo circa 36 ore,  la paziente si prepara al prelievo degli ovuli.

Gli effetti collaterali

        Trattandosi di sostanze già naturalmente presenti e attive nell’organismo, gli eventuali effetti collaterali non discendono strettamente dalla loro somministrazione, bensì dalle conseguenze dei loro effetti fisiologici:


  • aumento dei livelli estrogenici legato al picco ovulatorio,
  • crescita di numero e dimensioni dei follicoli ovarici.

        Tali eventi sono avvertibili dalla donna sotto forma di transitorio aumento ponderale legato alla ritenzione idrica, nausea e sensazione di gonfiore.

        Si parla invece di sindrome da iperstimolazione ovarica quando le ovaie rispondono al trattamento in maniera esagerata. Le ovaie si riempiono di cisti, c’è accumulo di liquido nell’addome, e ciò provoca un intenso senso di malessere.

        Nei casi più gravi le ovaie si gonfiano e la paziente può soffrire di nausea, vomito, dolore all’addome e allo stomaco, gonfiore addominale, dispnea, aumento del peso corporeo, riduzione della quantità di urina, malessere, debolezza e svenimento. Se si verificano queste reazioni occorre rivolgersi subito al proprio medico curante ed interrompere la cura.


domenica 25 febbraio 2018

IL CERVELLO DEI NEONATI CRESCE MOLTO VELOCEMENTE

       Questa interessante scoperta, pubblicata sulla rivista scientifica JAMA Neurology, è stata conseguita grazie a una ricerca che ha monitorato la crescita cerebrale di 87 neonati attraverso innovative tecniche di risonanza magnetica.
       L’aumento della materia cerebrale avviene, in questo periodo, nella percentuale dell’1% ogni giorno, rallentando dopo il terzo mese e stabilizzandosi su un incremento giornaliero dello o,4%.


       L’analisi è stata condotta da un’equipe di scienziati delle università della California e delle Hawaii e della Scuola di Medicina di San Diego.

       L’utilizzo di una nuova tecnica di ricerca, basata una forma di risonanza magnetica – detta MRI, Magnetic Resonance Imaging – che non produce radiazioni, ha reso possibile raccogliere dati accurati e immagini di alta qualità direttamente sui neonati, senza ricorrere ad analisi post-mortem o basate sulla sola misurazione della circonferenza del cranio.

51176110_xxl       La possibilità di monitorare con questo grado di precisione la crescita cerebrale, già durante i primissimi mesi di vita, apre un vasto panorama alla ricerca medica e permette un’indagine approfondita sull’importanza e lo sviluppo delle varie aree del cervello.

        L’analisi dei dati raccolti, infatti, evidenzia come la crescita sia imputabile in primo luogo a determinate aree cerebrali – come quelle legate allo sviluppo delle capacità motorie – mentre altre zone sono soggette a una crescita meno veloce.
       Questa osservazione consentirebbe di attribuire ad alcune funzioni dell’organo, come quella legata alla memoria a lungo termine, una minore importanza in questa precocissima fase di vita rispetto ad altre funzioni del cervello.

       I dati raccolti hanno permesso, inoltre, di evidenziare come lo sviluppo cerebrale sia più rapido nei maschi rispetto alle coetanee di sesso opposto.

        La ricerca, infine, svela delle differenze nella traiettoria di sviluppo tra i bimbi prematuri e gli altri neonati: a parità di età, il cervello dei prematuri è più piccolo.

       Questo gap non viene colmato neanche dall’accrescimento accelerato che caratterizza lo sviluppo cerebrale dei bambini nati prima del tempo.

       La ricerca in esame rappresenta l’importante punto di partenza per conoscere meglio il funzionamento del cervello. La completa comprensione della crescita normale, infatti, permette di diagnosticare precocemente – fino, appunto, dai primi mesi di vita – eventuali disturbi nella crescita e nello sviluppo cerebrale.

       Questo studio, quindi, rappresenta il primo e importante passo nella comprensione del cervello e delle sue patologie.
       Ancora pressoché inesplorate, inoltre, sono le conseguenze effettive sullo sviluppo neonatale del cervello provocate dall’assunzione di sostanze stupefacenti o alcolici durante la gravidanza.

 Fonte – Structural Growth Trajectories and Rates of Change in the First 3 Months of Infant Brain Development

AMENORREA

Esistono due forme
//static.bimbisaniebelli.it/wp-content/uploads/2014/09/panciadonna-640x480.jpg       Con il termine amenorrea si indica genericamente l’assenza di mestruazioni. Gli esperti distinguono due tipi di amenorrea: quella primaria e quella secondaria. La prima, la forma più rara, riguarda le ragazze che al compimento dei 16 anni non hanno ancora avuto il flusso mestruale. La seconda, invece, è una condizione piuttosto frequente e consiste nella cessazione, da almeno tre mesi, delle mestruazioni in una donna che prima aveva un flusso più o meno regolare.

L’amenorrea primaria è rara
       L’amenorrea primaria in alcuni casi dipende da malattie strettamente connesse all’apparato genitale, come uno sviluppo insufficiente dell’utero o dell’ovaio oppure un’insensibilità della mucosa uterina agli stimoli ormonali. In altri, invece, le cause sono più generiche, tipo disfunzioni dell’ipofisi, la ghiandola che controlla la produzione ormonale, gravi stati di denutrizione o infezioni croniche. Ovviamente, per fare in modo che il ciclo mestruale si avvii correttamente e compaia il flusso occorre risolvere, se possibile, le patologie alla base.

Le cause principali
       Se durante la gravidanza, il puerperio, l’allattamento e la menopausa è normale che la donna non abbia le mestruazioni, in tutti gli altri periodi dovrebbe avere un flusso più o meno regolare. Quando non è così ed è presente, dunque, amenorrea secondaria occorre indagare la situazione per capire le cause. Nella maggior parte dei casi, questa condizione è la conseguenza di una malattia che influisce sul meccanismo che controlla il ciclo mestruale, presieduto da quattro organi: ipotalamo, ipofisi, ovaio e utero. Qualche esempio? La sindrome dell’ovaio policistico, le disfunzioni della tiroide, l’iperprolattinemia (condizione caratterizzata da valori ematici di prolattina superiori alla norma), le malattie dell’ipofisi o dell’ipotalamo. È bene sottolineare che la sindrome dell’ovaio policistico e i disordini dell’ipofisi e dell’ipotalamo rappresentano oltre i tre quarti di tutte le cause di amenorrea secondaria. La cessazione delle mestruazioni, comunque, può dipendere anche da altri fattori, come anoressia o sport praticato a livelli eccessivi.

Nelle ragazze è comune
       Occorre tenere presente che un’assenza del flusso mestruale nei mesi immediatamente successivi al menarca (prima mestruazione) non è rara. Al contrario: è una condizione che riguarda molte ragazze ed è provocata dalla non completa maturazione dell’apparato sessuale. In genere, si risolve spontaneamente nel giro di un anno o due.

È importante rivolgersi al ginecologo
Картинки по запросу AMENORREA       Nel caso in cui una donna smetta di avere le mestruazioni e non sia incinta, in allattamento o in menopausa, non deve temporeggiare: è importante che si rivolga il prima possibile al ginecologo per capire cosa sta succedendo. Lo specialista, prima di pensare a una cura, procederà con un colloquio dettagliato e una visita approfondita, quindi, prescriverà una serie di accertamenti utili per tracciare un quadro chiaro della situazione. In alcuni casi, è sufficiente eseguire una serie di analisi del sangue mirate a misurare la concentrazione ematica di determinati ormoni e un’ecografia pelvica per scoprire le informazioni necessarie. In altri, invece, possono essere necessarie indagini di secondo e terzo livello, come risonanza magnetica dell’ipofisi o isteroscopia.

Le cure variano a seconda della causa
       Una volta individuata la causa di amenorrea, il ginecologo può decidere se e quali trattamenti intraprendere, che possono essere sia di tipo farmacologico sia di tipo chirurgico (più raramente). In chi soffre di anoressia l’acquisizione di uno stile alimentare corretto avrà come effetto secondario la normalizzazione del flusso mestruale. Lo stesso effetto avrà la limitazione dell’esercizio fisico nelle atlete.


Fonte https://www.bimbisaniebelli.it/concepimento/amenorrea

Criptorchidismo, che rapporto c’è con la fertilità?

Primi mesi di vita cruciali
      I testicoli sono gli organi dell’apparato genitale maschile responsabili della produzione del liquido seminale e degli ormoni maschili. A contenerli è lo scroto. In questa sacca i testicoli vengono accolti quando il bambino è ancora nell’utero, nell’ultima fase della gravidanza, o subito dopo la nascita. In genere la discesa dei testicoli avviene entro il nono mese di vita.

criptorchidismo adulto fertilità
      A determinare la mancata discesa del testicolo, più spesso quello destro, o di entrambi i testicoli, può essere una causa anatomica come per esempio la brevità del funicolo spermatico. Il criptorchidismo può essere endoaddominale o inguinale a seconda del distretto in cui viene interrotta la discesa dell’organo (addome o inguine).

      Il criptorchidismo non è segnalato da altri sintomi se non dall’assenza del testicolo nel sacco scrotale. Pertanto l’osservazione dell’infante, con la palpazione ovvero il ricorso a esami strumentali sono sufficienti a diagnosticare questa condizione.

      Nel corso del primo anno di vita il testicolo potrà discendere da sé mentre in altri casi sarà necessario il ricorso a un trattamento: «La correzione del criptorchidismo – aggiunge il dottor Negri – è attualmente raccomandata entro il secondo anno di vita, meglio se entro l’anno e mezzo. La terapia ideale del criptorchidismo è chirurgica (orchidopessi). I trattamenti ormonali sono attualmente considerati di ridotta efficacia (Linee Guida Siams-Società Italiana di Andrologia e Medicina della sessualità, 2018)».

I rischi futuri
      Fino a quarantanove anni il tumore più diagnosticato nel sesso maschile è il tumore ai testicoli. La neoplasia, associata a una prognosi favorevole con oltre il 90% di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi, trova proprio nel criptorchidismo un fattore di rischio.

      Oltre a questo quali sono gli altri rischi di lungo periodo per chi è stato interessato dalla mancata discesa del testicolo? «Il criptorchidismo – risponde lo specialista – si associa a un aumentato rischio di ipofertilità o sterilità. Il 70-80% dei soggetti con criptorchidismo bilaterale e il 40-50% dei soggetti con criptorchidismo monolaterale presenta una oligozoospermia o azoospermia (Linee Guida SIAMS, 2018)».

      Le caratteristiche della mancata discesa del testicolo sono fattori rilevanti per la relazione con la fertilità: «Il criptorchidismo addominale e bilaterale, l’intervento chirurgico eseguito dopo i due anni di vita e la concomitante presenza di malformazioni dei canali spermatici sono le condizioni più sfavorevoli per la futura fertilità del paziente».

      Essere stati interessati da criptorchidismo potrà dunque essere un elemento rilevante negli anni: «Spesso i pazienti operati in giovanissima età hanno un ricordo vago dell’intervento o addirittura lo rimuovono. L’intervento eseguito in epoca scolare – continua l’esperto – può invece lasciare un ricordo sgradevole che comporta un’avversione alla visita andrologica. Nella grande maggioranza dei casi la storia di un criptorchidismo affiora nel momento di difficoltà a riprodursi. Meno frequentemente, per fortuna, al momento di una diagnosi di tumore testicolare. In generale, i genitori andrebbero informati di fare controllare un esame seminale e una ecografia scrotale al figlio una volta raggiunta la maggiore età», conclude il dottor Negri.

Fonte http://www.medicinalive.com/sesso-fertilita/criptorchidismo-adulto-spermiogramma-fertilita/

Prurito intimo, cosa fare

mosse contro candida       L’igiene intima è ovviamente fondamentale per combattere il prurito intimo. Cercate di usare prodotti non aggressivi, mantenendo in equilibrio la flora vaginale. E’ assolutamente consigliabile usare slip e abiti in cotone per favorire la traspirazione delle parti intime.

       In caso di rapporti sessuali, è sempre consigliato il preservativo che  difende dalle malattie sessualmente trasmissibili, molti delle quali sono appunto causa di forte prurito intimo. Curate anche l’alimentazione, evitando di mangiare cibi troppo piccanti o elaborati. Bevete tanta acqua per combattere l’infiammazione in modo efficace. Potrete poi affidarvi a rimedi naturali, alcuni dei quali contribuiscono a combattere il prurito concretamente.

Fonte http://www.medicinalive.com/le-eta-della-salute/la-salute-delle-donne/prurito-intimo-cosa/

Ecco perché i cuochi rischiano l’infertilità

I cuochi sono a rischio
Картинки по запросу cuoco uomo       Vi stupirà sapere che gli uomini più a rischio di infertilità sono i cuochi, gli chef, i maschi che adorano i fornelli e i forni a microonde. Questi lavoratori, infatti, esposti continuamente a sbalzi di temperatura, a radiazioni  e a forti fonti di calore mostrano un elevata percentuale di perdita della fertilità. Stessa cosa per gli operai delle fonderie, per chi lavora con materiali radioattivi, per scienziati che hanno a che fare con sostanze chimiche e per persone che lavorano esposti al traffico ogni giorno (taxisti, vigili urbani …). Le polveri sottili infatti sono tra le prime cause della perdita di fertilità maschile, seguono radiazioni e onde elettriche (anche quelle del cellulare), farmaci particolari ma anche la plastica degli involucri alimentari che passa nel cibo! Ovviamente l’eccesso di alcol e droga, manco a dirlo, sono veleno per gli spermatozoi!

Come prevenire
        In questo fine settimana, presso La Leopolda a Firenze, si parlerà proprio di infertilità maschile.  Medici specialisti si incontreranno per confrontare tutte queste informazioni e per capire, al di là dei farmaci, come si può prevenire il grave fenomeno. Inutile dire che le visite dall’andrologo dovrebbero essere annuali, e inutile ribadire che lo stile di vita sano aiuta. Quindi, mangiare genuino, senza troppi conservanti, evitare di abusare di alcolici, eliminare il fumo e altre sostanze nocive, fare molto sano movimento. Difficile prevenire il problema se si vive in zone inquinate (pensiamo a Mestre, Napoli, Gela, Pescia), ma in quei casi appunto solo il controllo costante della propria salute può evitare disastri.

Fonte https://www.stilopolis.it/benessere/2018/02/21/ecco-perche-i-cuochi-rischiano-linfertilita/

sabato 24 febbraio 2018

Fare sesso in gravidanza: dubbi e perplessità 2 Condivisioni

       Rieccovi con mille dubbi vero? Ora che siete incinte vi assale la paura che non è consigliato fare sesso in gravidanza, che può nuocere gravemente al bambino e chi ci sia qualche cosa di sbagliato!

Картинки по запросу Fare sesso in gravidanza: dubbi e perplessità
       La risposta alla domanda che vi vergognate a fare al ginecologo e che state digitando su Google è…sì, potete fare sesso in gravidanza! Ovviamente con delle piccole accortezze e rispettando i vostri tempi.

Sesso in gravidanza:  la mia esperienza
       Ovviamente non racconterò nulla di compromettente della mia vita intima, "non ye la posso fa"! Così come non vi consiglierò nessuna posizione del kamasutra più indicata, come ho trovato in molti approfondimenti sull’argomento, anche per quello non penso di essere la più adatta! Rimarrò sulle emozioni che ho vissuto e che spero possano essere utili a qualche futura mamma in ascolto!

       Arrivo subito al sodo, io quando sono rimasta incinta all’inizio tutta questa voglia di fare sesso in gravidanza mica ce l’avevo! Vuoi la nausea in gravidanza, vuoi la paura di un aborto spontaneo più a rischio nel primo trimestre, l’idea non mi entusiasmava molto. L’unico desiderio che avevo il primo trimestre era quello di arrivare sana e salva la sera, mettermi sotto le coperte e… dormire! La libido era proprio a zero! Mio marito poverino dall’altra parte aveva qualche dubbio e paura anche lui, non mi ha mai forzato, anzi mi ha sempre assecondato.

       Mi ricordo di amiche che mi raccontavano cose strabilianti, sul sesso in gravidanza che mi dicevano frasi effetto tipo: “è molto più bello” “è un’emozione intensa” è “tutto diverso”! Sarà ma anche quando ci siamo cimentati io e mio marito dire che “è molto più bello” ce ne passava!  Per me è meglio il sesso non in gravidanza, c’è poco da fare! Ci si sente più libere, tranquille, senza pensieri!

       Però si può fare e non è poi così male!  Dopo i primi tre mesi, ho chiesto alla ginecologa e mi ha dato il suo ok! Il secondo trimestre è andata discretamente bene, mi sentivo decisamente meglio anzi devo dire che mi sentivo anche bella e attraente, strano ma vero!

       Dal punto di vista psicologico però il pensiero fisso del bambino c’era e la cosa forse più bella è che sono stati dei momenti, teneri e molto dolci. Quindi si è stata una bella esperienza perché comunque è uno scambio di amore.

       Poi la pancia ha iniziato a crescere e ragazze, io ho iniziato ad avere qualche difficoltà! Le posizioni comode erano poche e insomma anche lì il sesso in gravidanza non è stato proprio il top!

       Quando è meglio astenersi dai rapporti sessuali in gravidanza
Картинки по запросу Fare sesso in gravidanza: dubbi e perplessità-          Minaccia d’aborto o parto prematuro, qui ovviamente dovete per forza soprassedere, ne vale la pena per l’obiettivo che state portando a termine. Non è detto però che se l’allarme rientra non potete provarci chiedendo consiglio al vostro ginecologo.

-          Contrazioni premature trattate farmacologicamente

-          Placenta previa, impiantata nella parte inferiore dell’utero e perciò a rischio di distacco.

        Insomma ragazze il consiglio che vi posso dare è che almeno che non ci sono contrindicazioni è una bella esperienza da vivere insieme, d’altronde è un momento di intimità e di coccole che fa sempre bene e ricordatevi e voi state bene anche il bimbo sta bene! Alla prossima!

Fonte mamme

Mamma e nonna allo stesso tempo

       Diventare mamma e nonna nello stesso giorno, partorendo il figlio del figlio.

       È successo a Patty Resecker, 50 anni, di Tezarkana, Arkansas.

       La donna è la madre surrogata del figlio di suo figlio, nato lo scorso 30 dicembre con un taglio cesareo.

       Patty ha preso la decisione per aiutare il figlio e la moglie: sua nuora infatti, Kayla Jones, 29 anni, all'età di 17 anni ha subito un'isterectomia parziale. Le hanno asportato l'utero a causa di un tumore, ma non le ovaie. La donna quindi è in grado di avere un figlio biologico, ma non può portare a termine la gravidanza.

       Kayla ha raccontato la vicenda della sua famiglia al sito "Love What Matters".

pancione.600       "Io e mio marito ci siamo sposati nel 2012 e mia suocera ha sempre scherzato sul fatto di poter    diventare una madre surrogata" spiega Kayla. "Dopo un paio di altri tentativi non andati bene, abbiamo iniziato a pensarci seriamente".

       La donna credeva che i medici non li avrebbero presi sul serio, però poi ha capito che in realtà c'erano già state altre "nonne surrogate". Dopo un po' di test, è emerso che la suocera avrebbe potuto portare avanti la gravidanza per loro.

       Il primo tentativo è fallito, ma non si perdono d'animo. E "a maggio del 2017 abbiamo scoperto di aspettare un bambino" conclude Kayla.

       Anche Patty Resecker si è confidata alla rivista. Si sente "onorata" per aver aiutato la nuora ad avere un bimbo.

       "Ho avuto da poco il privilegio di aver fatto una delle cose più gratificanti al mondo - spiega la donna -: portare in grembo mio nipote per mio figlio e mia nuora.  Non solo ha resto felice ma e la mia famiglia, ma anche la famiglia di Kayla. Un figlio è per la vita e lo so che non c'è nessun altro al mondo che lo meritasse più di loro".

Fonte https://www.nostrofiglio.it/news/mamma-e-nonna-allo-stesso-tempo

I dieci cibi da mangiare per avere uno sperma forte e vitale

Pomodori - I pomodori sono una delle migliori fonti di licopene, un antiossidante. Diversi studi sulla fertilità maschile dimostrano infatti che migliora la motilità e attività degli spermatozoi. Il licopene è presente soprattutto nei pomodori cotti o trasformati. Il segreto è usare concentrato di pomodoro con olio d'oliva per favorire l'assorbimento di questo antiossidante.


Noci - Sono ricche di acidi grassi e omega 3 e secondo uno studio della Società per lo Studio della riproduzione mangiarne una manciata al giorno aumenta la vitalità degli spermatozoi, la motilità e la morfologia.

Semi di zucca - Sono ricchi di zinco, che svolge un ruolo importante nello sviluppo dello sperma. Contengono anche molti altri minerali essenziali e vitamine. Bisogna mangiarli crudi, magari sui cereali, sulle insalate o nei frullati.

Картинки по запросу sperma forte e vitaleLenticchie - Fonti di acido folico, estremamente importante sia per la fertilità maschile sia per quella femminile.

Mirtilli - Fantastico frutto ricco di potenti antiossidanti antinfiammatori che mantengono sani e vitali gli spermatozoi e aiutano ad aumentarne la quantità. Consigliato mangiarne una porzione al giorno, magari accompagnati da yoguth greco.

Acqua - Bere tanta acqua. Una buona abitudige che migliora il numero e la quantità di spermatozoi. Lo sperma del resto è composto principalmente di acqua e aumentare il consumo di liquidi può contribuire ad aumentare il liquido seminale.

Melograno - Ha un altissimo contenuto di antiossidanti che possono migliorare la circolazione sanguigna e ridurre il rischio di malattie cardiovascolari. Inoltre provoca dei picchi di testosterone, migliora la qualità dello sperma e aumenta il desiderio sessuale. Consigliato bere un bicchiere di succo di melograno al giorno.

Cioccolato fondente - Contiene L-arginina che può aumentare il volume del liquido seminale e migliorare il numero e la motilità degli spermatozoi.

No caffeina e aspartame - Un maggior consumo di caffè sembra ridurre le probabilità di una gravidanza clinica durante la fecondazione in vitro. Quindi entrambi i partner ne devono bere al massimo una tazza al giorno. Il dolcificante invece va evitato del tutto perché abbassa il numero di spermatozoi e può danneggiare il dna dello sperma.

Fonte http://www.liberoquotidiano.it/news/scienze---tech/11795877/I-dieci-cibi-da-mangiare-per.html

Taglio cesareo: quando sceglierlo?

Taglio cesareo: quando sceglierlo?       In Italia il 37,8% dei parti è cesareo. Ovvero, il bimbo non nasce in modo naturale, ma attraverso un taglio orizzontale che viene praticato sulla zona sovrapubica dell'addome e sull'utero, nella parte più bassa e meno vascolarizzata. "Con il cesareo è stato pressoché annullato il rischio di gravi stati di sofferenza per la mamma e di complicanze per il bimbo", spiega il professor Giovanni Menaldo, direttore del Centro di medicina della riproduzione della clinica San Carlo di Torino. "Questo perché si evitano le lunghe ore di travaglio che sfibravano la donna e l'uso di ventose e di forcipi per agevolare la nascita del piccolo in caso di difficoltà, che potevano causare lesioni molto gravi. Certamente però vi si deve fare ricorso solo nei casi di reale necessità".

       Grazie all'ecografia oggi è possibile anche programmare il cesareo in anticipo (cesareo d’elezione), nel caso in cui rappresenti la soluzione più adatta per evitare il rischio di un parto complesso.

Quando è indicato?

       Sicuramente quando il bimbo è in posizione podalica, cioè presenta per primi i piedi o le natiche e non la testa, oppure presenta per prima la fronte, la faccia, o la spalla. È opportuno anche in caso di gravidanza gemellare o anche quando il bimbo è uno solo, ma molto grosso. Sì al taglio cesareo se la placenta è previa, cioè molto bassa e blocca la testa del piccolo, o se è presente un fibroma che ostacola il parto naturale. “Si preferisce il taglio cesareo anche quando la futura mamma soffre di gestosi o di ipertensione, due disturbi che possono rendere più faticoso lo svolgimento del parto naturale”, interviene il professor Menaldo. “Ci sono infine le situazioni di emergenza che non vanno mai sottovalutate, come la sofferenza cardiaca del feto, il prolasso del funicolo, il distacco della placenta, oppure una dilatazione insufficiente del collo dell'utero già in fase di travaglio.”

L’anestesia

       Se il taglio cesareo viene programmato, è necessario effettuare un colloquio con l'anestesista nella settimana prima della data stabilita per il parto. Serve per evidenziare eventuali allergie ai farmaci e per individuare il tipo di anestesia più adatto. Questo colloquio viene fatto anche nel caso in cui il cesareo è d'urgenza. Per questo è sempre meglio preparare in anticipo con il proprio ginecologo le informazioni che possono essere utili all'anestesista.

L'anestesia in genere è spinale: la sostanza viene iniettata nella colonna vertebrale tra due vertebre lombari. L'anestetico non rappresenta un pericolo per il bimbo perché la dose che viene somministrata alla mamma è minima e per un periodo di tempo molto limitato. Inoltre consente alla donna di assistere alla nascita del proprio bimbo.

       L'intervento dura circa mezz'ora. Il taglio è lungo circa dieci centimetri e viene effettuato nella zona sopra al pube.

       La degenza in ospedale è di 5 giorni, ma può variare a seconda della struttura. È consigliabile indossare una fascia addominale per contenere la muscolatura. I punti normalmente vengono tolti prima della dimissione.

Cesareo e allattamento

       “Molte hanno il timore che non ci sia latte nel caso del taglio cesareo”, conclude il professor Menaldo. “Questo non è vero. La montata lattea è del tutto indipendente da come avviene il parto. Si verifica in genere il secondo o il terzo giorno dopo la nascita del piccolo ed è determinata da un ormone, la prolattina, che ha il compito di stimolare le ghiandole mammarie.”

Fonte http://www.piusanipiubelli.it/mamme-bambini/facciamo-un-bimbo/taglio-cesareo-quando-sceglierlo.htm