domenica 21 febbraio 2016

Da Nature: corrispondenza sulla crioconservazione degli ovociti

Washington, D.C.
            Nuovi dati suggeriscono che il congelamento di oociti nel contesto di un trattamento di PMA non aumenti nei nati l’incidenza di difetti congeniti o anormalità. Ma questi dati, presentati la scorsa settimana a Washington al meeting della American Society for Reproductive Medicine (ASRM), sono difficili da interpretare. La questione rimane contesa tra certi ricercatori, che sostengono che la pratica debba ancora essere ritenuta sperimentale, e l’opinione pubblica, che scalpita per applicare questa metodologia al fine di estendere il periodo entro cui una donna può concepire nell’arco della propria vita. 
            Il congelamento di oociti è visto positivamente, soprattutto per preservare la fertilità delle donne che esigenze terapeutiche o disfunzioni congenite possono andare incontro a menopausa precoce. Tuttavia, alcuni ricercatori ritengono che la procedura non debba essere resa disponibile a donne che intendono posporre la propria maternità solo per ragioni professionali o sociali. 
            “Comprendiamo l’interesse delle donne in questa tecnologia” dice Marc Fritz, professore di Ginecologia e Ostetricia presso la University of North Carolina “ma sono ancora pochi gli studi tramite i quali sia possibile giudicare la sicurezza della tecnica”.
            La scorsa settimana un comitato dell’ASRM presieduto da Fritz ha raccomandato che il congelamento di oociti continui ad essere ritenuto sperimentale, e che non sia promosso come trattamento in donne di giovane età. 
            Gli oociti umani sono di grandi dimensioni, fragili e con un alto contenuto di acqua, caratteristiche che li espone a danni derivanti dal processo di congelamento e scongelamento. Il congelamento di embrioni è una pratica ordinaria, ma è tuttavia meno desiderabile per ragioni etiche e sociali. Alcune donne vorrebbero conservare le proprie uova in attesa di una unione con un partner adeguato, e le coppie infertili possono essere a disagio con la prospettiva di congelare i propri embrioni.
            Il congelamento di oociti, introdotto da una ventina d’anni, è stato finora poco praticato e si stima che con questa tecnica siano nati tra 300 e 600 bambini. 
            Gli aspetti relativi alla sicurezza costituiscono una ragione di preoccupazione. Al meeting dell’ASRM, Andrea Borini, di Tecnobios Procreazione di Bologna, Italia, ha riportato che solo due di 123 bambini nati dal programma di crioconservazione di oociti del proprio centro di PMA hanno mostrato anomalie alla nascita: in un caso si è trattato di una ostruzione nasale, mentre nell’altro caso l’anomalia è stata identificata come sindrome di Rubinstein-Taybi (ma ambedue i bambini sono stati generati da padri con problemi di fertilità). “Sarà opportuno esaminare adeguatamente questi casi” ha commentato il Dott. Borini. 
            Nel frattempo, Ilan Tur- Karpa del Reproductive Genetics Institute di Chigago, Illinois, ha presentato un’analisi di più di 37 pubblicazioni su bambini nati da oociti crioconservati. In un gruppo di 555 bambini, inclusi quelli del Dott. Borini, in altre nascite sono state riscontrate importanti anomalie. A conferma di quanto sia difficile l’interpretazione dei dati, Kutluk Oktay del Weill Cornell Medical College di New York sostiene che il suo gruppo stima il numero di nascite da oociti congelati pari a circa 300, piuttosto che 555. Egli sostiene che Tur-Karpa non abbia colto la sovrapposizione di parte dei dati analizzati. A sua detta alcuni studi sono stati inclusi in indagini più ampie o inseriti in studi multi-centrici. Ma Tur- Karpa è convinto che la propria analisi non abbia portato alla ripetuta inclusione di alcuni degli studi pubblicati.  
Ciò nonostante, i dati sono rassicuranti, sostiene Tur- Karpa. Cinque casi di anomalie alla nascita in 555 bambini ammontano a meno dell’1%, una frequenza paragonabile a quella dei concepimenti naturali. Lo studio però non ha toccato la questione dell’efficacia della metodologia. “Non sappiamo quante gravidanze non siano andate a termine”, continua Oktay.             “Lo studio descrive quanti bambini siano nati e quanti possano essere interessati da anomalie, ma ciò non garantisce che la questione sia risolta”. 
            Una difficoltà è costituita dalla necessità di comparare studi condotti con diversi metodi. Il metodo del Dott. Borini, noto come congelamento lento, è basato su un raffreddamento automatico e graduale a temperature al di sotto dello zero in modo da estrarre dalle cellule l’acqua, prima che congeli. 
            Un altro metodo è costituito dalla vitrificazione, che implica un abbassamento fulmineo della temperatura e che implica un maggiore intervento da parte dell’operatore. Molti ricercatori ritengono che la vitrificazione sia superiore, ma pochi studi hanno tentato di paragonare le due tecniche. Per dare un contributo in tal senso Gary Smith, direttore dell’ Assisted Reproductive Technologies Laboratory at the University of Michigan, ha intrapreso una collaborazione con un gruppo dell’ Huntington Centre for Reproductive Medicine a San Paulo, Brasile. Al meeting dell’ASRM, Smith ha presentato uno studio in cui 28 oociti sono stati conservati con il congelamento lento, mentre altri 35 sono stati vitrificati. L’analisi di altri dati ha suggerito che per ottenere una gravidanza con la vitrificazione siano necessari 21 oociti, mentre ne servano 45 con il congelamento lento. 
            Le incertezze sul congelamento di oociti rimangono. Ogni possibile informazione deve essere attentamente valutata, considerando tutte le possibili implicazioni derivanti dalle diverse procedure e dalle diverse popolazioni di pazienti. Tuttavia, molti centri di PMA sono pronti ad offrire questo tipo di trattamento ai propri pazienti. “È importante condurre studi che possano informare i pazienti sulla efficacia del trattamento” ha concluso Smith.
Brendan Maher

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