domenica 31 marzo 2019

Sessualità e fertilità, i dati del Ministero

Картинки по запросу Sessualità e fertilità, i dati del Ministero       La maggior parte dei giovani cerca su internet le notizie riguardanti sessualità e fertilità. Lo rivela il rapporto:  “Principali risultati del Progetto lo ‘Studio Nazionale Fertilità’ - Indagini sulle conoscenze, comportamenti e atteggiamenti in ambito sessuale e riproduttivo di adolescenti, studenti universitari e adulti in età fertile e dei professionisti sanitari” promosso dal Ministero della Salute, che descrive conoscenze, comportamenti e atteggiamenti  in  ambito  sessuale  e  riproduttivo  delle  diverse fasce della popolazione,  e fornisce un focus sulle conoscenze e  i comportamenti dei professionisti sanitari.


       L’indagine evidenzia che la maggior parte degli adolescenti e degli studenti universitari cerca su internet le informazioni relative all’ambito sessuale e riproduttivo, mentre solo un giovane su quattro si rivolge alla propria famiglia per avere notizie su questi argomenti. Il 94% dei ragazzi e degli studenti universitari intervistati ritiene però che la scuola dovrebbe garantire l’informazione su sessualità e riproduzione.


       Dal rapporto emerge che la conoscenza dei fattori di rischio per la salute riproduttiva non sempre è adeguata. Anche se l’uso dei contraccettivi tra i giovani è abbastanza diffuso - principalmente il preservativo -, l’accesso ai consultori familiari resta basso.
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       Per quanto riguarda la volontà di avere dei figli, quasi l’80% dei ragazzi immagina di averne in futuro, ma la percentuale diminuisce notevolmente con il passare degli anni. Quasi la metà degli adulti intervistati (44%) dichiara, infatti, di non essere intenzionato a mettere al mondo dei figli a causa principalmente di fattori economici e lavorativi, dell’assenza di sostegno alle famiglie con figli e per motivi inerenti alla sfera personale e alla vita di coppia.


        I professionisti sanitari, in generale, possiedono buone conoscenze: tre su quattro hanno risposto correttamente nella maggioranza dei casi. Tuttavia sono emerse esigenze formative su alcune aree e sulla relativa comunicazione agli assistiti. Infine, il rapporto evidenzia che la possibilità delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (Pma) di risolvere i casi d’infertilità appare sovrastimata non solo tra la popolazione, ma anche tra i professionisti sanitari.

Fonte http://salute24.ilsole24ore.com/articles/21233

Fattore Y e fattore X: la fertilità è un gioco di squadra

fertilità       Il fattore Y e il fattore X dell’infertilità. Avere un bambino è il desiderio della gran parte delle coppie. Quando il figlio non arriva, si innesca una spirale pericolosa: ansia, stress, sfiducia possono anche lacerare l’uomo e la donna.

       Conoscere il proprio corpo e le interazioni di coppia è la principale regola per affrontare con la giusta emotività un percorso che può anche essere lungo: « Noi essere umani non siamo fertilissimi  – afferma il dottor Giancarlo Comeri, urologo del Centro Polispecialistico Beccaria – Ogni mese, una donna ha solo il 25% di probabilità di rimanere incinta e il massimo che può fare la medicina è riportarla verso quel modesto livello».


       Lo specialista fa parte dell’equipe creata dal Centro polispecialistico Beccaria proprio per affrontare il tema dell’infertilità.  Ne fanno parte un andrologo, un ginecologo, un genetista, un biologo, un analista di laboratorio, un endocrinologo e uno psicologo. Figure specializzate a largo spettro perché il tema tocca in egual misura la donna e l’uomo: « Non sempre la colpa è della donna – chiarisce il dottor Comeri – nella metà dei casi, c’è una responsabilità dell’uomo».

       Il tema della virilità ha correlati psicologici spesso dannosi, da qui l’esigenza di offrire servizi diversificati così da affrontare in modo naturale il cammino verso la genitorialità: «La procreazione assistita non è la prima né l’unica soluzione e meno male, visto che costa e non garantisce il risultato. Ogni caso, poi, è diverso: per questo sono da evitare emulazioni e mode» specifica l’urologo.

       Quindi, cosa fare se il figlio non arriva? Innanzitutto, è bene iniziare a preoccuparsi dopo due anni di tentativi non andati a buon fine: « In questo lasso di tempo però – sottolinea la dottoressa Liliana Luraschi, ginecologa del Centro – non si deve diventare dipendenti dal calendario. Evitare lo stress è la prima regola. Poi ne aggiungiamo altre: obesità, eccessiva magrezza, fumo, alcol, droghe leggere, anabolizzanti, dieta povera di vitamine, pratica sportiva estrema, celiaci, disfunzioni ormonali come quella della tiroide e del sistema gastroenterico».

       Ci sono tre cose da fare e tre da evitare: è bene darsi un lasso di tempo di due anni, sottoporsi entrambi a visita specialistica e affidarsi alla medicina. Sconsigliati, invece, soluzioni “fai da te”, entrare nel panico e cercare subito la procreazione medicalmente assistita.

       Al centro Polispecialistico Beccaria, il tema dell’infertilità è affrontato dall’intera equipe che, nell’arco di una sola visita, sottopone la coppia a tutti gli esami necessari e avvia un percorso anche di sostegno psicologico per riacquistare equilibrio e serenità.

       Anche nel campo della fertilità, infine, è importantissimo il tema della prevenzione sia maschile sia femminile. A livello urologico, occorre verificare che, entro l’anno dalla nascita, nei neonati maschi scendano i testicoli. In caso contrario è importante intervenire chirurgicamente. Stesso discorso per il varicocele. « Per le femmine – spiegano il genetista Renato Colognato e il biologo Andrea Di Cerbo – sono raccomandabili alcuni esami genetici, a partire dal Fattore II: un’indagine molto dettagliata che funge da “libretto delle istruzioni” per l’intera vita. Si effettua a 16 anni: è molto utile ma è a pagamento, perchè non è prevista come prestazione pagata dal servizio sanitario».

        Le attività del centro per la fertilità sono uno dei temi trattati nel quinto numero del BMagazine, l’house organ del centro Polispecialistico Beccaria dedicato a salute, benessere, lifestyle e attualità, in distribuzione gratuita in tutte le sedi in questi giorni.

Fonte https://www.varesenews.it/2018/09/fattore-y-fattore-x-la-fertilita-un-gioco-squadra/751961/

Il 15% delle coppie ha difficoltà nel concepimento: diabete, tiroide e ipofisi fra le cause

         Si stima che i problemi di concepimento interessino il 15% delle coppie italiane, tra fattori femminili e di coppia Tra le numerose cause di infertilità, vi sono anche alcune malattie endocrinologiche.

         Il diabete, i disturbi della tiroide e l’ipofisi, infatti, possono essere causa di infertilità che sarà uno dei temi al centro del 17° Congresso Nazionale AME, Associazione Medici Endocrinologi al via l’8 novembre a Roma.

DIABETE

         «La fertilità negli uomini con diabete mellito è generalmente ridotta rispetto alla popolazione generale», spiega Olga Disoteo, Gruppo di lavoro Diabete AME - S.S.D. Diabetologia A.S.S.T. “Grande Ospedale Metropolitano Niguarda” Milano, «infatti, la motilità spermatica è significativamente più bassa e sono più frequenti difetti e immaturità rispetto allo sperma degli uomini senza diabete. Nelle donne con diabete, a meno di altri disturbi come l’ovaio policistico, non vi è evidenza di fertilità ridotta: esse hanno circa il 95% della probabilità di avere un bambino a patto che controllino bene il diabete prima e durante la gravidanza.

         Programmare la gravidanza in un periodo di ottimale controllo metabolico è indispensabile per minimizzare possibili malformazioni nell’embrione che, con un diabete fuori controllo, si presentano con una frequenza di 4-5 volte superiore rispetto alla popolazione generale».

LA TIROIDE

         «Le disfunzioni tiroidee - continua Rinaldo Guglielmi, Past President AME – Direttore Struttura Complessa Endocrinologia e Malattie Del Metabolismo, Ospedale Regina Apostolorum, Albano Laziale - portano ad una riduzione della fertilità sia nelle donne che negli uomini ed è quindi consigliabile una valutazione della funzionalità tiroidea in caso di infertilità della coppia».

L’IPOFISI

         «I disturbi all’ipofisi sia che siano di natura genetica, tumorale o infiammatoria portano frequentemente a sterilità in entrambi i sessi», chiarisce Renato Cozzi, Coordinatore Attività Editoriale AME - Direttore Struttura Complessa Endocrinologia, A.S.S.T. “Grande Ospedale Metropolitano Niguarda” Milano, «proprio perché questa ghiandola ha l’importante funzione di produrre le gonadotropine come l’ormone follicolo-stimolante (FSH) e l’ormone luteinizzante (LH), ossia gli ormoni che controllano il regolare funzionamento delle ovaie e della produzione degli spermatozoi nei testicoli».

ENDOCRINOLOGI DI DOMANI

         La formazione della nuova generazione di endocrinologi è stata una priorità del presidente uscente della Società Scientifica, Vincenzo Toscano, Presidente AME, Professore Ordinario di Endocrinologia - Sapienza Università di Roma. Obiettivo non solo un’assistenza di alto livello ma anche «cercando di far conoscere proprio a loro che sono nati nell’epoca dell’informatizzazione, le nuove modalità di supporto assistenziale come ad esempio la telemedicina, che è vista come supporto per ridurre i tempi di attesa considerando che l’endocrinologia è tra le maglie nere, al terzo posto dopo le prestazioni cardiologiche e di chirurgia vascolare, per le liste di attesa». In quest’ottica anche la recente istituzione del gruppo G·AME, il Gruppo Giovani AME del quale fanno parte i soci con meno di 40 anni.

         AGIRE NELLE SCUOLE. «Durante il mio mandato - conclude Edoardo Guastamacchia, Presidente Eletto AME, dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro - l’AME tratterà sempre più temi di interesse endocrino-metabolico considerato che sia l’obesità sia il diabete di tipo 2 sono in continua ascesa anche nel nostro paese con un impatto economico e sociale di grande rilevanza in un periodo di notevole difficoltà finanziaria. Ci impegniamo sin da ora a promuovere campagne di informazione, già in età scolare, per prevenire o almeno ritardare l’insorgenza di queste due complesse patologie».

Fonte https://www.lastampa.it/2018/10/19/scienza/il-delle-coppie-ha-difficolt-nel-concepimento-diabete-tiroide-e-ipofisi-fra-le-cause-riUVn3SvKsJx7EHzTWSN3N/pagina.html

Quando l'infertilità è di coppia

      Dall’endometriosi alla personalizzazione delle terapie, passando per i trattamenti dell’infertilità maschile, l’impianto dell’embrione e le nuove sfide della clinica nel campo dell’infertilità di coppia. Sono alcuni dei temi affrontati a Padova al convegno “We ART Merck, passato, presente e futuro in fertilità”.

L’INFERTILITA' MASCHILE
Quando l'infertilità è di coppia         Oggi la Pma rappresenta per molte coppie infertili una chance per realizzare il sogno della genitorialità. “Ma c’è bisogno - dicono gli esperti - di una stretta collaborazione multidisciplinare tra i vari specialisti per definire la strategia terapeutica più appropriata”. Personalizzare le terapie per dirla con una parola. Ad esempio, nel trattamento dell’infertilità maschile “uno dei problemi è la mancanza di flessibilità del trattamento terapeutico”, spiega Francesco Lombardo, professore associato di Scienze tecniche, mediche e applicate alla Sapienza di Roma.


         In genere, infatti, per i pazienti presi in carico dallo specialista, si ricorre alla somministrazione dell’ormone follicolo stimolante (Fsh), “una terapia – continua Lombardo - che però, in andrologia, è più empirica che razionale. Noi diamo dei farmaci a persone che forse dal punto di vista endocrinologico non ne avrebbero bisogno. Spesso, infatti, la risposta di un paziente alla terapia standard è una scommessa: alcuni pazienti rispondono, altri no”. Un ostacolo dovuto, forse, anche alla “mancanza di disponibilità di indici che ci aiutino a predire la risposta del paziente al trattamento”, ammette il professore.

LA RISPOSTA ALLA TERAPIA
         Ma qualcosa sta cambiando: alcuni studi stanno valutando l’utilità dell’analisi dei polimorfismi del recettore Fsh, il che vorrebbe dire, in futuro, modulare la somministrazione della terapia in base al genotipo: “Lo studio dei polimorfismi del recettore dell’Fsh potrebbero aiutarci a capire se un soggetto risponde o meno a una terapia in maniera adeguata. Un’evidenza - commenta Lombardo - che ci consentirebbe di riuscire a selezionare nel modo migliore i nostri pazienti”.

         Poi c’è il discorso di come misurare il miglioramento della capacità fecondante di un paziente dopo il trattamento: “Ad oggi i parametri seminali classici, che sono numero, motilità e morfologia degli spermatozoi, non ci dicono molto dal punto di vista biologico. Perché passare da 40 a 50 o 60 milioni di spermatozoi in totale è un successo in termini statistici - spiega Lombardo - ma dal punto di vista biologico ci aiuta poco, soprattutto se motilità e morfologia non sono andati di pari passo. Ad oggi l’unica strada che abbiamo, anche se ancora molto imperfetta, è l’indice di frammentazione del Dna spermatico”. Si tratta di un esame che consente di stabilire se il materiale genetico degli spermatozoi ha nella struttura delle rotture che, oltre una certa soglia, potrebbero compromettere la fecondazione e il successivo sviluppo dell’embrione.

IN ANDROLOGIA MANCA LA PREVENZIONE
         Mentre nel campo della ginecologia lo screening è una realtà consolidata, in andrologia siamo un passo indietro: “Manca uno screening di popolazione sulla spermatogenesi che ci consenta, già nei ragazzi, di fare una diagnosi precoce delle patologie”, spiega l’andrologo ed endocrinologo Carlo Foresta dell'università di Padova.

         “Al contrario delle ragazze che già a 18 anni fanno il Pap test e l’ecografia ovarica, per i ragazzi - aggiunge Lombardo - c’è una totale mancanza di prevenzione. Anche per quanto riguarda gli stili di vita, che possono avere un’influenza più o meno importante sulla fertilità. Il consumo di hashish e maryuana agiscono prevalentemente sulla motilità degli spermatozoi, bloccando la catena respiratoria dei mitocondri che sono la fabbrica di energia dello spermatozoo”.

L’ENDOMETRIOSI
         Per quanto riguarda l’infertilità femminile, una malattia comune a molte donne e cronica - spesso dolorosa e invalidante - come l'endometriosi può ostacolare il concepimento. In chi soffre di questo disturbo, l’endometrio - tessuto normalmente all'interno dell'utero - cresce al di fuori. Quando la patologia coinvolge le ovaie, ad esempio, si possono formare delle cisti (endometriomi) che riescono a ridurre la fertilità.

         “Abbiamo diversi strumenti che ci consentono di trattare l’endometriosi, ad esempio la chirurgia, la terapia medica con progestinici e la pillola. Dopo i trattamenti, almeno la metà delle donne - spiega Edgardo Somigliana, responsabile del centro Pma della Fondazione Ca Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano - è in grado di concepire naturalmente”.

         E se anche una paziente con endometriosi, una volta trattata, si trova costretta a ricorrere alla Pma, ha buone chance di riuscire a diventare madre: “Se prendiamo le casistiche dei registri più grandi, per esempio quello americano - spiega Filippo Ubaldi, Responsabile clinico del centro di Medicina della riproduzione Genera di Roma - una fecondazione in vitro per endometriosi offre percentuali di gravidanza sovrapponibili a quelle per fattore tubarico, a quella per fattore maschile non severo, ma per esempio superiore a quella per fattore di infertilità idiopatica. Quindi, sembrerebbe che le donne con endometriosi non hanno una riduzione delle probabilità di gravidanza mediante tecniche di Pma”.

LA CRIOCONSERVAZIONE
         Sebbene l’endometriosi non sia una malattia che dà sterilità - ma riduce la fertilità - sono molte le donne che chiedono di crioconservare i loro ovociti. Mentre questa tecnica è convalidata e consentita per la paziente oncologica che dovrà sottoporsi a chemio e radioterapia, “l’indicazione della crioconservazione per chi ha l’endometriosi è tutta da discutere e da capire: la paziente può farla, ma a proprie spese”, commenta Ubaldi.

         Il punto è stabilire quando fare la preservazione della fertilità e a chi farla: “Farla a una donna di 40 anni non ha nessun senso perché la probabilità di avere un bambino è determinata dalla probabilità di avere un ovocita buono, nel senso che sia cromosomicamente sano. E questo dipende dall’età della donna”, ammette Ubaldi. Quindi le candidate per la preservazione della fertilità sono le donne più giovani, perché anche ottenendo poche uova, hanno maggiori probabilità che possano portare a un bambino: “L’età è un fattore del quale dobbiamo tener conto nell’algoritmo terapeutico”, dice Somigliana, che conclude: “Mantenere l’integrità delle ovaie è importante. Ecco perché bisogna essere molto attenti durante la scelta della strategia terapeutica. Sottoporre una donna a un intervento chirurgico ha senz’altro dei rischi: abbiamo visto pazienti andare in menopausa dopo aver tolto cisti endometriosiche a tutte e due le ovaie. Questo è uno degli aspetti per cui è bene non abusare della chirurgia”.

Fonte https://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2018/09/17/news/quando_l_infertilita_e_di_coppia-206694529/

Infertilità: le intolleranze alimentari tra le cause

       Continuano gli studi sull’infertilità e le cause che la provocano. Perché numerose coppie non riescono ad avere dei bambini? A quanto pare i motivi possono essere tanti: se qualche settimana fa vi avevamo parlato delle cattive abitudini alimentari, ora ci sono nuovi rischi nei quali una coppia può incappare.

       Gli ultimi dati hanno portato alla luce un legame tra l’infertilità e le intolleranze alimentari. Secondo quanto riporta il centro di medicina della riproduzione ProCrea di Lugano, l’8% delle coppie con infertilità idiopatica – ovvero senza alcuna causa apparente – è risultata affetta da celiachia.
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       “Si parla molto di intolleranze alimentari, ma poco si dice della correlazione che c’è tra l’alimentazione e la capacità fertile”, premette Michael Jemec, specialista in medicina della riproduzione e tra i fondatori di ProCrea. “L’intolleranza alimentare può causare una diminuzione delle probabilità di impianto dell’embrione, aborti ricorrenti e ritardo di crescita intrauterina”.

       Ma non tutti sono consapevoli di avere delle intolleranze alimentari, semplicemente perché non presentano dei dolori fisici evidenti, ignorando che queste possano portare all’infertilità. Per questo, soprattutto quando si cerca una maternità, è bene eseguire un controllo che riguarda le intolleranze alimentari.

       Per individuare eventuali tolleranze il centro ha sviluppato un nuovo test genetico che individua intolleranze a glutine, lattosio e fruttosio così da permettere alle coppie alla ricerca di un figlio di essere indirizzate sulla strada più corretta.

        Come fanno sapere dal centro: “Individuare la presenza di geni indice di intolleranze è importante per intraprendere il giusto percorso verso la gravidanza”.

Fonte https://www.passionemamma.it/2014/11/infertilita-intolleranze-alimentari-cause/

sabato 30 marzo 2019

Un po' di chiarezza sul tumore al seno e la gravidanza

cancro seno gravidanza       Non c'è alcuna relazione tra il fatto di non avere figli e l'incidenza del cancro al seno. E' categorico Matteo Lambertini, oncologo presso l'Ospedale San Martino Genova e professore aggiunto all'Università di Genova, selezionato a giugno 2018 per la seconda volta tra i migliori giovani ricercatori oncologici del mondo a Chicago.
        "Sulla correlazione tra fattori riproduttivi, come ad esempio avere figli o allattare, e tumore, esistono effettivamente dei dati"dice, "Soprattutto per quanto riguarda il tumore della mammella. Ma non esiste alcun rapporto causa-effetto". L'oncologo fa così chiarezza sulla polemica riguardante una delle relatrici del Congresso delle famiglie di Verona. Babette Francis, fondatrice dell'organizzazione Endeavour Forum, avrebbe sostenuto la tesi per cui "il cancro colpisce le donne che non fanno figli", sostenendo che "se non avete figli avete un rischio parecchio più alto di ammalarvi di cancro al seno".

       Il professor Lambertini, contattato da Tpi, fa una premessa: "E' importante chiarire che il tumore non è una malattia che ha una causa precisa. Ad esempio, il fumo è uno dei fattori di rischio per lo sviluppo del tumore al polmone. Ma non tutte le persone che fumano sviluppano il tumore al polmone e, viceversa, ci sono persone che non fumano, ma sviluppano ugualmente questa patologia. In altre parole, non è vero che se fumo sviluppo il tumore al polmone. E questo è ancora meno vero per i fattori riproduttivi. Infatti, mentre il fumo è un fattore di rischio importante, nel senso che l'80 per cento dei tumori ai polmoni sono collegati al fumo di sigarette, per quanto riguarda i fattori riproduttivi, la loro correlazione col rischio di sviluppo del tumore è comunque minima", sottolinea il professore.
     
       "In particolare" spiega Matteo Lambertini "quello che sappiamo sui fattori riproduttivi è che effettivamente avere avuto una gravidanza, a lungo termine, diventa un fattore protettivo verso il rischio di sviluppare il tumore della mammella, quindi le donne che hanno avuto una gravidanza hanno un rischio minore di svilupparlo, rispetto a donne che non hanno mai avuto figli. Lo stesso è vero per l'allattamento: una donna che allatta al seno ha un rischio inferiore di sviluppare il tumore alla mammella. Ma stiamo parlando di un rischio, non è vero che una donna che non ha figli sviluppa un tumore della mammella. Assolutamente no".

       E' vero quindi che avere una gravidanza protegge dal tumore alla mammella? "In realtà il discorso è un po' più complesso" chiarisce l'oncologo "Con gli ormoni della gravidanza, per qualche anno, le donne hanno all'inizio un rischio più elevato di sviluppare un tumore della mammella e col tempo invece, molti anni dopo aver avuto un figlio, si crea questo effetto protettivo. Di recente è stato pubblicato uno studio su questo, ma sono notizie che conosciamo già da 25 anni".

       Secondo la scienza, quindi, dopo aver avuto dei figli il rischio di tumore alla mammella sale per alcuni anni, ma a lungo termine aver avuto una gravidanza diventa un fattore protettivo per questo tipo di tumore. Il professor Lambertini spiega che bisogna comunque tenere in considerazione la relazione con gli altri fattori di rischio. "Anche per il fumo, che come dicevo è un fattore di rischio molto più importante rispetto ai fattori riproduttivi, non c'è un rapporto causa-effetto con l'insorgenza del tumore, perché per questa malattia non funziona così. Ci sono una serie di fattori che, tutti insieme, determinano il rischio di sviluppare un tumore".

Fonte https://www.agi.it/salute/cancro_seno_gravidanza-5234416/news/2019-03-30/

Fumare durante la gravidanza aumenta rischio di obesità per il nascituro

       Fumare durante la gravidanza è fonte di rischio per diverse patologie legate al nascituro. Un nuovo studio conferma la pericolosità del vizio del fumo per le donne incinte. In particolare, secondo il nuovo studio condotto da Kevin Pearson dell’Università del Kentucky (Regno Unito), fumare durante la gravidanza fa sì che il bambino corra un rischio maggiore di diventare obeso.

       Tuttavia questo legame, che è già stato dimostrato da ricerche precedenti, non è ancora ben chiaro, in particolare non sono chiari i meccanismi responsabili di questo aumento di rischio, come specifica lo stesso ricercatore.
       Il ricercatore ha analizzato i dati relativi a 65 nuove madri e ai loro bambini. Metà delle donne riferiva di aver fumato durante la gravidanza. Il ricercatore ha misurato i livelli di chemerina, una proteina prodotta dalle cellule adipose, nei neonati esposti nell’utero al fumo di sigaretta.

       I risultati mostravano che la chemerina era più diffusa nei bambini le cui madri fumavano durante la gravidanza rispetto ai bambini delle madri non fumatrici.
       Il risultato dimostra infatti che le donne incinte che fumano procurano cambiamenti nell’espressione genica della loro prole, nello specifico della chemerina.
       Ulteriori approfondimenti andranno fatti per quanto riguarda le bambine dato che questo studio riguardava solo bambini maschi.

Fonte https://notiziescientifiche.it/fumare-durante-la-gravidanza-aumenta-rischio-di-obesita-per-il-nascituro/

L’uso di vitamine in gravidanza riduce il rischio di autismo

Картинки по запросу L’uso di vitamine in gravidanza riduce il rischio di autismo       Assumere vitamine prenatali durante il primo mese di gravidanza riduce il rischio di sviluppare i disturbi dello spettro autistico (Asd) nei bambini con predisposizione genetica. È quanto emerso in occasione del Congresso della Società Italiana di Medicina di Emergenza ed Urgenza Pediatrica (Simeup) Sezione Umbria, in corso a Perugia, che fino a domani vedrà riuniti i maggiori esperti di pediatria provenienti da tutta Italia.

       L’autismo è un disturbo a carattere prevalentemente ereditario nel quale la componente genetica ha una responsabilità nell’83% dei casi. Nel caso di familiarità, occorre evidenziare come i fratelli più piccoli di bambini con ASD abbiano fino a 13 volte più probabilità, rispetto alla popolazione generale, di sviluppare i disturbi tipici di questa impattante patologia.

       Le madri di bambini con disturbi dello spettro autistico (ASD) possono essere in grado di ridurre il rischio di autismo in ulteriori figli assumendo vitamine prenatali durante il loro primo mese di gravidanza. A dimostrarlo è il recente studio internazionale condotto su 241 bambini i cui fratelli maggiori avevano ricevuto una diagnosi di autismo. L’indagine ha valutato la crescita dei bambini a partire da 6 mesi fino a 3 anni. Dalla ricerca è emerso che circa il 33% dei bambini le cui madri non avevano assunto vitamine prenatali nel primo mese di gravidanza ha sviluppato i disturbi dello spettro autistico. Mentre solo il 14% dei bambini le cui mamme avevano assunto vitamine ha manifestato i sintomi questa grave patologia1.

       L’uso materno di vitamine prenatali può ridurre, quindi, la recidiva di ASD nei fratelli di bambini con ASD in famiglie ad alto rischio. In Italia 1 bambino su 100 è colpito da disturbi dello spettro autistico3. Ad essere più colpiti i soggetti di sesso maschile, 3-4 volte in più dei soggetti femminili. I sintomi si manifestano di solito prima dei tre anni e riguardano inizialmente difficoltà di linguaggio, di comunicazione e un’apparente difficoltà di contatto emotivo, sia con i genitori sia con i coetanei.

       “Incontri come questi rappresentano un’importante occasione di aggiornamento e confronto scientifico fra tutte le realtà del territorio che operano nel campo della pediatria- ha dichiarato la professoressa Susanna Esposito, Coordinatore Congresso Simeup Sezione Umbria e Professore Ordinario di Pediatria all’Università degli Studi di Perugia- Il tema di oggi affronta un aspetto molto importante che spesso viene sottovalutato. La gravidanza, infatti, getta le basi per il sano sviluppo del futuro bambino. In questo periodo, l’assunzione di vitamine anche attraverso una corretta alimentazione si rivela essenziale per preservare la salute della mamma e del nascituro, a breve e a lungo termine. La madre rappresenta l’unica fonte di nutrimento per lo sviluppo dell’embrione e del feto. Ecco perché, oltre ad un corretto stile di vita, è necessario fornire la giusta quantità di micro e macronutrienti”.

       Le vitamine sono sostanze organiche a basso peso molecolare strutturalmente varie e si rivelano indispensabili per lo svolgimento delle funzioni vitali. La carenza cronica può determinare alcuni sintomi che scompaiono dopo la correzione del deficit che, in alcuni casi, può determinare anche un danno cronico. “Nel corso degli ultimi due secoli abbiamo assistito ad una evoluzione culturale in ambito medico e sociale riguardo il ruolo delle vitamine e dei micronutrienti- ha aggiunto il Prof. Claudio Romano, Professore Associato di Pediatria, Dipartimento di Patologia Umana dell’Adulto e dell’Età Evolutiva Gaetano Barresi, Università degli Studi di Messina- Siamo passati dal riscontro frequente di carenze croniche in periodi di carestie allo stato di benessere correlato al miglioramento economico. Il presente invece si caratterizza da un nuovo aumento del rischio di disvitaminosi, in relazione ad alcuni stili di vita come le abitudini alimentari selettive, i regimi dietetici particolari per scelte culturali, filosofiche e religiose. In conclusione, è necessario ribadire che un adeguato stato vitaminico rappresenta un requisito necessario per una normale crescita e sviluppo, specie in corso di gravidanza ed allattamento”.

Fonte http://www.dire.it/29-03-2019/315107-luso-di-vitamine-in-gravidanza-riduce-il-rischio-di-autismo/

La depressione maschile e l’uso dei farmaci nelle donne possono ridurre le possibilità di avere un figlio in coppie non fertili

Картинки по запросу La depressione maschile e l’uso dei farmaci nelle donne possono ridurre le possibilità di avere un figlio in coppie non fertili        L'uso di farmaci e antidepressivi nelle donne sembra correlare positivamente con la frequenza di episodi di interruzione spontanea di gravidanza nel primo trimestre. La depressione maschile inoltre sembrerebbe legata a una minore probabilità di concepire un figlio.

        L’ autore dello studio Esther Eisenberg, MD, della Fertility and Infertility Branch sostiene che questo studio ha fornito, ai pazienti con infertilità e ai loro medici, informazioni utili per prendere importanti decisioni terapeutiche.

        I ricercatori dello studio compiuto dall’Istituto nazionale di Salute Eunice Kennedy Shriver, hanno analizzato i dati relativi a 1.650 donne e 1.608 uomini. Lo scopo della ricerca, coordinata da Emily Evans-Hoeker, è riuscire a determinare se la depressione o l’uso di farmaci antidepressivi da parte della futura madre o del padre potessero essere correlati al successo o insuccesso di una gravidanza nel corso dei trattamenti per la fertilità, esclusi quelli in vitro.

        I ricercatori hanno notato come il 41% delle donne sottoposte ai trattamenti per la fertilità avevano sofferto sintomi di depressione, mentre tra gli uomini la percentuale saliva al 50% nel caso dei trattamenti per la fecondazione in vitro. Gli autori hanno preso poi in esame le coppie che non si erano sottoposte alla procreazione assistita, analizzando i due diversi studi precedenti: il primo studio aveva analizzato l’efficacia di due diversi farmaci per l’ovulazione nelle donne che avevano la sindrome dell’ovaio policistico per stabilire una gravidanza.

Картинки по запросу La depressione maschile e l’uso dei farmaci nelle donne possono ridurre le possibilità di avere un figlio in coppie non fertili        Il secondo studio aveva confrontato,invece, l’efficacia di tre farmaci i quali inducono l’ovulazione al raggiungimento della gravidanza e del parto in coppie con infertilità inspiegabile. In entrambi gli studi le donne e gli uomini hanno risposto a un questionario volto a riconoscere i sintomi della depressione. Solo alle donne è stato poi chiesto se fossero in trattamento con antidepressivi.

        I due diversi studi sono stati poi incrociati per analizzare gli esiti dell’interazione tra farmaci, depressione e fertilità.

        I risultati dimostrano che le donne che usavano alcuni tipi di farmaci, hanno evidenziato i ricercatori, avevano una probabilità di incorrere in un’interruzione spontanea di gravidanza nel primo trimestre superiore rispetto a coloro che non usavano antidepressivi. Le coppie in cui l’uomo presentava depressione avevano poi il 60% di probabilità in meno di concepire un figlio rispetto alle coppie in cui l’uomo non era depresso.
Fonte: https://www.stateofmind.it/2018/05/depressione-uomo-fertilita/

Infertilità: la cattiva alimentazione e il peso inadeguato tra le cause

Картинки по запросу Infertilità: la cattiva alimentazione e il peso inadeguato tra le cause       Quali sono le cause dell’infertilità? Sicuramente i fattori sono tanti e a questi si deve aggiungere anche una cattiva alimentazione. Secondo il recente studio dell’Osservatorio nutrizionale Grana Padano, in Italia il 12% dei casi di infertilità dipende da eccessivo peso ponderale o da eccessiva magrezza nella donna.

       L’infertelità è un problema che negli ultimi anni sta continuando, purtroppo, a crescere. Ad ostacolare un corretto concepimento è anche uno stile di vita non proprio salutare, costituito da fumo, stress e, per l’appunto, alimentazione sbagliata.

       Nello studio dell’Osservatorio sono stati valutati i parametri antropometrici come peso, altezza, indice di massa corporea (BMI), in quanto il peso corporeo può avere un ruolo importante nella fertilità.

       Diversi studi evidenziano che un peso non adeguato alla propria altezza aumenta il rischio di aborti e di sterilità. Nel campione preso in esame dagli studiosi emerge che il 17,5% delle donne è obeso, il 12% sottopeso ed il 41,5% normopeso. Mentre il 39% dei maschi è sovrappeso e il 21% è obeso.

Картинки по запросу Infertilità: la cattiva alimentazione e il peso inadeguato tra le cause       “Le donne obese sono quelle che cercano più frequentemente aiuto per l’infertilità, ma che hanno meno probabilità di ottenerlo” ha sottolineato la Dottoressa Michela Barichella, dietologa dell’ICP Milano e membro dell’Osservatorio nutrizionale Grana Padano.

       Ma il problema non riguarda solo le donne, anche gli uomini sono a rischio. Sebbene quest’ultimi possano avere delle chance con l’aiuto della microchirurgia, il sottopeso, il sovrappeso e l’obesità maschili si associano a una ridotta qualità seminale e ad un elevato rischio di subfertilità nelle coppie in cui il partner maschile è obeso.

       Lo studio dell’Osservatorio ha considerato anche l’intake giornaliero di vitamine e di sali minerali, che possono avere un ruolo fondamentale nella fertilità. I maschi fertili hanno livelli seminali di zinco significativamente più elevati dei maschi infertili. I livelli seminali di zinco correlano significativamente con la conta spermatica e la normale morfologia dello sperma. La quantità raccomandata di zinco è di 11 mg/die, mentre nei fumatori il fabbisogno è superiore. Il nostro campione ha un intake giornaliero di 17 mg/die, intake sufficiente a garantire il fabbisogno.

        Quindi, un’alimentazione corretta, che soddisfi il fabbisogno giornaliero di vitamine, sali minerali, zinco e ferro però essere l’arma giusta per combattere l’eventuale infertilità.


Fonte https://www.passionemamma.it/2014/10/infertilita-cattiva-alimentazione-e-peso-inadeguato-tra-le-cause/

venerdì 29 marzo 2019

Sam68, la proteina della fertilità maschile

        Si chiama Sam68 ed è una proteina preziosa per la fertilità maschile, perché è in grado di orchestrare i processi che favoriscono la formazione degli spermatozoi. Lo racconta uno studio pubblicato su Cell Reports, guidato da Claudio Sette dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma: Sam68 agisce come una sorta di guardiano, accertandosi che i geni e le proteine essenziali per la formazione degli spermatozoi funzionino a dovere. La scoperta, compiuta su cellule di topi, apre le porte a nuovi possibili test per la diagnosi di infertilità maschile.

Sam68, la proteina della fertilità maschile       “La proteina Sam68 è nota da tempo – spiega Sette – e sapevamo già che svolge un ruolo fondamentale nella fertilità: se nelle femmine di topi eliminando il gene della proteina si osserva solo una riduzione della fertilità, nei maschi la sua assenza rende i topi completamente sterili”. Ma non solo: alcuni studi, condotti nell'uomo, avevano mostrato che nei pazienti con problemi di infertilità si osservavano ridotti livelli di questa proteina, continua il ricercatore. Oggi il lavoro di Sette e colleghi aggiunge un tassello in più, mostrando in che modo la presenza della proteina attiva e funzionante sia essenziale per la corretta formazione degli spermatozoi e per la fertilità maschile. “Abbiamo analizzato le cellule prodotte durante la spermatogenesi, il processo che porta alla formazione degli spermatozoi, prelevati da topi sani e da animali nei quali la proteina non veniva espressa – spiega Sette – successivamente abbiamo esaminato gli RNA prodotti da queste cellule, nella cosiddetta analisi del trascrittoma”. In questo tipo di analisi, anche grazie a tecniche di bioinformatica, si fotografa la produzione degli RNA messaggeri (mRNA) per avere un'immagine di quali geni sono espressi in quel momento dalle cellule. Gli mRNA sono infatti le molecole che all'interno delle cellule contengono le istruzioni, trascritte dal DNA, per la sintesi delle proteine.


       Combinando le tecniche di bioinformatica con quelle di biochimica, gli scienziati hanno osservato cosa accade se manca la proteina Sam 68: “In sua assenza la sintesi di alcuni mRNA termina prematuramente e le proteine corrispondenti non sono così funzionali”. Nel dettaglio, va avanti Sette, la proteina Sam68 controlla la trascrizione di alcuni geni essenziali per la funzione degli spermatozoi, dalla formazione del flagello che consente loro di muoversi, al sistema di rilascio di enzimi che permettono agli spermatozoi di penetrare negli ovociti. “Anche se le osservazioni che abbiamo fatto riguardano le cellule murine, è plausibile credere che lo stesso meccanismo si osservi anche nell'uomo, dal momento che i geni bersaglio controllati da questa proteina sono molto conservati”, commenta Sette, sottolineando il ruolo che una scoperta come questa potrebbe avere nella pratica clinica: “Molte infertilità maschili sono idiopatiche, ovvero non riusciamo a identificarne una causa in maniera accurata. La scoperta di oggi potrebbe aprire le porte a nuovi sistemi per classificare i pazienti con infertilità in futuro”. Più là da venire, e solo un'ipotesi a oggi, è l'idea di sfruttare questa proteina come bersaglio per eventuali trattamenti.

Fonte https://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2019/03/12/news/cosi_una_proteina_orchestra_la_formazione_degli_spermatozoi-221364465/

Parti prematuri ridotti dagli omega3

Картинки по запросу Parti prematuri ridotti dagli omega3
Con 15milioni di nati prematuri ogni anno nel mondo, i parti pretermine rappresentano una delle problematiche più difficili da prevedere. Un numero certamente importante che diventa un problema sociale di non poco conto, interessante quasi tutti i paesi. Per questo si guarda con interessa ai dati di una indagine condotta da Philippa Middleton, del Cochrane Pregnancy and Childbirth, e del South Australian Health and Medical Research Institute (SAHMRI), secondo cui l’assunzione degli omega3, a partire dalla 12a settimana di gestazione, ridurrebbe in maniera significativa l’incidenza dei parti prematuri. Dall’analisi dei dati, si stima che per le donne aumentare l’assunzione giornaliera di omega-3 in gravidanza riduca il rischio di parto prematuro (prima della 37a settimana di gravidanza) dell’11% (da 134 casi per 1000 parti a 119 per 1000). Inoltre, ridurrebbe il rischio di avere un parto molto prematuro (prima della 34a settimana) del 42% (da 46 per 1000 nati a 27 per 1000). Infine, diminuirebbe il rischio di avere un bebè molto sottopeso (meno di 2500g) del 10%. La dose ottimale di omega-3 è risultata essere di 0,5-1 grammi al dì (e almeno mezzo grammo di DHA) a partire dalla 12a settimana di gestazione.

Fonte http://www.clicmedicina.it/omega3-riducono-parti-prematuri/

La depressione di Lui riduce la possibilità che Lei resti incinta

       La depressione maschile riduce possibilità che la sua partner resti incinta. Uno studio pubblicato su Fertility and sterility ha dimostrato, esaminando i dati di coppie trattate per l’infertilità, che il problema era associato a tassi di gravidanza molto più bassi. Ricerche precedenti hanno dimostrato che tra le donne che cercano trattamenti per la fertilità, circa il 40% mostra sintomi di depressione.
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       Mentre un altro studio ha anche dimostrato che tra gli uomini che eseguono trattamenti di fecondazione in vitro, quasi la metà ha sperimentato questo problema. A partire da qui, i ricercatori dell’Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development (uno dei National Institutes of Health (NIH) del Dipartimento di Salute degli Stati Uniti), hanno voluto indagare sulla potenziale influenza che la depressione può avere tra le coppie che cercano un figlio. Hanno quindi raggruppato i dati disponibili da due studi precedenti per 1.650 donne e 1.608 uomini.

       Tra le coppie in cui l’uomo soffriva di depressione maggiore, il concepimento e la nascita del bimbo erano il 60% in meno inferiori, rispetto alle coppie in cui l’uomo non ne soffriva. “Il nostro studio – commenta l’autore principale, Esther Eisenberg – fornisce ai pazienti con infertilità e ai loro medici nuove informazioni da prendere in considerazione quando prendono decisioni terapeutiche”.

Fonte ANSA

Lo sperma degli uomini sterili è sano se preso direttamente dai testicoli

sperma         Gli scienziati hanno scoperto che il DNA dello sperma prelevato dai testicoli degli uomini sterili era né più né meno come quello eiaculato dagli uomini fertili.

         La ricerca può spiegare una delle principali cause di infertilità maschile e aprire la possibilità di utilizzare lo sperma prelevato direttamente dai testicoli per superare l’infertilità tra i maschi.

         La ricerca è stata presentata al Congresso dell’Associazione Europea di Urologia a Barcellona. Scienziati con sede nel Regno Unito hanno prelevato campioni di sperma dai testicoli di 63 uomini infertili e li hanno abbinati con campioni di sperma eiaculato prodotti dagli stessi uomini.

          L’infertilità è un grave problema di salute pubblico, sopratutto in Europa
         Questi uomini infertili avevano fallito il precedente trattamento di fertilità (iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi o ICSI). Gli scienziati hanno anche esaminato lo sperma per due tipi di rotture del filamento di DNA (rotture a singolo e doppio filamento) ciascuna nello sperma testicolare ed eiaculato.

         L’infertilità è un importante problema di salute pubblica. Una coppia su sei è sterile in tutta Europa, con l’infertilità maschile che ora è la causa principale delle coppie in cerca di cure.

         Il danno del DNA spermatico è noto per essere una delle principali cause di infertilità maschile e riduce le possibilità di una coppia di avere una famiglia. Questo studio mostra che durante il viaggio dai testicoli lungo la lunga serie di dotti prima dell’eiaculazione, il DNA spermatico può subire gravi danni, alcuni dei quali sono dovuti allo stress ossidativo.

sperma         Secondo il ricercatore Jonathan Ramsay, consulente urologo dell’Imperial College di Londra “Non è stata una sorpresa vedere un maggior danno al DNA nello sperma eiaculato da uomini infertili.Quello che non ci aspettavamo era la consistenza di questi risultati quando abbiamo osservato lo sperma prelevato direttamente dai testicoli degli uomini infertili. Abbiamo scoperto che era di simile qualità a quello sperma eiaculato da uomini fertili.”


Il danno si crea nel percorso
         Spiegando ulteriormente, Ramsay ha detto: “La maggior parte del danno al DNA causato durante il passaggio dai testicoli all’eiaculato è causata dallo stress ossidativo, che causa rotture del DNA singole ma non di quelle del doppio filamento”.

         “Questo si verifica quando lo sperma è soggetto a cattive abitudini di stile di vita come una dieta povera, l’utilizzo di un laptop tutto il giorno o il fumo. Malattie come la malattia di Crohn e il diabete di tipo 2 sono anche causate dallo stress ossidativo.”

         La Professoressa Sheena Lewis, Professore Emerito della Queens University di Belfast e fondatrice di ExamenLab, ha dichiarato: “Ciò significa che il DNA nello sperma dei testicoli degli uomini sterili è di qualità migliore rispetto a quello eiaculato.”


         “Dobbiamo essere consapevoli di ciò che questo studio fa e non mostra. Non possiamo ancora dimostrare che questo danno del DNA spermatico è la causa principale di infertilità maschile o insufficienza in questi uomini, o che l’uso di spermatozoi testicolari aiuterebbe direttamente a migliorare le possibilità di formare una famiglia, ma il lavoro certamente punta in quella direzione “, ha detto Lewis.



spermaUno studio che potrebbe rivoluzionare le vite di molte persone
         Commentando i risultati, il professor Maarten Albersen, membro dell’Ufficio del Congresso Scientifico EAU, ha dichiarato: “Le coppie che affrontano un desiderio insoddisfatto a causa dell’infertilità maschile spesso devono ricorrere a tecniche di riproduzione assistita come la fecondazione in vitro (IVF) o lo sperma intracitoplasmatico iniezioni (ICSI). Le percentuali di successo di queste tecniche per ciclo sono piuttosto basse e vari fattori influenzano questi tassi “.

         “In questo studio, un gruppo di Londra dimostra che l’integrità del DNA negli uomini infertili è più elevata negli spermatozoi testicolari che negli spermatozoi eiaculati, poiché si ritiene che l’integrità del DNA abbia un ruolo nei tassi di fertilizzazione nella riproduzione assistita. Fare o meno ricorso alla biopsia testicolare / aspirazione spermatica testicolare piuttosto che usare sperma eiaculato per migliorare i tassi di successo della fecondazione assistita negli uomini infertili con segni di danni al DNA “.

         “Tuttavia, prima di adottare questa strategia alternativa, dovrebbero essere confermati tassi di fertilizzazione migliori e tassi di baby-take a casa”, ha affermato.


Fonte https://focustech.it/2019/03/19/lo-sperma-degli-uomini-sterili-e-sano-se-preso-direttamente-dai-testicoli-237018

GRAVIDANZA: L’OSSESSIONE PER LA DIETA È RISCHIOSA

       A differenza di quanto si possa comunemente pensare, la malnutrizione durante il periodo di gravidanza non è solo un problema relativo ai paesi sottosviluppati ma anche alle popolazioni ricche, complice l’ossessione per la dieta e la paura di perdere il proprio peso forma.

gravida-magra        Purtroppo l’immagine ideale di bellezza si sta diffondendo con troppa forza nella popolazione femminile, favorendo l’incidenza di fenomeni come la depressione post-partum, soprattutto fra le donne che hanno perso il contatto con il proprio corpo e l’immagine di sé a cui erano abituate.
       Questo fenomeno è tra i fattori di rischio della malnutrizione, fra le donne che non vogliono ritrovarsi in sovrappeso durante gestazione.
       Se nei paesi sottosviluppati questa è una seria problematica causata dall’assenza dei macronutrienti essenziali, nei paesi sviluppati, invece, la causa risiede nelle ideologie iconiche.

        Sono molte le gestanti che seguono un’alimentazione eccessivamente restrittiva per evitare l’aumento di peso, altre seguono un’alimentazione ad esclusione del tutto casuale e basata sulle proprie opinabili conoscenze alimentari.
       Tali comportamenti innescano una serie di meccanismi organici a catena che, inevitabilmente, si ripercuotono sulla salute e sullo sviluppo del feto.
       Le alimentazioni molto selettive, poi, come la dieta vegan, se non seguite con metodo e criterio, rischiano di escludere quei macronutrienti fondamentali ad una gravidanza controllata ed equilibrata.

        Il principale problema a cui madre e feto vanno incontro è la malnutrizione, che nella gestante si presenta con sintomi che vanno dalla stanchezza alla caduta dei capelli, mentre nel feto può avere un’influenza più seria e permanente: malformazioni congenite, malassorbimento, ritardo nell’accrescimento, ritardi mentali e problematiche fisiche e psico-motorie che potrebbero riflettersi anche post-nascita.

       Altissima, per esempio, è la percentuale di mortalità infantile neonatale nei paesi sottosviluppati, dove ad una scarsa nutrizione intrauterina del feto, si possono associare malattie pre-esistenti della gestante.
       Ma se queste sono situazioni presenti in paesi al limite della vivibilità da un punto di vista igienico-sanitario, perché riproporre le stesse potenziali problematiche in paesi dove la carenza nutrizionale e la scarsa igiene non sono un problema quotidiano e comune?
       L’interessamento ossessivo per la dieta e anche per l’esercizio fisico espongono il feto a gravissimi danni, nonché la madre ad aborto prematuro.


        Se da un lato tutte le evidenze scientifiche supportano i benefici dell’attività fisica in gravidanza, vi sono donne che eseguono un’attività fisica tutt’altro che adeguata e consona al mese di gestazione, mettendo a rischio non solo il nascituro ma anche la loro stessa salute.
       E’ importante, quindi, che arrivi un messaggio: l’aumento di peso deve sempre essere commisurato alla crescita del feto, per cui un piano alimentare seguito da operatori specializzati e un programma di attività fisica improntato al rispetto della fisiologia della gravidanza, svolto con professionisti adeguatamente formati,  possono essere la soluzione ideale per mantenersi in forma assicurando la sicurezza del feto.


Fonte

Prevenire la malnutrizione nelle donne

giovedì 28 marzo 2019

Diabete in gravidanza, venerdì una giornata di studi multidisciplinare

        Le varie forme di diabete in gravidanza e come gestire una gravidanza in presenza di tale patologia, sono i temi al centro dell’incontro “Quant’è dolce la gravidanza?”, in programma venerdì 29 marzo 2019, organizzato dal Direttore della UOC dell’ospedale S.Antonio Abate di Trapani, Laura Giambanco e da Domenico Greco, diabetologo dell’Ospedale Ajello di Marsala.

        Secondo le statistiche il 10% delle donne in gravidanza sarebbe affetta da diabete, malattia che comporta un aumento di aborti, malformazioni cardiache e morte dei bambini in utero. Sia il diabete mellito che il diabete gestazionale sono patologie in aumento, data anche l’incidenza di specifici fattori di rischio quali obesità,  ridotta attività fisica, alimentazione non corretta.

        “E’ necessario che le donne affette da questa patologia siano seguite da un team multidisciplinare che monitori la gravidanza al fine di contenere e ridurre al massimo le complicanze”, hanno sottolineato Laura Giambanco e Domenico Greco, presidenti e responsabili scientifici della giornata di studi dedicata a ginecologi, diabetologi, medici di medicina generale, neonatologi, pediatri, infermieri, ostetriche.

Fonte https://www.siciliaogginotizie.it/2019/03/28/diabete-in-gravidanza-venerdi-una-giornata-di-studi-multidisciplinare/

Metformina assunta durante gravidanza potrebbe aumentare rischio di obesità nei nascituri secondo studio

         La metformina utilizzata nel corso della gravidanza potrebbe portare, come effetto collaterale subito dal nascituro, un maggior rischio di obesità di quest’ultimo secondo uno studio condotto dall’Università Norvegese della Scienza e della Tecnologia (NTNU).
       La metformina è farmaco che di solito viene utilizzato per trattare il diabete di tipo 2 sulle donne gravidanza, in particolare quando queste ultime soffrono di sindrome dell’ovaio policistico (PCOS).

       È una possibilità da non escludere secondo Liv Guro Engen Hanem, ricercatrice del               Dipartimento di medicina clinica e molecolare della suddetta università.
       L’articolo, pubblicato su The Lancet Child and Adolescent Health, parla di come questo farmaco, utilizzato spesso per trattare il diabete gestazionale, abbia in effetti dimostrato di avere pochi effetti collaterali e di essere molto efficiente in precedenti studi ma anche che la conoscenza riguardo a effetti a lungo termine è ancora poca.

       Lo studio si è avvalso delle analisi di 257 donne incinte con PCOS, i cui dati risalivano al periodo 2005-2009.
       Secondo le analisi dello studio, i bambini di otto anni esposti alla metformina nell’utero avevano, in media, un indice di massa corporea più alto ed una circonferenza della vita più larga rispetto ai bambini del gruppo di controllo le cui madri avevano invece assunto un placebo inattivo.

Fonte
Common medication may lead to obesity (IA)

Antibiotici in gravidanza, rischio raddoppiato di malattie infiammatorie croniche intestinali

       Uno studio svedese recentemente pubblicato sulla rivista ‘Gut’ della ‘British Society of Gastroenterology’ potrebbe aggiungere un nuovo tassello al quadro delle nostre conoscenze, in particolare sulla relazione tra malattie infiammatorie croniche intestinali (Inflammatory bowel disease, IBD) e microbiota.

       L’équipe di ricercatori ha analizzato il rischio di sviluppo di very-early onset IBD, ovvero le malattie infiammatorie croniche la cui diagnosi viene fatta prima dei 6 anni di età, in più di 800 mila bambini svedesi nati fra il 2006 e il 2016 ed esposti a terapia antibiotica durante la gravidanza o in età neonatale.


       Dai risultati è emerso che l'esposizione agli antibiotici in fase gestazionale, ha aumentato di quasi due volte il rischio di sviluppare una malattia infiammatoria cronica intestinale prima dei 6 anni di età, aumento che non si è invece verificato se l’esposizione è avvenuta in età infantile.
     
       “Questo studio è un’ulteriore riprova del potere che hanno gli antibiotici, nel bene e nel male, nel modificare il microbiota intestinale – commenta Gianluca Ianiro, Cattedra di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva Fondazione Policlinico Gemelli e consigliere della Sige – L’uso di antibiotici in età gestazionale è stato già associato, in passato, ad aumentato rischio di obesità infantile, ed ora questo studio ci dimostra che vi è anche un aumentato rischio di IBD.

       Tali dati sono perfettamente in linea con la fisiopatologia, dato che le principali funzioni del microbiota intestinale umano sono quella di regolazione del metabolismo e del sistema immune. Pertanto, se il microbiota viene alterato, si possono sviluppare delle malattie associate allo squilibrio di tali funzioni”.

       Gli autori hanno ipotizzato un ruolo preponderante del microbiota intestinale nella genesi delle very-early onset Ibd. In precedenza è stata dimostrata una correlazione simile fra utilizzo precoce di antibiotici e sviluppo successivo di sovrappeso e obesità in età infantile. Questo ulteriore studio rimarca, pertanto, l'importanza di un utilizzo saggio e ponderato delle terapie antibiotiche in gravidanza e in età neonatale.

Картинки по запросу Antibiotici in gravidanza       Ad oggi poco o nulla si sa sull’eziologia delle IBD, mentre sulla patogenesi di questo gruppo di malattie è stata gettata qualche luce: la patogenesi delle IBD è certamente multifattoriale, efra i vari fattori implicati – oltre a quelli ambientali come il fumo e la dieta, e a quelli genetici - vi è un'alterazione del microbiota intestinale, ovvero l'insieme di batteri, virus, funghi e altri microbi che colonizza il nostro intestino, e che svolge delle importanti funzioni, tra cui quella immunologica e quella metabolica. Gli antibiotici sono i farmaci che più comunemente e più direttamente sono in grado di alterare il microbiota intestinale.

       Con ‘malattie infiammatorie croniche dell’intestino’ (Mici) - anche note come ‘IBD’dall’inglese inflammatory bowel disease – si intende un gruppo di patologie accomunato dalla presenza di un'infiammazione cronica a carico della mucosa intestinale, di cui fanno parte, tra le altre, il morbo di Crohn e la colite ulcerosa.

       Le Ibs sono malattie a decorso intermittente che si presentano con periodi di latenza alternati a fasi di riacutizzazione e che, se non vengono trattate adeguatamente, possono portare anche a complicanze severe. Si stima che queste patologie abbiano una prevalenza tra 1 e 1,5 casi ogni 1000 persone, mentre l'incidenza è di 7-10 nuovi casi per 100mila persone ogni anno. Possono esordire a qualsiasi età, più frequentemente nei pazienti tra i 15 e i 30 anni e in quelli tra i 50 e i 70 anni, tuttavia i casi di Ibd con esordio in età pediatrica sono in graduale aumento: il 25 per cento dei nuovi malati ha infatti meno di 20 anni, anche se sono riscontrati casi con esordio precoce, addirittura nei primi anni di vita.

Fonte https://www.pharmastar.it/news/gastro/antibiotici-in-gravidanza-rischio-raddoppiato-di-malattie-infiammatorie-croniche-intestinali--29153

Sclerosi multipla e gravidanza: l’Asst di Lecco tra i centri di eccellenza

       “E’ importante iniziare a rimuovere tutte le paure e le false convinzioni che questa malattia si porta dietro”
Картинки по запросу Sclerosi multipla e gravidanza        – Sono 77 i centri in tutta Italia segnalati nell’ambito di “Una cicogna per la sclerosi multipla”, il progetto promosso da Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere) con il patrocinio di Aism (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) e Sin (Società Italiana di Neurologia) e il contributo incondizionato di Teva, volto a migliorare l’accessibilità ai servizi erogati dai centri clinici di sclerosi multipla e sostenere le donne colpite dalla malattia alla ricerca di una gravidanza.

Tra questi centri – che adottano un approccio multidisciplinare nel trattamento delle pazienti che vorrebbero diventare mamme, proponendo percorsi clinici dedicati e counselling preconcezionale – è stato individuato anche quello che afferisce all’Asst di Lecco.

       Oltre 79.000 donne italiane soffrono di sclerosi multipla, una malattia cronica e progressiva che, essendo diagnosticata nella maggior parte dei casi tra i 20 e i 40 anni, si manifesta nel periodo più florido e produttivo della vita della donna, influenzando inevitabilmente la pianificazione familiare. Se un tempo a queste donne era fortemente sconsigliato avere figli, oggi le evidenze scientifiche dimostrano che è possibile realizzare questo progetto di vita senza modificare a lungo termine l’andamento della malattia e senza causare danni al nascituro.

       “Tra le persone in cura presso il Centro Sclerosi Multipla dell’Ospedale Manzoni oltre 200 sono donne, vale a dire il 65% del totale. Di queste, più del 30% ricade nella fascia di età compresa tra i 20 e i 40 anni, quando più frequentemente una donna pianifica una gravidanza – spiega il dottor Roberto Balgera, neurologo di Asst Lecco -. Uno dei momenti più importanti del percorso di cura da noi offerto è quello della comunicazione della diagnosi, quando oltre alle informazioni sulla patologia è importante iniziare a rimuovere tutte le paure e le false convinzioni che questa malattia si porta dietro, tra le quali molte riguardano proprio la gravidanza. Nel nostro centro ogni anno inizia una gravidanza una media di due donne in trattamento attivo con farmaci per la sclerosi multipla”.

       Il progetto “Una cicogna per la sclerosi multipla”, in questo senso, è stato pensato proprio per chiarire i numerosi dubbi ancor oggi molto diffusi relativi alla gravidanza, rispetto alla quale lancia importanti messaggi:

Si può diventare mamme con la sclerosi multipla;
La sclerosi multipla non è trasmissibile ai propri figli;
Le terapie modificanti il decorso della malattia non rappresentano un ostacolo assoluto al progetto di gravidanza;
Si può allattare dopo il parto e non vi sono aumentati rischi di anomalie congenite nei prodotti del concepimento.
Per aiutare le donne con sclerosi multipla ad affrontare con maggior consapevolezza e serenità il desiderio di maternità, la gravidanza e la genitorialità, nei 77 centri selezionati in tutta Italia verrà ora distribuita anche un’apposita pubblicazione che offre spunti per facilitare il dialogo con il proprio specialista di fiducia su questi delicati aspetti.

Fonte https://lecconotizie.com/societa/lecco-societa/sclerosi-multipla-e-gravidanza-lasst-di-lecco-tra-i-centri-di-eccellenza/

I PFAS rendono la donna infertile e inducono aborti

Картинки по запросу I PFAS rendono la donna infertile e inducono aborti         I Pfas alterano la funzione dell’utero interagendo col progesterone e alterano i meccanismi che regolano il ciclo mestruale, l’annidamento dell’embrione e il decorso della gravidanza; ritardano inoltre la comparsa delle prime mestruazioni. È quanto sostiene il gruppo di ricerca del prof. Carlo Foresta di Padova, che presenterà al convegno sulla riproduzione uno studio sulle ragazze ventenni residenti nell’area rossa PFAS del Veneto.

        I composti perfluorurati (PFAS) sono sostanze chimiche di sintesi che vengono utilizzate per rendere resistenti ai grassi e all’acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti, ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa; possono essere presenti in pitture e vernici, farmaci e presidi medici. Alcuni studiosi del gruppo di ricerca dell’unità operativa complessa di Andrologia e Medicina della Riproduzione dell’Azienda Ospedale dell’Università di Padova, coordinata dal prof. Carlo Foresta, avevano scoperto il meccanismo attraverso il quale proprio i Pfas interferiscono con l’attività ormonale e la ricerca era stata pubblicata sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism.

        Studi recenti hanno riportato conseguenze sulla salute pubblica a diversi livelli nelle popolazioni esposte a elevate dosi dei PFAS. “L’organismo li ‘scambia’ per ormoni, interferendo con l’azione delle ghiandole endocrine e causando malattie a breve e a lungo termine; queste sostanze possono alterare l’equilibrio ormonale fondamentale per la crescita e lo sviluppo del feto e del bambino: le persone più esposte hanno un maggior rischio di patologie riproduttive (infertilità, abortività, endometriosi, etc.), di disturbi comportamentali nell’infanzia e forse anche di diabete e di alcuni tipi di cancro (testicolo, rene, prostata)”, dichiara Foresta. Molte di queste patologie associate all’inquinamento da PFAS si sviluppano in organi sensibili agli ormoni testicolari, e in particolare al testosterone.

Fonte http://www.clicmedicina.it/pfas-rendono-donna-infertile-inducono-aborti/

mercoledì 27 marzo 2019

Incinta con embrioni di tre genitori

        Si chiama tecnica degli embrioni “con tre genitori” e consiste nell’estrarre il nucleo di un ovulo della paziente per trasferirlo in un ovulo di una donatrice sana. L’esperimento è stato condotto in Grecia e ha permesso di avviare una gravidanza che è alla 27ma settimana. A rendere nota la notizia è stata la start-up spagnola Embryotools, secondo cui è la prima volta che si usa questo metodo, ideato per evitare la trasmissione di una malattia genetica e per curare un problema di fertilità. L’obiettivo è stabilire se il Maternal Spindle Transfer (MST) possa aumentare le chance di gravidanza in alcuni casi di infertilità.

        “Questa è una tecnica che è ancora in corso di validazione. Vogliamo procedere con la massima prudenza”, dichiara Gloria Calderon, cofondatrice della start-up. In passato sono già nati bimbi con “tre genitori” in Messico, per evitare la trasmissione di una malattia genetica dei mitocondri, e in Ucraina, anche in questo caso per un problema di infertilità ma utilizzando una tecnica diversa. La futura mamma greca ha 32 anni ed è stata già operata due volte per endometriosi, oltre ad essersi sottoposta a quattro cicli di fecondazione assistita che non hanno però dato esito positivo.

Fonte http://www.clicmedicina.it/incinta-embrioni-tre-genitori/

Infertilità femminile associata a specifiche condizioni patologiche

Картинки по запросу Infertilità femminile associata a specifiche condizioni patologiche           L’infertilità di coppia colpisce sempre più donne e uomini non più giovanissimi spesso affetti da patologie sistemiche. In tal senso, la valutazione dello specialista deve avere come obiettivo non solo quello di identificare o escludere una causa di infertilità femminile e/o maschile strettamente connessa all’apparato riproduttivo, ma anche quello di valutare lo stato generale di entrambi i componenti della coppia infertile. Si vedranno di seguito le maggiori patologie sistemiche che possono avere effetti negativi sulla fertilità femminile.

Sovrappeso, obesità e disturbi del metabolismo glucidico
           A causa di disfunzioni ormonali correlate all’attività endocrina e metabolica del tessuto adiposo, spesso il sovrappeso e l’obesità sono associati a infertilità da anovulazione (ciclo ovulatorio in cui manca il rilascio dell’ovocita)/oligo-ovulazione (scarsi cicli ovulatori con produzione di ovociti), sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), condizione caratterizzata da anovulazione cronica, ovaio policistico (PCO) e iperandrogenismo. L’obesità inoltre può modificare i livelli di insulina prodotti dal pancreas, causando un’iperproduzione di androgeni, oltre a un aumento della produzione di estrogeni, che riflette cicli mestruali irregolari, riduzione dei cicli ovulatori e, dunque, bassi tassi di fecondità. La fertilità di una donna potrebbe essere predetta in base al suo peso corporeo; infatti, studi presenti in letteratura riportano che esiste una correlazione diretta tra tasso di infertilità anovulatoria e BMI e che la probabilità di essere affetta da infertilità anovulatoria per una paziente con BMI >32 è tripla rispetto a quella di una donna con BMI normale. Il sovrappeso e l’obesità riducono anche l’efficacia dei farmaci utilizzati per indurre l’ovulazione o l’induzione della crescita follicolare multipla (ICFM), l’efficacia delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) e la qualità ovocitaria. In molte donne in sovrappeso/obese che presentano subfertilità/infertilità sono stati riscontrati elevati livelli sierici di LH e inversione del rapporto LH/FSH. Gli elevati livelli sierici di LH stimolano la produzione di androgeni dalle cellule della teca con un’azione negativa sulla follicologenesi, impedendo la crescita fisiologica del follicolo dominante e, quindi, l’ovulazione. In tali donne il tessuto adiposo in eccesso correla con elevati livelli di proteine infiammatorie della fase acuta e citochine proinfiammatorie, proteine che sembrerebbero esercitare un effetto negativo sull’impianto embrionario e sulle primissime fasi dello sviluppo embrionario.

Patologie tiroidee
Картинки по запросу Patologie tiroidee
           Gli ormoni tiroidei triiodotironina (T3) e tetraiodotironina (T4) sono tra i più importanti regolatori e controllori dell’omeostasi generale del corpo umano. Hanno un ruolo centrale nella funzione riproduttiva maschile e femminile, nell’insorgenza e nell’evoluzione della gravidanza, nella crescita intrauterina del feto e nell’allattamento. Alcuni studi riportano che i livelli sierici di LH e FSH sono più alte nelle donne ipertiroidee e che il suddetto aumento sia causato dall’incremento della risposta ipofisaria all’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH) indotto dagli ormoni tiroidei circolanti in eccesso. Alterazioni del ciclo mestruale quali amenorrea, oligomenorrea, ipomenorrea e anovulazione sono spesso riscontrate in donne affette da ipertiroidismo. Nelle donne ipotiroidee, i livelli sierici di gonadotropine sono solitamente normali, mentre quelli della prolattina (PRL) possono risultare aumentati per una maggiore risposta ipofisaria all’ormone rilasciante il TSH (TRH), che porta non solo un aumento di TSH, ma anche di PRL con conseguente iperprolattinemia e galattorrea. La correlazione tra ipotiroidismo clinico e infertilità femminile è evidente, in quanto l’ipotiroidismo clinico può causare iperprolattinemia e, quindi, oligo-anovulazione.

Patologie autoimmuni
           Le patologie autoimmuni di più frequente riscontro nelle donne in età riproduttiva sono il lupus eritematoso sistemico (LES) e l’artrite reumatoide (AR). Queste sono causa di aborto ripetuto/ricorrente e possono indurre esaurimento precoce del patrimonio follicolare su base autoimmune. Uno degli obiettivi più importanti che riguardano le donne con patologie autoimmuni in età riproduttiva è la salvaguardia della loro fertilità dall’azione gonadotossica della chemioterapia immuno-soppressiva. Per questa ragione, recenti studi suggeriscono di impiegare in tali pazienti strategie di preservazione della fertilità analoghe a quelle utilizzate nelle pazienti oncologiche. Una possibile strategia per preservare la fertilità è quella di ricorrere alla PMA per crioconservare gli ovociti o gli embrioni prima di iniziare una qualsiasi terapia gonodotossica.

Картинки по запросу Malattie infiammatorie croniche intestinaliMalattie infiammatorie croniche intestinali
           Le malattie croniche intestinali (IBD) comprendono la rettocolite ulcerosa (RCU), il morbo di Crohn (MC) e le coliti e le proctiti aspecifiche. Alcuni studi della letteratura riportano un’aumentata incidenza dell’infertilità nelle donne affette da IBD e ipotizzano che essa possa essere la conseguenza sia delle condizioni sistemiche delle IBD, quali l’affaticamento e l’anemia, sia di cause di natura sessuale/psicologica, quali la perdita della libido, la riduzione dell’attività sessuale, i timori di possibili effetti negativi della IBD in sé sulla gravidanza e/o della terapia anti-IBD sulla gravidanza stessa. Altri studi invece riportano che la prevalenza dell’infertilità nelle donne con IBD è comparabile a quella della popolazione femminile generale. Per preservare la fertilità delle donne con IBD, è opportuno cercare di ritardare il più possibile gli interventi demolitivi e impiegare la chirurgia laparoscopica ogniqualvolta sia tecnicamente possibile.

Epilessia
           L’epilessia è associata a un aumento dell’incidenza dell’infertilità femminile. Infatti, sia l’epilessia in sé sia i farmaci antiepilettici possono indurre disordini dell’ovulazione con un’azione sul sistema limbico, sull’ipotalamo, sull’ipofisi, sulle ghiandole endocrine periferiche, sul fegato e sul tessuto adiposo. I disordini ovulatori più frequenti che ne conseguono sono l’amenorrea ipotalamica e la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS). A seconda del tipo di epilessia si può avere una diminuzione o un aumento della secrezione pulsatile dell’ormone rilasciante le gonadotropine (GnRH) e della secrezione di gonadotropine LH e FSH.

Sclerosi multipla
           La sclerosi multipla (SM) è una malattia a decorso cronico della sostanza bianca del sistema nervoso centrale, a patogenesi autoimmunitaria e a eziologia sconosciuta. Le donne con SM hanno una fertilità normale, ma hanno meno figli. Tale evidenza può essere causata da diversi fattori associati alla malattia e/o terapia. Alcuni studi hanno dimostrato i livelli ormonali hanno un’influenza sull’attività della SM. Durante la gravidanza, infatti, si verifica un notevole miglioramento della SM mentre si assiste a un peggioramento della stessa dopo il parto. Così come il ricorso a tecniche di PMA aumenta il rischio di recidiva della SM, soprattutto se non si ottiene la gravidanza. Quindi, prima di sottoporre una donna con SM alle tecniche di PMA sono fondamentali una valutazione integrata da parte del neurologo e del ginecologo dello stato della malattia e delle condizioni generali e un adeguato counselling circa i rischi associati alla PMA.

Distrofia muscolare
           Le distrofie miotoniche o distrofie muscolari (DM) sono un gruppo di malattie genetiche autosomiche dominanti multisistemiche con un’alta variabilità di espressione fenotipica che provocano un graduale indebolimento dei muscoli e una progressiva disabilità. L’impatto della DM sulla fertilità delle donne affette è tuttora sconosciuto. Poiché una coppia in cui uno dei partner è affetto da DM ha il rischio di trasmettere la malattia nel 50% dei casi, le tecniche di PMA associate alla diagnosi genetica preimpianto (PGD) permettono di selezionare gli embrioni sani da trasferire in utero. Le pazienti prima di intraprendere una gravidanza devono essere sottoposte a un’attenta valutazione cardiologica e neurologica al fine di prevenire eventuali complicanze ostetriche o addirittura sconsigliare la gravidanza nei casi ad alto rischio.

Fonti Cavalla P, Rovei V, Masera S, et al. Fertility in patients with multiple sclerosis: current knowledge and future perspectives. Neurol Sci 2006;27:231-9.
Costa M, Colia D. Treating infertility in autoimmune patients. Rheumatology 2008;47:38-42.
Cummings LN, Morrel MJ, Giudice L. Ovulatory function in epilepsy. Epilepsia 1995;36:353-7.