mercoledì 18 maggio 2016

Le donne e il cancro. Intervista al ginecologo Moscarini: “Oggi si può guarire, preservando fertilità, bellezza e aspettativa di vita”

         Nel 2015 si stima che siano stati diagnosticati in Italia 363.000 casi di tumore maligno (esclusi quelli della cute), di cui oltre 194.000 (54%) fra gli uomini e 169.000 (46%) fra le donne. Tra la popolazione femminile, in particolare, sono stati 692.955 i tumori alla mammella, 201.617 quelli al colon-retto-ano, 124.850 quelli della tiroide e 109.981 all’utero. Ma se l’incidenza dei tumori è sostanzialmente stabile tra le donne, è in costante calo la mortalità. E le belle notizie non si fermano qui. Se un tempo l’aspettativa di vita dopo un tumore era bassa, oggi si può sperare di invecchiare esattamente come chi non ha mai avuto un tumore.
          Ed invecchiare bene. In salute, preservando al massimo l’integrità del corpo e tutte le sue funzioni, compresa la possibilità di avere figli in caso di tumore in età giovanile. Sogno, questo, che un tempo le giovani donne vedevano andare in frantumi di fronte a una diagnosi di tumore. Del tumore, dunque, bisogna avere sempre meno paura. Ma non per questo abbassare la guardia.
 
         Come ci spiega in questa intervista Massimo Moscarini, presidente Aipf, Associazione Italiana Protezione Fertilità, alla vigilia del Congresso “La qualità della vita dopo il tumore” promosso dall’Aipf e dall’Università La Sapienza di Roma e in programma il 14 maggio all’Ao Sant’Andrea di Roma.

Presidente Moscarini, come sta cambiando il tumore femminile in Italia?         I risultati in termini di efficacia delle terapie sono molto positivi, ma non si può dire la stessa cosa in termini di incidenza. I casi di tumore tra le donne restano infatti stabili, a differenza di quanto avvenga per gli uomini, per si registra un calo dell’incidenza dell’2,8% all’anno tra il 2006 e il 2010.         Nel 2015 si stima che siano stati diagnosticati in Italia 363.000 casi di tumore maligno, esclusi quelli della cute, di cui 169.000 (il 46%) riferito alle le donne, in pratica circa 5 casi ogni mille donne e 2,5 decessi ogni mille donne.         Tuttavia, come accennavo, i progressi delle terapie negli anni hanno permesso di ottenere importanti risultati sulla mortalità, che è in costante e regolare diminuzione negli ultimi 10 anni, di circa lo 0,8% all’anno. Questo fa sì che nel 2015 il numero di donne in vita dopo diagnosi di tumore al seno sia aumentato del 19% rispetto al 2010. Un aumento simile (+21%) è emerso per il numero di italiani (427.562) che vivono nel 2015 dopo una diagnosi di tumore del colon retto.         Sta emergendo inoltre, anche se non sono ancora disponibili dati esatti, che le donne che hanno avuto un tumore non solo sopravvivono, ma possono anche guarire, dove per “guardite” si intendono le persone che con una pregressa diagnosi di tumore hanno raggiunto una attesa di vita paragonabile a quelle persone non affette da tumore. E il tumore della mammella è proprio fra quelli che possono guarire.
Tutto merito della Medicina, dunque?
         No, è anche merito delle attività di screening e prevenzione, perché prima avviene la diagnosi, prima si inizia il percorso terapeutico; prima si inizia il percorso terapeutico, più aumentano le possibilità di sconfiggere il cancro. Questo vale soprattutto per i tumori particolarmente aggressivi, come il cancro all’ovaio, di cui registriamo solo poche  migliaia di casi all’anno ma anche un’alta mortalità. Purtroppo il cancro dell’ovaio resta però molto difficile da diagnosticare, per l’assenza di una sintomatologia evidente e di strumenti diagnostici ad hoc.         Il cancro del collo dell’utero oggi è possibile prevenirlo mediante la vaccinazione HPV (prevenzione primaria) e mediante lo Screening-Pap Test (Prevenzione secondaria) che ci permette di identificare e quindi di eliminare chirurgicamente la pre-cancerosi. Nei paesi dove si attua lo screening e la vaccinazione per il virus HPV  questa strategia ha determinato una notevole riduzione di questa patologia .

Qual è l'impatto del tumore sulla vita della donna?
         E’ fortissimo, non solo a livello fisico ma anche e soprattutto psicologico. La paziente sente colpita la sua femminilità e, se giovane, teme per la sua fertilità, cioè di perdere la possibilità di avere figli. Questo è un aspetto sentito dalle donne molto di più che dagli uomini; anche quelle che scoprono di avere un tumore in una fase della vita in cui non stavano minimamente pensando di diventare madri. Per questo, nell’approccio terapeutico, è importante distinguere le pazienti colpite da tumore al di sopra dei 50 anni da quelle in età fertile. L’impatto psicologico di un tumore in giovane età è molto più devastante che in età più avanzata, e questo rischia di determinare casi di depressione e ansia che influenzano negativamente il benessere della persona e anche il percorso di cura. Per questo intervenire anche su questi aspetti è di fondamentale importanza.         In particolare, negli ultimi anni sono stati fatti molti passi avanti per preservare la fertilità delle donne grazie alle tante e diverse opportunità terapeutiche introdotte: dalla chirurgia mirata alla scelta dei farmaci chemioterapici meno aggressivi per la capacità ovarica, fino alle tecniche di Procreazione medicalmente assistita.         Al di là delle questioni legate alla fertilità, sono molte le opportunità introdotte dalla Medicina per evitare che le donne colpite dal tumore si sentano private della loro femminilità come avveniva in passato. Basti pensare a tutti gli interventi ricostruttivi possibili in caso di mastectomia.
Insomma, non solo è aumentata l’aspettativa di vita dopo un tumore, ma anche la qualità della vita. Oggi dal cancro si può guarire, preservando salute, fertilità e bellezza.

Il trattamento della donna con tumore non è dunque esclusiva competenza degli oncologi.
         Certamente no, è un lavoro di èquipe multidisciplinare che vede in prima linea oncologi, ginecologi e psicologi, ma che nel corso del trattamento può richiedere l’intervento di ulteriori specialisti di altre branche, estetica compresa.

Quali sono le nuove sfide per gli oncologi e gli altri professionisti coinvolti nel trattamento dei tumori femminili?
         La sfida più importante in realtà non è nuova, bensì vecchia ma, purtroppo, ancora non completamente vinta, e riguarda la prevenzione. In questo ambito rientra sia l’adesione ai programmi di screening ma anche i corretti stili di vita. Il fumo, l’alcol e l’obesità sono fattori di rischio importanti, ma purtroppo sempre più presenti nella vita delle persone. Basti pensare all’aumento dei casi di cancro ai polmoni nelle donne a causa di un aumento della popolazione femminile fumatrice.         In quanto tecnici, riponiamo grandi speranze nell’immunoterapia, che tuttavia è attualmente applicata solo in fase sperimentale. Continueremo inoltre ad affinare le nostre tecniche chirurgiche allo scopo di preservare al massimo la persona fisica, intervenendo quindi in modo mirato per asportare solo la parte malata entro confini ben delineati. La personalizzazione delle cure e la ricerca di interventi sempre più mirati continuerà inoltre a riguardare i trattamenti chemioterapici e radioterapici, così come il coinvolgimento degli altri specialisti nei diversi ambiti che si riterranno necessari caso per caso.
Elevare la qualità della vita dopo un tumore, è questo il grande, ultimo traguardo che vogliamo raggiungere.

Fonte http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=39548

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