mercoledì 22 giugno 2016

Mio figlio, una continua sorpresa

Mio figlio, una continua sorpresa
      "Il mio ricordo più antico della possibilità di diventare mamma è stato decidere che non avrei mai obbligato mia figlia a tenere i capelli lunghi e indossare vestitini. Per contro, avrebbe avuto sempre un sacco di colori con cui disegnare”. Nella vita di Michelle (il nome è di fantasia), la figlia immaginata non è mai arrivata, ma al suo posto, adesso, c’è un bambino di due anni, ottenuto grazie a un’embriodonazione anonima. Seconda di di sei figli, dopo una laurea in belle arti, Michelle si trasferisce dal Sud Africa a Londra dove lavora nel settore tecnologico. L’idea di avere figli si riaffaccia nella sua mente quanto i trent’anni sono quasi alla fine: “È strano, ma il mio viaggio verso mio figlio è cominciato con un programma su BBC4 in cui alcune mamme single per scelta raccontavano la loro esperienza. Ricordo la mia curiosità e credo che sia stato quello il momento in cui l’idea di fare altrettanto si sia installata nella mia mente. Di tanto in tanto, la ripescavo: ero sicura di non volere una relazione solo per fare un figlio”.

UN PERCORSO A OSTACOLI
      Il percorso verso la maternità dura cinque anni e si rivela una sequenza di alti e bassi. “È stato come andare sulle montagne russe: un sacco di pensieri, idee, ambivalenze, ma non credo che avrebbe potuto essere altrimenti. Una decisione come quella di diventare una mamma single è una responsabilità immensa e, oltre a una grande quantità di considerazioni e pianificazione, richiede un importante lavoro su di sé”. Se la terapia psicologica è stata di aiuto, Michelle ha potutto contare anche su altre risorse, come il supporto di Donor Conception Network, l’associazione nata nel 1993 a Londra che sostiene gli aspiranti genitori single nel loro percorso . E poi libri, forum, informazioni online che hanno coperto gli aspetti scientifici e medici, ma anche quelli emotivi, logistici ed economici: “La rete mi ha aiutata a saperne di più sui trattamenti, sui costi, sui pro e i contro di donatori anonimi e non”. Sono proprio i forum dove Michelle viene a conoscenza della clinica ceca Reprofit, la reputazione e soprattutto il fatto che non discrimina le donne in base all’età e allo stato civile fa pendere l’ago della bilancia. Nel Regno Unito, infatti, non tutte le cliniche trattano donne single e il costo delle procedure è spesso proibitivo. La notizia della ricerca di una gravidanza è stata condivisa da Michelle con poche persone: alcuni amici e altre mamme incontrate lungo il medesimo percorso. “La mia famiglia è stata informata quando già aspettavo il bambino. Ho preferito tenere la questione per me: volevo evitare un eccesso di attenzione e domande. È già difficile prendere questa decisione e portarla avanti non volevo preoccuparmi di altro”.

LA NASCITA
      Con l’approssimarsi del parto, in realtà, sono emerse emozioni non previste: “Mio figlio è nato da un embrione congelato, anonimo al 100%. Mi chiedevo cosa avrei fatto se, una volta fra le mie braccia, non mi fosse piaciuto o se avesse avuto problemi. Ma in fondo in fondo, sapevo che l’avrei amato in ogni caso”. Adesso, invece, l’attenzione è concentrata sul futuro del bambino: “Certe volte, mi preoccupo che, crescendo, potrebbe avercela con me, perché ho scelto di non conoscere i donatori e questo non gli permetterà di rintracciare le sue radici. Ma sono preparata a cercare l’aiuto necessario per affrontare questa variabile insieme, quando sarà il momento. Sto realizzando un libro fotografico per mio figlio e ho già iniziato a raccontargli la sua storia. Ho dei libri che ho comprato apposta e cerco di prepararlo, tenendo le cose su un piano semplice, fino al giorno in cui sarà a lui a fare domande”.

DOPO MIO FIGLIO HO TROVATO UN MARITO
      La cosa più sorprendente? “Il mio istinto materno, quanto intensamente amo mio figlio”. Ma la storia di Michelle non finisce con la maternità, perché c’è anche un incontro fortunato: “Ho conosciuto mio marito quando ero incinta, lui è più vecchio di me e ha già un figlio dal precedente matrimonio, ma è stato felice di avere una nuova occasione di fare il padre e, insieme, ci siamo trasferiti in Italia”. Qui, come ha avuto modo di sperimentare, la cultura dominante sul tema della riproduzione assistita è più chiusa rispetto al Regno Unito. “Sono sicura che questo non sia sufficiente per fermare una persona determinata, ma per chi vuole intraprendere il percorso di una maternità da single, le cose possono essere difficili e ci si può facilmente trovare in una condizione di isolamento”. Dunque Michelle condivide la sua esperienza con chi sta pensando di intraprendere questa strada: “Scava profondamente dentro di te, parla con chi ci è già passato, preoccupati di tutte le cose pratiche come l’organizzazione e i soldi. Pensaci per tempo, ma non pensarci tutto il tempo e non permettere a queste variabili di tenerti in attesa per sempre. Inoltre, considera l’età, valuta se sei preparata a ricorrere all’ovodonazione. È una decisione difficile, ma che può essere quella che fa la differenza fra avere un bambino o no”. Alla fine, non avere una linea di sangue in comune con il proprio figlio è anche una questione di prospettive: “Per me, è una continua sorpresa: ogni giorno, imparo qualcosa di nuovo su questo bambino che è un dono meraviglioso”.
Fonte http://d.repubblica.it/lifestyle/2016/06/20/news/mamme_single_procreazione_assistita_embriodonazione-3127279/

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