martedì 21 giugno 2016

Assistenza neonatale, come migliorarla

bimbo
       Si tratta di un’area che ormai riveste un’importanza strategica nel nostro Paese.  Negli ultimi anni, abbiamo assistito contemporaneamente a un importante cambiamento demografico e a una significativa riduzione dei  finanziamenti per la sanità. Da un punto di vista demografico si verifica costantemente un aumento dell’età delle donne in gravidanza, un ricorso sempre più ampio alle tecniche di procreazione medicalmente assistita e conseguentemente un incremento di nascite gemellari, un aumento del numero dei nati prematuri e delle patologie collegate alla prematurità. Queste situazioni possono avere effetti negativi non solo nelle prime epoche della vita, ma anche a distanza di anni. I piani di rientro, imposti alle regioni in deficit, hanno determinato un significativo peggioramento dei servizi sanitari. Il blocco del turnover del personale sta mettendo a rischio tutti i reparti d’emergenza e in particolare l’assistenza dei centri nascita e dei reparti di Terapia Intensiva Neonatale (Tin). Oggi, inoltre, in tutte le Regioni del centrosud è difficile reperire neonatologi perché il blocco dei concorsi, che dura da anni, ha portato gran parte degli specialisti a emigrare. La situazione è peggiorata con l’applicazione della normativa europea su riposi e orari di lavoro.
Quali potrebbero essere a suo avviso le soluzioni per migliorare la situazione?
       Un miglioramento è possibile attraverso un cambiamento dell’organizzazione sanitaria. Al sud per esempio dove la mortalità neonatale e infantile è più elevata di circa il 30% rispetto alle regioni settentrionali, un significativo miglioramento di questo dato si può ottenere con una più razionale organizzazione delle cure perinatali. Nonostante le indicazioni fornite dalle società scientifiche di ridurre e accorpare le piccole maternità, spesso prive di tecnologie adeguate e personale specializzato in grado di gestire situazioni di emergenza, le amministrazioni regionali si sono dimostrate incapaci di chiudere strutture di dimensioni ridotte che sorgono spesso a pochi chilometri le une dalle altre e la cui esistenza può essere giustificata solo per particolari situazioni geografiche.
       Grazie a questo tipo di ottimizzazione si potrebbero liberare più facilmente risorse da riutilizzare per garantire a tutti i bambini l’assistenza  di cui necessitano e la piena equità di accesso ai servizi sanitari, a prescindere dal luogo di nascita. Occorre considerare inoltre che le Unità di Tin, numericamente superiori rispetto agli standard raccomandati, non lo sono in termini di posti letto effettivamente disponibili, spesso a causa della carenza di personale medico e/o infermieristico o per l’insufficienza di spazi o di attrezzature valide da un punto di vista tecnologico. Oggi i bambini a maggiore rischio sono quelli che nascono in famiglie povere e da genitori immigrati che, spesso, anche per insufficienti cure alle mamme durante la gravidanza, presentano alla nascita problematiche cliniche anche gravi. Perché l’infanzia esista non bastano i bambini a garantirla ma è necessario un progetto politico, sociale e un’organizzazione sanitaria che metta al centro l’assistenza infantile.

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