martedì 29 settembre 2020

Le punture, gli ormoni, le braccia blu, la fecondazione in vitro e la mia odissea

 Quando ho scoperto che non avrei potuto restare incinta in modo naturale mi sono sentita come qualcosa dentro di me si fosse rotto. Sapevo che non era colpa mia, che non era colpa di nessuno, e sapevo che la scienza e i medici avrebbero potuto aiutarmi. Ma mi sentivo comunque terribilmente triste. Incompleta. Quella notte ho pianto molto, e il giorno seguente ho cominciato a raccogliere informazioni sulla fecondazione in vitro.

Quando cominci la procedura hai paura, sei vulnerabile, ti senti sola. Tutti gli altri in ospedale sembrano sapere dove andare, che documenti portare e quali sono le scadenze da rispettare. I dottori parlano velocemente e tu cerchi di memorizzare tutto, di prendere appunti più in fretta che puoi. Le altre pazienti in sala d’attesa chiacchierano tra loro: si sono già incontrate, fanno battute e si scambiano aggiornamenti sui protocolli che stanno seguendo. Provi ad ascoltare. La ragazza alla mia destra ha fissato l’appuntamento per il quarto trasferimento embrionale…un momento: quarto? Perché? Cos’è successo prima? Cos’è andato storto? Come funziona? Vorresti chiedere, di solito non sei così timida, e invece abbassi lo sguardo.

Un esercito silenzioso

Piuttosto velocemente però, diventi una delle «veterane». Una volta che inizi ad andare in clinica un giorno sì e uno no per le ecografie transvaginali e i prelievi, una volta che hai imparato dove portano tutti gli ascensori e che conosci i dottori per nome, cominci a sentirti più sicura di te stessa. Ma non è solo questo. È che ti accorgi di non essere sola. Siete così tante. Un esercito silenzioso di donne che come te si alzano presto ogni mattina per passare dall’ospedale prima di andare al lavoro, che si fanno punture nella pancia tutte le sere, spesso anche due volte al giorno, che hanno le braccia blu a forza di prelievi e che sopportano un carico di ormoni in grado di stravolgere il loro umore e il loro fisico.

Conteggio degli ovuli

E così, non ero più sola. Ero parte di un noi. Ed è importante poter chiedere alle altre come si sentono, che sintomi hanno, perché davvero non riesci a interpretare quello che succede al tuo corpo. Un giorno ti fa male il seno e quello dopo non lo senti più, e non sai quale delle due cose sia un buon segno e quale no. «È normale? Deve farmi male? O c’è qualcosa che non va?» Ma anche così, anche una volta che hai capito che non sei tanto diversa dalle altre e che questa esperienza la puoi condividere, il vissuto di ognuna è molto personale. La stimolazione ormonale fa sì che le nostre ovaie permettano a più follicoli di crescere contemporaneamente, in modo da poter recuperare, in un singolo ciclo, il maggior numero di ovociti possibile. Più sono meglio è, perché significa maggiori possibilità che uno o più di essi venga fecondato durante l’inseminazione. Alcune delle ragazze con cui ho parlato avevano prodotto tra i 6 e i 12 ovociti, alcune anche di più. Ma il mio conteggio dei follicoli era basso. Tre la prima volta. Che hanno portato al pick-up di due ovociti, uno solo dei quali era sufficientemente maturo da essere inseminato. Ma la fecondazione in vitro non ha avuto esito positivo. Avrei dovuto riprovarci tra tre mesi, dando un po’ di tempo al mio corpo per riprendersi.

La seconda volta

Avevo odiato le punture. Avevo odiato gli ormoni. Ma ho rifatto tutto. Ti dicono di non pensarci troppo, di andare avanti con la tua vita. Ma è un consiglio del tutto inutile. Ti riempie il cervello proprio come ti riempie le giornate, con tutte le visite in ospedale, il doverti ricordare lo spray nasale ogni otto ore e l’assicurarti di essere a casa in tempo per la puntura serale. Non puoi che pensarci costantemente. Stravolge la tua quotidianità. E inizi a prenderti più cura di te stessa perché hai bisogno di un corpo sano. Hai bisogno che sia forte per essere pronto al prossimo grande passo.

La settimana più lunga della mia vita

Non entrerò nei dettagli di come avviene il pick-up degli ovociti, dirò solo che mentre la prima volta avevo paura dell’anestesia, arrivata al secondo tentativo avevo capito che l’anestesista era in realtà il mio migliore amico. E questa volta, il giorno successivo alla fecondazione in vitro, ci hanno annunciato che il nostro unico ovulo era stato fecondato e avevamo quindi un embrione! A questo stadio si trattava di una microscopica cellula fecondata (zigote) che si sarebbe nel corso delle prossime ore. Dopo un’altra giornata la nostra si era divisa in 4 e i medici erano pronti per trasferirla nel mio utero sperando che si posizionasse nel posto giusto trovandolo sufficientemente confortevole da decidere di impiantarsi e crescere. E così è iniziata la settimana più lunga della mia vita. Dopo il transfer ti dicono che puoi alzarti, camminare, fare la pipì, andare a casa e riprendere la tua vita, magari cercando solo di non sollevare pesi e di stare attenta all’alimentazione: niente zuccheri, lieviti, latticini e carboidrati preferibilmente integrali. Così provi a fare come ti è stato detto, ma a ogni passo che fai sei perfettamente consapevole che da qualche parte dentro di te c’è quella minuscola scintilla di vita che potrebbe diventare il tuo bambino, oppure no. Ah, e se pensi a questo punto di aver finito con le punture non hai veramente idea di quello che ti aspetta. È appena iniziato il periodo del progesterone, tanto progesterone. Se tutto va come desideri dovrai continuare a iniettartelo in pancia e prenderlo sotto forma di gel vaginale per le prossime 11 settimane.

La medicina ha fatto il miracolo

L’ottavo giorno dopo il transfer dovevo fare un prelievo del sangue la mattina e telefonare alla clinica nel pomeriggio affinché mi dicessero se i miei livelli di hcg erano buoni. In tal caso avrebbero continuato a farmi prelievi per monitorarne la crescita. È così che si determina se c’è una gravidanza in corso quando ancora nulla sarebbe visibile attraverso un’ecografia. Quella mattina non riuscivo a concentrarmi su niente e avevo crampi allo stomaco per la tensione. Alle 2 in punto ero pronta a telefonare ma ho deciso di aspettare ancora un minuto per non sembrare così disperata. 60 interminabili secondi.

E poi la buona notizia

Che non significava dovessi festeggiare ancora...ma era buona. Non potevo crederci. Non posso crederci nemmeno adesso che sono entrata nella diciottesima settimana. Sono felice. Sono così felice. Ma sento di dover tenere la felicità sotto controllo. So fin troppo bene che tutto può cambiare da un momento all’altro senza un motivo particolare. Bisogna avere molto rispetto per questo miracolo di vita e di medicina.

Un’ultima cosa

Questa è probabilmente la cosa più importante che ho da dire, anche se arriva per ultima. La FIVET ha un fortissimo impatto fisico ed emotivo sulle donne e sentivo di dover raccontare il nostro punto di vista. Ma la maggior parte di noi ha accanto un uomo, qualcuno che deve affrontare il dolore di vedere la propria compagna soffrire, lottare ed essere terribilmente vulnerabile. E questi uomini devono essere forti, per noi. Devono esserci quando abbiamo bisogno di conforto. Ma anche per loro è un percorso pieno di emozioni. Anche loro vogliono questo bambino. Anche loro hanno paura. E di solito non si incontrano tra loro in sale d’attesa dove possono scambiarsi domande e rassicurazioni. A parte il fatto che probabilmente non lo farebbero comunque, sono uomini no?! Il mio compagno è stato al mio fianco ogni giorno, mi ha fatto tutte le punture finché ho trovato il coraggio di provarci da sola; ha cucinato per me tutto quello di cui sentivo di avere bisogno. È stato paziente quando ero nervosa, affettuoso quando ero triste. Si dice che le coppie che non riescono ad avere figli vadano generalmente incontro a una crisi. Può darsi che sia vero, ma per me non è stato così. In tutto ci sono voluti tre anni prima che rimanessi incinta. L’ultimo è stato il più duro, ma mi sembra ci abbia reso molto più uniti come coppia. Vorrei che ogni donna avesse questa fortuna. Spero che tutti noi e la nostra società siamo in grado di crescere giovani uomini che siano affettuosi e rispettosi, e giovani donne che trovino attraente la gentilezza e la bontà. Ma più di ogni altra cosa, auguro a tutte le donne che stanno ancora lottando che i loro sforzi vengano ripagati. E ricordatevi che la FIVET è uno strazio, ma funziona. Benedetti tutti i dottori, gli scienziati e i ricercatori che rendono possibile il progresso medico.

Fonte https://27esimaora.corriere.it/17_maggio_04/punture-ormoni-braccia-blu-fecondazione-vitro-mia-odissea-e0c68f32-30a5-11e7-a448-9b138eb1814c.shtml

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