mercoledì 1 luglio 2015

Fecondazione eterologa: illegittimo il diniego a donna di 43 anni

E’ illegittima e contraddittoria la delibera della Giunta regionale veneta che dispone il limite di età di 43 anni per la donna che vuole sottoporsi alla PMA eterologa, mentre nel caso di fecondazione omologa tale limite è stabilito fino al 50° anno di età.
Il provvedimento della Regione, che ha diversamente disciplinato il requisito relativo all’età della donna per essere ammessa ai cicli di eterologa, si pone in evidente contrasto sia con la normativa statale che parla solo di età fertile della donna, sia con i principi generali di eguaglianza richiamati dalla Corte Costituzionale che ha abolito il divieto di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.

Il TAR Veneto – con la pronuncia n. 501 depositata l’8 maggio 2015 – accoglie il ricorso di una coppia che aveva chiesto di sottoporsi al procedimento di fecondazione assistita di tipo eterologo, ma era stata opposta loro la circostanza che la delibera della Giunta regionale veneta, prevede il limite massimo di età della donna di 43 anni. 
Il provvedimento amministrativo, secondo i ricorrenti, avrebbe discriminato tra le coppie che si sottopongono alla fecondazione omologa, per il quale è previsto il limite di età di 50 anni, e la coppia che vuole accedere alla fecondazione eterologa, per il quale la delibera prevede il limite del 43° anno di età.
Il TAR Veneto ha accolto il ricorso della coppia.
A seguito della dichiarazione d’incostituzionalità dell’art. 4 della legge n. 40/2004, con la nota pronuncia della Corte Costituzionale n. 162/2014, è stato eliminato il divieto espresso di ricorrere a tecniche di fecondazione artificiale di tipo eterologo.
Ciò non ha creato un vuoto normativo – come precisato dalla giurisprudenza - anche se taluni aspetti devono ancora essere regolamentati, poichè a livello di legislazione primaria, esistono già riferimenti normativi adeguati, ossia la stessa l. n. 40/2004 che disciplina la PMA (Procreazione medicalmente assistita) in generale, ed è quindi direttamente applicabile anche alle tecniche che si avvalgono di donazione di gameti essendo.
Le Regioni sono intervenute con atti amministrativi finalizzati a rendere effettivo l’accesso al percorso. La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nel settembre 2014, ha approvato un Documento contenente le linee guida da seguire a livello nazionale con precise indicazioni cliniche al fine di inserire la PMA eterologa in quei servizi che lo Stato eroga ai cittadini gratuitamente o previo pagamento di un ticket.
Tuttavia nella delibera che ha recepito le linee guida del Documento, si precisa che per quanto attiene la PMA omologa, si conferma quanto già previsto da una precedente delibera della Giunta regionale del 2011, la quale garantiva la possibilità per la donna di essere sottoposta al processo di fecondazione assistita omologa fino all’età di 50 anni.
Tale disparità di trattamento non è giustificata. 
Per quanto riguarda l’età della donna, la norma nazionale (art. 5, legge 40/2004) non da un’indicazione precisa, ma fa riferimento all’età potenzialmente fertile, e ciò deve ritenersi applicabile ad entrambe le tecniche di fecondazione. L’art. 5 della legge, infatti, individua i requisiti soggettivi per poter ricorrere alla PMA, stabilendo che possono accedervi le coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile ed entrambi viventi. Inoltre, a livello scientifico, secondo gli studi effettuati con riferimento all’età fertile, tenendo conto delle complicazioni che possono insorgere in una gravidanza in età eccessivamente avanzata, si suggerisce di praticare la fecondazione assistita su donne di età superiore a 50 anni.
Secondo il TAR, il provvedimento della Regione, che ha diversamente disciplinato il requisito relativo all’età della donna per essere ammessa ai cicli di eterologa, si pone in evidente contrasto sia con la normativa statale (che non fa distinzioni), sia con il principio di eguaglianza ex art. 3 della Costituzione.
Solo un mese prima il TAR Lombardia aveva giudicato legittimo il provvedimento della Regione che prevedeva il ricorso alla PMI eterologa soltanto a pagamento (da 1500 a 4000 euro). Il Consiglio di Stato, tuttavia, con l’ordinanza n. 1486 del 9 aprile 2015, aveva dato ragione ai ricorrenti, ritenendo condivisibile la censura di disparità di trattamento, sotto il profilo economico, tra la PMA omologa e quella eterologa. 
Nel provvedimento si fa rilevare che oltre al pregiudizio patrimoniale, c’è il rischio che si verifichi un pregiudizio grave e irreparabile, nell’attesa delle decisioni sui provvedimenti impugnati, per il superamento dell’età fertile della donna, con conseguente violazione di diritti.

http://www.altalex.com/documents/altalex/news/2015/05/12/si-alla-fecondazione-assistita-eterologa-anche-per-donne-sopra-i-43-anni

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