lunedì 27 luglio 2015

Aborto spontaneo, riprovaci di nuovo

         Nel primo trimestre, e in particolare nelle prime otto settimane, circa il 15-20% delle gravidanze si interrompe, ma è decisamente più raro (solo nell’1-2% dei casi) che la donna abbia successivamente altri aborti. Riprovarci, però, non è sempre facile per la coppia, frenata dal timore che l’evento possa nuovamente ripresentarsi.
Ma perché è successo?
         Le cause possono essere tante, e difficilmente si individua un solo “colpevole”. Più spesso si tratta del confluire di diverse condizioni di rischio, che in quella determinata gravidanza, per una serie di motivi contingenti, possono aver portato a un esito negativo. Ma questo non significa che le condizioni che si sono verificate una volta debbano ripetersi ancora, perché ogni gestazione è un evento a sé.
Risalire alle origini
         A prescindere dall’epoca in cui l’evento si è verificato, bisogna sempre risalire all’inizio della gravidanza, cercando di individuare i fattori che potrebbero portare a un esito negativo. Per esempio, la mamma era in sovrappeso o soffriva di pressione alta? Nelle urine vi era presenza di proteine? I valori glicemici erano normali?         E’ importantissimo, inoltre, conoscere l’esito delle analisi sulla placenta, un’indagine che, purtroppo, non viene fatta con la dovuta accuratezza in tutti i Centri, mentre è proprio nella placenta che, nel 90% dei casi, si può trovare la spiegazione di quanto accaduto.         La gravidanza, inoltre, rappresenta uno sforzo incredibile per il corpo e per questo può essere il momento in cui vengono a galla condizioni di patologia latente di cui non si era a conoscenza, come la celiachia, l’ipotiroidismo subclinico o un’eccessiva insulino-resistenza, come accade nella policistosi ovarica.
         Detto ciò, ecco le possibili cause dell’interruzione in base al trimestre in cui è avvenuta, fermo restando che sono solo alcune tra le più probabili e che non si tratta di una suddivisione netta, visto che molte possono verificarsi anche in altri periodi della gravidanza.
Nel 1° trimestre         Causa genetica: c’è stato un ‘errore’ nell’unione di ovulo e spermatozoo che ha reso impossibile la prosecuzione della gravidanza. E’ la causa più frequente e si verifica soprattutto con l’aumentare dell’età materna. Di solito è un fatto a sé e non provoca nuove interruzioni, a meno che non ci sia un’alterazione del corredo cromosomico dei genitori.         Causa ormonale: alcune alterazioni impediscono di rendere ‘accogliente’ l’ambiente intrauterino, con conseguente aborto.         Anomalie uterine: la più frequente, sebbene abbastanza rara, è l’utero setto. La cavità uterina, cioè, è divisa in due da una membrana fibrosa e questo può interferire con l’impianto e la crescita dell’embrione.         Trombofilia: è la tendenza del sangue a coagulare in eccesso; limita la funzione placentare, riducendo il passaggio di nutrimento e ossigeno al feto.
         Causa immunologica: la mamma è affetta da malattia auto-immune, che altera il processo di “accoglimento” dell’embrione.
Nel 2° trimestre         Incontinenza cervicale uterina: il collo dell’utero non riesce a rimanere ben chiuso e si apre, provocando la rottura del sacco amniotico con conseguente aborto tardivo.         Infezioni: alcune, come la toxoplasmosi, la rosolia, la varicella, possono attraversare la barriera placentare e contagiare il feto. Anche le infezioni vaginali, se non curate, possono risalire attraverso il canale cervicale, infettare la cavità amniotica e indurre contrazioni che provocano aborto o, in epoca avanzata, parto pretermine.
Nel 3° trimestre         Diabete gestazionale: porta a uno sviluppo eccessivo del bambino, ma la placenta, che non cresce allo stesso modo, non è in grado di passare al piccolo la quantità di ossigeno di cui ha bisogno.         Ipertensione: può provocare una riduzione o il blocco della crescita del bambino, dal momento che compromette la funzionalità della placenta, riducendo il passaggio di ossigeno e nutrienti da mamma a bambino.         Distacco della placenta: è spesso la conseguenza di un cattivo ‘ancoraggio’ della placenta, il più delle volte associato a disturbi ipertensivi della gravidanza, come polidramnios (cioè quantità eccessiva di liquido amniotico) o traumatismi.
Gli accertamenti e le terapie
  • Quali esami fare prima di riprovare a concepire un bebè?
    Ogni caso va valutato a sé, le indagini varieranno a seconda che ci sia stato un aborto spontaneo nel primo trimestre o si siano verificate perdite ripetute, specie se in epoche tardive. E poi varieranno in base a quel che emerge dalla storia clinica della madre e, in alcuni casi, anche del padre.
  • A livello indicativo, alla mamma verranno richiesti esami del sangue per individuare eventuali alterazioni ormonali, tendenza al diabete, problemi alla tiroide, condizioni di trombofilia, fattori immunologici, presenza di infezioni. Sarà utile anche un’ecografia pelvica, per escludere anomalie uterine. In caso di poliabortività, il medico potrà consigliare una mappatura genetica, per verificare il corredo cromosomico dei genitori.
    Naturalmente, anche le eventuali terapie saranno stabilite in base ai risultati degli accertamenti. Se, ad esempio, si riscontra che la madre ha una tendenza alla trombofilia, sin dall’inizio della nuova gravidanza le verrà prescritta l’eparina o l’aspirinetta, che fluidificano il sangue e impediscono la formazione di coaguli.
  • Se, invece, si è verificata incontinenza uterina, a seconda delle cause si potrà fare il cerchiaggio, che aiuta a tenere chiuso il collo dell’utero o adottare altre terapie.
  • In caso di celiachia, infine, per condurre una gravidanza a buon esito sarà sufficiente evitare, per circa un anno, gli alimenti contenenti glutine. Anche i problemi alla tiroide o una tendenza al diabete, se curati adeguatamente, consentono di portare a termine i nove mesi senza problemi.
  • Per quanto riguarda le infezioni, alcune, come la rosolia o la varicella, possono essere prevenute attraverso la vaccinazione; per la toxoplasmosi, durante l’attesa basterà evitare i cibi che possono trasmetterla e adottare adeguate norme igieniche. Insomma, dopo aver fatto gli opportuni controlli, ci sono tutti i presupposti perché la nuova gravidanza si concluda felicemente.
  • L’importante è prendersi il tempo necessario per rielaborare l’esperienza vissuta e riprovare quando ci si sente davvero pronte, fisicamente e psicologicamente.
Fonte http://www.dolceattesa.rcs.it/2014/06/riprovarci-di-nuovo/

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