domenica 18 ottobre 2020

Donne, attenzione e memoria: la maternità non fa differenza

 Una donna (al pari di un uomo) può essere più o meno attenta, dotata o no di una memoria di ferro. Al di là di quella che è la situazione di partenza, tutte le aspiranti mamme possono però stare tranquille. Non sarà l'avverarsi del loro desiderio a compromettere le funzioni cognitive. Suonano come una rassicurazione le conclusioni di uno studio condotto da tre ricercatrici della Purdue University (West Lafayette), pubblicato sulla rivista Current Psychology. «Il cervello delle mamme? Non è diverso da quello delle donne che non lo sono», hanno messo nero su bianco le autrici: sgomberando il campo dal dubbio che la nascita di un figlio possa aprire una nuova fase per la salute cognitiva. 

Alla prova dei fatti, l'impatto del «Mommy-Brain» potrebbe essere dunque di gran lunga ridotto. Tipica del post-partum, la condizione è caratterizzata dal cambiamento di alcune funzioni cognitive. Questa evoluzione, secondo una parte della comunità scientifica, è legata alla nuova fase di vita a cui una donna è chiamata nel momento in cui arriva un figlio. Un passaggio involontario, ma quasi obbligato, visto l'obiettivo: togliere dalla testa tutto ciò che è in quel momento superfluo per trovare le energie da destinare al neonato. Secondo uno studio pubblicato nel 2016 sulla rivista Nature Neuroscience, a due anni di distanza dal parto le gestanti mostrano alcune alterazioni della materia grigia: nello specifico a carico delle aree coinvolte nei processi di cognizione sociale (l'attività mentale con la quale arriviamo a conoscere il mondo sociale) e dello sviluppo dell’empatia. Al di là di questo, però, l’evoluzione del «Mommy Brain» non è nota nel dettaglio. Ci sono mamme, per esempio, che dichiarano di sentirsi smemorate o che hanno difficoltà a seguire una conversazione (soprattutto se alle prese con il neonato). Altre che fanno invece fatica con la routine, al punto da dimenticare gli appuntamenti o da non trovare per giorni le chiavi della macchina. L’esperienza, a conti fatti, sembra essere molto variabile. Ma comunque quasi sempre transitoria. 

Le donne che vengono a conoscenza di questa possibilità, spesso si ritrovano ad affrontare con eccessito timore le ultime settimane di gravidanza e quelle subito successive al parto. Cercano spesso di mettersi alla prova, per capire se (e come) il «Mommy-Brain» stia modificando il proprio cervello. Si confrontano con altre donne nella medesima situazione o con il proprio ginecologo. Vanno - in maniera quasi compulsiva - a caccia di informazioni sulla Rete. In ogni caso, non occorre preoccuparsi. Secondo gli esperti, a conti fatti, questi «adattamenti» rientrano nella norma. E sono nella quasi totalità dei casi gestibili. È questo quanto dimostrato dalle tre firmatarie dell'ultimo lavoro (Valerie Miller, Lisa Van Wormer e Amanda Veile), al termine della valutazione della prevalenza del «Mommy-Brain» in due gruppi di donne con uno o più figli (60) e di altre (70) che non avevano mai affrontato l'esperienza della maternità. Sottoponendo loro una serie di domande mirate a valutare la soglia di attenzione, le autrici hanno scoperto che le eventuali variazioni della funzione cognitiva legate alla maternità tendono a scomparire con il tempo. E, in alcuni casi, le loro performance (la capacità di reagire a uno stimolo esterno, di orientarsi rispetto allo stesso e di far fronte a informazioni o stimoli contrastanti) possono superare quelle delle donne senza figli.


Fonte https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/ginecologia/donne-attenzione-e-memoria-la-maternita-non-fa-differenza

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