E va bene. Come la giri la giri, la campagna del Ministero della Salute sul Fertility day è riuscita a offendere tutte le categorie delle donne: le mamme, quelle che vorrei un figlio ma ho un contratto precario, quelle che vorrei ma ho superato i 35 anni, quelle che non posso e le ho già provate tutte.
Ma se non altro ha scoperchiato un vaso di Pandora e avviato un dibattito per smantellare parecchi tabù. E anche i medici ne sono ben consapevoli. Per questo dai reparti di maternità e di ginecologia arriva un appello comune. Non tanto per spronare a fare bambini ma per far capire alle coppie che «prima scoprono di avere qualche problema di procreazione, più hanno possibilità di risolverlo».
Ma se non altro ha scoperchiato un vaso di Pandora e avviato un dibattito per smantellare parecchi tabù. E anche i medici ne sono ben consapevoli. Per questo dai reparti di maternità e di ginecologia arriva un appello comune. Non tanto per spronare a fare bambini ma per far capire alle coppie che «prima scoprono di avere qualche problema di procreazione, più hanno possibilità di risolverlo».
Il desiderio di avere bambini non manca, anzi, ma arriva alla viglia dei 40 anni. E a quell'età diventa ben più complicato risolvere problemi di infertilità e affini. Anche per questo il calo delle nascite è sotto gli occhi di tutti: nel 2015 a Milano sono nati «solo» 14.659 bambini, di cui 5.800 da cittadini stranieri. Ma a testimoniare la voglia di diventare mamme, nonostante età e problemi, sono le liste di attesa per la fecondazione assistita. In una struttura pubblica, una coppia che vuole sottoporsi a un ciclo deve aspettare quasi un anno. In una struttura privata invece bastano solo un paio di mesi di coda ma i costi schizzano alle stelle e superano i 4mila euro a tentativo. Altissimi i numeri degli aspiranti genitori che si fanno aiutare dalle strutture lombarde: i cicli di inseminazione cominciati nel 2014 sono stati 23.500, mille in più rispetto all'anno precedente e 4mila in più rispetto al 2008. E si tratta di numeri in crescita, rappresentati in buona parte da donne che arrivano da fuori regione per cercare l'assistenza più sicura per diventare mamme.
Le istituzioni non sono sorde a tutto ciò ed hanno capito benissimo quali sono le nuove esigenze mediche (e sociali) delle coppie. Anche per questo i nuovi livelli essenziali di assistenza (Lea) prevederanno a breve un ticket anche per la fecondazione eterologa. Quella omologa invece sarà effettuata anche a livello ambulatoriale, diminuendo le attese e aumentando le chance. Già le coppie decidono tardi di avere un bambini. Se poi devono aspettare un anno per il primo tentativo di impianto, allora l'età biologica diventa un'aggravante ancora più determinante. I medici cercano anche di limitare un altro fenomeno: l'accanimento. Chi non riesce ad avere un bambino nell'arco di tre tentativi, spesso cambia ospedale e si rivolge a più strutture private, senza ascoltare i consigli dei ginecologi e senza rassegnarsi all'idea di non avere figli. «So che affrontando certi argomenti si urta la sensibilità di parecchie donne - interviene il presidente dell'Ordine dei medici, Roberto Rossi - ma insistere e accanirsi diventa un percorso molto stressante per la coppia, a volte devastante. E rappresenta un costo sociale molto alto» per gestire le problematiche di una gravidanza cominciata in tarda età. Paolo Emanuele Levi Setti, direttore dell'unità di Medicina della Riproduzione all'Humanitas è convinto che sia necessario investire nel settore: «L'infertilità - spiega - è una malattia e va curata. Quindi vanno rese più accessibili le cure». Levi Setti, da quattro anni, sta mettendo a punto un network per registrare in tempo reale l'andamento e le caratteristiche di ogni singolo ciclo di fecondazione assistita, dalla Iui all'eterologa.
Fonte http://www.ilgiornale.it/news/milano/fecondazione-assistita-boom-richieste-e-attese-lunghe-anno-1302543.html
Nessun commento:
Posta un commento