martedì 13 settembre 2016

Un'ondata di caldo o di freddo? Potrebbe aumentare il rischio di parto prematuro

         "Sono conclusioni interessanti, ma che dovranno essere confermate da altri studi" commenta Irene Cetin, docente all'Università di Milano e presidente della Società italiana di medicina perinatale. "In ogni caso, indicano l'apertura di un nuovo filone d'indagine nell'ambito della ricerca, sempre più ricca, sulle conseguenza delle condizioni ambientali per la gravidanza e la salute del nascituro, che si tratti di presenza di inquinanti nell'ambiente o di stato nutrizionale della mamma".cambiamenti_climatici_parto_prematuro

         Vediamo i dettagli: i ricercatori hanno preso in considerazione circa 223.000 parti avvenuti in 12 centri nascita distribuiti in tutti gli Stati Uniti, mettendo a confronto le caratteristiche di ciascuno con i dati di temperatura registrati nei mesi precedenti nell'area circostante ogni centro. Sono state considerate come "estreme" le temperature molto al di sopra o molto al di sotto della media stagionale.


         Si è così scoperto che l'esposizione a un'ondata anomala di caldo o di freddo nelle prime
sette settimane di gravidanza comporta un piccolo aumento del rischio di partorire prima del previsto, tra le 34 e le 36 settimane o addirittura, e più di frequente, prima delle 34 settimane. Inoltre, l'esposizione a ondate di calore sembra avere effetti sul rischio di parto prematuro anche dopo le 7 settimane. Infine, analizzando tutti i dati relativi alle nascite prima del termine, i ricercatori hanno osservato che il rischio di parto prematuro aumenta se, durante la stagione calda, nella settimana precedente il parto stesso c'è stato uno sbalzo verso l'alto di temperatura di almeno 2,8°C.


         "Certo, non è ancora chiaro perché tutto questo accada" commenta Cetin. Gli autori dello studio parlano di un effetto stress, che avrebbe ripercussioni sulla formazione della
placenta nelle prime fasi della gravidanza, o sulla circolazione uterina più avanti, però dati certi sui meccanismi biologici non ce ne sono. "Di sicuro, questo è un aspetto che andrà indagato meglio in studi futuri, e che probabilmente potrà aiutarci a capire ancora meglio come funziona la fisiologia della gravidanza".


         Nel frattempo, non è il caso di preoccuparsi più di tanto se durante una gravidanza si vive qualche episodio di temperature estreme: questo singolo studio non basta certo a quantificare un rischio preciso. Certo è che abbiamo una ragione in più per cercare soluzioni al problema del riscaldamento globale che sta interessando il nostro pianeta, una delle principali emergenze ecologiche dei nostri tempi. "Per quanto riguarda eventuali consigli da dare alle donne - conclude Cetin - quello che ricaviamo da questo studio è una conferma indiretta di qualcosa che sapevamo già, e cioè che in gravidanza è bene evitare condizioni estreme di temperatura. No a saune e acque termali calde, o a bagni in acque gelate".

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