Per pre-eclampsia si intende un quadro di ipertensione gravidica con evidente danno d’organo che insorge dopo la 20° settimana di gestazione. Le complicanze della gestosi possono portare a emorragia materna, edema polmonare, collasso epatico, fino alla morte materna e neonatale. Se non trattata, la mortalità si aggira intorno al 20%.
La causa di questa patologia è sempre stata un mistero per gli specialisti, e sono state sviluppate molte teorie in merito all’insorgenza. Sin dagli anni ’70 si sono formulate ipotesi che hanno permesso di comprendere meglio l’evoluzione della malattia. Tali osservazioni furono poi ampliate negli anni ’90, ottenendo un quadro più completo della fisiopatologia di questa sindrome. Secondo queste ricerche, alcuni fattori come ipertensione preesistente, patologie renali, eccessivo incremento ponderale, diabete e fattori immunologici innescherebbero il quadro tipico della pre-eclampsia. Ricerche recenti hanno dimostrato che un elemento fondamentale per l’insorgenza della pre-eclampsia è rappresentato da alterazioni placentari.ù Nelle pazienti pre-eclamptiche il flusso placentare risulta sensibilmente ridotto a causa dell’inadeguata invasione delle arterie spirali nella parete uterina da parte del trofoblasto (tessuto che serve a nutrire l’embrione e che diventerà poi placenta) durante la fase di placentazione. Questo fenomeno provocherebbe anche una diminuita reattività alle catecolamine endogene (adrenalina e noradrenalina) causando una riduzione del calibro delle arterie utero-placentari. Anche se l’ischemia placentare (ridotto apporto di ossigeno alla placenta) ha un ruolo chiave, concorrono nella patogenesi della malattia anche fattori genetici.
I ricercatori australiani hanno ipotizzato che la gravidanza non sviluppi patologia se la donna è in grado di mantenere un equilibrio nella fornitura di ossigeno in risposta ai cambiamenti metabolici fetali. Quando però la donna ha una ridotta capacità di fornire ossigeno al feto, il rischio per lei e il suo bambino aumenta. I ricercatori infatti ipotizzano che la patologia potrebbe svilupparsi in risposta a condizioni materne, fetali o placentari che portano ad un ridotto apporto di ossigeno. Il corpo materno, in risposta a questa condizione, cerca di rilasciare una maggior quantità di ossigeno per sostenere la crescita fetale ma per fare ciò aumenta la pressione sanguigna, danneggiando il suo stesso organismo. L’ipertensione in gravidanza è un problema globale serio, che interessa ogni anno 13 milioni di donne. Inoltre la prevalenza della patologia non è diminuita negli ultimi 50 anni nonostante il miglioramento della qualità di vita e delle cure: tutti i ricercatori sono quindi alla ricerca di una teoria unificata che spieghi come mai un numero così elevato di donne sviluppi questa condizione.
Fonte: A. T. Dennis, J. M. Castro. Hypertension and haemodynamics in pregnant women – is a unified theory for pre-eclampsia possible? Anaesthesia, 2014; 69 (11): 1183
La causa di questa patologia è sempre stata un mistero per gli specialisti, e sono state sviluppate molte teorie in merito all’insorgenza. Sin dagli anni ’70 si sono formulate ipotesi che hanno permesso di comprendere meglio l’evoluzione della malattia. Tali osservazioni furono poi ampliate negli anni ’90, ottenendo un quadro più completo della fisiopatologia di questa sindrome. Secondo queste ricerche, alcuni fattori come ipertensione preesistente, patologie renali, eccessivo incremento ponderale, diabete e fattori immunologici innescherebbero il quadro tipico della pre-eclampsia. Ricerche recenti hanno dimostrato che un elemento fondamentale per l’insorgenza della pre-eclampsia è rappresentato da alterazioni placentari.ù Nelle pazienti pre-eclamptiche il flusso placentare risulta sensibilmente ridotto a causa dell’inadeguata invasione delle arterie spirali nella parete uterina da parte del trofoblasto (tessuto che serve a nutrire l’embrione e che diventerà poi placenta) durante la fase di placentazione. Questo fenomeno provocherebbe anche una diminuita reattività alle catecolamine endogene (adrenalina e noradrenalina) causando una riduzione del calibro delle arterie utero-placentari. Anche se l’ischemia placentare (ridotto apporto di ossigeno alla placenta) ha un ruolo chiave, concorrono nella patogenesi della malattia anche fattori genetici.
I ricercatori australiani hanno ipotizzato che la gravidanza non sviluppi patologia se la donna è in grado di mantenere un equilibrio nella fornitura di ossigeno in risposta ai cambiamenti metabolici fetali. Quando però la donna ha una ridotta capacità di fornire ossigeno al feto, il rischio per lei e il suo bambino aumenta. I ricercatori infatti ipotizzano che la patologia potrebbe svilupparsi in risposta a condizioni materne, fetali o placentari che portano ad un ridotto apporto di ossigeno. Il corpo materno, in risposta a questa condizione, cerca di rilasciare una maggior quantità di ossigeno per sostenere la crescita fetale ma per fare ciò aumenta la pressione sanguigna, danneggiando il suo stesso organismo. L’ipertensione in gravidanza è un problema globale serio, che interessa ogni anno 13 milioni di donne. Inoltre la prevalenza della patologia non è diminuita negli ultimi 50 anni nonostante il miglioramento della qualità di vita e delle cure: tutti i ricercatori sono quindi alla ricerca di una teoria unificata che spieghi come mai un numero così elevato di donne sviluppi questa condizione.
Fonte: A. T. Dennis, J. M. Castro. Hypertension and haemodynamics in pregnant women – is a unified theory for pre-eclampsia possible? Anaesthesia, 2014; 69 (11): 1183
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