mercoledì 16 dicembre 2015

Perdere un bambino in gravidanza, alla 34sima settimana.

        Per molte mamme dire che il loro figlio è un angelo ha un significato che riflette amore, partecipazione familiare, rapporto ben costruito ed una serie di risvolti che indicano, comunque, presenza e vicinanza. Purtroppo non per tutte le mamme (ed i papà) questa frase riflette le stesse sensazioni. Per molti genitori la frase “mio figlio è un angelo” equivale a dire che “è salito in cielo come gli angeli”. Molte, si molte. Non è ristretta la cerchia delle mamme, e dei papà, che purtroppo, pur essendo quasi arrivati al momento più gioioso, quello della nascita, hanno dovuto affrontare il penoso calvario delle “brutte notizie” circa l’ andamento delle fasi finali della gravidanza e, alla fine, l’ esito tragico. Perdere un bambino in gravidanza è sempre e comunque una perdita incolmabile, ma, se possibile, il vuoto si fa sentire di più quando la gravidanza era arrivata quasi a compimento.

        Ebbene, c’è una mamma che ha vissuto la tragedia di perdere un bambino in gravidanza ed ha volutocondividerla nel segno di una vicinanza, almeno spirituale, a chi ha vissuto un dramma identico al suo.

        Michelle sarebbe diventata la mamma di Hunter James. Si, sarebbe, perché la storia dei due, come il prologo lascia intendere, ad un certo punto si separa: Michelle continua la sua vita terrena, con l’ angoscia di chi, alla trentaquattresima settimana di gravidanza è costretta a lasciare andare verso un’ altra vita, per chi ha la fortuna di crederci, una parte di se: Hunter James, colui che per lei, comunque, resterà sempre suo figlio, il suo angelo.

        In casa, oltre al papà, c’era anche Siena Jane, di appena tre anni, ad aspettare Hunter James. Siena Jane che ora è il forte legame tra mamma e papà e l’ amore per la vita che continua, anche senza Hunter James, o, almeno, con Hunter James solo spiritualmente a casa.
        Era agosto, un assolato agosto del 2015, precisamente il 5, quando Michelle, un lunedì come gli altri, se non fosse per la gravidanza, giunta ormai alla 34sia settimana, si sveglia, sapendo di dover far fare altrettanto al marito: era previsto uno dei controlli di routine quando si aspetta un figlio.
        Era sveglia da un po’ quando avvertì la strana sensazione che qualcosa non fosse del tutto simile ai giorni precedenti: il suo ometto, Hunter (il nome lo avevano già deciso da tempo),  non si muoveva. Avendo sentito dire che un po’ di freddo in pancia “smuove” i frugoletti pigri nelle pance delle mamme, decide di bere un bicchiere d’ acqua, ben ghiacciato. Niente. Tutto immobile.
        Il panico l’ assalì e, nonostante i tentativi di rimanere razionali, pensava convulsamente a cosa avesse potuto fare per “risvegliare “ Hunter da quella specie di “assenza”, e bevve un caffè. Ancora immobile.
        Dopo pochissimo arrivò Matt, il marito e, vedendola in preda al panico, cercò di calmarla ma, con un po’ di sano pragmatismo (non troppo frequente nei maschi in situazioni d’ emergenza…) la portò anche immediatamente dal dottore per i necessari controlli.
        Non c’è più niente da fare: il dottore conferma che Hunter James ha cessato di vivere, che sarebbe dovuto comunque nascere, consiglia ai genitori affranti di tornare a casa, elaborare nell’ intimità ciò che è accaduto e tornare l’ indomani per il parto, il parto più triste che ci si potesse attendere.
Il 6 agosto sarà per sempre il compleanno di Hunter James.
Fonte http://www.mammeoggi.it/perdere-bambino-gravidanza/13276/#

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