martedì 21 gennaio 2020

Malattie croniche intestinali: a rischio fertilità e gravidanza

        Le malattie croniche intestinali, conosciute come MICI,  malattie infiammatorie croniche intestinali (o IBD, Inflammatory Bowel Diseases), si distinguono in Malattia di Crohn e Colite Ulcerosa. Le donne, in particolare, sono colpite dalla malattia di Crohn, con ripercussioni su quasi ogni fase della vita, dalla prima mestruazione alla gravidanza, fino alla menopausa. Precisa Aurora Bortoli, Fondazione IBD Onlus (Piemonte): “dato il picco di incidenza delle IBD in età giovanile, molte donne sono in età riproduttiva e concepiscono dopo la diagnosi di malattia. La contraccezione, la fertilità e la gravidanza sono dunque un argomento da affrontare precocemente per fornire una risposta a dubbi e preoccupazioni per non peggiorare la qualità di vita”.

Fertilità in calo
       Se la malattia è in remissione, nelle pazienti con colite ulcerosa la fertilità non è ridotta, mentre risulta lievemente in calo nelle pazienti affette da malattia di Crohn a causa dell’infiammazione a livello pelvico/tubarico. “In entrambi i casi – sottolinea Aurora Bortoli – la fertilità è compromessa nella fase attiva della malattia e dopo interventi chirurgici in sede addomino-pelvica, anche se negli ultimi anni l’utilizzo della laparoscopia ha ridotto notevolmente l’infertilità, migliorando la capacità riproduttiva. I farmaci assunti dalle donne per la malattia intestinale, invece, non incidono sulla fertilità. Nel caso di accertata infertilità le evidenze attuali non sono sufficienti per definire se le percentuali di successo della fecondazione in vitro nelle donne con IBD siano simili o ridotte rispetto alle percentuali di successo nella popolazione generale, sebbene le percentuali di successo sembrano essere inferiori nelle donne con malattia di Crohn, in particolare quelle sottoposte a trattamento chirurgico”.

In gravidanza quando la malattia è in remissione
Картинки по запросу Malattie croniche intestinali: a rischio fertilità e gravidanza       E se una donna desidera avere un bambino, è importante iniziare una gravidanza quando la malattia è in regressione da almeno 6 mesi,. “Diversamente – evidenzia sempre Aurora Bortoli – aumenta il rischio di aborto spontaneo, parto pre-termine e basso peso alla nascita  del bambino. Nel periodo della gestazione, è consigliabile continuare il trattamento delle IBD per mantenere la malattia in remissione e, in caso di recidiva della malattia, esso deve essere variato o potenziato. L’assunzione della terapia non preclude l’allattamento del neonato per la maggior parte dei farmaci assunti, come afferma anche il documento di consenso dell’associazione canadese di gastroenterologia. Nel momento in cui si pianifica o inizia una gravidanza è importante rivalutare, da parte del gastroenterologo che ha in cura la paziente, il trattamento in corso per sospendere eventuali farmaci controindicati e impostare o confermare una adeguata terapia”.

Non è soltanto ereditaria
       Nel caso dei figli nati da mamma affetta da una malattia infiammatoria intestinale, il rischio di trasmissione arriva fino al 10% , ma aumenta se ne soffrono entrambi i genitori. La genetica, però non è l’unico fattore coinvolto nella genesi delle IBD, ma esistono anche fattori di rischio ambientali. Per questo motivo, non è detto che una donna con una malattia infiammatoria cronica intestinale trasmetta la malattia ai figli.

Rischio osteoporosi e tumori femminili
       Le donne affette da MICI, inoltre, sono maggiormente a rischio di osteoporosi rispetto alla popolazione generale. È quindi raccomandato limitare la assunzione di cortisonici, assumere una dieta ricca di calcio e vitamina D, svolgere un’attività fisica regolare, sospendere il fumo e limitare l’uso di bevande alcoliche. Infine, per quanto riguarda i tumori femminili, “I dati ad oggi non dimostrano un aumentato rischio di tumore della mammella e dell’ovaio nelle donne che soffrono di MICI – conclude Aurora Bortoli. – È stata invece dimostrata una maggior frequenza di tumori della cervice uterina, legati soprattutto ai farmaci utilizzati per trattare la malattia. Le donne in terapia con farmaci immunosoppressori per periodi prolungati sono più a rischio di persistenza e progressione dell’infezione da HPV (papilloma virus). Per questo motivo è raccomandato lo screening e nelle pazienti più giovani la vaccinazione anti HPV”.

Fonte https://www.bimbisaniebelli.it/concepimento/infertilita/malattie-croniche-intestinali-a-rischio-fertilita-e-gravidanza-52941

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