giovedì 23 gennaio 2020

Infertilità maschile: un problema sociale troppo spesso ignorato

        LA CRESCENTE infertilità è un problema contemporaneo, soprattutto maschile. Eppure ancora oggi, quando una coppia fatica ad avere un figlio, le pratiche mediche si concentrano sulla donna. Dei problemi che potrebbero riguardare l’uomo ci si occupa poco. “Non solo”, racconta Giovanni Maria Colpi, Direttore scientifico del dipartimento di andrologia e fertilizzazione in vitro della Clinica San Carlo di Paderno Dugnano e andrologo del Procea Institute di Lugano, “ci si occupa esclusivamente dei gameti più che dei problemi di salute più generali della persona che possono ridurre i tassi di fertilità, come un’infezione, oppure, banalmente, come certe condizioni di vita o del suo ambiente di lavoro”.

        Per invertire questa tendenza e aggiornare gli addetti ai lavori oggi a Milano si tiene il workshop “The Andrologist in the I.V.F. Center “, presieduto proprio da Colpi e aperto ad andrologi, endocrinologi, ginecologi e urologi. Un incontro in cui alcuni tra i maggiori esperti internazionali della disciplina discuteranno le strategie con cui riportare anche gli uomini al centro della lotta all'infertilità.


        “Fino agli anni ‘70”, spiega Colpi, “tutto il peso sociale dell'infertilità è caduto sulle spalle delle donne: a volte venivano addirittura operate per presunte cause di infertilità, ancora prima di compiere esami sull’uomo”. Oggi per fortuna non ci troviamo più in questa situazione, tuttavia quando bisogna affrontare l’infertilità di coppia sotto la lente c’è ancora la donna. E difatti, sottolinea Colpi, nelle cliniche che curano questi problemi ci sono soprattutto ginecologi e gli esami si concentrano sui possibili problemi femminili, limitando le analisi sull’uomo a uno o due esami sul numero e la motilità degli spermatozoi. “Ma servono esami più approfonditi, per capire per esempio se il Dna degli spermatozoi è danneggiato, cosa che comprometterebbe la fecondazione”, continua Colpi. “Stimiamo infatti che tra il 10 e il 25 % dei soggetti ritenuti normali dagli esami seminali abbia in realtà anomalie anche severe del Dna dei propri spermatozoi”.

        Così può capitare che un maschio considerato sano nasconda delle patologie non immediatamente riconoscibili, come un'infiammazione dei dotti seminali che magari si presenta senza sintomi. Solamente un esame più attento e la presenza di medici specializzati di formazione andrologica può stanare simili problemi e curarli, migliorando di molto la fertilità del paziente. Ed evitando alle coppie di sottoporsi inutilmente a più cicli di fecondazione assistita, magari senza risultati.

        “Oggi si stima che un terzo delle cause di infertilità di coppia sia dovuto a problemi dell’uomo, un terzo della donna e un terzo a concause. Ma molto probabilmente il numero delle cause maschili, a un esame più attento, risulterebbe superiore”, spiega Colpi. Ed è solo la punta dell’iceberg. La fertilità maschile sta infatti diminuendo: negli ultimi quarant’anni il numero medio di spermatozoi nel liquido seminale si è dimezzato. “Abbiamo anche abbassato l’asticella della 'normalità' – continua l'esperto – prima consideravamo nella norma uno sperma con 50 milioni di spermatozoi per millilitro. Poi siamo passati a 20 e dal 2010 a 15 milioni”. E tra questi la media degli spermatozoi buoni, che non hanno anomalie, sta scendendo e oggi è attorno al 15 %.

Infertilità maschile: un problema sociale troppo spesso ignorato        Le ragioni per cui la fertilità maschile declina sono varie. Anzitutto, una delle cause maggiori è l’inquinamento ambientale che può, per esempio, danneggiare il Dna contenuto negli spermatozoi. “Non è un caso ad esempio che tra i miei pazienti molti arrivano dalla provincia di Caserta, dalla Terra dei fuochi”, racconta Colpi. E poi sono cambiate le abitudini sessuali. Da un lato una minor frequenza di rapporti sessuali, magari legata a ritmi di vita stressanti, invecchia lo sperma e dunque gli spermatozoi più vecchi vanno incontro a possibili alterazioni della forma. Dall’altro se aumentano i partner occasionali, allora possono aumentare anche le infezioni, tra cui quelle asintomatiche. “Più in generale scende la fertilità di coppia, perché aumenta l’età dei partner in cerca di un figlio”. La fertilità femminile infatti decresce fino ai 36 anni dopodiché crolla. Se questo si incontra con una generale minor fertilità maschile, le possibilità di avere un figlio calano drasticamente.

        “È per questo che dobbiamo aumentare l’attenzione sull’uomo”, aggiunge. “È una questione di politica sanitaria ma anche di salute. Mentre le donne nell’arco della vita si sottopongono a visite più o meno regolari, gli uomini raramente vanno dall’andrologo, a meno che non siano anziani o abbiano magari problemi erettili”. Una visita può però essere estremamente utile anche per prevenire problemi più gravi dell’infertilità, come un tumore. “In rari casi, per esempio, l’infertilità può accompagnare un tumore occulto ai testicoli. E così a volte noi possiamo scoprirlo per tempo e curarlo efficacemente”, conclude Colpi.

Fonte https://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2019/11/07/news/infertilita_maschile_un_problema_sociale_troppo_spesso_ignorato-240477456/

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