martedì 28 gennaio 2020

Fecondazione assistita, donare ovuli oggi è possibile ma in Italia (quasi) nessuno lo fa

Solo 60 casi gameti da centro italiano
        Si può fare, è del tutto legale, non è più una procedura complicata o «pesante». Ma nessuna lo sa. Così la donazione degli ovociti in Italia resta al palo: mentre l’ultimo Rapporto sulla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) del Ministero della Salute conferma il boom di procedure eterologhe, in cui cioè si ricorre a sperma o ovuli di un donatore o donatrice esterni alla coppia, i dati presentati durante il 9.Baby Symposium 2019 sottolineano che quando servono gli ovociti tocca quasi sempre rivolgersi all’estero, perché nel nostro Paese le donazioni scarseggiano. Dei 6771 cicli con donazione di gameti oltre 3100 hanno richiesto l’uso di ovociti da donatrice, ma in appena sessanta casi è stato possibile prenderli freschi nel centro italiano: quasi tutti sono ovociti crioconservati importati da banche estere, soprattutto spagnole.

Dieci anni di divieti
(Getty images)        «In Italia per dieci anni, dall’approvazione della Legge 40/2004 al 2014, è stato vietato donare gameti perché era proibita l’eterologa. Oggi, a cinque anni di distanza dalla sentenza della Corte Costituzionale che l’ha resa di nuovo possibile, non siamo ancora autosufficienti con le donazioni», osserva il ginecologo Andrea Borini, direttore del network 9.Baby dei Centri dedicati alla fertilità. «Dieci anni di divieto hanno creato una cultura ostile all’idea della donazione, eppure non ci sono rischi: le iniezioni ormonali a cui si devono sottoporre le donatrici, per esempio, non provocano più iperstimolazione ovarica (la risposta abnorme delle ovaie ai trattamenti per produrre parecchi ovociti, ndr)». Risultato, oggi i gameti femminili italiani a disposizione sono per lo più quelli in sovrannumero ottenuti da pazienti sottoposte a cicli di Pma, perciò spesso donne over 35 (l’età media di chi si sottopone alle procedure è di 36,8 anni) con ovociti che quindi non garantiscono i migliori risultati possibili.

Il percorso della donazione
        Certo va detto che il percorso per la donazione non è banale: per dieci giorni tocca iniettarsi i farmaci per stimolare le ovaie e fare ecografie di controllo, oltre a sottoporsi poi al prelievo in day hospital sotto anestesia. Servono quindi tempo e disponibilità, ecco perché alcuni esperti ipotizzano che un rimborso spese di 800-1000 euro per ripagare le donne dei disagi, alla stregua di quanto previsto in altri Paesi, potrebbe essere un giusto incentivo.

Le problematiche
(Getty images)
        «Forse neanche questo risolverebbe la carenza: il primo passo è creare la cultura della donazione (che in materia di gameti scarseggia in entrambi i sessi, visto che anche il 75 per cento dello sperma arriva da banche del seme straniere, ndr)», dice Borini. «Di certo per tante coppie, oltre il 70 per cento, l’ovodonazione potrebbe essere risolutiva. Spesso però sono le donne stesse a non volerla, perché molte preferiscono continuare a provare coi propri gameti». Anche per colpa di qualche equivoco: c’è ancora l’idea che sia meglio usare ovociti freschi e non crioconservati, eppure i dati mostrano che i risultati sono simili . Così, un po’ per la scarsità di ovociti freschi donati, un po’ perché tocca rivolgersi all’estero (e i costi salgono), tante rinunciano; avere «scorte»di ovociti donati qui in Italia sarebbe quindi un grosso aiuto per le coppie.

Dopo i 45 anni la probabilità di gravidanza è scarsa
        Non basta l’ovocita di una venticinquenne «per avere la certezza di una gravidanza. Conta anche la donna che lo riceve». Parola del ginecologo Andrea Borini, che sottolinea come le donatrici non siano superdonne che garantiscono gravidanze sicure e gli ovociti donati non siano miracolosi. Tanti fattori influenzano il risultato finale: il fumo e l’obesità, per esempio, riducono le probabilità di impianto di un embrione. L’endometriosi, malattia frequente nelle donne con problemi di fertilità, non incide moltissimo sulle possibilità di attecchimento, che invece diminuiscono parecchio al crescere dell’età: dopo i 45 anni la probabilità di una gravidanza, anche con la Pma, è scarsa anche perché l’utero è meno capace di affrontare una gestazione. «Per questo è importante fare educazione sulle giovani donne.

Social freezing
        Tante pensano che la questione maternità non le riguardi, poi il tempo passa e si accorgono che è tardi: se si vogliono figli, è meglio porsi la questione entro i 35 anni», dice Borini. Significa anche chiedersi se non sia il caso di congelare gli ovociti quando sono ancora giovani, per avere almeno quelli al massimo della capacità fertile nel momento in cui, più avanti negli anni, si vorrà diventare madri. È il cosiddetto social freezing, abbastanza diffuso in alcuni Paesi. In realtà però non molte poi utilizzano gli ovociti «in cassaforte»: secondo uno studio belga su oltre 500 donne che li hanno congelati fra il 2009 e il 2017, a oggi solo il 13 per cento è tornata in clinica per sottoporsi a un trattamento di Pma.

Ovociti freschi o crioconservati
        Ovociti freschi, appena raccolti da una donatrice, oppure crioconservati? Per lungo tempo si è pensato che i primi garantissero una maggior probabilità di gravidanze, ora dati raccolti dal ginecologo Andrea Borini su oltre duemila cicli mostrano che i risultati sono uguali: «Cambia un po’ il numero di ovociti necessari, ma gli esiti sono simili», sintetizza. Non ha senso, quindi, andare all’estero per trovare ovociti freschi: va bene sottoporsi alla Pma anche in Italia, usando ovociti crioconservati che possono provenire da banche estere, come accade oggi, o da donatrici italiane. Perché presto le spagnole potrebbero «eclissarsi»: come ha spiegato Antonio Pellicer dell’Instituto Valenciano de Infertilidad, «Da noi c’è chi inizia a chiedersi se l’Europa non stia ”sfruttando” le donne spagnole per i loro ovuli».

Fonte https://www.corriere.it/salute/cards/fecondazione-assistita-donare-ovuli-oggi-possibile-ma-italia-quasi-nessuno-fa/solo-60-casi-gameti-centro-italiano_last.shtml

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