sabato 21 novembre 2015

Infertilità, una vera malattia

Consulenza del prof Carlo Flamigni, medico chirurgo, libero docente in Clinica ostetrica e ginecologica, membro del Comitato Nazionale di Bioetica.
         Non riuscire ad avere un figlio può sembrare ad alcuni un semplice accidente della vita: c’è chi riesce a costruirsi una famiglia e chi no, e questa potrebbe essere intesa come una semplice questione sociale. Così non è: l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) riconosce infatti l’infertilità come patologia vera e propria, meritevole di un intervento medico.
         Anche limitarsi a vederla così, però, è riduttivo: non riuscire a fare un figlio è qualcosa che non riguarda solo la salute fisica, ma anche il benessere psichico, il ruolo sociale e persino la legge e l'organizzazione sanitaria, poiché la legislazione in materia può influenzare molto le possibilità di concepire.

Che cosa si intende per infertilità

         “L'infertilità non è una semplice malattia a partire dalla definizione: non riguarda infatti il singolo individuo (almeno nella maggior parte dei casi) ma la coppia. Una single infertile può anche non accorgersene mai, poiché nella maggior parte dei casi non è una disfunzione che si accompagna a sintomi specifici, a parte la difficoltà di concepimento” spiega Carlo Flamigni, uno dei massimi esperti italiani di fecondazione assistita, ginecologo, ex professore ordinario di Ginecologia e ostetricia dell'Università di Bologna e oggi direttore di Tecnobios, un grande centro per la cura di questo disturbo.

Quando una coppia è considerata infertile

         “Anche sui termini temporali c'è discussione” spiega. “Si considera infertile una coppia chenon riesce a concepire dopo 12/24 mesi di rapporti mirati non protetti. Ma è ovvio che la definizione è del tutto teorica e che ciascuna coppia deve rivolgersi al medico per capire se, in relazione all'età e alla frequenza e modalità dei rapporti, è da considerarsi a rischio”.

Le statistiche sul concepimento

         I tassi di concepimento per durata dei tentativi effettuati (in coppie sane) è riassunto nella Figura 1 (guarda in fondo all'articolo), tratta da uno studio epidemiologico pubblicato nel 2010 sulla rivista Obstetrics and Gynecology. Come si può notare, solo il 15% delle coppie riesce a fare un figlio nel primo mese di rapporti non protetti, ma è anche vero che in sei mesi ce la fa il 70% del campione e che dopo un anno di tentativi rimane fuori solo il 15% di coppie con possibili problemi di infertilità (di questi, guardando le statistiche, circa la metà riesce comunque ad avere un figlio perseverando per un altro anno).

Infertilità, perché aumenta

         L'infertilità è un fenomeno in crescita: riguarda per l'appunto circa il 15-20% delle coppie (in media una su sette si rivolgerà al medico). L'aumento è stato attribuito a diversi fattori comel'età avanzata in cui si cerca il primo figlio (in particolare per le donne, ma anche per l'uomo), l'uso di sostanze come gli steroidi anabolizzanti nello sport (o per pratiche come il body building), l'abuso di alcol, il fumo, le infezioni sessuali, l'obesità o la magrezza eccessiva.
         L'Istituto superiore di sanità, che raccoglie i dati relativi alle donne e agli uomini che si rivolgono ai centri autorizzati a praticare la fecondazione assistita, ha rilevato un altro fattore preoccupante: il ritardo diagnostico. L'età media alla quale si arriva dal ginecologo lamentando difficoltà era di 35,4 anni nel 2005 ed è salito a 36,1 anni in soli tre anni. Se si tiene conto del fatto che il picco naturale di fertilità per una donna è tra i 20 e i 25 anni, si comprende come i cambiamenti sociali (maggiore diffusione dello studio universitario tra le donne, innalzamento dell'età media dl matrimonio e così via) abbiano influito sulla diffusione delle difficoltà di concepimento.
Fonte http://www.nostrofiglio.it/concepimento/infertilita/infertilita-una-vera-malattia

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