domenica 13 settembre 2015

NASCERE IN SICUREZZA: SI PUò?

Obiettivo: assistenza neonatale “completa”
       “Per prima cosa ci si deve assicurare che l’ospedale sia attrezzato per l’assistenza neonatale completa: cioè deve avere nell’area parto una zona strutturata dove assistere un neonato con la strumentazione necessaria per la rianimazione. Secondo le indicazioni ministeriali, ogni ospedale dovrebbe averla, comprese le cliniche accreditate, solo che poi non sempre la regione controlla”, afferma Costantino Romagnoli, presidente della SIN e direttore di Neonatologia al Policlinico Gemelli di Roma. “Inoltre, in ogni ospedale dove nasce un bambino, oltre al ginecologo e all’anestesista obbligatori, dovrebbe essere presente un neonatologo 24 ore su 24 o un pediatra esperto in rianimazione neonatale, non basta averne uno reperibile su chiamata. Pensando alla mamma, non dovrebbe mancare nemmeno una banca del sangue, visto che il rischio più importante che corre lei è l’emorragia post parto”.

Se i parti sono pochi, non si investe abbastanza
       Nei grandi ospedali, l’isola neonatale è sempre presente (così come la banca del sangue). I piccoli, invece, non sempre riescono a garantire standard di sicurezza elevati perché il numero di parti è troppo basso per giustificare gli investimenti necessari. “Per questo motivo suggeriamo con forza alle mamme di scegliere punti nascita che abbiano almeno mille parti all’anno, dove gli operatori hanno anche più esperienza, in attesa che quelli più piccoli vengano accorpati come già stabilito dall’Accordo Stato-Regioni del 2010”, aggiunge Romagnoli. Dopo la morte di Nicole, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha sostenuto alla Camera la necessità di procedere senza ulteriori indugi alla chiusura dei punti nascita con meno di 500 nascite (già prevista da tempo ma aggirata dalle deroghe regionali). Le società scientifiche si augurano che alle parole del Ministro seguano i fatti.

Terzo livello, se la gravidanza è a rischio
       Nel caso poi che la gravidanza sia a rischio, l’ospedale migliore è il centro di riferimento regionale specializzato nella patologia. “In una gravidanza fisiologica il rischio di imprevisti per il neonato è del 2-3 per mille, ma è chiaro che in caso di nascita pretermine, di gravidanza patologica o di rottura prematura delle membrane occorre recarsi in un ospedale di terzo livello dove sia presente l’Unità di Terapia Intensiva Neonatale”, sostiene il presidente della SIN. “Non è necessario che vi sia una UTIN in ogni ospedale, è l’intera rete di assistenza neonatale che deve funzionare bene: basti pensare che l’Olanda, con lo stesso numero di nati del Lazio, ne ha appena 3 contro le 11 nostre”. Nel caso di Nicole, nata con difficoltà respiratorie in una clinica accreditata di Catania, non si è attivato il Servizio di Trasporto per l’Emergenza Neonatale semplicemente perché nella sua provincia non esiste. Così come non si è trovato un posto in rianimazione in tempo utile perché in Sicilia non c’è un centro di coordinamento regionale dedicato. Tutto ciò non sarebbe accaduto in altre regioni, una differenza inaccettabile. Tanto che la Sicilia, risultata inadempiente, è stata diffidata dal ministero della salute: dovrà mettersi in regola su tutta la linea entro il 30 giugno, pena l’invio di un commissario.

Fonte http://www.quimamme.it/io-e-il-mio-bambino/2015/03/11/nascere-in-sicurezza-si-puo/

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