domenica 13 settembre 2015

Bambini non riconosciuti alla nascita: un’indagine per prevenire

       Sono stati resi pubblici ieri a Roma i risultati di un’indagine sulla situazione dei bambini non riconosciuti alla nascita effettuata dalla Società Italiana di Neonatologia (SIN) in collaborazione con ninna ho, progetto a tutela dell’infanzia abbandonata promosso daFondazione Francesca Rava e dal Network KPMG in Italia

               La ricerca è durata un anno, condotta su un campione nazionale di 100 Centri nascita. Tra luglio 2013 e giugno 2014 sono stati 56 i neonati non riconosciuti dalle mamme italiane su un totale di 80.060 bambini nati. Nel 62,5% dei casi si tratta di neonati non riconosciuti da madri straniere e nel 37,5% da mamme italiane. Le mamme che scelgono di non riconoscere i loro bambini hanno un’età compresa tra i 18 e i 30 anni nel 48,2% dei casi. La maggior parte dei bambini non riconosciuti sono nati in Italia Centrale e Settentrionale con rispettivamente 26 e 25 casi. Segue il Sud Italia con soli 5 parti anonimi.

        Spiega Mariavittoria Rava, Presidente dell’omonima Fondazione: “Da anni siamo impegnati con ninna ho ad aiutare le donne in difficoltà e i loro bambini attraverso l’informazione sulla possibilità consentita dalla legge di partorire in anonimato e mediante l’installazione di culle termiche salvavita presso un network di ospedali dislocati in tutta Italia. Con questa indagine volevamo raccogliere dati quantitativi e qualitativi sulle situazioni dei bambini non riconosciuti alla nascita al fine di individuare, insieme alla SIN e alle istituzioni, nuovi strumenti e metodi più efficaci per prevenire gli abbandoni in condizioni di rischio.”

INFORMAZIONI SULLE MADRI

        Il fenomeno del non riconoscimento materno riguarda in maggioranza donne di origine straniera. La maggioranza delle mamme che scelgono di non riconoscere i loro bambini, pur avendo fissa dimora, hanno partorito in una città diversa dalla propria residenza (ben l’84%). Il 48,2% non è sposata e solo il 12,5% ha un lavoro. Per quanto riguarda il livello di istruzione, il 32,2% delle madri ha una scolarità medio-bassa (licenza elementare o di scuola media inferiore), il 19,6% ha un diploma di scuola media superiore, mentre l’1,8% è laureata.

I MOTIVI DELL’ABBANDONO

         Per quanto riguarda i motivi dell’abbandono, al primo posto troviamo il disagio psichico e sociale (37,5%), seguito dalla paura di perdere il lavoro o più in generale dai problemi economici (19,6%). La paura di essere espulse o di dover crescere un figlio da sole in un Paese straniero è un motivo scatenante per il 12,5% delle donne immigrate; segue la coercizione per il 7,1%; la giovane età (5,4%); la solitudine (5,4%) e la violenza (1,8%).

GLI STRUMENTI PER PREVENIRE GLI ABBANDONI

       Al primo posto troviamo la necessità di assicurare sostegno e assistenza alle donne in difficoltà rafforzando le politiche per la famiglia e per l’infanzia; favorendo una maggiore integrazione e collaborazione tra attività ospedaliera e territoriale; assicurando una migliore presa in carico della madre e del bambino da parte di Consultori e Servizi sociali.

        Al secondo posto troviamo la necessità di informare e sensibilizzare le madri in difficoltà sulla possibilità consentita dalla legge di partorire in anonimato e non riconoscere il neonato; sull’esistenza di enti concreti e strutture affidabili da cui poter ricevere assistenza, aiuto psicologico e sostegno da un punto di vista materiale.

       Infine altro punto importante è secondo i neonatologi l’ascolto inteso come empatia, assenza totale di giudizio, comprensione, disponibilità al sostegno e all’aiuto, così da creare un clima di fiducia che consenta alle donne di aprirsi e affrontare il disagio legato alla difficoltà della condizione che stanno vivendo.

        “Abbiamo partecipato con entusiasmo e forte coinvolgimento al progetto ninna ho – afferma il Prof. Costantino Romagnoli, Presidente SIN Società Italiana di Neonatologia –perché siamo coscienti del problema che esiste in Italia e che è sicuramente più ampio di ciò che emerge dai fatti di cronaca. Agevolare e incrementare l’informazione per arrivare direttamente a queste donne in difficoltà attraverso ambulatori, centri di assistenza sociale, consultori e parrocchie è secondo noi la strada da percorrere per il futuro.”

Fonte http://www.dolceattesa.rcs.it/2015/07/bambini-non-riconosciuti-alla-nascita-unindagine-per-prevenire/

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