sabato 28 aprile 2018

Infezioni e infertilità

Картинки по запросу Infezioni e infertilità        Con il termine sterilità  invece si intende l’incapacità  biologica da parte dell’uomo o della donna di contribuire al concepimento. Anche in questo caso distinguiamo la sterilità  primaria che si riferisce a persone che non sono mai state in grado di concepire, dalla sterilità  secondaria che è l’impossibilità  di concepire un figlio dopo aver già  portato a termine una normale gravidanza. La sterilità  riguarda coppie affette da una precisa patologia irreversibile o che restano non fertili anche dopo un percorso diagnostico e terapeutico esauriente. Si ricorre alle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) quando la sterilità  è una condizione persistente, ovvero quando l’incapacità  di procreare si protrae per un periodo di tempo piuttosto lungo che può durare anche alcuni anni.

        Dai dati raccolti dal registro Nazionale sulla Procreazione Medicalmente Assistita si riscontrano i seguenti fattori causali di infertilità : fattore maschile (vale a dire che l’infertilità  della coppia dipende da una qualche alterazione della funzione riproduttiva nel maschio) 34,5%, infertilità  femminile 35,5%, fattore sia maschile che femminile 15%, infertilità  inspiegata 13,2%, altro 1%.

        L’ambito dell’infertilità  è tutt’ora oggetto di approfonditi studi; le cause che possono determinare infertilità  possono essere diverse, si può parlare di fattori psico-sociali di infertilità  dovuti a fenomeni complessi come lo stile di vita, la ricerca del primo figlio in età  tardiva, l’uso di droghe, l’abuso di alcool, il fumo, le condizioni lavorative, l’inquinamento e ultimo ma non per questo di minore importanza le infezioni, causate talvolta da abitudini sessuali inadeguate.

        Il contributo dell’uomo al concepimento non è sottoposto ai limiti temporali che riguardano la donna, in condizioni di normale funzionamento della funzione riproduttiva. Per la donna invece la fertilità  diminuisce con l’avanzare dell’età ; dopo i 30 anni la fertilità  di una donna risulta ridursi significativamente. In questi ultimi decenni si è registrata in Italia una rilevante diminuzione della fecondità  nelle classi d’età  tra i 21 e i 29 anni, più marcata che nelle classi d’età  superiori più avanzata, a testimonianza di una progressiva tendenza della donna a concepire più tardivamente. Uno degli effetti negativi del ritardo nel concepimento sul sistema riproduttivo sia maschile che femminile, sembra essere una più prolungata esposizione alle infezioni.

        Le infezioni dell’apparato genitale costituiscono un grave problema per la funzione riproduttiva e possono essere causate da diversi batteri o virus. Accanto alle malattie veneree più conosciute quali la sifilide e la gonorrea, sono emersi nuovi agenti patogeni, anche più insidiosi fra i quali, per rilevanza clinica, va ricordata la Clamydia (Chlamydia trachomatis). Soggetti infertili sono risultati frequentemente positivi alla Clamydia, così come donne con occlusioni tubariche, aderenze fra gli organi della cavità  pelvica o affette da abortività  ripetuta. La forma di trasmissione sessuale è la più diffusa ma anche esami strumentali come l’isterosalpingografia (esame che consente l’analisi morfologica dell’utero e delle tube) o l’isteroscopia(procedura diagnostica che consente l’osservazione del canale cervicale e della cavità  uterina), se non preparate correttamente, possono trascinare dentro l’utero germi patogeni (capaci di provocare malattia), motivo per cui, prima di questi esami è solitamente richiesto nelle donne un tampone vaginale.

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        Nella maggior parte dei casi le malattie a trasmissione sessuale (MST) sono relativamente non pericolose. Per quanto riguarda invece le complicazioni delle malattie sessualmente trasmissibili, si parla di Malattia Infiammatoria Pelvica (PID, ovvero infezione degli organi riproduttivi che dalla vagina diffonde al tratto genitale superiore) e della cervicite (infiammazione del collo dell’utero) nelle donne, di uretrite (infiammazione dell’uretra, piccolo condotto che convoglia l’urina dalla vescica verso l’esterno) e prostatite (infiammazione della prostata; ghiandola la cui funzione è quella di produrre ed emettere il liquido seminale) negli uomini.

        Nell’uomo le infezioni delle vie seminali e delle ghiandole accessorie dell’apparato riproduttivo (prostata, epididimo) possono portare a infertilità  attraverso un danno provocato dagli stessi microrganismi. Inoltre, le infezioni possono inoltre causare ostruzioni mono o bilaterali delle vie seminali (i condotti nelle quali passa lo sperma) e disfunzioni della eiaculazione. Nell’uretrite i patogeni più comuni sono la Chlamydia trachomatis, l’Ureaplasma urealiticum e Neisseria gonorrhoeae; nella prostatite l’Escherichia coli è l’agente patogeno più comunemente coinvolto. I sintomi della prostatite acuta batterica sono febbre, disuria intensa (emissione di urina con difficoltà ) e dolore. La Clamydia trachomatis è pericolosa perché può rapidamente portare a infertilità  e dare un’infiammazione pelvica acuta molto grave. L’Ureaplasma urealiticum è un batterio appartenente alla famiglia dei micoplasmi, di ridotte dimensioni e predilige e colonizza soprattutto le mucose genitali.

        Per quel che concerne il sesso femminile, le infezioni della vagina e del collo dell’utero, oltre ad essere frequentemente causa di dispareunia (dolore nell’area della vagina e della pelvi durante un rapporto sessuale), alterano le condizioni del “microambiente” di questi organi ed hanno talvolta un effetto tossico per gli spermatozoi.

        Molte donne con PID sono asintomatiche, spesso quindi la malattia viene scoperta molto tardi, quando la donna non riesce ad avere una gravidanza o sviluppa un dolore pelvico cronico. Una donna su otto con PID diventa sterile. Il ritardo nel trattamento della PID aumenta vertiginosamente il rischio di infertilità  a causa del danno che la patologia provoca agli organi riproduttivi. Gli agenti patogeni maggiormente responsabili di una PID sono la Chlamydia trachomatis e Neisseria gonorrhoeae, ma è importante ricordare anche la Gardnerella, il Mycoplasma e il Trichomonas.

        Alla luce di queste premesse e considerando i cambiamenti delle abitudini sessuali avvenuti negli ultimi anni, si può concludere che questi ultimi abbiano influito negativamente sulla diffusione delle malattie veneree. Fino a quando l’educazione sessuale non sarà  ampiamente proposta fin dalla giovanissima età , continueremo a osservare casi precoci di gonorrea, sifilide, candidosi etc. Le malattie veneree, oltre ad essere caratterizzate da segni e sintomi penalizzanti, hanno portato, sia nell’uomo che nella donna, ad un sensibile incremento di alterazioni della funzione riproduttiva, che contribuisce a determinare il sensibile calo della natalità  registrato negli ultimi decenni, sebbene non quanto le scelte socioculturali. Notevole è l’impatto psicologico che l’infertilità  e la sterilità  hanno sulle coppie. In base a quanto esposto si può affermare che sarebbe utile un attento monitoraggio epidemiologico del fenomeno, condotto soprattutto attraverso l’utilizzo di indagini mirate ad individuare l’alterazione della funzione riproduttiva. In questo modo sarà  possibile riconoscere e studiare più approfonditamente i fattori di rischio e condurre idonee campagne informative di prevenzione.

Fonte: https://www.fondazioneserono.org/fertilita/ultime-notizie-fertilita/infezioni-e-infertilita/



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