Il primo intervento per il trattamento dell’infertilità nella donna con PCOS include le modifiche dello stile di vita e la perdita di peso, quando necessaria, prima di iniziare una terapia farmacologica.
Le pazienti con PCOS presentano un vantaggio riproduttivo del 20-30% in termini di recupero ovocitario, tasso di gravidanze cliniche e di nati vivi fino ai 40 anni, mentre oltre questa età tali vantaggi vengono persi.
L’induzione dell’ovulazione con clomifene citrato (CC) viene considerata il trattamento farmacologico di prima linea, con l’impiego delle gonadotropine in presenza di CC-resistenza. Il limite maggiore del CC consiste nella discrepanza tra ovulazione e gravidanza, legata all’azione antiestrogenica periferica sull’endometrio e sul muco cervicale, all’ipersecrezione di LH (ormone luteinizzante) o all’effetto negativo sugli ovociti. In caso di fallimento terapeutico si ricorre alla fecondazione in vitro. L’impiego del drilling ovarico laparoscopico può essere considerato un trattamento alternativo per pazienti CC-resistenti.
Le donne con PCOS sono a rischio di sviluppare la sindrome da iperstimolazione ovarica (ovarian hyperstimulation syndrome, OHSS). L’iperstimolazione è una complicanza seria dei cicli di procreazione medicalmente assistita e nelle pazienti come quelle con PCOS in cui questo rischio è certamente aumentato si dovrebbe utilizzare ogni possibile comportamento preventivo.
Esistono una OHSS precoce, se compare entro 9 giorni dal prelievo ecoguidato degli ovociti (pick-up), sostenuta dalla gonadotropina corionica umana (human chorionic gonadotropin, hCG) utilizzata durante il ciclo di stimolazione, e una OHSS tardiva, se compare oltre 9 giorni dal prelievo, sostenuta dalla hCG prodotta a livello placentare. Oltre che a comportare un rischio per la salute della donna, la sindrome da iperstimolazione può nuocere all’impianto embrionario a livello endometriale, a causa dell’eccessiva esposizione agli steroidi sessuali che si viene a creare.
Per questi motivi è quindi importante individuare gli elementi che permettono di personalizzare la terapia al fine di ridurre al minimo l’eventualità di OHSS, come ad esempio la PCOS (fattore di rischio primario). Come prima strategia terapeutica, in questo tipo di pazienti, sarà opportuno utilizzare un dosaggio inferiore di gonadotropine rispetto a quello considerato “standard”, non dimenticando che può esservi uno scarso reclutamento follicolare se la dose è troppo bassa. Un secondo approccio può essere quello di utilizzare una stimolazione blanda (mild stimulation) con gonadotropine o citrato di clomifene in un protocollo con antagonisti del GnRH; si sa che l’uso degli antagonisti riduce del 50% il rischio del OHSS rispetto ai protocolli con agonista. In ultimo, nelle pazienti con altissimo rischio, si può arrivare a proporre la maturazione ovocitaria in vitro, tenendo presente che sono pochi i Centri in grado di effettuare questa procedura.
Esiste invece la cosiddetta “prevenzione secondaria” della OHSS, quando cioè i rischi di tale sindrome compaiono in corso di stimolazione. In questi casi si può procedere con un “coasting”, che rappresenta la sospensione delle gonadotropine fino all’abbassamento dei livelli di estradiolo. Ancora, si può diminuire la quantità di hCG come induttore dell’ovulazione o addirittura utilizzare in alternativa l’agonista del GnRH nei protocolli con antagonista.
Nella pratica clinica più recente, in caso di elevato rischio di OHSS durante la stimolazione spesso si procede ugualmente al pick-up e si congelano tutti gli ovociti o embrioni per evitare la gravidanza nel ciclo a rischio. Questo comportamento previene efficacemente l’OHSS tardiva, ma non quella precoce, secondaria all’induzione dell’ovulazione con hCG. A tale proposito, i protocolli con antagonista offrono un’ulteriore possibilità preventiva anche dell’OHSS a breve termine perché consentono l’induzione dell’ovulazione con analogo del GnRH. I risultati degli studi confermano come l’induzione con agonista non danneggi la qualità ovocitaria ed embrionaria.
Fonti Brown J, Farquhar C, Beck J, et al. Clomiphene and anti-oestrogens for ovulation induction in PCOS. Cochrane Database Syst Rev 2009;CD002249.
Griesinger G, Diedrich K, Devroey P, Kolibianakis EM. GnRH agonist for triggering final oocyte maturation in the GnRH antagonist ovarian hyperstimulation protocol: a systematic review and meta-analysis. Hum Reprod Update 2006;12(2):159-68.
Le pazienti con PCOS presentano un vantaggio riproduttivo del 20-30% in termini di recupero ovocitario, tasso di gravidanze cliniche e di nati vivi fino ai 40 anni, mentre oltre questa età tali vantaggi vengono persi.
L’induzione dell’ovulazione con clomifene citrato (CC) viene considerata il trattamento farmacologico di prima linea, con l’impiego delle gonadotropine in presenza di CC-resistenza. Il limite maggiore del CC consiste nella discrepanza tra ovulazione e gravidanza, legata all’azione antiestrogenica periferica sull’endometrio e sul muco cervicale, all’ipersecrezione di LH (ormone luteinizzante) o all’effetto negativo sugli ovociti. In caso di fallimento terapeutico si ricorre alla fecondazione in vitro. L’impiego del drilling ovarico laparoscopico può essere considerato un trattamento alternativo per pazienti CC-resistenti.
Le donne con PCOS sono a rischio di sviluppare la sindrome da iperstimolazione ovarica (ovarian hyperstimulation syndrome, OHSS). L’iperstimolazione è una complicanza seria dei cicli di procreazione medicalmente assistita e nelle pazienti come quelle con PCOS in cui questo rischio è certamente aumentato si dovrebbe utilizzare ogni possibile comportamento preventivo.
Esistono una OHSS precoce, se compare entro 9 giorni dal prelievo ecoguidato degli ovociti (pick-up), sostenuta dalla gonadotropina corionica umana (human chorionic gonadotropin, hCG) utilizzata durante il ciclo di stimolazione, e una OHSS tardiva, se compare oltre 9 giorni dal prelievo, sostenuta dalla hCG prodotta a livello placentare. Oltre che a comportare un rischio per la salute della donna, la sindrome da iperstimolazione può nuocere all’impianto embrionario a livello endometriale, a causa dell’eccessiva esposizione agli steroidi sessuali che si viene a creare.
Per questi motivi è quindi importante individuare gli elementi che permettono di personalizzare la terapia al fine di ridurre al minimo l’eventualità di OHSS, come ad esempio la PCOS (fattore di rischio primario). Come prima strategia terapeutica, in questo tipo di pazienti, sarà opportuno utilizzare un dosaggio inferiore di gonadotropine rispetto a quello considerato “standard”, non dimenticando che può esservi uno scarso reclutamento follicolare se la dose è troppo bassa. Un secondo approccio può essere quello di utilizzare una stimolazione blanda (mild stimulation) con gonadotropine o citrato di clomifene in un protocollo con antagonisti del GnRH; si sa che l’uso degli antagonisti riduce del 50% il rischio del OHSS rispetto ai protocolli con agonista. In ultimo, nelle pazienti con altissimo rischio, si può arrivare a proporre la maturazione ovocitaria in vitro, tenendo presente che sono pochi i Centri in grado di effettuare questa procedura.
Esiste invece la cosiddetta “prevenzione secondaria” della OHSS, quando cioè i rischi di tale sindrome compaiono in corso di stimolazione. In questi casi si può procedere con un “coasting”, che rappresenta la sospensione delle gonadotropine fino all’abbassamento dei livelli di estradiolo. Ancora, si può diminuire la quantità di hCG come induttore dell’ovulazione o addirittura utilizzare in alternativa l’agonista del GnRH nei protocolli con antagonista.
Nella pratica clinica più recente, in caso di elevato rischio di OHSS durante la stimolazione spesso si procede ugualmente al pick-up e si congelano tutti gli ovociti o embrioni per evitare la gravidanza nel ciclo a rischio. Questo comportamento previene efficacemente l’OHSS tardiva, ma non quella precoce, secondaria all’induzione dell’ovulazione con hCG. A tale proposito, i protocolli con antagonista offrono un’ulteriore possibilità preventiva anche dell’OHSS a breve termine perché consentono l’induzione dell’ovulazione con analogo del GnRH. I risultati degli studi confermano come l’induzione con agonista non danneggi la qualità ovocitaria ed embrionaria.
Fonti Brown J, Farquhar C, Beck J, et al. Clomiphene and anti-oestrogens for ovulation induction in PCOS. Cochrane Database Syst Rev 2009;CD002249.
Griesinger G, Diedrich K, Devroey P, Kolibianakis EM. GnRH agonist for triggering final oocyte maturation in the GnRH antagonist ovarian hyperstimulation protocol: a systematic review and meta-analysis. Hum Reprod Update 2006;12(2):159-68.
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