martedì 27 marzo 2018

Fecondazione assistita, cosa prevede la legge italiana

         A regolamentare il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) nel nostro paese è la Legge 40 del 2004. Una legge ampiamente contestata fin dall'inizio, tanto da essere oggetto, nel 2005, di un referendum abrogativo risultato senza esito per il mancato raggiungimento del quorum. Negli anni, la legge è stata sottoposta a varie e radicali modifiche in seguito a interventi da parte della Corte costituzionale, della Corte europea dei diritti dell'uomo o di singoli tribunali italiani.

         Vediamo allora, punto per punto, cosa diceva la legge originaria e come stanno oggi le cose nel nostro paese.

newborn-1399155_1920Accesso alle tecniche di PMA

         Secondo il testo originario della legge, l'accesso alla fecondazione assistita era riservato alle sole coppie sterili con componenti maggiorenni, di sesso diverso, coniugati o conviventi, in età potenzialmente fertile ed entrambi viventi. L'infertilità o sterilità della coppia doveva essere certificata dal medico.

         Nel 2015, però, una sentenza della Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il divieto di accesso alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili. "Divieto che era in evidente contrasto con la legittimità dell'interruzione terapeutica di gravidanza prevista dalla legge 194" sottolinea l'avvocato fiorentino Gianni Baldini, esperto di biodiritto e rappresentante di varie coppie e associazioni in numerose cause contro i divieti imposti dalla legge.

          In pratica, prima del 2015 le coppie fertili portatrici di gravi malattie genetiche trasmissibili potevano decidere di interrompere l'eventuale gravidanza di un feto malato, ma non potevano accedere a tecniche per individuare embrioni sani da impiantare. Oggi non è più così.

          Le tecniche di PMA rimangono precluse ai single, alle coppie omosessuali, alle cosiddette "mamme-nonne" (la legge non specifica un'età limite, ma i paletti del divieto sono fissati in corrispondenza di menopausa e andropausa). Vietata, inoltre, la fecondazione post mortem, cioè l'utilizzo degli spermatozoi di un marito o compagno deceduto.

         Numero di embrioni impiantabili e conservazione di embrioni sovrannumerari
Secondo la versione originaria della legge 40, per ogni ciclo di fecondazione non si dovevano produrre più di tre embrioni, e tutti gli embrioni prodotti dovevano essere impiantati contemporaneamente. Da una parte, questo significava limitare la resa dei singoli cicli di fecondazione, perché si poteva tentare di fecondare al massimo tre ovociti per volta. Dall'altra, aumentava il rischio di gravidanze gemellari, che sono per definizione gravidanze più complicate.

         Entrambi questi obblighi sono caduti con una sentenza della Corte costituzionale del 2009. Significa che oggi si possono produrre anche più di tre embrioni, ottimizzando così le procedure, ma non è necessario trasferirli tutti contemporaneamente: in genere, si preferisce trasferirne uno o al massimo due. Quelli prodotti in soprannumero e non impiantati possono essere crioconservati, cioè mantenuti congelati in azoto liquido.


Diagnosi genetica preimpianto
         La Legge 40 non la vietava esplicitamente, anche se il veto - poi caduto - era inizialmente contenuto nelle Linee guida emanate per la sua applicazione. Oggi la tecnica è consentita, sia per le coppie sterili, sia per quelle fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili. Si tratta in pratica di cercare eventuali anomalie genetiche o cromosomiche nei vari embrioni prodotti, al fine di individuare e impiantare in utero solo quelli sani.

         Va detto però che, per quanto riguarda il settore pubblico, la possibilità di accesso a questa analisi è spesso più teorica che reale. Molti centri pubblici, infatti, non sono adeguatamente attrezzati per svolgere questo tipo di analisi, che viene dunque demandata alle strutture private, dove una diagnosi preimpianto può costare alcune migliaia di euro. In realtà, alcune sentenze hanno stabilito che se il centro pubblico non può offrire alla coppia questo servizio, dovrebbe comunque sostenerne i costi presso un centro privato, ma questi precedenti non garantiscono l'automaticità dell'iter.

         In pratica, è possibile e non infrequente che, pur avendo i requisiti per accedervi, una coppia che richiede la diagnosi genetica preimpianto sia costretta a doverla effettuare in una struttura privata, a sue spese.

Fecondazione eterologa
         Era seccamente vietata dalla legge 40, ma anche questo divieto è stato dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale, con una sentenza del 2014. "D'altra parte - sottolinea Baldini - se la sterilità è una malattia, con questo divieto la legge 40 impediva il ricorso alla terapia proprio per la sua forma più radicale, cioè la sterilità assoluta, che richiede il ricorso a gameti - ovociti o spermatozoi - esterni alla coppia". Senza contare l'elemento di discriminazione economica, perché chi se lo poteva permettere l'eterologa andava a farla all'estero, alimentando il fenomeno di turismo procreativo.

         Un fenomeno che non si è del tutto esaurito: in Italia resta infatti molto difficile il ricorso all'ovodonazione, perché per varie ragioni sono molto poche, da noi, le donatrici di ovociti. I centri che effettuano fecondazione eterologa con ovociti donati possono farli arrivare dall'estero, ma alcune coppie preferiscono comunque recarsi direttamente in altri paesi.

Fonte https://www.nostrofiglio.it/concepimento/fecondazione-assistita/fecondazione-assistita-cosa-prevede-legge-italiana


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