mercoledì 18 gennaio 2017

Due figli a distanza ravvicinata

Dopo quanto tempo, dalla la nascita di un bebè, la donna può nuovamente concepire?

         Dopo una gravidanza, l’utero impiega dalle quattro alle sei settimane per tornare alle dimensioni e alle condizioni precedenti il concepimento. Trascorso questo periodo, il cosiddetto puerperio, la donna può diventare nuovamente fertile in qualunque momento, senza preavviso.
         L’allattamento esclusivo al seno può bloccare temporaneamente la ripresa dei cicli ovulatori, ma non sempre è così: allattare non è una forma sicura di protezione contraccettiva. Perciò, chi non desidera iniziare subito una nuova gravidanza dovrebbe scegliere, con il consiglio del medico di fiducia, un contraccettivo efficace, compatibile con la prosecuzione dell’allattamento. Chi non adotta alcuna forma di contraccezione, deve sapere che l’ovulazione può verificarsi improvvisamente senza alcuna avvisaglia. In particolare il capoparto, cioè il ritorno delle mestruazioni dopo la nascita, è successivo alla prima ovulazione. Quindi non è detto che in attesa del capoparto la donna sia al riparo dalla possibilità di restare incinta.

Due figli a distanza ravvicinata         Quanto tempo occorre attendere prima di cercare una nuova gravidanza?

Se la nascita del primo bimbo è avvenuta spontaneamente, senza il ricorso al cesareo, non ci sono indicazioni mediche precise su quanto sia meglio aspettare. È una scelta personale che spetta alla donna dopo aver considerato la propria situazione personale.
Iniziare una nuova gravidanza prendendosi cura al tempo stesso di un bambino piccolo è molto faticoso, soprattutto se la donna desidera continuare ad allattare al seno in modo esclusivo durante la nuova attesa. Per questa ragione, e per dare il tempo al fisico di recuperare appieno, il consiglio è di attendere almeno un anno dalla nascita del bimbo. Ognuna, poi, è libera di scegliere.
         La situazione cambia se il primo parto è stato un cesareo. Dopo l’intervento, la pelle e i tessuti superficiali si rimarginano rapidamente, mentre i tessuti profondi e la parete dell’utero impiegano almeno sei mesi per cicatrizzare completamente. In queste circostanze, la raccomandazione è di attendere almeno sei mesi prima di cercare una nuova gravidanza. In caso contrario, c’è il rischio di un assottigliamento della cicatrice e di una rottura dell’utero durante l’attesa. Un’eventuale seconda gravidanza più ravvicinata non è necessariamente destinata al fallimento, ma va seguita con grande attenzione.

Ci sono maggiori rischi  di patologie materne?

         Non è riportato un aumento del rischio di ipertensione e preeclampsia. Tutto dipende dalle condizioni fisiche della donna nel momento in cui inizia la nuova gravidanza. Se è ancora fortemente sovrappeso in conseguenza della prima, correrà un rischio aumentato di diabete gestazionale. Se il primo parto ha impoverito le sue riserve di ferro, potrà soffrire di anemia. In ogni caso sono problemi che si possono tenere sotto controllo modulando la dieta nel caso del diabete e integrandola con il ferro nel caso di anemia. Più in generale, se durante la prima attesa la neomamma ha sofferto di qualche patologia, con buona probabilità ne soffrirà anche in occasione della seconda.

         C’è un aumentato pericolo di aborto spontaneo o di malformazioni del feto?

Dopo le prime 4-6 settimane dal parto, l’utero della donna torna alle condizioni precedenti il concepimento. Non c’è alcun fattore che aumenti il rischio di interruzione spontanea della seconda gravidanza o di malformazioni e patologie fetali.

Il rilassamento dei tessuti dovuto alla gravidanza appena conclusa può determinare debolezza del collo dell’utero?

         A seguito della prima gestazione, i tessuti dell’addome perdono certamente parte della loro elasticità e risultano più lassi, tanto è vero che in caso di gravidanza ravvicinata la pancia risulta più prominente e la madre ne avverte maggiormente il peso. Ciò non vuol dire che ci sia un rischio maggiore di debolezza del collo dell’utero o di nascita pretermine. Se la donna ha sperimentato questo problema con il primo figlio, è probabile che accada di nuovo anche per il secondo.

         Se il primo parto è avvenuto con un cesareo, il ricorso al bisturi è inevitabile?

In assenza di altre indicazioni, un cesareo pregresso non è una ragione valida per ricorrere nuovamente al bisturi, ma si possono tentare un travaglio e un parto fisiologico, pronti a intervenire in caso di necessità. Di fatto, però, molti medici raccomandano l’operazione per tutelare la donna dal rischio di una rottura dell’utero lungo la linea di sutura dell’intervento precedente con conseguente, grave emorragia. Tuttavia, se durante l’attesa non si è manifestato alcun problema e non ci sono altre indicazioni per il cesareo, anche in questo caso si può optare per un travaglio di prova.
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         Sono escluse da questa possibilità le donne che hanno subìto un cesareo con incisione longitudinale o che hanno avuto in precedenza altri interventi chirurgici sull’utero, come la rimozione di fibromi estesi.
         Se i cesarei pregressi sono stati due o più, non è opportuno tentare la via del parto vaginale.

Bisogna adottare qualche accortezza?

         In assenza di complicazioni, non c’è bisogno di fare controlli diversi da quelli di routine o adottare comportamenti particolari. È necessario che la donna organizzi molto bene la sua vita quotidiana, in modo tale da risparmiare le forze. In gravidanza il riposo è importante, ma con un bambino piccolo da accudire è difficile trovare il tempo per fare un pisolino al pomeriggio e anche il sonno notturno, spesso, è frammentato. Il consiglio è di cercare collaborazione, da parte di familiari o di una baby sitter che aiutino la madre, dandole l’opportunità di riposare quando ne ha bisogno. È molto difficile, in questi casi, continuare anche a lavorare.

La mamma può continuare ad allattare il primogenito?

         Sono tanti i luoghi comuni infondati sull’allattamento in gravidanza:
  • Non è vero, per esempio, che l’avvio della gravidanza determini un blocco della produzione del latte.
  • Non è vero che la qualità dell’alimento peggiori.
  • Non è vero che gli ormoni prodotti dall’organismo materno durante l’attesa e passati al bambino attraverso il latte siano dannosi per la sua salute.
  • Infine, non è vero che allattare comporti rischi per la gravidanza e per il nascituro.
         Va detto, però, che portare avanti l’allattamento esclusivo al seno di un bimbo mentre se ne aspetta un altro è un impegno estremamente faticoso per la donna, sia dal punto di vista fisico, sia dal punto di vista emotivo. Spetta alla madre valutare la situazione e le proprie forze e decidere di conseguenza. Il discorso cambia se il primogenito è già grandicello e si limita a un paio di poppate al giorno. In tal caso, la fatica è decisamente minore e l’esperienza è più facile da affrontare.

Può accudire il primogenito, sollevarlo, tenerlo in braccio, giocare con lui in piena sicurezza?

         Dipende dalle condizioni di salute della donna e dal decorso della gravidanza. In assenza di complicazioni, se la madre sta bene può sicuramente sollevare il bambino e portarlo in braccio. Gli sforzi vanno evitati in presenza di contrazioni precoci o perdite di sangue. Ci sono poi casi particolari in cui il medico curante prescrive il riposo assoluto ed è necessario che la madre deleghi a un’altra persona la cura del piccolo.

Se il bimbo si ammala

         Nei primi mesi di vita, il neonato è protetto dagli anticorpi forniti dalla madre durante la gravidanza e, se allattato al seno, da quelli passati attraverso il latte. Il rischio che il piccolo contragga una malattia infettiva e la trasmetta alla mamma, dunque, è ridotto. Quando il bambino è un po’ più grandicello e frequenta il nido o gioca con altri bambini, il rischio che porti a casa delle infezioni aumenta. Le due malattie infettive potenzialmente pericolose per la gravidanza che il piccolo può trasmettere alla madre sono il citomegalovirus e la varicella. Prevenire il primo è difficile, perché spesso si presenta in forma asintomatica e non c’è modo di accorgersi se il bimbo l’ha contratto. È possibile ed è consigliabile, invece, prestare attenzione alla varicella, evitando che il piccolo entri in contatto con bambini infetti.

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