mercoledì 2 gennaio 2019

Genitore dopo il cancro si può

        Ogni giorno in Italia vengono diagnosticati trenta nuovi casi di tumore in persone che hanno meno di quarant'anni, un numero che rappresenta il 3% di tutte le nuove diagnosi di cancro; i giovani pazienti oncologici sono circa 8 mila, dei quali 5 mila donne e 3 mila uomini; nel nostro Paese la percentuale di gravidanze registrate in donne oltre i 35 anni è passata dal 12% nel 1990 al 16% nel 1996 e si stima che arriverà al 25% nel 2025. Basta mettere insieme questi dati per rendersi conto che non pochi dei pazienti oncologici under 40, proprio a causa dello spostarsi in avanti dell'età della prima gravidanza, non sono ancora genitori quando ricevono la diagnosi della malattia. E che con il tempo il loro numero è destinato ad aumentare. Ora, è probabile che la notizia di avere un tumore sgombri il campo da ogni altro pensiero e che tra questi vi sia anche quello di non poter avere figli. Ma, superato il primo colpo, può valere la pena di sapere (ricordare) che oggi il cancro non è più la condanna a morte che era in passato. I più comuni tipi di cancro nell’uomo sono il tumore del testicolo, il melanoma, il tumore del colon retto, il linfoma non Hodgkin e i tumori tiroidei; per la donna sono il carcinoma mammario, i tumori della tiroide, il melanoma, il carcinoma della cervice uterina e del colon retto. Le terapie antitumorali hanno migliorato in maniera significativa la sopravvivenza dei pazienti oncologici, allungando l’orizzonte dell’aspettativa di vita a lungo termine. E quindi anche la possibilità di diventare genitori. Ciò non toglie che le cure (chirurgia, chemioterapia, radioterapia e terapie biologiche) sono tuttora associate a un alto rischio di provocare infertilità temporanea o permanente. Nelle donne, per esempio, alcuni chemioterapici riducono drasticamente il numero degli ovociti primordiali, intaccando la cosiddetta “riserva ovarica”.

        C'è però un modo per aggirare il problema, talchè i trattamenti antitumorali non sono più un ostacolo insormontabile per diventare madri e padri: le tecniche di crioconservazione dei gameti oggi garantiscono un “futuro fertile” anche ai giovani survivor oncologici, persone in un'età che ancora permette loro di programmare una paternità o una maternità dopo l’esperienza del cancro. Il messaggio di speranza per gli uomini e le donne che sopravvivono al tumore, sempre più numerosi grazie ai progressi nella diagnosi e nella terapia, arriva dall'evento conclusivo della campagna “Futuro Fertile - Figli si nasce, genitori si diventa”, realizzata in collaborazione tra il ministero della Salute e la Sapienza Università di Roma, che si è svolto martedì 22 marzo nella Capitale. Tre Società scientifiche ­(Sie, Società italiana di endocrinologia; Aiom, Associazione dei medici oncologi; Sigo, Società di ginecologia e ostetricia) sono al lavoro per elaborare un documento di consenso sulla crioconservazione che nel giro di un mese o poco più sarà proposto alle Istituzioni e ai pazienti, per garantire che questi percorsi siano sicuri e accessibili e abbiano come fulcro banche del seme gestite da una rete di Centri in grado di rispondere adeguatamente alle esigenze dei pazienti. Sarà «un documento breve, ma ricco di contenuti» preannuncia Andrea Lenzi, presidente della Sie, sottolineando che «il periodo-finestra tra il momento in cui il paziente riceve la diagnosi di tumore e l’inizio della terapia è l’unico spazio utile per la crioconservazione dei gameti». Un periodo molto breve e perciò, come spiega ancora Lenzi, bisognerà puntare su tre elementi fondamentali per raggiungere l'obiettivo: una razionale dislocazione sul territorio delle banche dei gameti; una chiara codificazione delle regole che dovranno disciplinare le strutture e i procedimenti (dalle dotazioni tecniche al personale ai volumi di attività per garantire la qualità delle prestazioni); l'informazione completa e tempestiva, sia all'opinione pubblica sia agli operatori, su tutti gli aspetti della problematica. «La progettualità del “dopo il cancro” è motivo di vita e recupero di energie anche durante la malattia» assicura Carmine Pinto, presidente Aiom.  In ogni caso,aggiunge Gaetano Lanzetta, coordinatore Aiom Lazio, agli specialisti corre l'obbligo di informare i propri pazienti in maniera corretta e anche in questa prospettiva, sul sito dell'Associazione sono disponibili per chiunque linee guida sulla fertilità molto dettagliate. Nell’uomo la crioconservazione del seme o del tessuto testicolare rappresenta una tecnica che permette di conservare i gameti maschili per un tempo indefinito a -196°C, dopo che il paziente è stato sottoposto a uno screening infettivologico approfondito. Le principali tecniche di crioconservazione attuate nelle giovani donne che devono sottoporsi a trattamenti antitumorali sono rappresentate dalla crioconservazione degli ovociti o dalla crioconservazione di tessuto ovarico. «Sono trascorsi trent'anni da quando venne descritta la prima nascita da ovociti crioconservati mediante la tecnica del congelamento lento: la crioconservazione ha mostrato ottimi risultati in termini di sopravvivenza allo scongelamento, fertilizzazione e gravidanza – ricorda Paolo Scollo, presidente della Sigo - anche se i tassi di successo variano considerevolmente a seconda della popolazione di pazienti, della qualità degli ovociti e del numero di embrioni trasferiti. Fino a oggi non sono state riscontrate differenze significative nei bambini nati da ovociti freschi e da ovociti congelati con tecniche di fecondazione in vitro in termini di variazione del numero dei cromosomi, difetti di nascita o deficit dello sviluppo». «Organizzazione e preparazione scientifica -chiosa infine Eugenio Gaudio, rettore dell'Ateneo romano – possono portare a raggiungere un obiettivo di prima grandezza: un servizio alla vita»

Fonte http://www.healthdesk.it/medicina/genitore-dopo-cancro-pu

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