domenica 20 gennaio 2019

Tumori e fertilità femminile

       Per poter avere un figlio è necessario essere fertili, ma in una donna affetta da tumore tale capacità può essere compromessa:


  • dalla localizzazione del tumore: un tumore all’utero o alle ovaie necessita di asportazione chirurgicamente l’organo deputato alla riproduzione;
  • dagli effetti della terapia: la chemioterapia e la radioterapia possono risultare tossiche con conseguente infertilità iatrogena.

Картинки по запросу Tumori e fertilità femminile       Inoltre, un’ulteriore fonte di preoccupazione, che mina il desiderio di maternità, è rappresentata dal rischio che i trattamenti a cui deve sottoporsi possano determinare alterazioni genetiche degli ovociti e quindi malformazioni fetali. Pertanto, si è fatta sempre più urgente la necessità di preservare la fertilità femminile in caso di diagnosi di patologia neoplastica per permettere un’eventuale gravidanza successiva.

       I protocolli terapeutici a disposizione della terapia neoplastica si avvalgono di farmaci chemioterapici e/o di radioterapia che agiscono sull’intero organismo con effetti tossici non solo sulle cellule tumorali ma anche sui tessuti sani. I danni, in termini di fertilità femminile, dipendono dal tipo e dalla dose impiegata di chemioterapico, dalla sede e dalla dose di irradiazione per la radioterapia, oltre che dall’età della paziente e da eventuali condizioni di infertilità precedenti.

       Risulta abbastanza problematico definire con certezza le conseguenze dei singoli trattamenti antitumorali sulla fertilità femminile, tuttavia si è osservato che gli alchilanti, il cui effetto è dose dipendente, sono i principali responsabili di infertilità iatrogena.

       Il rischio di andare incontro ad una riduzione della riserva ovarica (numero di ovociti ovarici disponibili per una gravidanza) induce a mettere in atto strategie che permettano alla donna di avere un figlio dopo aver superato un tumore.

Le opzioni percorribili, valutate dalla donna con l’oncologo e il ginecologo, devono tener conto:


  • delle caratteristiche del tumore (stadiazione): dimensione, interessamento linfonodale, metastasi;
  • della chemioterapia prevista;
  • dell’età della donna;
  • della possibilità che si possa far slittare l’inizio della terapia oncologica per poter effettuare una stimolazione ormonale.


         Si può preservare la fertilità femminile con diverse metodiche che non sono alternative ma, in relazione alla condizione clinica delle pazienti, possono essere associate:


  • congelamento degli ovociti: dopo stimolazione ovarica della durata di 10/14 giorni, si prelevano, per via vaginale, gli ovociti che vengono congelati. In un secondo momento la fecondazione avverrà in vitro (tecnica ICSI) e successivamente si avrà l’impianto in utero. È una tecnica diffusa, può essere eseguita sulle pazienti che hanno una riserva ovarica adeguata e possono ritardare di 2/3 settimane l’inizio della terapia oncologica. Una tecnica sperimentale prevede la possibilità di asportare ovociti immaturi senza stimolazione ormonale o con una minima stimolazione (cinque giorni);
  • congelamento di tessuto ovarico: consiste nell’asportazione chirurgica di parte del tessuto ovarico che viene congelato e in seguito reimpiantato nella donna, non è eseguibile se c’è un rischio concreto di complicanze. Tale metodica trova indicazione quando non sia possibile, per l’età della paziente oppure per la necessità di iniziare tempestivamente il trattamento oncologico, procedere con la crioconservazione degli ovociti. L’intervento si esegue in laparoscopia e può essere effettuato in qualunque momento del ciclo mestruale;
  • protezione delle ovaie: vengono somministrati dei farmaci (LHRH analoghi o antagonisti) che mettono a riposo le ovaie sia prima che durante il trattamento oncologico. Può essere effettuato in concomitanza ad altri trattamenti di preservazione della fertilità;
  • trasposizione ovarica (ooforopessi): metodica utilizzata nelle pazienti, affette soprattutto da carcinoma del collo dell’utero o del retto, che devono essere sottoposte a irradiazione pelvica. L’intervento chirurgico viene eseguito in laparoscopia oppure, se richiesto dalla neoplasia, con una laparatomia. Si effettua uno spostamento delle ovaie dalla sede anatomica abituale e, contemporaneamente, si può procedere all’asportazione del tessuto ovarico per la crioconservazione.


Fonte https://www.laleggepertutti.it/262439_ho-un-tumore-potro-avere-dei-figli#Tumori_e_fertilita_femminile

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