lunedì 6 agosto 2018

Come aumentare la probabilità di impianto nei cicli di PMA

        Il ritorno al trasferimento di un singolo embrione sembra essere l’unica soluzione per ridurre la morbilità dell’IVF (In Vitro Fertilization, fecondazione in vitro) legata alla gravidanza multipla: tali considerazioni hanno portato alla ripresa di studi per ottimizzare l’impianto embrionale. In questo articolo sono illustrate le varie strategie che possono essere impiegate per incrementare il tasso d’impianto.

Tecniche di trasferimento embrionale
Картинки по запросу Tecniche di trasferimento embrionale        Negli ultimi anni la tecnica di trasferimento embrionale si è mostrata un importante fattore condizionante il successo dei cicli IVF. Numerosi studi hanno evidenziato un significativo miglioramento della percentuale delle gravidanze ponendo maggiore attenzione alle tecniche di trasferimento.

        L’utilizzo del catetere rigido può aiutare nelle situazioni in cui il passaggio attraverso il canale cervicale risulti difficoltoso, ma si associa certamente alla traumatizzazione dei tessuti e al sanguinamento, enza tralasciare il fatto che la manipolazione cervicale causa contrazioni uterine che potrebbero facilitare l’espulsione degli embrioni dalla cavità uterina [2].

        Tradizionalmente il trasferimento embrionale veniva fatto alla “cieca”, con l’intento di posizionarlo 1 cm dal fondo uterino [3]. È stato tuttavia dimostrato che il trasferimento embrionale più lontano dal fondo uterino aumenta la percentuale di impianto: in uno studio RCT (Randomized Controlled Trial) i migliori risultati in termini di implantation rate sono infatti stati ottenuti posizionando l’estremità del catetere nel mezzo della cavità endometriale [4].

        Inoltre aumentando la distanza dal fondo viene diminuito il rischio di gravidanza ectopica.

        È stato recentemente supposto che trasferire l’embrione nella porzione più inferiore dell’utero si possa associare a un aumentato rischio di sviluppare una placenta previa [5].

        Un significativo incremento dell’implantation rate si è verificato dopo l’introduzione del transfer embrionale ecoguidato [6].

        È stato supposto inoltre il ruolo della vaginosi batterica sull’impianto embrionale [7]. Infatti ci sono sempre più evidenze che dimostrano che questa disbiosi non sia esclusivamente confinata al tratto genitale inferiore e che esistano contemporaneamente segni di interessamento endometriale, tuttavia pur senza evidenziare comunque correlazioni fra la diagnosi di vaginosi batterica e la percentuale di implantation rate.

Aspirina
Картинки по запросу Aspirina        Il razionale del suo utilizzo nei cicli IVF è legato alla sua azione vasodilatante ed antiaggregante, attraverso l’inibizione della ciclo-ossigenasi. L’obiettivo del suo utilizzo nei cicli IVF è quello di migliorare la perfusione di utero e ovaia [8].

        Studi randomizzati controllati sull’utilizzo dell’aspirina nei cicli IVF hanno mostrato risultati contrastanti e una meta-analisi di 10 RCT non ha evidenziato alcun miglioramento significativo nella percentuale di gravidanza con l’utilizzo dell’aspirina rispetto all’utilizzo del placebo o di alcun tipo di trattamento [9].

Donatori di ossido nitrico
        L’ossido nitrico (NO) si è mostrato un importante modulatore della follicologenesi [10], della fertilizzazione [11], della decidualizzazione e dell’impianto [12]. Agisce come vasodilatatore arterioso e miorilassante, inibendo inoltre l’aggregazione piastrinica.

        Il riscontro di alte resistenze a livello delle arterie uterine il giorno della somministrazione della gonadotropina umana o ricombinante, o addirittura al momento del transfer embrionale, si associa a un outcome negativo nei cicli IVF [13]. Queste osservazioni suggeriscono che la vasodilatazione a livello del distretto uterino, indotta dai donatori di NO somministrati durante i cicli IVF, possa migliorare la recettività endometriale.

        Mentre studi iniziali suggerivano un effetto positivo della somministrazione di donatori di NO, attualmente gli stessi autori hanno dimostrato effetti dannosi sull’impianto embrionale [14,15].

Inibitori dell’aromatasi
        Gli inibitori dell’aromatasi bloccano la conversione di testosterone e androsterone in, rispettivamente, estriolo ed estradiolo [16]. Mentre clomifene citrato agisce antagonizzando l’attività estrogenica di feedback a livello ipotalamo-ipofisario, gli inibitori dell’aromatasi determinano una riduzione nella sintesi estrogenica incrementando il rilascio delle gonadotropine ipofisarie e favorendo la crescita follicolare [17]. Prevenendo l’esagerata sintesi di estrogeni, è stato supposto che l’aggiunta di inibitori dell’aromatasi ai normali protocolli di COH con gonadotropine possa migliorare la recettività endometriale.

        Uno sbilanciamento fra gli stress ossidativi e i sistemi antiossidanti sembra essere alla base di diverse malattie tra cui gli aborti ripetuti, l’infertilità inspiegata e i difetti di sviluppo embrionale. La somministrazione di acido ascorbico ad alti dosaggi pare abbia avere effetti antiossidanti e immunostimolanti tali da influenzare positivamente l’impianto embrionale. Nonostante tali premesse, un RCT effettuato su 620 donne sottoposte a IVF, nel quale è stata messa a confronto la somministrazione di acido ascorbico e di placebo durante la fase luteale, non ha mostrato significative differenze in termini di percentuale di impianto [21].

Supplementazione della fase luteale con progesterone
Картинки по запросу progesterone        Un importante regolatore della recettività endometriale è il corpo luteo, la cui funzione principale è la produzione di progesterone. Le gonodatropine simili all’ormone luteinizzante (LH) sono i principali attivatori della funzione del corpo luteo, nel ciclo ovarico spontaneo questo avviene principalmente durante il picco secretorio di LH che precede l’ovulazione e in un secondo tempo durante la fase luteale [22].

        La fase luteale che segue un ciclo IVF è certamente anormale se confrontata a quella di un ciclo spontaneo, che è caratterizzata da alte concentrazioni di progesterone durante la fase luteale precoce e seguita da un progressivo calo del medesimo ormone durante la fase medio-luteale del ciclo stesso [23]. Quando si sospende la somministrazione degli agonisti per evitare la luteinizzazione precoce, l’ipofisi impiega circa 14 giorni per ripristinare la fase luteale, che viene quindi supportata somministrando HCG (Human Corionic Gonadotrophin, gonadotropina corionica umana) , umana o ricombinante, e progesterone.

        La durata ottimale della supplementazione con progesterone resta tuttora da chiarire. Alcuni centri prolungano la somministrazione a tutto il primo trimestre di gestazione. A favore di questo utilizzo è certamente l’effetto rilassante sulla muscolatura uterina indotto dal progesterone [2]. Inoltre sempre Fanchin et al. hanno evidenziato una riduzione della contrattilità uterina al momento del transfer con la somministrazione di progesterone vaginale dal giorno del pick-up [24].

        Nonostante la supplementazione con progesterone sia ampiamente utilizzata nei vari centri di PMA, l’utilizzo di estradiolo rimane tuttora controverso ed oggetto di studio.

        Sembra che le cellule uNK abbiano un ruolo nelle fasi precoci dell’impianto embrionale dal momento che si accumulano attorno alle arterie che irrorano il sito di impianto [25]. Tuttavia è stato dimostrato un numero aumentato di queste cellule nelle biopsie endometriali di donne con impianto fallimentare rispetto alle donne fertili [26]. La somministrazione di prednisolone nelle pazienti con storia di abortività ricorrente ha mostrato una riduzione dell’espressione delle cellule uNK a livello endometriale [27].

        Ci sono inoltre evidenze che i glucorticoidi possano migliorare il microambiente endouterino agendo come immunomodulatori. Tuttavia sono ancora troppo pochi gli studi sulla somministrazione di glucorticoidi nei cicli IVF e i risultati ad oggi sono contrastanti.

Farmaci insulino-sensibilizzanti
        L’opinione che l’insulino-resistenza possa giocare un ruolo nella patogenesi della sindrome dell’ovaio policistico ha portato all’utilizzo dei farmaci insulino-sensibilizzanti, come metformina, al fine di perseguire il ripristino della ciclicità mestruale e dell’ovulazione [28]. Tuttavia non sono stati evidenziati effetti sull’implantation rate. Una meta-analisi di 8 studi caso-controllo ha evidenziato che la somministrazione di metformina non varia significativamente la percentuale di gravidanza, ma riduce il rischio di sindrome da iperstimolazione ovarica (OHSS, Ovarian HyperStimulation Syndrome) [29]. Inoltre, in uno degli studi presi in considerazione nella suddetta meta-analisi, è stato dimostrato una ridotta incidenza di abortività [30].

GnRH agonisti
        La capacità dei GnRH agonisti di indurre il rilascio di LH ha fatto supporre il loro utilizzo come supporto della fase luteale.

        In uno studio di Pirard et al. la somministrazione di GnRH nasale ogni 8 ore si è mostrata ugualmente efficace alla classica somministrazione di HCG seguita dal progesterone vaginale [31]. Al contrario la somministrazione di progesterone e GnRH agonisti dal giorno del transfer embrionale o dal 3° giorno dopo il transfer non si è mostrata efficace, in quanto pare che gli alti livelli ormonali indotti dagli analoghi possano interferire con gli stadi precoci dell’impianto embrionale [32].

        La stimolazione ovarica, tuttavia, implica la produzione di estradiolo in quantità ovviamente non fisiologiche e questo sembra compromettere drammaticamente la recettività endometriale [22,33], forse a causa di una maturazione endometriale precoce, ovvero di una riduzione dell’espressione dei recettori per il progesterone [34]. L’iperestrogenismo iatrogeno sensibilizza il tessuto all’azione decidualizzante del progesterone accelerando la fase secretiva, alterando quindi la finestra di recettività dell’endometrio [34-36].

Картинки по запросу stimolazione ovarica        La crescente consapevolezza che i protocolli di induzione della CFM (crescita follicolare multipla) possano avere effetti negativi sull’outcome dei cicli IVF e sulle pazienti stesse, ha portato alla rivalutazione dei medesimi, ricercando un approccio ottimale e personalizzabile, stante il conclamato superamento del concetto di “one size fit all”. Questo ha portato allo sviluppo di nuovi protocolli con dosaggi di gonadotropine ridotti, la così detta “mild stimulation”, con una ovvia diminuzione degli ovociti recuperati e degli embrioni prodotti, ma certamente di migliore qualità.

        In un recente studio randomizzato lo screening genetico pre-impianto (PGS, Preimplantation Genetic Screening) è stato utilizzato per valutare l’assetto cromosomico di embrioni ottenuti dopo una stimolazione convenzionale (protocollo lungo) e dopo mild stimulation, rilevando una percentuale significativamente maggiore di embrioni a cariotipo euploide nel gruppo “mild” [37].

Conclusioni
        Possiamo concludere che l’impianto embrionale continui ad essere una “sfida” per il clinico e che ad oggi l’unico strumento a disposizione per incrementare la percentuale di impianto sia concentrarsi sul trasferimento stesso dell’embrione, in termini di catetere, sede di trasferimento ed utilizzo dell’ecografia durante tale procedura.

        Per quanto riguarda l’utilizzo di farmaci adiuvanti non ci sono sufficienti evidenze sulla loro efficacia.

        Possiamo inoltre aggiungere che l’applicazione della mild stimulation (meno embrioni ma di migliore qualità) rappresenti certamente il nuovo trend di stimolazione assieme alla personalizzazione della terapia.

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