venerdì 18 maggio 2018

Fecondazione assistita, trasferire embrioni più maturi per risultati migliori

       Non è facile far sviluppare gli embrioni per la fecondazione assistita in incubatore per più di due o tre giorni, servono centri ben attrezzati. Ma quando è possibile farlo può essere una buona soluzione perché trasferirli allo stadio di blastocisti, ovvero a cinque, sei giorni dall’incontro di ovulo e spermatozoo, significa impiantare embrioni più fertili perché a quello stadio fuori dall’utero sopravvivono solo i “migliori”. E così le percentuali di successo salgono, come dimostrano i dati presentati a Bologna al convegno sulla Riproduzione assistita e Diagnosi Prenatale organizzato da GynePro e CECOS Italia.

Risultati migliori
       La tecnica prevede di mantenere in vitro l’embrione due o tre giorni in più rispetto al solito: poco, a prima vista, tantissimo in realtà viste le delicate condizioni degli embrioni. «Servono apparecchiature particolari, per esempio sistemi di incubazione che consentano di osservare l’embrione e fare eventuali test attraverso telecamere, senza doverlo estrarre: farlo uscire dall’ambiente controllato avrebbe infatti un impatto negativo – spiega Marco Filicori, presidente di CECOS Italia –. Per questo ancora sono meno della metà del totale i centri italiani che eseguono il trasferimento delle blastocisti; tuttavia quando lo si sceglie i risultati sono decisamente migliori, le percentuali di successo salgono dal 30-35 per cento al 56 per cento rispetto all’uso di embrioni di due o tre giorni. Questo perché far crescere gli embrioni all’esterno fa sì che la selezione che avremmo in utero, quando i più deboli non attecchiscono, avvenga nell’incubatore: il numero di blastocisti che si ottengono e possono essere impiantate è perciò inferiore, ma si tratta di embrioni più maturi con una maggior probabilità di sopravvivenza».


Per omologa ed eterologa
       Se gli embrioni di partenza sono sei, per esempio, è possibile che al quinto, sesto giorno solo tre abbiano raggiunto lo stadio di blastocisti; saranno però i più forti, per cui le chance di restare incinta salgono. «La tecnica poi permette di trasferire meno embrioni, con un minor rischio di gravidanze multiple e costi inferiori – dice Filicori –. I risultati sono migliori sia nella fecondazione assistita omologa, dove il tasso di gravidanze passa dal 25 al 41 per cento, sia nell’eterologa, dove si sale dal 35 al 56 per cento per ogni ciclo di trasferimento embrionario. Ugualmente efficace anche in caso di ovodonazione, con dati sostanzialmente identici se si parte da ovociti freschi oppure da ovociti congelati o vitrificati (una tecnica di congelamento rapido, ndr)». Il dato non è secondario, perché finora si pensava che utilizzare ovociti congelati portasse a tassi di successo inferiori rispetto all’uso di gameti freschi. «Ciò consente alle pazienti di rimanere in Italia per eseguire la procedura, con un calo dei costi. Dobbiamo infatti considerare che quasi sempre gli ovociti congelati arrivano dall’estero, non oltre il 5 per cento delle donatrici di ovuli sono italiane – sottolinea Filicori –. Questo aumenta il cosiddetto turismo procreativo e i costi delle procedure eterologhe: anche per questo i CECOS Italia hanno lanciato un appello perché le norme che regolano la donazione di spermatozoi e ovociti vengano cambiate, prevedendo la possibilità di un rimborso delle spese di donatori e donatrici come accade altrove in Europa».

Fonte https://www.corriere.it/salute/18_maggio_17/fecondazione-assistita-trasferire-embrioni-piu-maturi-risultati-migliori-b9c1cc3e-598b-11e8-a8fb-aa562e322f2d.shtml?refresh_ce-cp

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