giovedì 18 giugno 2020

Infertilità e integratori per combatterla: la revisione che mette in luce alcune criticità

       I ricercatori dell’Unità di Andrologia e Medicina della riproduzione e del Centro di crioconservazione dei gameti maschili, presso il dipartimento di Medicina dell’Università di Padova, diretta dal professore di origini salentine, Carlo Foresta, hanno realizzato una “revisione della letteratura scientifica”, che è stata pubblicata su Nutrients per fare chiarezza sui vantaggi dell’uso degli integratori per combattere l’infertilità. Si è scoperto che almeno i 2/3 degli integratori attualmente disponibili sul mercato presentano formulazioni che potrebbero essere migliorate a fronte della letteratura scientifica di settore.

       Sono sempre di più le coppie con problemi di infertilità: il professore di origini salentine, Carlo Foresta, ha ribadito durante i suoi convegni che circa il 10-15% di tutte le coppie presentano una ridotta capacità di procreare naturalmente e si stima che circa il 10 % dei maschi in età riproduttiva sia ipofertile, laddove è verosimile in un caso su due che la difficoltà ad ottenere una gravidanza naturale sia riconducibile a disordini riproduttivi maschili.

       Le cause sono tante: infezioni delle vie uro-genitali, criptorchidismo, ipogonadismo ipogonadotropo, varicocele, cause iatrogene, traumi testicolari, cause genetiche, anticorpi anti-spermatozoo, disfunzione erettile e/o calo del desiderio, esposizione a inquinanti ambientali, disordini metabolici, stili di vita errati e tutta una serie di altri problemi.

       “Ma esiste un 30% di casi in cui la causa della ridotta capacità riproduttiva rimane ignota, quindi non è possibile adottare un trattamento eziologico mirato alla risoluzione del problema” - spiega il professore.

       Gli studi fatti fino a oggi svelano che una buona dieta e degli integratori possono dare un contributo alla fertilità.

        La reale efficacia degli integratori alimentari è ancora oggetto di studio. I ricercatori Gabriel Petre, Francesco Francini Pesenti e Andrea Garolla, coordinati dal Carlo Foresta, direttore dell’Unità di Andrologia e Medicina della riproduzione e del Centro di crioconservazione dei gameti maschili presso il dipartimento di Medicina dell’Università di Padova, hanno realizzato una quella che viene definita in gergo tecnico “revisione della letteratura scientifica”, che è stata pubblicata su Nutrients per fare chiarezza su più fronti. È ormai assodato il ruolo chiave dell’alimentazione: sedentarietà, sovrappeso, obesità, la sindrome metabolica e la cattiva alimentazione sono importanti fattori di rischio che, a vario titolo, riducono la probabilità di concepimento in entrambi i sessi, ma soprattutto nel maschio. Il professore Carlo Foresta ci spiega che dopo una serie di indagini nutrizionali si può intervenire per correggere eventuali condizioni morbose del paziente attraverso una dietoterapia mirata, consigli sullo stile di vita e, in casi specifici, attraverso l’impiego di integratori.

I TRATTAMENTI

       Ci vuole una buona diagnosi prima di intervenire. Esistono tutta una serie di cure: trattamento dell’ipogonadismo, trattamento delle ostruzioni delle vie seminali, rimozione del varicocele, trattamento di eventuali infezioni a carico dell’apparato riproduttivo, cura delle malattie sessualmente trasmesse e, quando possibile, riduzione della esposizione ad agenti chimici e inquinanti ambientali. Ci si può trovare di fronte all’infertilità idiopatica: in questo caso si interviene sullo sperma. Dopo aver escluso tutte le cause organiche note attraverso una attenta valutazione anamnestica, il clinico deve valutare le condizioni generali del paziente al fine di approfondire le abitudini e gli stili di vita dell’individuo nell’ottica di identificare comportamenti in grado di alterare la qualità del liquido seminale.

IL RUOLO DEGLI INTEGRATORI

       Non esistono ancora linee guida o regolamenti sull’utilizzo degli integratori: è per questo che qualcuno se li autoprescrive, o alcuni esperti li consigliano in modo empirico, basandosi sulle proprie esperienze professionali.

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       “Le evidenze scientifiche attualmente disponibili sono limitate e l'uso di antiossidanti viene solitamente suggerito in pazienti con infertilità idiopatica o in presenza di parametri anormali del liquido seminale - chiarisce il professore Foresta - Diversi fattori rendono difficile individuare la formulazione più adatta oppure il principio attivo più appropriato per il singolo paziente. Non è difficile identificare l’integratore più adatto, con la giusta composizione e le giuste dosi, in grado di risolvere il problema del paziente poiché ogni prodotto contiene molti ingredienti in diverse combinazioni e dosi. Pertanto, attualmente il trattamento con integratori alimentari finalizzato al miglioramento dei parametri seminali si basa sull’esperienza degli specialisti e tiene poco in considerazione il quadro clinico e seminale del paziente in esame”.

       L’équipe di Carlo Foresta ha avviato una rivalutazione della letteratura scientifica attualmente disponibile in relazione ai singoli principi attivi, sia nutrienti che estratti vegetali: uno studio su tutti quei prodotti che hanno dimostrato efficacia nel migliorare i parametri seminali e che sono autorizzati dal Ministero della Salute

       Sono stati presi in considerazione esclusivamente studi randomizzati e controllati, review e, quando disponibili, studi meta-analitici per identificare le molecole con una riportata efficacia clinica e le loro dosi minime efficaci su conta spermatica, motilità, morfologia e frammentazione del Dna. Sono stati considerati eleggibili i trial clinici che impiegavano al massimo il principio attivo di interesse più altre tre sostanze, al fine di minimizzare i possibili effetti confondenti di un mix eterogeneo di molecole.

       Sono stato individuati 18 principi attivi ciascuno dei quali con almeno un Rct che dimostrava un’efficacia statisticamente significativa nel miglioramento di almeno un parametro del liquido seminale.

        “Le molecole di interesse sono molto eterogene tra loro. Ci sono nutrienti come lo zinco, il selenio, i folati, la vitamina B12, vitamine C ed E; aminoacidi come arginina, citrullina e carnitina; molecole ad attività antiossidante diretta come N-acetil-cisteina, inositolo, acido alfa lipoico, coenzima Q10 e licopene e, in ultimo il tribulus terrestris che è una pianta officinale. Si tratta di un grande numero di molecole chimicamente molto diverse e che a livello biochimico sottendono a meccanismi d’azione molto complessi e peculiari. Ognuna di queste ha una propria dose efficace anche con ordini di grandezza molto diversi le une rispetto alle altre”.

I RISULTATI DELLA RIVALUTAZIONE

       “Almeno i 2/3 degli integratori attualmente disponibili sul mercato presentano formulazioni che potrebbero essere migliorate a fronte della letteratura scientifica di settore - spiega il professore Carlo Foresta - Inoltre, le varie formulazioni spesso includono ingredienti efficaci ma anche un gran numero di sostanze a dose insufficiente o addirittura ingredienti senza efficacia clinica documentata. Infine, la nostra analisi ha messo in luce che alcuni nutraceutici contengono ingredienti a concentrazioni al limite superiore della dose tollerata. In questi casi, il trattamento potrebbe indurre addirittura un effetto negativo poiché il paziente potrebbe incorrere in effetti potenzialmente tossici. Pertanto, i nostri risultati suggeriscono che le aziende che producono integratori da un lato e i medici prescrittori dall’altro, dovrebbero considerare con maggiore attenzione i dati presenti in letteratura circa gli ingredienti e le loro dosi efficaci prima di formulare o prescrivere questi prodotti.

       La nostra revisione ha messo in luce che alla fine di questo percorso clinico-diagnostico, alcune condizioni possono trarre significativo vantaggio dall’utilizzo di integratori che contengano specifici nutrienti a dosaggio adeguato. In particolare, alcune sostanze con proprietà antiossidanti, come licopene, astaxantina, coenzima Q, N-acetil-cisteina e inositolo, sono indicate nel trattamento dell'infiammazione delle ghiandole accessorie maschili, causate da agenti microbici e non. Diversi studi condotti su pazienti infertili astenozoospermici, hanno dimostrato un effetto positivo in seguito alla supplementazione di selenio, dato che il nutriente incrementa l’attività degli enzimi antiossidanti selenio-dipendenti importanti durante la spermatogenesi e la formazione della capsula mitocondriale nel tratto intermedio degli spermatozoi. Anche l'integrazione con carnitina si è dimostrata efficacie nell’indurre un aumento significativo della motilità degli spermatozoi nei casi di astenozoospermia con funzionalità mitocondriale conservata. Infine, lo zinco è implicato nei processi di compattazione del Dna e la somministrazione di questo micronutriente ha evidenziato un significativo miglioramento della morfologia spermatica, e dell’integrità del Dna, risultando particolarmente utile in pazienti affetti da esiti di flogosi prostatica”.

Fonte https://www.leccesette.it/salute-sette/70669/infertilita-e-integratori-per-combatterla-la-revisione-che-mette-in-luce-alcune-criticita.html

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