lunedì 7 gennaio 2019

TAMPONE VAGINALE: A COSA SERVE E PERCHÉ SI FA (ANCHE) IN GRAVIDANZA

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         Molti ginecologi, anche in assenza di sintomi, richiedono durante l’ultimo mese di gestazione (intorno alla 34^ o 35^ settimana di gravidanza) il tampone vaginale per l’individuazione in particolare dell’infezione da streptococco. Si tratta di un microbo che se presente nella vagina o nel retto potrebbe infettare il bambino durante il passaggio lungo il canale del parto, causando infezioni neonatali che in alcuni rari casi possono essere anche molto gravi.

LE TIPOLOGIE DI TAMPONE
         Il tampone può essere vaginale (il prelievo avviene in vagina), cervicale (il prelievo avviene sul collo dell’utero e quindi è necessario l’utilizzo dello speculum) oppure vulvare (il prelievo avviene sui genitali esterni). L’esito del tampone darà quindi informazioni su eventuali infezioni e sulle terapie che si possono programmare per eliminare l’infezione (attraverso l’antibiogramma).

         Il tampone vaginale si differenzia dal prelievo del pap test, che ricerca invece la presenza di anomalie nella composizione dei tessuti cellulari del collo dell’utero, non per individuare infezioni bensì per ricercare eventuali lesioni precancerose (e il cui esito va poi approfondito tramite una colposcopia ed eventualmente una biopsia del tessuto).

COME SI EFFETTUA UN TAMPONE VAGINALE?
         Il prelievo tramite tampone vaginale dura pochi minuti e non provoca dolore: con un bastoncino di cotone l’ostetrica preleva una piccola quantità di muco cervicale dalla vagina della paziente, che si trova distesa sulla sedia ginecologica e con le gambe divaricate (come durante una normale visita ginecologica).

         Per sottoporsi al tampone è necessario sospendere l’eventuale utilizzo di ovuli o candelette vaginali come pure delle terapie antibiotiche per non alterare i risultati dell’analisi, ed è consigliato astenersi dai rapporti sessuali nelle 24 ore precedenti l’esame.

analisi di laboratorio tampone vaginale         Il materiale prelevato viene quindi trasmesso a un laboratorio specializzato dove viene analizzato (tramite coltura batterica) per rilevare la presenza di microrganismi che possono essere causa di infezioni.

         Se l’analisi del tampone rileva la presenza di batteri alla donna viene quindi prescritta un’adeguata terapia antibiotica.

         Il tampone vaginale, come anticipato, viene eseguito come esame di approfondimento nel caso si sospetti un’infezione batterica (ad esempio la Clamidia o il Papillomavirus), mentre in gravidanza viene prescritto nel corso del terzo trimestre per rilevare anche la presenza dello streptococco, un’infezione che può causare complicazioni se viene trasmessa al feto ad esempio durante il parto.

         Viene prescritto solitamente quando la donna riferisce alcuni particolari sintomi che è bene indagare, tra questi:


  • prurito
  • perdite vaginali anomale
  • dolore durante i rapporti

         Se l’esame rileva la presenza dello streptococco (che si presenta spesso come asintomatico), si prescrive una profilassi antibiotica alla donna per scongiurare il rischio di trasmissione dell’infezione durante il travaglio e il parto, ed eventualmente la terapia sarà prescritta anche al neonato.

         Il tampone vaginale acquista maggiore importanza infine se sono presenti altre condizioni di maggior rischio per le infezioni, ad esempio in caso di minaccia di parto prematuro, in caso di rottura prematura del sacco amniotico o nel caso in cui durante il travaglio la donna presenti un rialzo febbrile, che aumenta il rischio di complicazioni.

         Naturalmente, il tampone vaginale può essere eseguito per la ricerca di batteri in qualsiasi periodo della gravidanza, se il medico sospetta la presenza di un’infezione vaginale.

Fonte http://www.gravidanzaonline.it/esami_laboratorio/tampone-vaginale.htm?fbclid=IwAR3-ee2LdUFL1VIhMTbCGz8jCavLSaTzNn-MwZXGYyfdlyHbLMZ8D30VKlk

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