lunedì 26 ottobre 2015

Fecondazione eterologa

         Riassumiamo le basi per capire il punto di arrivo. La fecondazione eterologa si avvale dell’uso di gameti (ovuli e/o spermatozoi) esterni alla coppia che, però, non risultano di facile reperimento. Da un lato, uomini e donne sanno perfettamente che dare le proprie cellule riproduttive vuol dire donare una parte di sé destinata a nascere in un nuovo individuo di cui non si saprà più nulla. Dall’altro, la dazione di gameti, almeno quelli femminili, non è una passeggiata: effettuare prelievi a fresco da donatrici è una procedura invasiva che prevede lunghe stimolazioni ormonali, pick-up dolorosi, sincronizzazione dei tempi con la ricevente e, infine, periodi di riposo. Rari sono coloro che, volontariamente e gratuitamente come prevede la legge, si mettono in ferie e si sottopongono a tale iter.
         Ci sarebbe «l’egg-sharing», ovvero il coinvolgimento di donne interessate dalla stessa problematica di infertilità che, mentre si sottopongono al prelievo di propri ovociti per una fecondazione omologa, mettono a disposizione di altre donne quelli sovrannumerari e non utilizzati. Ma anche qui l’adesione è scarsa. Vuoi per quanto già elencato sopra, vuoi per i paletti molto stringenti riguardo l’età delle donatrici che deve essere inferiore ai 35 anni. Il problema è che non solo l’età media di chi si sottopone alla Pma è aumentata, ma nell’impossibilità di sapere in anticipo quali ovociti saranno migliori di altri, le poche pazienti con le caratteristiche giuste si fermano, chiedendosi se stanno cedendo a un’altra le loro chances di riuscita.
Fonte http://www.ecodibergamo.it/stories/Santalessandroorg/fecondazione-eterologarimborsi-e-conti-in-rosso_1147163_11/

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