giovedì 16 marzo 2017

Maternità surrogata, arriva una richiesta anche da Verona

     Chiedono che sul certificato di nascita del loro bambino, nato all'estero con maternità surrogata, ci sia il nome di entrambi. Entrambi i papà. Ma in Italia non è possibile, perciò per loro l'ordinanza della corte d'appello di Trento accende le speranze.
Una coppia omosessuale con un figlio da maternità surrogata     È la storia di due uomini veronesi in attesa di iniziare lo stesso percorso della coppia trentina. «E la sentenza positiva dà fiducia perché questo diritto sia legalizzato», spiega l'associazione      Famiglie arcobaleno, rappresentata per il Triveneto da Lisa Perlini, veronese. L'associazione assiste queste coppie con una rete di avvocati. «Ma la strada è lunga perché chiediamo di rendere uguali le famiglie, ma la politica non ci sente. Vogliamo che i nostri figli», continua l'associazione, «abbiano riconosciuti due genitori: ora ne hanno uno pur vivendo con due. L'altro non ha alcun legame legale, eppure lo cresce, gli è accanto, ma deve sempre girare con deleghe in tasca. Bisogna creare relazioni per far capire che siamo famiglie come tutti e allora cadono i tabù».
     Ora il caso della coppia di Trento: per la prima volta in Italia, la corte d'appello ammette efficacia giuridica al provvedimento straniero - che riconosce il legame genitoriale tra il padre non genetico e due gemelli nati in Canada per maternità surrogata - rilevando l'illegittimità del rifiuto dell'ufficiale di stato civile di un comune trentino di aggiungere il nome del secondo padre all'atto di nascita. In passato a Verona due madri con due bimbi avevano chiesto di poter registrare la compagna come seconda madre del bambino. Ma era stato loro negato così come accadrebbe oggi: la madre o il padre naturali vengono registrati come genitori e il compagno è registrato come convivente. Perché così è la legge, spiegano dal municipio pur sottolineando che con molta probabilità richieste di questo tipo ne arriveranno ancora, non tanto per il caso di Trento – che ha seguito un iter giudiziario – quanto per l'entrata in vigore delle unioni civili.
     Dopo il tema del suicidio assistito, dunque, un'altra questione dai confini fragili chiederà alla politica lo sforzo di superare le ideologie.
     «La politica se ne deve occupare», spiega il consigliere comunale Giorgio Pasetto, «altrimenti vedremo, come già accade, che le coppie vanno all'estero dove la metodica è consentita. Le maternità surrogate sono una modalità di procreazione medicalmente assistita per cui una donna porta a compimento una gravidanza con l'esplicita intenzione di non tenere il figlio al fine di darlo a coppie che ne hanno fatto richiesta. Nel dibattito contemporaneo si parla del fatto che gli uomini, gay, abbiano monopolizzato il tema della maternità surrogata. Questa tipologia di maternità è invece una pratica a cui ricorrono soprattutto le coppie eterosessuali impossibilitate ad avere dei figli».
     Stefano Casali, consigliere regionale capogruppo della Lista Tosi, invece, richiama il Parlamento a intervenire con una legge per vietare l'utero in affitto: «Assistiamo a una giurisprudenza creativa e spero che la Procura di Trento impugni l'ordinanza che è la conseguenza delle politiche ambigue del Pd. Un bambino ha diritto ad avere una mamma e un papà. L’egoismo di chi vuole comprare un figlio dev'essere messo in subordine rispetto al citato diritto naturale e morale del bambino. Il maggiorenne può comunque garantire economicamente il minore applicando il codice civile senza diventare papà 1 o 2».
      Il Popolo della famiglia, presieduto da Filippo Grigolini, definisce scandalosa la sentenza di Trento. «Il bimbo è ridotto a oggetto di uno spasmodico desiderio di ottenere ciò che non si può avere per natura. In Italia non arrivino leggi in favore della procreazione su ordinazione, perché un bambino è figlio della madre che l'ha portato in grembo e dell'uomo che ha concorso a concepirlo o di una coppia, maschio e femmina, che decidono di adottare piccoli privati dalla vita dell'affetto dei cari. Non si mercanteggia».
Maria Vittoria Adami

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