sabato 25 febbraio 2017

Test del DNA fetale su sangue materno: è valido?

      Un punto critico dell’analisi del DNA fetale è che esso rappresenta, in media, il 10% del DNA totale estratto dal plasma, mentre la frazione predominante è rappresentata dal DNA materno.
Inoltre sono necessari  tecnologie  a  elevata sensibilità e l’applicazione di algoritmi dedicati, per eseguire la NIPT delle più comuni aneuploidie fetali e di alcune  malattie autosomiche recessive.

Alcuni dei limiti presentati dal test sono:
gravidanza1. La sensibilità e la specificità non sono così elevate per tutti i cromosomi, pertanto il 50% delle anomalie identificate di routine con la diagnosi prenatale invasiva  (DPI) non  viene identificata.
2.  Non distingue tra diversi tipi di aneuploidie.
3.  La presenza di falsi positivi e negativi, dovuti principalmente a mosaicismi feto-placentari o a gravidanze gemellari in cui uno dei gemelli sia stato riassorbito nelle prime settimane di gestazione  (vanishing  twins),  e  condizioni  di  mosaicismo cromosomico  nella  madre,  rende  il  test  non  diagnostico.  Nei  casi  positivi  è  quindi fondamentale  una  conferma  con  il  test  invasivo.
4.  Il  risultato  del  test  è  condizionato  dalla  quantità  percentuale  di  DNA  fetale  presente  nel plasma che deve essere superiore al 5%.
5.  Nei casi di gravidanza gemellare non è possibile distinguere la condizione del singolo feto.

      La Società internazionale di Diagnosi Prenatale (ISPD), afferma che il test di screening più attendibile per le trisomie più frequenti è il test combinato (Translucenza  nucale e misura dei marcatori sierici materni).
      Inoltre la  diagnosi  di  certezza  delle  aneuploidie  fetali  può  essere  ottenuta  esclusivamente  con l’amniocentesi o la villocentesi.

      L’ American College of Medical Genetics and Genomics (ACMG) ritiene che i  test  su  sangue  materno  presentino la  possibilità  di  falsi  positivi  e che non possano rappresentare un mezzo diagnostico certo poiché il valore predittivo negativo (NPV) può essere considerato alto mentre il predittivo positivo (PPV) non può essere valutato.
      Anche l’ American College of Obstetricians and Gynecologists Committee on  Genetics  (ACOGG)  si è espresso sull’argomento affermando che il test del DNA fetale non dovrebbe essere offerto di routine. Inoltre secondo l’ACOGC, i risultati del test non sono attendibili né in caso di positività né in caso di esito negativo.

      Le Linee Guida Nazionali Italiane ritengono inoltre che l’uso delle cellule fetali su sangue materno per diagnosticare anomalie genetiche e cromosomiche non debba essere proposto in alternativa alla diagnosi prenatale invasiva.
      Dunque attualmente gli unici test di screening accreditati sono quelli combinati basati sulla Translucenza nucale e sulle proteine placentari.

      L’impiego  routinario  e  diagnostico  dei  test  basati  sulla  ricerca  del  DNA  fetale  nel  Sangue  Materno non può essere proposto come test di prima scelta. 
      Nel caso venga richiesto dalla gestante è dovere dell’operatore fornire una informazione dettagliata sui suoi limiti e informare la coppia che esiste una sostanziale differenza tra  un test di screening  ed  un test diagnostico.
      Se  una coppia desidera ottenere certezze,  è  dovere  informare  che  i  soli  test  diagnostici  sono  quelli  eseguiti  su  materiale  fetale  prelevato mediante villocentesi, amniocentesi e cordocentesi.

Картинки по запросу Test del DNA fetale      La  Società  Italiana  di  Genetica  Umana, tenendo  in considerazione  quanto espresso dalle Società scientifiche internazionali ritiene che i  test  prenatali  non  invasivi  debbano essere  eseguiti  in laboratori  selezionati che  siano accreditati per le attività di Genetica Medica e qualificati a svolgere tali indagini.
      Per quanto attiene l’utilizzo di NIPT per la ricerca di aneuploidie, questo si ritiene appropriato solo al fine di  aumentare  il  potere  predittivo  degli  screening  prenatali nelle gravidanze ad alto rischio di aneuploidie; pertanto si ritiene che il test sia da vedere come metodo di screening avanzato per la valutazione del rischio di trisomie.
      Il test NIPT non è diagnostico, pertanto non è sostitutivo della diagnosi prenatale invasiva.

      Il  test  può  essere  proposto  nei  casi citati ma  sempre  con  il  supporto  di consulenza  genetica,  durante  la  quale devono essere esposti con chiarezza i  limiti ed i benefici.
Inoltre la consulenza genetica post-test è raccomandata in caso di esito positivo. In questi casi la necessità di conferma con test invasivo deve essere fortemente raccomandata.

      Poiché la tecnologia è in continua evoluzione si spera che, in un futuro prossimo, la capacità predittiva dei test non invasivi tenda ad aumentare.  La raccolta di un numero sempre più ampio di dati  e  la  disponibilità  di  nuovi  trial  clinici  contribuiranno  ad  una  valutazione più  accurata della metodica.

      Il test NIPT, in quanto erogato prevalentemente dal settore privato, e a totale carico della coppia.

Fonti :
  • SIGU: Documento di indirizzo sull’impiego di indagini prenatali non invasive, 2014.
  • Italian College of Fetal Maternal Medicine: Raccomandazioni sulle tecniche di screening prenatale, 2013

Nessun commento:

Posta un commento