domenica 17 marzo 2019

15 anni di legge 40: abbiamo bisogno di nuove norme sulla fecondazione assistita

Legge 40       15 anni fa, il 10 marzo 2004, entrava ufficialmente in vigore una legge contenente le Norme in materia di procreazione medicalmente assistita, ricordata oggi più brevemente come legge 40. Un provvedimento sulla fecondazione assistita fortemente voluto, ampiamente necessario, lungamente discusso. E poi sistematicamente smantellato nelle aule dei tribunali. Che oggi sembra scricchiolare sempre più sotto il peso degli anni, vuoi per gli inarrestabili progressi di scienza e tecnologia, vuoi, per l’appunto, per i radicali cambiamenti che ha subito a opera degli interventi della magistratura. I tempi sembrano essere maturi, dunque, per uno svecchiamento della legge, non fosse altro che per rendere coerenti principi normativi e pratica: per capire come mettere in opera questa ristrutturazione – o se piuttosto preferirle una completa demolizione e ricostruzione – abbiamo chiesto lumi a Gianni Baldini, docente di biodiritto alle università di Siena e Firenze e avvocato che ha patrocinato (e vinto) diversi ricorsi alla Corte Costituzionale proprio in merito allo smantellamento di pezzi della legge 40.

Ecco cosa ci ha spiegato.

Come era nata e cosa prevedeva
        Premessa. La legge 40 è stata firmata il 14 febbraio 2004, nottetempo, dopo infiniti dibattiti, ed è entrata in vigore, come dicevamo, il 10 marzo dello stesso anno. Lo scopo dei legislatori era quello di normare una pratica medica in realtà già rigidamente regolata da una serie di linee guida enunciate nel codice deontologico dell’Ordine dei medici – e tali linee guida, ci dice Baldini, rappresentano de facto una legge, dal momento che i medici iscritti all’Ordine devono obbligatoriamente rispettarli.

        Prima dell’entrata in vigore della legge, i medici non potevano eseguire la procreazione medicalmente assistita su donne di età superiore a 50 anni, né su donne single o in una relazione omosessuale, né post mortem, né come surrogazione di maternità. È in questo scenario (tutt’altro che un Far West normativo, insomma) che entra in vigore la 40, “che stabilisce la disciplina più rigida di tutti i paesi occidentali”.

        Nodo centrale della nuova legge è il riconoscimento all’embrione dello status di soggetto di diritto, il che sancisce una serie di obblighi e divieti particolarmente restrittivi. Anzitutto, la norma proibisce il congelamento degli embrioni, e, di conseguenza, la loro produzione in numero adeguato per garantire alla donna una gravidanza (in generale, infatti, con la procreazione medicalmente assistita si crea più di un embrione, in modo tale che se questo non dovesse attecchire la procedura può essere ripetuta senza dover ripetere l’intero processo di produzione); di più, sempre per evitare che rimangano embrioni non impiantati, si impedisce la produzione di più di tre embrioni e, allo stesso tempo, si obbliga il medico a impiantare contemporaneamente tutti gli embrioni prodotti. “Una mostruosità”, commenta Baldini, “perché in questo modo si mette a rischio la salute della donna o comunque si va contro la sua volontà, esponendola a gravidanze bi- o trigemine”.

        Ancora: la legge, nella formulazione originale, prevede che sull’embrione non si possa effettuare alcuno screening genetico, neanche nel caso in cui i genitori siano portatori di mutazioni patogene note. Il che è una contraddizione rispetto a quanto stabilito da un’altra legge, la 194, che invece consente l’aborto terapeutico oltre il terzo mese nel caso in cui procedure di diagnosi prenatale come l’amniocentesi mettano in luce la presenza di condizioni fetali che mettono gravemente a rischio la salute della donna.

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        I divieti sanciti dalla legge 40 si estendono (o meglio, si estendevano, almeno in parte) anche alla fecondazione eterologa, cioè quella che avviene con donazione di gameti da parte di terzi – ledendo di fatto gli interessi delle coppie con sterilità grave – alla surrogazione di maternità e alla ricerca scientifica. L’ultimo divieto è particolarmente stringente: il legislatore ha disposto che non è possibile usare a fini di ricerca – per esempio per la coltura di staminali embrionali – neanche gli embrioni malati o sovrannumerari, quelli cioè che comunque non saranno mai impiantati. Ma che non possono neanche essere distrutti e devono essere crioconservati per un tempo indeterminato.

Cosa è diventata
        Come accennato in precedenza – e come vi abbiamo più volte raccontato qui su Wired – la legge 40 è stata fatta a pezzi, nel corso del tempo, dalla magistratura. “Dal 2008 a oggi”, ci racconta Baldini, che è stato protagonista e artefice in prima persona dello smantellamento, “sono state emesse 48 sentenze, da tribunali ordinari, dalla Corte europea per i diritti dell’uomo e dalla Corte costituzionale, che hanno modificato profondamente la legge 40. Le sentenze emesse dalla Corte costituzionale, in particolare, hanno eliminato le parti della norma ritenute incompatibili o contrastanti con quanto sancito dalla Costituzione”.

        Gli interventi più sostanziali, ci spiega il giurista, sono stati tre. Con il primo (151/2009) è stato eliminato il tetto massimo della produzione di tre embrioni e soprattutto l’obbligo di impianto contemporaneo, ritenuto incompatibile con il principio di autonomia del medico e con quello di tutela della salute della donna. Il secondo (162/2014) si è espresso sulla fecondazione eterologa, eliminandone il divieto: “La Corte costituzionale”, dice Baldini, “ha ritenuto che il divieto di eterologa è illegittimo perché viola il diritto alla salute: dal momento che la sterilità è una patologia, vietarne il trattamento diventa incostituzionale. Ma non solo: il divieto viola anche il diritto di autodeterminazione, perché la scelta di avviare un progetto genitoriale spetta ai genitori stessi e non allo Stato”. E ancora: la terza modifica (96/2015) ha sancito che il divieto di effettuare diagnosi preimpianto sugli embrioni viola il diritto degli aspiranti genitori a conoscere le condizioni di salute dell’embrione.

Cosa bisognerebbe fare oggi
        Lo smantellamento è importante, insomma, ma ancora incompleto. “La legge in vigore contiene ancora diversi divieti che non sono stati rimossi”, spiega Baldini. “Anzitutto il fatto che gli embrioni crioconservati non possano essere usati per fini di ricerca scientifica (il che sarebbe di interesse collettivo, visto che avrebbe ampie ricadute sulla salute pubblica) né distrutti, ma conservati a tempo indefinito. Dall’approvazione della legge, inoltre, sono entrate in vigore anche le unioni civili: lo stato ha certificato implicitamente che anche coppie composte da persone dello stesso sesso possono considerarsi una famiglia, ma la legge 40 ancora proibisce loro il ricorso alla procreazione medicalmente assistita”.

        Baldini si dice convinto che questi divieti seguiranno un destino analogo ai precedenti, cadendo sotto i colpi della magistratura. Diverso il caso della maternità surrogata: “Il divieto di produzione di embrioni per la surrogazione della maternità sarà più duro a cadere, dal momento che si registra un opposizione più trasversale da parte delle forze politiche, anche se per ragioni diverse. Il problema è che la maternità surrogata è consentita all’estero, quindi al momento il divieto può generare un problema di status giuridico per i bambini concepiti in questo modo fuori dal nostro paese”.

        Alla luce di tutto questo, è lecito chiedersi se a questo punto, dopo tanta distruzione, non sia giunto forse il momento di smettere di rappezzare una legge che ormai fa acqua da tutte le parti e pensare a un testo completamente nuovo: “Sarebbe certamente la strada più auspicabile. La legge 40 è ormai antiquata e soffre di problemi strutturali difficilmente risolvibili, perché vuole disciplinare rigidamente una questione che invece si evolve molto velocemente, al passo con i rapidi progressi della scienza. Bisognerebbe formulare un testo più leggero, che dia più autonomia alle parti coinvolte e che contenga solo una serie di principi generali, un po’ come è avvenuto con la legge sul testamento biologico”. Se non ci si dovesse riuscire? L’unica strada, conclude l’esperto, è quella di continuare con gli emendamenti. Almeno per mettere a posto le cose che non vanno.

Fonte https://www.wired.it/scienza/medicina/2019/03/09/legge-40-fecondazione-assistita/

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