Sui benefici per la salute dei figli, di corretti livelli di vitamina D nel sangue delle madri in gravidanza, la ricerca fornisce evidenze contrastanti. Alcuni autori hanno dimostrato effetti positivi, attribuendoli a un migliore funzionamento del sistema immunitario, altri non hanno rilevato benefici. Due studi recenti hanno registrato solo minimi vantaggi.
Una delle due ricerche, quella eseguita da Chawes e colleghi, ha valutato lo sviluppo di asma e altre malattie dell’apparato respiratorio nei figli di 315 donne trattate in gravidanza con 2400 unità internazionali (UI) al giorno di vitamina D e di 308 gravide che ne hanno assunte 400 UI. I bambini nati da queste donne sono stati seguiti per i primi tre anni di vita e la frequenza della difficoltà di respirazione (dispnea) è stata del 16% nei figli di donne che avevano assunto la dose di vitamina D più alta e del 20% di quelle che l’avevano avuta più bassa. La differenza non è stata significativa in termini statistici. Anche il rischio di infezioni alle vie respiratorie e di allergia è stato simile, mentre nei figli di chi aveva ricevuto dosi più alte di vitamina D il riscontro di sintomi dovuti a malattie dei polmoni è stato meno frequente.
Un altro studio, eseguito negli Stati Uniti, ha valutato l’effetto di una dose ancora più alta di vitamina D: 4400 UI al giorno, confrontandolo con quello della dose più comune di 400 UI. Asma e dispnea ricorrente sono state osservate nel 24% dei figli di chi aveva ricevuto 4400 UI e nel 30% delle donne gravide, trattate con 400 UI. Anche in questo caso la differenza di effetto delle due terapie non è stata significativa in termini statistici.
Gli autori di ambedue gli studi hanno concluso che la capacità della vitamina D, somministrata alla madre, di ridurre il rischio di asma e dispnea ricorrente nei figli, nei primi tre anni di vita, non risulta evidente dai risultati raccolti.
Fonte: Medscape
Una delle due ricerche, quella eseguita da Chawes e colleghi, ha valutato lo sviluppo di asma e altre malattie dell’apparato respiratorio nei figli di 315 donne trattate in gravidanza con 2400 unità internazionali (UI) al giorno di vitamina D e di 308 gravide che ne hanno assunte 400 UI. I bambini nati da queste donne sono stati seguiti per i primi tre anni di vita e la frequenza della difficoltà di respirazione (dispnea) è stata del 16% nei figli di donne che avevano assunto la dose di vitamina D più alta e del 20% di quelle che l’avevano avuta più bassa. La differenza non è stata significativa in termini statistici. Anche il rischio di infezioni alle vie respiratorie e di allergia è stato simile, mentre nei figli di chi aveva ricevuto dosi più alte di vitamina D il riscontro di sintomi dovuti a malattie dei polmoni è stato meno frequente.
Un altro studio, eseguito negli Stati Uniti, ha valutato l’effetto di una dose ancora più alta di vitamina D: 4400 UI al giorno, confrontandolo con quello della dose più comune di 400 UI. Asma e dispnea ricorrente sono state osservate nel 24% dei figli di chi aveva ricevuto 4400 UI e nel 30% delle donne gravide, trattate con 400 UI. Anche in questo caso la differenza di effetto delle due terapie non è stata significativa in termini statistici.
Gli autori di ambedue gli studi hanno concluso che la capacità della vitamina D, somministrata alla madre, di ridurre il rischio di asma e dispnea ricorrente nei figli, nei primi tre anni di vita, non risulta evidente dai risultati raccolti.
Fonte: Medscape
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