martedì 2 settembre 2014

Aspetti psicosessuali nelle coppie infertili

L’infertilità di coppia sta diventando una condizione sempre più diffusa. Per definizione essa è l’impossibilità ad avere figli, o ad ottenere una gravidanza dopo almeno un anno di rapporti sessuali non protetti (World Health Organization, 1992).
Le cause che portano a questa situazione possono essere di tipo organico e non. In questi ultimi casi si parla di sub-infertilità, nel senso che le condizioni non sono irreversibili, ma occorre ripristinare un equilibrio che per qualche ragione si è incrinato.
Nella maggior parte dei casi occorre avere un approccio integrato, che consideri cioè sia le componenti organiche che psichiche.
Il desiderio di avere un figlio non è solo qualcosa che appartiene alla natura umana, ma anche alla storia di ciascun individuo, all’ambiente in cui si è inseriti, al rapporto di coppia e quindi dipende da un insieme di variabili socioculturali che vanno al di là degli aspetti istintuali o biologici.
Occorre innanzitutto ricollocare la difficoltà nella coppia e non, a un solo partner (spesso la donna), evitando quindi situazioni in cui è solo la donna  a chiedere aiuto per le difficoltà procreative e ad assumersi la responsabilità della genitorialità non realizzata. 
Vi sono infatti dei modi diversi di vivere l‘infertilità a seconda del genere sessuale. Ciò è dato anche dal significato diverso che viene attribuito alla maternità e alla paternità (Hardy et al, 1999). Mentre la maternità infatti è definita biologicamente e la madre è colei che porta in grembo il figlio, il padre è il marito o il compagno della madre, almeno socialmente.

L’essere madre nasce durante la gravidanza,  il parto e si consolida durante i primi mesi di vita attraverso l’allattamento. La paternità invece passa attraverso il ruolo nel concepimento e si costruisce alla nascita. In questo modo anche l’infertilità si carica di connotati differenti per l’uomo e per la donna, significati che sono modulati anche dal contesto socioculturale in cui la coppia è inserita.
Spesso la”colpa” viene attribuita alla donna creando delle difficoltà nel coinvolgimento del partner necessario per poter affrontare il problema. Quindi le donne vivono in maniera più negativa la condizione di infertilità, perché non è solo un fallimento biologico che mette in discussione il fondamento stesso della femminilità, ma è anche motivo di biasimo sociale.
Le reazioni più comuni sono quindi depressione, ansia, bassa autostima, rabbia, biasimo, rassegnazione e ostilità. Nell’uomo invece si traduce più in un senso di incapacità a riprodursi, ma spesso non intacca il funzionamento sociale ed emotivo.
Da alcune ricerche condotte su coppie infertili, emerge che la condizione di infertilità ha un’influenza importante sulla personalità di questi soggetti, in particolare ci si riferisce alla tendenza alla riservatezza e chiusura della coppia nei confronti dell’ambiente esterno; introversione; ansietà; scarsa flessibilità e disponibilità; rigidità del pensiero; diffidenza; eccessivo attaccamento verso l’immagine del sè.
Tuttavia, si è cercato di verificare se vi sono delle caratteristiche in un certo senso predisponenti all’infertilità funzionale, facendo riferimento al modello psicobiologico di Cloninger (Fassino et al.,2002). A questo scopo sono stati  analizzati i tratti temperamentali e caratteriali. Da questo studio è emerso che i tratti temperamentali possono predisporre una coppia infertile a una  eccessiva reattività agli stressors sia interni (cioè nella relazione di coppia) che esterni. Inoltre i tratti caratteriali possono essere utili per spiegare le difficoltà nell’utilizzo di strategie adeguate di coping, che rafforzano l’attivazione di meccanismi biologici e conseguentemente riducono la possibilità di una gravidanza.
In particolare uomini e donne non fertili sono caratterizzati dall’essere maggiormente cauti, passivi, paurosi e insicuri. Ciò significa che tendono a inibire il loro comportamento in risposta a stimoli percepiti come nocivi, e reagiscono agli stressors con elevati livelli di ansia e depressione.
Inoltre gli uomini presentano una scarsa attività esplorativa, scarsa iniziativa, insicurezza e mancanza di reattività ai cambiamenti e alle novità. Questa situazione si traduce in maggiore ansia  relativa alla paternità. Gli uomini cioè non sono in grado di pensarsi come padri futuri, o non si sentono in grado di gestire questo cambiamento della loro vita.
Ulteriori studi hanno poi evidenziato come gli uomini sottoposti a tecniche di fecondazione (in particolare IVF) siano più soggetti a depressione clinica, isolamento sociale e ridotto successo sul lavoro (Saleh et al, 2001).
Le donne invece mostrano una certa immaturità, una mancanza di progettualità riguardo al sè, sono più critiche e più chiuse verso gli altri, e hanno difficoltà ad accettare le proprie responsabilità. Anche in questo caso si rivela un senso di inadeguatezza alla maternità. In generale, si riscontra una difficoltà nell’investimento emozionale verso i bisogni altrui, e una mancanza di maturità che alimenta la situazione di stress all’interno della relazione. 
Queste osservazioni vengono confermate anche da altre ricerche effettuate con altri strumenti di diagnosi psichiatrica, in cui vengono analizzate donne sottoposte a IVF (Salvatore et al., 2001). In particolare viene confermata la presenza di elevati livelli di ansia e di tensione emozionale, non vi sono livelli patologici di depressione o di disordini di personalità, ma una certa tendenza all’ipocondria e alla paura di avere un corpo malato e non funzionante.
Ansia, somatizzazione e ipocondria, sembrerebbero essere tratti distintivi di donne che si sottopongono per la prima volta a tecniche di fecondazione.
Si delinea inoltre un profilo di passività e di emotività particolarmente evidente nella relazione con il partner. Infatti oltre a essere caratterizzate da maggiore riservatezza e  pessimismo con una leggera depressione, le donne hanno la tendenza a delegare le responsabilità al partner, ma al tempo stesso sono anche più critiche e insoddisfatte della loro relazione, sia da un punto di vista emozionale che sessuale.
E‘ presente quindi una indiretta aggressività che convive con sentimenti di vittimismo e atteggiamenti di rimprovero e di colpa verso il partner. Al tempo stesso è presente uno stile comunicativo di tipo seduttivo che rimanda all’isteria.
Si rende necessario quindi nello studio delle coppie infertili, non soltanto analizzare caratteristiche predisponenti (quali l’ansia, la maturità, la “disponibilità” al cambiamento...),  ma anche le capacità di gestione dello stress e l’equilibrio della coppia.
Quindi, accanto a un’indagine di tipo biologica, è opportuno considerare le componenti psicologiche che sono investite dal soggetto durante questa scelta particolare della sua vita.
Occore cioè considerare il paziente (o meglio la coppia in questo caso) nella sua totalità. È necessario cioè porre attenzione al desiderio di genitorialità, che implica non solo la creazione di una terza persona immaginaria, ma  anche la gestione di un “fallimento naturale” e l’intrusione di terzi che,  in maniera artefatta, guidano e condizionano la realizzazione del desiderio di coppia.
La scelta della procreazione assistita rappresenta un momento che segna la storia della coppia indipendentemente dai risultati che si otterranno. e che richiede di fare i conti con la propria incapacità procreativa e di lasciarsi invadere nella propria intimità per realizzare il desiderio finale della genitorialità
Tale situazione quindi, non solo crea di per sè un distress che richiede l’adozione di strategie adeguate perché non si sviluppi un disturbo depressivo reattivo, ma comporta lo stravolgimento della relazione diadica in particolare della dimensione sessuale (Strauss, Boivin, 2002).
La letteratura identifica una serie di persone a rischio che più di altre necessitano di un supporto psicologico (Boivin, 2002). Si tratta di coloro che hanno già avuto esperienze di grande distress (anche legate alla gravidanza, come ad esempio aborti o fallimenti precedenti ai trattamenti per la fertilità), con una particolare struttura di personalità, o problemi psicologici, o ancora con predisposizione a patologie genetiche. Oppure persone in cui la genitorialità rappresenta il nucleo centrale della vita adulta, o che si trovano in determinati contesti ambientali e culturali in cui la coppia che non ha figli viene emarginata socialmente o non ritenuta una reale famiglia.
I fattori personali da prendere in considerazione sono: psicopatologie pregresse (es.disturbi di personalità, depressione); infertilità primaria; genere sessuale; genitorialità come nucleo centrale della vita adulta; utilizzo di strategie di coping disfunzionali (in particolare di tipo evitante).
L’infertilità produce ansia, sofferenza e insicurezza. Per una coppia affrontare l’infertilità significa rivedere il progetto immaginario di famiglia e accettare di essere invasi dall’Altro, che priva, almeno in parte, la ricerca di un figlio come evoluzione naturale della propria unione, dal momento che la coppia non basta più a se stessa per poter  passare della diade alla famiglia. L’invasione passa non solo dagli esami clinici, ma soprattutto dal monitoraggio dei rapporti sessuali che vengono programmati, pianificati e finalizzati alla gravidanza.
Dunque, sessualità e infertilità sono associati in differenti modi (Darwish, 2002). Non solo è una delle dimensioni che più risente delle difficoltà ad avere figli, ma può costituire un dato importante durante la diagnosi, dal momento che  i problemi sessuali possono essere concause dell’infertilità . Quindi è opportuno distinguere i problemi sessuali come causa di infertilità e i problemi sessuali secondari all’infertilità.
Nel primo caso infatti le difficoltà sessuali della coppia vengono mascherati dall’infertilità, ma da un’attenta anamnesi possono emergere scarsa frequenza dei rapporti, vaginismo, dispareunia, mancanza di desiderio sessuale, disfunzioni erettili. Nel secondo caso invece, l’infertilità ha una ripercussione sulla vita sessuale della coppia in termini di calo della libido e anorgasmia. Inoltre l’infertilità ha delle conseguenze a livello dell’immagine corporea, dell’autostima e dell’umore (maggior nervosismo, ansia e depressione), aspetti che indirettamente influenzano negativamente la vita sessuale della coppia.
E’ importante quindi affrontare le problematiche sessuali per restituire (o assegnare per la prima volta) alla sessualità il valore che riveste  nella coppia, aldilà della finalità riproduttiva.
Nelle coppie infertili quindi, la mascolinità e la femminilità vengono misurati in funzione della propria capacità riproduttiva, per cui il rapporto sessuale viene visto come mezzo per affermare la propria potenza sessuale .
L’esistenza di singoli individui e di coppia potrà assumere valore solo in presenza di un figlio. Il rapporto assume la valenza di  un dovere dove vengono meno le dimensioni del piacere e del desiderio.  Il sé viene caricato di un senso di inadeguatezza e di nullità per la mancanza o il ritardo nell’arrivo di un figlio (Kemeter, Fiegl, 1998).
Se da una parte quindi la diagnosi di infertilità può avere effetti negativi sulla coppia, è anche vero che spesso queste sono problematiche preesistenti che in situazione di difficoltà vengono accentuati. Ciò significa che pregressi problemi sessuali possono amplificarsi, le difficoltà comunicative possono peggiorare, così come la rabbia o sentimenti di aggressività e di colpa verso il partner.
La potenziale distruttività per la coppia si colloca quindi nell’approccio all’infertilità, cioè nel modo in cui viene vissuta dal marito e dalla moglie (Pasch et al., 2002). In contrasto alle mogli, i mariti vivono l’infertilità come una minaccia alla propria autostima, mentre nel caso delle donne la bassa autostima e la relazione maritale sono due cose differenti.
E’ evidente dunque, che la diagnosi di infertilità ha un impatto notevole sulla qualità della vita, la relazione maritale e la funzionalità sessuale (Monga et al, 2004) della coppia.

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