giovedì 13 novembre 2014

La mia "piccola peste" che non sarebbe mai nata

C'è il sole e tanta luce in giardino, brillano i capelli biondi di Letizia e quelli ancora più biondi della "piccola peste", diciotto mesi, la salopette di una misura più grande, mamma-babbo-bubù-tato, parla e ride, il cocker dorme beato. Piccola peste è una bambina bella e simpatica, come milioni di altre sue coetanee, ma è anche a suo modo speciale. Perché se sua madre non avesse combattuto e aggirato la legge organizzando una spedizione in un paese dell'Est, lei non sarebbe mai nata. Piccola peste infatti è stata concepita in "provetta", in quel tipo di provetta che l'Italia ha messo al bando con la famigerata legge 40 anche se l'ultima sentenza della Corte Costituzionale "vieta il divieto" e ributta tutto all'aria. Fecondazione eterologa si chiama, in questo caso seme del babbo ma ovocita di una donatrice anonima (ma poteva anche essere l'inverso), madre biologica sconosciuta, probabilmente per sempre. Ogni tanto Letizia, che ha 44 anni ed è una libera professionista piuttosto nota tra Pisa e provincia, si toglie gli occhiali scuri per guardarti meglio e mentre parla, con quegli occhioni azzurri, fa splendere la sua radiosa storia senza però ignorare le poche ombre, perché alle altre, alle altre donne che si troveranno ad affrontare il suo percorso, non vuole nascondere niente. «La cosa più difficile? Mantenere il segreto. Con tutti. Persino con i nostri genitori. Perché non si sa mai, una parola che sfugge, anche in buona fede. La nostra scelta è questa. Viviamo in Italia, per di più in provincia, ci sono ancora troppi pregiudizi. Nostra figlia deve crescere senza traumi. Per ora abbiamo deciso che non le diremo mai come è stata concepita... Poi chissà, nella vita accadono tante cose...». Un segreto che ormai non pesa neppure più tanto e a volte fa anche sorridere Letizia e il suo compagno: «Mi inteneriscono e mi fanno sorridere le zie, le nonne, le amiche, che si ostinano a trovare somiglianze tra me e la bambina... Io invece lo vedo che a me non assomiglia mentre somiglia moltissimo a suo padre... Speriamo che non sia agitata come lui!». Racconta, Letizia, che ogni giorno che passa è sempre più felice di non essersi arresa. Eppure un figlio lo aveva già, avuto dall'ex marito, ora è un adolescente e venera la sorellina. «Ma il mio nuovo compagno ed io volevano coronare la nostra storia di separati con un figlio nostro. Dopo vari tentativi e una gravidanza andata male abbiamo pensato di lasciar perdere questo sogno, anche perché il tempo che passava non lasciava davanti a noi troppe speranze. Per noi l'adozione non era praticabile perché non eravamo sposati e non eravamo ancora divorziati. Vedevo che il mio compagno amava molto i bambini, si intratteneva spesso con i piccoli dei nostri amici e quando giocava con loro gli occhi gli si illuminavano. Ho sempre pensato che sarebbe stato un ottimo padre...». Un giorno il suo ginecologo le parla dell'ovodonazione, da fare fuori dell'Italia perché qui non era permesso. «Io a quella parola inorridii, mi sembrava una forzatura della natura, un accanimento del figlio a tutti i costi , e poi io con dentro la pancia l'ovulo di una sconosciuta non mi ci vedevo proprio… e se avesse avuto malattie strane? quale donna poteva donare gli ovuli, qualche disperata o sicuramente dietro pagamento, senza contare poi quanto sarebbe costata tutta l'operazione…». Poi però, piano piano, Letizia ci ripensa. «Cominciai a informarmi su Internet, navigai su tutti i forum di procreazione assistita, lessi tante storie e capii che non era poi una cosa così fuori dal mondo come mi ero immaginata, anzi per certi aspetti nell'ovodonazione dovevi imbottirti anche meno di ormoni rispetto a una normale fecondazione assistita». Letizia trova la sua strada su un sito che raccoglie storie di esperienze molto positive avute in una località dell'Est Europa. Approfondisce, si iscrive e parla con le altre mamme, poi decide. «Contattai l'interprete, feci gli esami per vedere se ero esente da malattie gravi e se potevo procedere con l'ovodonazione e per poter scegliere la donatrice, ho dovuto fare una cura, ma niente d particolarmente peso. Il tutto è costato circa cinquemila euro, escluso il volo e il pernottamento di una settimana laggiù». Non è stato tutto rose e fiori, le paure sono diverse e ti assalgono in ogni momento: «Ma tutto sommato anche la gravidanza è filata liscia, forse per certi aspetti, essendo più matura e consapevole, più liscia della prima, quella "normale". Tante volte ho pensato che in Italia con i bravi dottori e professionisti che abbiamo sarebbe stato tutto più semplice, ed invece per una legge assurda migliaia di coppie spendono soldi, si indebitano, prendono l'aereo, insomma si stressano per avere un figlio in un paese straniero». Però Letizia e il suo compagno ripensano con piacere a quella settimana nell'Est Europa da dove tutto è partito: «Ricordiamo tutte le chiese ortodosse dove abbiamo acceso i piccoli ceri e pregato per la buona riuscita del nostro sogno. Ci piace pensare che un Dio ci abbia aiutato. Sappiamo che una parte di nostra figlia appartiene a quei posti e che appena potremo ce la porteremo».

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