
 
C'è il sole e tanta luce in
 giardino, brillano i capelli biondi di Letizia e quelli ancora      più
 biondi della "piccola peste", diciotto mesi, la salopette di una misura
 più grande, mamma-babbo-bubù-tato,      parla e ride, il cocker dorme 
beato. Piccola peste è una bambina bella e simpatica, come milioni di 
altre sue coetanee,      ma è anche a suo modo speciale. Perché se sua 
madre non avesse combattuto e aggirato la legge organizzando una 
spedizione      in un paese dell'Est, lei non sarebbe mai nata. Piccola 
peste infatti è stata concepita in "provetta",      in quel tipo di 
provetta che l'Italia ha messo al bando con la famigerata legge 40 anche
 se l'ultima sentenza      della Corte Costituzionale "vieta il divieto"
 e ributta tutto all'aria. Fecondazione eterologa si chiama,      in 
questo caso seme del babbo ma ovocita di una donatrice anonima (ma 
poteva anche essere l'inverso), madre biologica      sconosciuta, 
probabilmente per sempre. Ogni tanto Letizia, che ha 44 anni ed è una 
libera professionista piuttosto nota      tra Pisa e provincia, si 
toglie gli occhiali scuri per guardarti meglio e mentre parla, con 
quegli occhioni azzurri, fa splendere      la sua radiosa storia senza 
però ignorare le poche ombre, perché alle altre, alle altre donne che si
 troveranno      ad affrontare il suo percorso, non vuole nascondere 
niente. «La cosa più difficile? Mantenere il segreto. Con tutti.      
Persino con i nostri genitori. Perché non si sa mai, una parola che 
sfugge, anche in buona fede. La nostra scelta è      questa. Viviamo in 
Italia, per di più in provincia, ci sono ancora troppi pregiudizi. 
Nostra figlia deve crescere senza      traumi. Per ora abbiamo deciso 
che non le diremo mai come è stata concepita... Poi chissà, nella vita 
accadono tante      cose...». Un segreto che ormai non pesa neppure più 
tanto e a volte fa anche sorridere Letizia e il suo compagno:      «Mi 
inteneriscono e mi fanno sorridere le zie, le nonne, le amiche, che si 
ostinano a trovare somiglianze tra me e la      bambina... Io invece lo 
vedo che a me non assomiglia mentre somiglia moltissimo a suo padre... 
Speriamo che non sia agitata      come lui!». Racconta, Letizia, che 
ogni giorno che passa è sempre più felice di non essersi arresa. Eppure 
     un figlio lo aveva già, avuto dall'ex marito, ora è un adolescente e
 venera la sorellina. «Ma il mio      nuovo compagno ed io volevano 
coronare la nostra storia di separati con un figlio nostro. Dopo vari 
tentativi e una gravidanza      andata male abbiamo pensato di lasciar 
perdere questo sogno, anche perché il tempo che passava non lasciava 
davanti a      noi troppe speranze. Per noi l'adozione non era 
praticabile perché non eravamo sposati e non eravamo ancora divorziati. 
     Vedevo che il mio compagno amava molto i bambini, si intratteneva 
spesso con i piccoli dei nostri amici e quando giocava con      loro gli
 occhi gli si illuminavano. Ho sempre pensato che sarebbe stato un 
ottimo padre...». Un giorno il suo ginecologo      le parla 
dell'ovodonazione, da fare fuori dell'Italia perché qui non era 
permesso. «Io a quella parola inorridii,      mi sembrava una forzatura 
della natura, un accanimento del figlio a tutti i costi , e poi io con 
dentro la pancia l'ovulo      di una sconosciuta non mi ci vedevo 
proprio… e se avesse avuto malattie strane? quale donna poteva donare 
gli ovuli,      qualche disperata o sicuramente dietro pagamento, senza 
contare poi quanto sarebbe costata tutta l'operazione…».      Poi però, 
piano piano, Letizia ci ripensa. «Cominciai a informarmi su Internet, 
navigai su tutti i forum di procreazione      assistita, lessi tante 
storie e capii che non era poi una cosa così fuori dal mondo come mi ero
 immaginata, anzi per      certi aspetti nell'ovodonazione dovevi 
imbottirti anche meno di ormoni rispetto a una normale fecondazione 
assistita».      Letizia trova la sua strada su un sito che raccoglie 
storie di esperienze molto positive avute in una località dell'Est      
Europa. Approfondisce, si iscrive e parla con le altre mamme, poi 
decide. «Contattai l'interprete, feci gli esami per      vedere se ero 
esente da malattie gravi e se potevo procedere con l'ovodonazione e per 
poter scegliere la donatrice, ho dovuto      fare una cura, ma niente d 
particolarmente peso. Il tutto è costato circa cinquemila euro, escluso 
il volo e il pernottamento      di una settimana laggiù». Non è stato 
tutto rose e fiori, le paure sono diverse e ti assalgono in ogni 
momento:      «Ma tutto sommato anche la gravidanza è filata liscia, 
forse per certi aspetti, essendo più matura e consapevole,      più 
liscia della prima, quella "normale". Tante volte ho pensato che in 
Italia con i bravi dottori e professionisti      che abbiamo sarebbe 
stato tutto più semplice, ed invece per una legge assurda migliaia di 
coppie spendono soldi, si indebitano,      prendono l'aereo, insomma si 
stressano per avere un figlio in un paese straniero». Però Letizia e il 
suo compagno      ripensano con piacere a quella settimana nell'Est 
Europa da dove tutto è partito: «Ricordiamo tutte le chiese ortodosse   
   dove abbiamo acceso i piccoli ceri e pregato per la buona riuscita 
del nostro sogno. Ci piace pensare che un Dio ci abbia      aiutato. 
Sappiamo che una parte di nostra figlia appartiene a quei posti e che 
appena potremo ce la porteremo».
 
 
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