Innanzitutto quando ci si sottopone ad un test, di qualunque tipo, ma ancor più quando si tratta di screening, occorre che si comprenda bene il significato e solo dopo scegliere se farlo o no. Voglio dire che è assurdo sottoporsi ad un test e poi, di fronte ad un risultato inatteso, porsi dopo il problema di quale sia il suo significato e la sua interpretazione.
Innanzitutto occorre capire la differenza fra screening e test diagnostico. Uno screening come il bitest non è concepito per fornire una diagnosi, cioè una risposta del tipo SI o NO, ma solo per riconoscere casi a rischio superiore alla popolazione normale, tanto che il risultato, non a caso viene espresso in percentuale o con un rapporto tipo 1:50.
Cioè non ci sono vie di mezzo. Ora qual è l’enorme vantaggio, che sfugge ahimè a tutte quelle 49 che, fortuna per loro, hanno un feto sano? Che non ho fatto 1000 amniocentesi!!! Premesso che ognuno è libero di scegliere della sua vita e delle sue cose e quindi, lungi da me, consigliare o sconsigliare, ma sempre mio dovere informare, faccio notare che i test invasivi, come l’amniocentesi e la villocentesi, nel migliore dei casi, hanno un rischio aggiuntivo di aborto di 1:200, il che tradotto per 1000 pazienti fa 5 aborti… di feti sani!!! Più quel Down che comunque c’è. Ora se riusciamo a comprendere tutto questo e abbiamo a cuore quei 5 feti sani che rischiano di essere “terminati”, non volendo parlare di costi, rischi e stress comunque presenti in chi fa l’amniocentesi, giudichi ognuno col proprio cuore se i test di screening sono utili o no.
La verità è che sempre di più si pretende dai medici di avere risposte sicure in assenza totale di qualsiasi rischio. Purtroppo, piaccia o no, questo non è ancora possibile. Quanto alla validità scientifica del metodo, oggi non si va più per opinioni personali, ma con la medicina basata sull’evidenza.
Anche io credo come molti miei colleghi che i dati ecografici siano di gran lunga da preferirsi ai risultati biochimici e nutro in fondo un piccolo sospetto che le indagini di laboratorio, come anche i facili risultati positivi, nascondano talvolta interessi puramente economici, ma vi sono anche tonnellate di pubblicazioni scientifiche relative a studi ben fatti, che confermano i risultati del bitest in termini di sensibilità elevata e buona specificità, raramente registrati in altri screening.
A conferma di ciò voglio citare il modello del servizio sanitario della Danimarca, che ha eliminato il parametro “età superiore a 35 anni” per concedere l’amniocentesi e la villocentesi gratuite. Ha però introdotto lo screening obbligatorio quale premessa per le indagini invasive, tramite bitest combinato, e innalzato il cut-off da 1:250 a 1:300. Questo determina una maggiore sensibilità del metodo, che potrebbe sembrare comporti un maggior numero di indagini invasive rispetto al nostro cut-off di 1:250.
Di fatto, dal momento che non vengono eseguite indagini invasive senza prima eseguire lo screening, il risultato è che effettuano un numero di amniocentesi e villocentesi di gran lunga inferiore alle nostre e, udite, udite, individuano un maggior numero di feti con alterazioni cromosomiche e hanno anche un minor numero di aborti di feti sani in seguito a indagini invasive. Se questo sembra ancora poco concreto, a voi giudicare. Sono disponibile ad ascoltare repliche e a instaurare un dialogo costruttivo.
Dott. Salvatore Annona
Specialista in Ostetricia e GinecologiaFonte http://www.gravidanzaonline.it/gravidanza/il-bitest.htm
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