Prima di affrontare da un punto di vista legale la delicata questione ripercorriamo le vicende di cronaca. Lo scorso 4 dicembre, al Pertini di Roma, quattro coppie (o sei, non è ancora chiaro) si recano al centro Pma della struttura per sottoporsi al trattamento di fecondazione assistita. Per tre delle donne il trattamento ha successo: rimangono incinte, mentre una purtroppo no (avrebbe abortito spontaneamente). Qualche tempo dopo, una delle coppie in attesa, si rivolge al Sant’Anna di Roma per eseguire una villocentesi da cui emerge che il dna dei nascituri (sono infatti due gemelli), non è compatibile con quello dei genitori. La storia da qui non è chiara – si è parlato anche di un possibile scambio nei referti della villocentesi – ma sembra più che probabile che quel giorno, il 4 dicembre, al Pertini ci sia stato uno scambio di embrioni, per cui i prodotti della fecondazione dei gameti di diverse coppie siano stati incrociati.
Il caso, prima di tutto umano, diventa anche legale: la coppia in attesa per tutelarsi si rivolge a un avvocato e annuncia di voler tenere i bambini, ma anche la donna che non è riuscita a rimanere incinta contatta un legale, dopo aver saputo che il presunto scambio poteva essere avvenuto il 4 dicembre, giorno in cui anche lei si trovava lì. Scambio che sembrerebbe probabile in virtù di una confusione tra cognomi simili e che ha portato la donna che non è rimasta incinta a dichiarare chiaramente: “non c’è legge che tenga: se gli embrioni sono miei, i piccoli li voglio”. Ma appunto cosa dice la legge?
“Parliamo di un caso davvero eccezionale, non previsto dalla legge”, spiega a Wired.it Marilisa D’amico, docente di Diritto costituzionale all’università di Milano e avvocato esperto in materia di legge 40: “Ma potremmo comunque considerare la questione un caso particolare di eterologa, sebbene non voluta, e in questo caso la norma c’è”. D’amico spiega infatti che, considerando il caso dello scambio di embrioni come un’eterologaparticolare, l’articolo 9 della legge 40 vieta il disconoscimento della paternità e l’anonimato della madre, “questo significa”, continua la costituzionalista, “che né il padre né la madre – parliamo della coppia che aspetta il bambino – possono operare il disconoscimento dei nascituri, e che in virtù del comma 3dell’articolo 9 il donatore, in questo caso i genitori biologici, non possono rivendicare nessuna relazione giuridica con i nati”. Questo, semplificando vuol dire che attenendosi all’articolo 9 delle legge 40 i nascituri dovrebbero essere affidati alla coppia in attesa, “ma trattandosi di un caso eccezionale, mi sentirei di vagliare altre ipotesi”, continua D’amico.
Oltre a procedere nella gravidanza e, ai sensi dell’articolo 9 della legge 40, rivendicare la genitorialità dei nascituri, la donna in attesa dei gemelli potrebbe intraprendere altre strade, seppur dolorose. “La donna in attesa, giuridicamente, avrebbe il diritto di abortire, ma potrebbe anche scegliere di intraprendere una terza via: ovvero potrebbe decidere di portare avanti la gravidanza e non sentirsi comunque di tenere i bambini. Tenendo conto del caso eccezionale, e alla luce dei principi di ragionevolezza, i genitori biologici potrebbero ottenere il diritto di adottarli a mio avviso”.
Di parere completamente diverso in merito applicabilità della legge 40 al caso degli embrioni scambiati è Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione Luca Coscioni, perché, fa sapere in un comunicato: “La coppia biologicamente genitoriale finirà per avere ragione perché i fatti accaduti non sono riconducibili ad una eterologa con consenso della coppia. La coppia che porta avanti la gravidanza ha firmato un consenso informato per accesso a tecniche omologhe ma a sua insaputa è stata applicata un’altra tecnica. Quindi le tutele della legge 40 per chi accede in violazione del divieto di eterologa alla tecnica non sono applicabili”, continua poi l’avvocato illustrando altri possibili scenari legali: “L’azione che la coppia a cui appartengono gli embrioni dovrà esercitare è prevista dal nuovo articolo 240 c.c., il quale richiama il primo comma dell’art. 239 cc. A mio avviso, l’ipotesi che ricorre è proprio quella del predetto primo comma, vale a dire ‘sostituzione di neonato’, anche se, in questo caso si tratta di una sostituzione di embrione. Secondo l’art. 248 questa azione può essere esercitata da qualsiasi interessato e, quindi, anche dai genitori biologici”.
Fonte: Wired.it
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