Sicuramente questo dubbio avrà tormentato anche voi almeno una volta, ma esistono davvero azioni che possono provocare il “distacco” o la “caduta” degli embrioni dall’utero una volta trasferiti e prima che possano annidarsi?
A tal proposito esistono tantissimi pareri discordanti in merito, alcuni dettati da credenze, altri invece un po’ più scientifici che si basano su studi e statistiche. Prima che sia troppo tardi, ho deciso di affrontare uno dei temi bollenti della Fivet, così da arrivare al grande giorno (che avverrà tra poco più di una settimana circa), il più preparata possibile e provare ad inoltrarmi in vortice di informazioni e di numeri per capire se dovrò passare il resto della fine del mese di maggio a letto come una malata terminale, oppure scalare il Monte Bianco? Come avrete sicuramente già capito, la verità sta nel mezzo come sempre del resto…
Se avete trascorso il periodo dal transfer fino al test di gravidanza in assoluto riposo, magari invogliate e spinte dai vostri mariti o familiari ed il test è risultato positivo, vi prego di screditare ciò che andò a scrivere di seguito lasciandomi un commento (ecco perché ho deciso di scriverlo tempo prima questo post , così da sfatare maldicenze comuni ), perché la realtà è che il riposo non aiuta gli embrioni ad impiantarsi ed è provato scientificamente.
Il corpo umano femminile è stato creato appositamente in modo che naturalmente un embrione non “scivoli” via dall’utero a seguito di un colpo di tosse o di una passeggiata. Ora, mi verrebbe da chiedere se anche le persone con Utero Retroverso siano state “create” a dovere perché questa teoria funzioni, ma non posso che affidarmi alla divina provvidenza perché l’impianto e l’attecchimento di un embrione rimane ancora un fenomeno pressappoco sconosciuto e c’è poco che noi dall’esterno possiamo fare per influenzare in modo positivo questo evento.
Un orientamento “cautelativo” e di “assoluto riposo”nell’immediato post-transfer e nei successivi giorni fino all’esito della procedura, non trova riscontro soprattutto negli ultimi dati e nelle ultime statistiche stilate.
Inizialmente, quando la fertilizzazione in vitro erano al via, le tecniche di recupero degli ovociti erano molto più invasive di quelle che si hanno oggi, pertanto i dottori iniziarono a prescrivere un riposo post transfer più per fare in modo che il fisico potesse riprendersi e facilitarne così l’impianto. Successivamente, proseguendo con gli anni, le tecniche per il recupero ovocitario miglioravano e divenivano così meno invasive per le donne e pertanto ci si iniziò a domandare se vi era un effettiva necessità di imporre alle pazienti un riposo forzato dalla durata variabile di due settimane, fino quindi all’esito del trattamento e se questo comportamento, potesse in qualche modo influenzarne i risultati.
Nel corso di questi anni è stato ampiamente dimostrato che il riposo di 24 ore a seguito del transfer non è assolutamente associato ad un maggior successo risposta ad un riposo di esclusivamente 10 minuti. Si legge come: “le donne, pochi minuti dopo il trasferimento degli embrioni, possono alzarsi, svuotare la vescica, e tornare a casa senza che ciò interferisca con l’impianto. Nessuna restrizione delle abituali attività è necessaria”.
Nel 1998 è stato pubblicato uno studio da Sharif e coll. (1), il quale ha analizzato come il mancato riposo sia subito dopo il transfer che nei giorni successivi ne abbia influenzato l’esito in 1091 cicli di fecondazione in vitro. In pratica subito dopo il transfer le pazienti venivano fatte alzare, invitate a svuotare la vescica e dimesse invitandole peraltro a proseguire le loro normali attività nei giorni successivi. Le percentuali di gravidanza ottenute in queste pazienti sono quindi state confrontate con quelle riportate dal registro tenuto dalla Human Fertilization and Embriology Authority (HFEA) in 19.697 cicli eseguiti in un anno in Inghilterra.
Le percentuali di gravidanza clinica per transfer e per ciclo nelle pazienti oggetto dello studio é stata rispettivamente pari al 37,8% ed al 30%. Tali percentuali sono risultate comparabili, ed anzi più elevate, rispetto a quelle riferite dalla HFEA che riportava una percentuale di gravidanze cliniche per transfer del 22,9% e per ciclo del 18,9 %.
Nel 2004 il National Institute of Clinical Excellence (NICE) emise questa raccomandazione (grado A): 1.11.9.4 : “Le donne devono essere informate che il riposo dopo il transfer non aumenta le possibilità d’impianto nella fecondazione in vitro“.
Un ulteriore studio pubblicato nel 2005 (2), focalizzato sugli eventuali effetti della mobilizzazione immediata subito dopo il transfer degli embrioni non ha evidenziato differenze statisticamente significative in termini di percentuali di gravidanza ottenute, riportando una percentuale di gravidanza pari al 24,55% nelle pazienti che si sono mobilizzate subito dopo il transfer e pari al 21,34% nelle pazienti che sono rimaste sdraiate per un’ora dopo il transfer
Nel 2007 fu pubblicato un’ulteriore studio di Purcell e coll. (3) il quale confermò l’assenza di effetti negativi dell’immediata mobilizzazione. In questo studio vengono valutaeo le differenze in termini di gravidanza tra un gruppo di 82 pazienti che sono state mantenute in posizione sdraiata per 30 minuti dopo il transfer degli embrioni ed un analogo gruppo di 82 pazienti che al contrario si sono alzate e sono state subito dimesse dopo il transfer. Anche in questo caso non é stata evidenziata alcuna differenza tra i due gruppi ottenendo percentuali di gravidanza del tutto sovrapponibili (in entrambi i casi pari al 50%) e, limitando l’analisi alle sole pazienti al loro primo tentativo, ottenendo percentuali di gravidanza pari al 49% nelle pazienti che erano rimaste sdraiate e pari al 53,9% in quelle che invece si erano alzate subito dopo il transfer.
Infine un recente studio di Kucuk e coll. (4) ha analizzato l’influenza dell’attività fisica svolta sia prima che durante i trattamenti di fecondazione in vitro in termini di impatto sul tasso di impianto degli embrioni e di percentuale di gravidanze evolutive portate a termine. In questo studio il grado di attività fisica svolto é stato valutato mediante un questionario, compilato dalle pazienti all’inizio del trattamento e sette giorni dopo il transfer, in cui venivano richieste informazioni sul tipo e sull’entità di attività fisica eseguita (camminare, lavorare a casa o in ufficio, tipo del lavoro svolto etc.). Sulla base di questo questionario le pazienti sono quindi state suddivise in gruppi in rapporto al grado di attività fisica svolto (lieve, moderata, intensa). Nessuna delle pazienti che hanno partecipato allo studio ha svolto un’attività fisica di tipo intenso per cui tutte rientravano nel gruppo ad attività fisica lieve o moderata. Il tasso di gravidanze a termine nelle pazienti che avevano eseguito attività fisica moderata è risultato pari al 47,6% contro solo il 22,1% nelle pazienti che invece avevano ridotto la loro attività. Analogamente anche il tasso di impianto embrionale è risultato significativamente più elevato nelle pazienti che avevano eseguito attività fisica moderata con una percentuale pari al 29,6% rispetto al 19,4% delle pazienti che avevano eseguito attività fisica lieve. Pertanto da questo studio si evidenzia, non solo l’assenza totale di effetti negativi dell’attività fisica, ma addirittura la presenza di un qualche effetto positivo della stessa.
Se il trattamento non dovesse avere l’esito desiderato, non è assolutamente riconducibile a degli errori di comportamento ottenuti nelle danno a seguito del Transfer, al contrario alimentare le credenze che il riposo sia necessario per l’impianto degli embrioni contribuisce a favorire i sensi di colpa delle donne, le quali continueranno a domandarsi se sia andata male per aver condotto la loro solita vita, al posto di rimanere in completo riposo, contribuendo ad aumentare ansia e stress in quelle donne che non possono permettersi di prendersi lunghi congedi dal lavoro.
Infine diciamolo, stare chiuse in casa a riposo, aumenta l’ansia dell’attesa del risultato e questo stato di agitazione potrebbe influire negativamente sulla riuscita del trattamento.
I dati parlano chiaro e allora perchè ancora alcuni medici continuano a fomentare questo mito dell’assoluto riposo? Spesso quando le credenze sono ben radicate, è difficile trovare il coraggio per spiegare ed informare pur andando contro corrente.
E voi Mamme PMA, come avete passato il post transfer? Assoluto riposo oppure ripresa delle normali attività quotidiana? Come è andato il trattamento?
Referenze bibliografiche:
BottaG, Grudzindkas G Is a pronged bed rest following embryo transfer useful?
Hum Rep 1997; 12: 2489 – 92
Abou – Setta AM, D’Angelo A, Sallam HN, Hart RJ, Al-Inamy HG. Post embryo transfer interventions for in vitro fertilization and intracytoplasmatic sperm injection patients Cochrane Database Syst Rev 2009;7 CD0006567
The UK National Institute of Clinical Excellence (NICE) Nice Clinical Guidelines 011 for fertility 2004:112 – 14
Kucuk M, Doymaz F, Urman B. Effect of energy expendiditure and physical activity on the outcomes of assisted reproduction treatment. Reprod Biomed Online 2010;20:274 – 9
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