Il Comitato teme che, in particolare in alcune culture, la scelta di genere possa essere di sostegno a posizioni sessiste che tenderebbero a favorire più spesso il sesso maschile.
“L’idea stessa di preferire un bambino di un sesso piuttosto che di un altro può contribuire – precisa il Comitato – a generare un clima in cui la discriminazione in base al sesso può trovare più facilmente terreno favorevole”.
Le posizioni del Comitato, in linea con quelle della Conferenza internazionale su popolazione e Sviluppo delle Nazioni Unite, ci hanno sollecitato a riprendere le riflessioni proposte negli articoli del 31 maggio e del 20 luglio 2006 dal titolo “Un figlio maschio o femmina” e “ Bambini e Bambine che vengono da lontano”.
L’ottica di lettura di queste tematiche estremamente complesse può essere etico-giuridica, sociale, medico epidemiologica; queste ottiche si declinano con quella psicologica, che abbiamo già proposto, che tocca il delicatissimo tema della relazione genitore-figlio, nel reale e nel simbolico, e quello degli equilibri, “bilanciamento” è il termine usato dalla commissione, del sistema familiare. Sappiamo che quest’ultimo rappresenta un’architettura complessa, un sistema di relazioni, rappresentazioni di sé e dell’altro, debiti e crediti, consci ed inconsci, proiezioni ed identificazioni che vanno lette anche in rapporto ai membri delle famiglie d’origine dei due componenti la coppia, in un’ottica trigenerazionale.
Vogliamo aggiungere alle riflessioni proposte negli articoli già citati due considerazioni.
La scelta del sesso del nascituro non rischia di subordinare pericolosamente l’accettazione e il riconoscimento dell’altro come persona, all’identità di genere?
E ancora: se il sistema familiare viene letto come “bilanciato” quando gli appartenenti ad un sesso non eccedono rispetto a quelli dell’altro, significa che i due sessi vengono rappresentati come due schieramenti opposti, incapaci di un gioco di squadra complementare in cui la diversità è vissuta come minaccia e non come un arricchimento?
Fonte http://www.tecnobiosprocreazione.it/news_pma/228/maschio-o-femmina
“L’idea stessa di preferire un bambino di un sesso piuttosto che di un altro può contribuire – precisa il Comitato – a generare un clima in cui la discriminazione in base al sesso può trovare più facilmente terreno favorevole”.
Le posizioni del Comitato, in linea con quelle della Conferenza internazionale su popolazione e Sviluppo delle Nazioni Unite, ci hanno sollecitato a riprendere le riflessioni proposte negli articoli del 31 maggio e del 20 luglio 2006 dal titolo “Un figlio maschio o femmina” e “ Bambini e Bambine che vengono da lontano”.
L’ottica di lettura di queste tematiche estremamente complesse può essere etico-giuridica, sociale, medico epidemiologica; queste ottiche si declinano con quella psicologica, che abbiamo già proposto, che tocca il delicatissimo tema della relazione genitore-figlio, nel reale e nel simbolico, e quello degli equilibri, “bilanciamento” è il termine usato dalla commissione, del sistema familiare. Sappiamo che quest’ultimo rappresenta un’architettura complessa, un sistema di relazioni, rappresentazioni di sé e dell’altro, debiti e crediti, consci ed inconsci, proiezioni ed identificazioni che vanno lette anche in rapporto ai membri delle famiglie d’origine dei due componenti la coppia, in un’ottica trigenerazionale.
Vogliamo aggiungere alle riflessioni proposte negli articoli già citati due considerazioni.
La scelta del sesso del nascituro non rischia di subordinare pericolosamente l’accettazione e il riconoscimento dell’altro come persona, all’identità di genere?
E ancora: se il sistema familiare viene letto come “bilanciato” quando gli appartenenti ad un sesso non eccedono rispetto a quelli dell’altro, significa che i due sessi vengono rappresentati come due schieramenti opposti, incapaci di un gioco di squadra complementare in cui la diversità è vissuta come minaccia e non come un arricchimento?
Fonte http://www.tecnobiosprocreazione.it/news_pma/228/maschio-o-femmina
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