giovedì 18 febbraio 2016

Il grembo materno può essere vuoto, la mente mai

         Ogni coppia, ogni donna che sceglie di sottoporsi agli interventi della PMA, ha già dovuto affrontare pesanti compiti intrapsichici nel tentativo di contenere la sofferenza legata alla consapevolezza della propria infertilità.
         Ha dovuto, attraverso un doloroso esame di realtà, riconoscere il problema, far fronte alla delusione e alle pressioni del gruppo familiare e sociale, contenere l’angoscia legata alla perdita della propria immagine corporea come unità integra, capace di funzioni profondamente investite a livello simbolico.
         La possibilità di assolvere al mandato materno, è ormai noto, condiziona nel profondo l’identità e, in particolare, l’identità di genere, la femminilità, l’essere donna.

         L’esasperata medicalizzazione delle tecniche di PMA, lo abbiamo sottolineato nel precedente articolo, può consegnare alla donna un corpo “vuoto”, vuoto perché privo di  investimenti emozionali e simbolici, privo di capacità comunicative, costretto a volte, a parlare attraverso i sintomi. In una parola, la tecnologia mette a tacere i corpi.
Corpi che, per l’invasività delle tecniche, rischiano di non avere nemmeno più confini precisi.
         Le biotecnologie manipolano il materiale sessuale umano prescindendo dai corpi che lo producono e, soprattutto, dalle persone che abitano questi corpi: persone dotate di una storia, di una cultura, di un immaginario individuale e collettivo.
         Nel corpo della donna il ventre materno è, senza dubbio, uno dei luoghi maggiormente investiti a livello simbolico.
         Contrapposto dolorosamente al grembo “pieno” della gravidanza, il grembo materno può essere “vuoto” – scrive Silvia Veggetti Finzi – la mente mai - e prosegue  “prima di esistere nel corpo il figlio vive nell’immaginario inconscio da dove nulla potrà mai espellerlo... talora la ragione lo esilia dal pensiero diurno ma la sua immago continua a vagare nei boschi del pensiero notturno...”

         Per questo il vissuto della donna sterile rimanda ad un’assenza del figlio, non ad una inesistenza, e l’esperienza di sterilità è paragonabile a quella del lutto, benchè non ci sia alcun estinto, all’infuori del bambino immaginario.

         Nella PMA la separazione tra sessualità e procreazione ha messo le persone fuori dalla scena del concepimento e l’incontro delle cellule germinali maschili e femminili avviene al di fuori del corpo.

         L’équipe multidisciplinare,  attraverso il contributo di specialisti di diversa formazione, permette  confronto e integrazione tra codici biologici e codici simbolici.
         Questo tipo di approccio consente il superamento della separazione tra corpo e psiche, la ricomposizione unitaria della persona, restituisce spazio, confini, significati e linguaggio al corpo. 

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