Secondo la ricerca, troppi estrogeni riducono la “finestra”, riducendo le possibilità di impianto dell’embrione nell’utero; al contrario, sembra che livelli bassi di questo ormone prolunghino il periodo in cui l’embrione può impiantarsi. Secondo Dey le tecniche di fecondazione assistita possono in effetti restringere questa “finestra ” per l’impianto dell’uovo nell’utero. Durante la PMA, infatti, vengono raccolti gli ovociti che sono poi fecondati in laboratorio con gli spermatozoi dell’uomo. Gli embrioni che ne risultano vengono in seguito trasferiti nell’utero.
Per di più si è notato che quando il livello di estrogeni era elevato si verificava una attività anomala di numerosi geni che agiscono sull’impianto dell’embrione.
Non è ancora chiaro se il fatto di stimolare le ovaie per produrre più ovociti può avere come conseguenza la diminuzione della capacità dell’embrione ad impiantarsi nell’utero.
Non è ancora chiaro se il fatto di stimolare le ovaie per produrre più ovociti può avere come conseguenza la diminuzione della capacità dell’embrione ad impiantarsi nell’utero.
I ricercatori suggeriscono che ci siano possibilità di aumentare le percentuali di successo della PMA prestando più attenzione al livello degli estrogeni.
Secondo questa ricerca, tenere il livello degli estrogeni basso e quindi prolungare la capacità dell’embrione di impiantarsi, può permettere di trasferire solo un embrione.
Infatti, quando i medici eseguono la PMA spesso trasferiscono più di un embrione perché la maggior parte di questi non si impianterà nell’utero; invece quando gli embrioni si impiantano e iniziano a svilupparsi, ci possono essere gravidanze multiple con grossi rischi di complicazioni per la mamma e per i bambini.
Fonte: Proceedings of the National Academy of Sciences 2003; 10.1073/pnas.0530162100
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