Una piccola casa parigina, nascosta da una siepe di bambù, con il soggiorno ricoperto di giocattoli. Oscar, 3 anni e mezzo, è all’asilo, mentre Viviane, 20 mesi, dorme al piano di sopra. La mamma, Sarah Levine, è un’americana sposata con un avvocato francese. Quadro in un’industria farmaceutica, questa ex stacanovista può concedersi il lusso di girare indossando jeans e scarpe da tennis. A 46 anni, ha deciso di accantonare la carriera per occuparsi dei figli. Il terzo è in arrivo in primavera. Una situazione comune a tanti? Non proprio, perché Sarah non ha il pancione. La gravidanza è del tutto invisibile, e per una ragione molto semplice: come è già accaduto per i due precedenti fratellini, il neonato sta crescendo in un altro grembo, a undici ore di aereo da qui. L’ultimo arrivato si trova all’interno dell’utero di un’americana di Denver, “affittata” dalla famiglia.
Sarah e il marito Eric sono una vera coppia del XXI e non solo perché si sono conosciuti su Internet. Hanno inoltre fatto ricorso a una madre in affitto per Olivier, a un’altra per Valérie e a una terza donna per il bimbo in arrivo. La gestazione di Oscar è stata un’epopea che li ha messi a dura prova, e che sta alla base del libro Lorsqu’on n’a que l’amour... (pubblicato da Flammarion in Francia). Susan Levine, la madre biologica, e Aimee Melton, la madre surrogata di Oscar, hanno redatto a quattro mani il diario della gravidanza. Da una parte, una donna dal “grembo sconquassato”, dopo un doloroso percorso di procreazione assistita. Dall’altra, un’ostetrica già madre di due bambine che ha scelto di portare in grembo un bimbo ottenuto con i gameti congelati dei genitori, per offrirlo loro come “il più bello dei regali”. Senza falsi pudori e senza barare, Sarah e Aimee accettano di svelare il loro percorso, confessando le loro profonde angosce e i loro enormi dubbi.
Contrariamente a quanto lascerebbe supporre il titolo, e forse anche all’insaputa delle stesse autrici, siamo lontanissimi dal classico romanzo strappalacrime o melenso, o dal manifesto militante.
Un contratto a norma di legge
Negli Stati Uniti, l’accordo fra Sarah e Aimee è legale, regolamentato da un’apposita legge e da un contratto redatto con la massima cura dai rispettivi avvocati. Oscar è ufficialmente il figlio americano di Sarah ed Eric.
La Francia vieta questa pratica, ma Sarah non ha paura delle polemiche: «Non abbiamo nulla di vergognoso da nascondere», spiega. «Amici, scuola, pediatra, giardinetti... Davanti a me nessuno ha mai espresso la benché minima riserva. La resistenza francese è più teorica che pratica. E dato che è una delle argomentazioni principali dei detrattori, vorrei tanto che qualcuno mi spiegasse in che senso Aimee sarebbe stata sfruttata!». Aimee, ostetrica, conosce perfettamente tutti i rischi e le possibili complicanze di una normale gravidanza, ma portare in grembo un figlio per conto di altri non assomiglia a nulla di già noto. «Io ci vedo un senso di grande potere: l’importanza di questo gesto, la sua straordinaria generosità mi riempiono il cuore. Un piacere egoista, lo ammetto, ma io non credo all’altruismo», scrive. Intervistata via Skype, ribadisce di essere molto fiera: «È la cosa più bella e più grande che abbia fatto in tutta la mia vita». Ai curiosi che le domandano se non è stato difficile abbandonare il suo bambino al momento della nascita, lei risponde categorica: «Non ho abbandonato un bambino. Ho portato in grembo il figlio di un’altra coppia e ho regalato la maternità a un’altra donna. È una cosa completamente diversa».
Il libro ripercorre le tappe della gravidanza. Mentre Aimee è alle prese con le nausee mattutine e la pancia che si ingrossa, Sarah è profondamente amareggiata per la situazione. Compra abitini e bavaglini, in modo compulsivo, e nella massima segretezza. Passa le notti su internet, diventa una vera esperta dell’evoluzione del feto nell’utero. Grazie al web, si era già ampiamente documentata sul travagliato percorso dei combattenti dell’infertilità, sulle mille truffe del mercato della procreazione, sulle vicende finite male delle madri in affitto. Di giorno sotto il golf e di notte sotto il cuscino, Sarah tiene nascosto un coniglietto di plastica rosa, «nel tentativo di materializzare il bambino che stava crescendo così lontano da lei».
«Scrivere a quattro mani», si giustifica, «rappresentava anche un modo per stabilire un rapporto più paritario con Aimee». Anche animati dai migliori sentimenti, una relazione del genere è davvero possibile, quando una donna ha trasmesso il proprio sangue e la propria carne, il proprio respiro e la propria energia, a un figlio che alla nascita ha donato ad altri?
Per Oscar, Sarah ed Eric hanno sborsato 112 mila euro (comprese le spese mediche, i viaggi e i soggiorni) ripartiti in due anni: un primo aborto spontaneo ha fatto lievitare i costi. Aimee ha percepito 170 euro al mese, dalla firma del contratto fino al momento del parto, più 23 mila euro. Negli Stati Uniti è più o meno questo il costo.
A onor del vero, va detto che Aimee, donna estremamente discreta, ha sudato le proverbiali sette camicie per conquistarsi la gioia di “essere finalmente utile a qualcosa”. Durante la gravidanza scrive: “Ogni volta che mi accarezzo la pancia, provo sempre l’impulso di chiedere il permesso a Sarah. Immaginate per un attimo: e se un giorno, commossa da uno dei calcetti del piccolo, mi dimenticassi che quello che porto dentro di me non è mio figlio? In che condizione mi ritroverei, tornando bruscamente alla realtà? Il mio cuore rischierebbe di spezzarsi ogni volta. Per difendermi, non c’è nulla di meglio del rifiuto”.
Il rifiuto non è per tutti. Suo marito sembra aver accettato la sua scelta, senza peraltro comprenderla, ma i suoi genitori l’hanno presa malissimo. E le figlie non si esprimono. Aimee prosegue il racconto della sua gravidanza in solitudine. “Nella mia testa si è insidiato un quartetto decisamente infernale: angoscia, senso di colpa, rifiuto, logica ferrea...”. Aperta e curiosa, conosce benissimo i problemi etici posti da una gravidanza per conto terzi e pur essendo favorevole, non può certo negarli: “A volte mi piacerebbe liberarmi del pancione, come quando depositi la valigia al momento del check-in”. E praticamente a ogni pagina si chiede perché mai “ha accettato un simile uragano”.
Chi taglierà il cordone ombelicale? Chi appoggerà il neonato sul seno? Non ci sono risposte precostituite
Si avvicina il giorno della nascita. Sarah sogna di poter allattare e si impone un iperdosaggio di progesterone per poter estrarre dal seno un po’ di latte, secondo il presunto ritmo delle future poppate, dodici volte al giorno: “È il mio modo di urlare al mondo che per questo bambino sono disposta a fare qualsiasi sacrificio, e a sopportare di tutto. Che merito di diventare madre, anche se non sono riuscita a rimanere incinta. Aimee deplora “le molteplici questioni deontologiche, etiche, legali e pratiche lasciate in sospeso dal concedere il proprio utero in affitto, come per esempio: chi taglierà il cordone ombelicale? Chi appoggerà il bambino sul suo seno? Chi verrà informato in caso di problemi, al di là del segreto professionale? Aimee e Sarah inventano man mano che vanno avanti. Arriva il momento del parto. Dopo la nascita del neonato, Aimee si esprime con parole molto crudeli: “Non appena Oscar è uscito dalla mia pancia, subito l’attenzione generale si è spostata su di lui. E mi è sembrato di entrare in un altro film: la scena viene girata al rallentatore e io non sono più attrice, ma semplicemente spettatrice. Tutti hanno occhi solo per il nuovo arrivato e io sono diventata invisibile, come se non esistessi. In un frammento di secondo, sono ormai superata. Provo una sensazione molto strana: da una parte mi sento la donna più straordinaria del mondo, dall’altra non sono più niente”. Non vuole stringere il piccolo fra le braccia. “Sono terrorizzata all’idea di essere annientata dall’amore, nel caso lo toccassi”. La sua più grande paura? “Una marea di emozioni che potrebbero rendere insopportabile la sua perdita”. Sono passati tre anni e mezzo. Oscar è un ometto in perfetta salute, e le domande difficili hanno lasciato il posto a una bella storia di famiglia allargata. Skype, mail, ogni risorsa tecnologica va bene, tutto pur di mantenere un contatto, un legame. Sarah e Aimee sono rimaste vicine, come due sorelle che si sono scelte.
Aimee e suo marito hanno avuto un altro bambino. Oscar ha avuto una sorellina, Viviane, portata in grembo questa volta dalla sorellastra di Sarah. E il terzo bebè è in gestazione a Denver, con il parto previsto fra pochi mesi. Festeggiamenti, anniversari, viaggi... Questo microcosmo si riunisce ogni volta che può, e i bambini sono a conoscenza di tutti gli accordi stipulati fra i loro genitori, nulla viene nascosto. Gli album di famiglia sono pieni di fotografie, a mostrare una tribù piuttosto complessa: quattro donne sorridenti e quattro uomini (Sarah, Aimee, le altre due madri in affitto e i rispettivi mariti) circondati da un nugolo di bambini. Foto che risultano decisamente anticonformiste.
Fonte http://www.elle.it/Magazine/Un-figlio-con-l-utero-in-affitto
Sarah e il marito Eric sono una vera coppia del XXI e non solo perché si sono conosciuti su Internet. Hanno inoltre fatto ricorso a una madre in affitto per Olivier, a un’altra per Valérie e a una terza donna per il bimbo in arrivo. La gestazione di Oscar è stata un’epopea che li ha messi a dura prova, e che sta alla base del libro Lorsqu’on n’a que l’amour... (pubblicato da Flammarion in Francia). Susan Levine, la madre biologica, e Aimee Melton, la madre surrogata di Oscar, hanno redatto a quattro mani il diario della gravidanza. Da una parte, una donna dal “grembo sconquassato”, dopo un doloroso percorso di procreazione assistita. Dall’altra, un’ostetrica già madre di due bambine che ha scelto di portare in grembo un bimbo ottenuto con i gameti congelati dei genitori, per offrirlo loro come “il più bello dei regali”. Senza falsi pudori e senza barare, Sarah e Aimee accettano di svelare il loro percorso, confessando le loro profonde angosce e i loro enormi dubbi.
Contrariamente a quanto lascerebbe supporre il titolo, e forse anche all’insaputa delle stesse autrici, siamo lontanissimi dal classico romanzo strappalacrime o melenso, o dal manifesto militante.
Un contratto a norma di legge
Negli Stati Uniti, l’accordo fra Sarah e Aimee è legale, regolamentato da un’apposita legge e da un contratto redatto con la massima cura dai rispettivi avvocati. Oscar è ufficialmente il figlio americano di Sarah ed Eric.
La Francia vieta questa pratica, ma Sarah non ha paura delle polemiche: «Non abbiamo nulla di vergognoso da nascondere», spiega. «Amici, scuola, pediatra, giardinetti... Davanti a me nessuno ha mai espresso la benché minima riserva. La resistenza francese è più teorica che pratica. E dato che è una delle argomentazioni principali dei detrattori, vorrei tanto che qualcuno mi spiegasse in che senso Aimee sarebbe stata sfruttata!». Aimee, ostetrica, conosce perfettamente tutti i rischi e le possibili complicanze di una normale gravidanza, ma portare in grembo un figlio per conto di altri non assomiglia a nulla di già noto. «Io ci vedo un senso di grande potere: l’importanza di questo gesto, la sua straordinaria generosità mi riempiono il cuore. Un piacere egoista, lo ammetto, ma io non credo all’altruismo», scrive. Intervistata via Skype, ribadisce di essere molto fiera: «È la cosa più bella e più grande che abbia fatto in tutta la mia vita». Ai curiosi che le domandano se non è stato difficile abbandonare il suo bambino al momento della nascita, lei risponde categorica: «Non ho abbandonato un bambino. Ho portato in grembo il figlio di un’altra coppia e ho regalato la maternità a un’altra donna. È una cosa completamente diversa».
Il libro ripercorre le tappe della gravidanza. Mentre Aimee è alle prese con le nausee mattutine e la pancia che si ingrossa, Sarah è profondamente amareggiata per la situazione. Compra abitini e bavaglini, in modo compulsivo, e nella massima segretezza. Passa le notti su internet, diventa una vera esperta dell’evoluzione del feto nell’utero. Grazie al web, si era già ampiamente documentata sul travagliato percorso dei combattenti dell’infertilità, sulle mille truffe del mercato della procreazione, sulle vicende finite male delle madri in affitto. Di giorno sotto il golf e di notte sotto il cuscino, Sarah tiene nascosto un coniglietto di plastica rosa, «nel tentativo di materializzare il bambino che stava crescendo così lontano da lei».
«Scrivere a quattro mani», si giustifica, «rappresentava anche un modo per stabilire un rapporto più paritario con Aimee». Anche animati dai migliori sentimenti, una relazione del genere è davvero possibile, quando una donna ha trasmesso il proprio sangue e la propria carne, il proprio respiro e la propria energia, a un figlio che alla nascita ha donato ad altri?
Per Oscar, Sarah ed Eric hanno sborsato 112 mila euro (comprese le spese mediche, i viaggi e i soggiorni) ripartiti in due anni: un primo aborto spontaneo ha fatto lievitare i costi. Aimee ha percepito 170 euro al mese, dalla firma del contratto fino al momento del parto, più 23 mila euro. Negli Stati Uniti è più o meno questo il costo.
A onor del vero, va detto che Aimee, donna estremamente discreta, ha sudato le proverbiali sette camicie per conquistarsi la gioia di “essere finalmente utile a qualcosa”. Durante la gravidanza scrive: “Ogni volta che mi accarezzo la pancia, provo sempre l’impulso di chiedere il permesso a Sarah. Immaginate per un attimo: e se un giorno, commossa da uno dei calcetti del piccolo, mi dimenticassi che quello che porto dentro di me non è mio figlio? In che condizione mi ritroverei, tornando bruscamente alla realtà? Il mio cuore rischierebbe di spezzarsi ogni volta. Per difendermi, non c’è nulla di meglio del rifiuto”.
Il rifiuto non è per tutti. Suo marito sembra aver accettato la sua scelta, senza peraltro comprenderla, ma i suoi genitori l’hanno presa malissimo. E le figlie non si esprimono. Aimee prosegue il racconto della sua gravidanza in solitudine. “Nella mia testa si è insidiato un quartetto decisamente infernale: angoscia, senso di colpa, rifiuto, logica ferrea...”. Aperta e curiosa, conosce benissimo i problemi etici posti da una gravidanza per conto terzi e pur essendo favorevole, non può certo negarli: “A volte mi piacerebbe liberarmi del pancione, come quando depositi la valigia al momento del check-in”. E praticamente a ogni pagina si chiede perché mai “ha accettato un simile uragano”.
Chi taglierà il cordone ombelicale? Chi appoggerà il neonato sul seno? Non ci sono risposte precostituite
Si avvicina il giorno della nascita. Sarah sogna di poter allattare e si impone un iperdosaggio di progesterone per poter estrarre dal seno un po’ di latte, secondo il presunto ritmo delle future poppate, dodici volte al giorno: “È il mio modo di urlare al mondo che per questo bambino sono disposta a fare qualsiasi sacrificio, e a sopportare di tutto. Che merito di diventare madre, anche se non sono riuscita a rimanere incinta. Aimee deplora “le molteplici questioni deontologiche, etiche, legali e pratiche lasciate in sospeso dal concedere il proprio utero in affitto, come per esempio: chi taglierà il cordone ombelicale? Chi appoggerà il bambino sul suo seno? Chi verrà informato in caso di problemi, al di là del segreto professionale? Aimee e Sarah inventano man mano che vanno avanti. Arriva il momento del parto. Dopo la nascita del neonato, Aimee si esprime con parole molto crudeli: “Non appena Oscar è uscito dalla mia pancia, subito l’attenzione generale si è spostata su di lui. E mi è sembrato di entrare in un altro film: la scena viene girata al rallentatore e io non sono più attrice, ma semplicemente spettatrice. Tutti hanno occhi solo per il nuovo arrivato e io sono diventata invisibile, come se non esistessi. In un frammento di secondo, sono ormai superata. Provo una sensazione molto strana: da una parte mi sento la donna più straordinaria del mondo, dall’altra non sono più niente”. Non vuole stringere il piccolo fra le braccia. “Sono terrorizzata all’idea di essere annientata dall’amore, nel caso lo toccassi”. La sua più grande paura? “Una marea di emozioni che potrebbero rendere insopportabile la sua perdita”. Sono passati tre anni e mezzo. Oscar è un ometto in perfetta salute, e le domande difficili hanno lasciato il posto a una bella storia di famiglia allargata. Skype, mail, ogni risorsa tecnologica va bene, tutto pur di mantenere un contatto, un legame. Sarah e Aimee sono rimaste vicine, come due sorelle che si sono scelte.
Aimee e suo marito hanno avuto un altro bambino. Oscar ha avuto una sorellina, Viviane, portata in grembo questa volta dalla sorellastra di Sarah. E il terzo bebè è in gestazione a Denver, con il parto previsto fra pochi mesi. Festeggiamenti, anniversari, viaggi... Questo microcosmo si riunisce ogni volta che può, e i bambini sono a conoscenza di tutti gli accordi stipulati fra i loro genitori, nulla viene nascosto. Gli album di famiglia sono pieni di fotografie, a mostrare una tribù piuttosto complessa: quattro donne sorridenti e quattro uomini (Sarah, Aimee, le altre due madri in affitto e i rispettivi mariti) circondati da un nugolo di bambini. Foto che risultano decisamente anticonformiste.
Fonte http://www.elle.it/Magazine/Un-figlio-con-l-utero-in-affitto
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