domenica 3 luglio 2016

Nobel per la medicina all’inventore della tecnica FIVET

        Per chi non lo sapesse, Robert Edwards mise a punto con Steptoe la tecnica di fecondazione in vitro (FIVET appunto). La prima bimba a nascere con questa tecnica fu Louise Brown  nell’ormai  lontano 1978. Da allora sono nati oltre 4 milioni di bambini in tutto il mondo.
        Una tecnica medica che ha portato la gioia nei cuori di tutti quei genitori che disperavano di avere un bambino loro. Lo stesso Edwards ha sempre detto che  “Avere un bambino è una delle gioie più grandi che si possa dare a una coppia”.
        E’ un premio che è stato accolto in modo entusiasta in tutto il mondo, più che meritato a detta di molti . In Italia al momento la situazione è ancora molto ingarbugliata.
        Ricordiamo in fatti che la legge sulla fecondazione assistita impone che siano impiantati nell’utero della donna tutti gli embrioni ottenuti con la fecondazione in vitro. In questo modo la donna  dovrà affrontare una gravidanza plurigemellare con tutti i rischi che questa comporta.  Il motivo è che la legge 40 si prefigge di difendere i diritti dell’embrione, che non viene inteso come mero materiale biologico e cerca di conseguenza di preservare il suo diritto alla vita.
        La Chiesa si è detta contrario all’attribuzione di questo premio  per ” l’inaccettabilità delle tecniche di fecondazione in vitro, che comportano la selezione e soppressione di esseri umani allo stato biologico di embrioni”.
        Chiaramente come ogni scoperta, il bene o il male che ne consegue dipende dall’uso che noi ne facciamo. Il problema di fondo rimane sempre lo stesso: che fine fanno tutti quegli embrioni criocongelati che all’estero non vengono impiantati nell’utero?  E quelli che vengono prodotti non con lo scopo di fare e nascere bambini? E queli scartati dalla diagnosi pre-impianto magari solo perchè sono maschi oppure femmine?
        Insomma le implicazioni etiche sono tantissime e su ognuna si potrebbe aprire un lungo dibattito .
        Su una questione non sono assolutamente d’accordo ed è  una affermazione che ho sentito in questi giorni che riporto testualmente: “i figli devono essere il risultato di un atto d’amore non di un atto medico”. Io credo che anche se un figlio nasce “in provetta” da una coppia di genitori che non possono avere figli, non sia un atto disumano ma un coronamento dell’amore di questa coppia che un figlio lo hanno desiderato più di ogni altra cosa al mondo.
via: Repubblica.it

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