Accade sempre più spesso che nell’ infertilità di coppia la donna si lamenti davanti al medico ed al suo partner maschile di una differenza troppo spiccata tra i partner nel carico di esami e terapie da eseguire per cercare di avere un figlio.
Ricordo invece che diversi anni fa (almeno 15) questo atteggiamento era molto saltuario e la donna accettava come fatto naturale la necessità di sottoporsi ad esami molto numerosi ed invasivi per accertare le cause dell’infertilità (isterosalpingografia, laparoscopia, esami del sangue ecc.). Generalmente anche le terapie, specie se vengono utilizzate tecniche di fecondazione assistita, richiedono interventi diretti e costanti sul corpo della donna (iniezioni di ormoni, monitoraggio ecografico, prelievo ovocitario, transfer degli embrioni).
In realtà questo avviene perché il sistema riproduttivo femminile in vista della gravidanza è strutturato in una maniera che sono molti ed appaiono situati profondamente gli organi e le funzioni che devono essere controllati (utero, ovaie, ovulazione, impianto dell’embrione) . Nell’uomo, invece, gli organi fondamentali si trovano praticamente all’esterno del corpo (testicoli, uretra e pene) e le principali funzioni riproduttive sono verificabili in un liquido che viene emesso facilmente fuori del corpo (liquido seminale analizzabile con lo spermiogramma).
Riconoscere questa realtà è fondamentale, perché ci rende consapevoli dei motivi per cui può apparire squilibrato tra i partner il carico dei esami e interventi per indagare e risolvere il problema dell’ infertilità. Può essere inappropriato, pertanto, parlare di “ingiustizia” in questi casi come se fosse difficile cioè accettare la propria realtà biologica.
Un possibile rischio di tale atteggiamento è l’allontanamento dalla propria identità di genere (femminile nella fattispecie), che potrebbe generare conseguenze anche spiacevoli nel rapporto con se stessi e con il partner nella gestione di problemi come quello dell’infertilità di coppia.
15 o 20 anni fa ricordo che gli esami e le terapie alle quali le partner femminili delle coppie si sottoponevano venivano vissute con molta più accettazione, determinazione e pazienza. Questo atteggiamento generava probabilmente meno stress rispetto ad oggi. Era come se l’obiettivo della gravidanza fosse talmente importante nelle priorità della propria vita da alleggerire la percezione della fatica da sopportare in vista del premio .
Certamente oggi influiscono tanti altri fattori nella percezione della fatica come ad esempio la maggiore complessità della vita quotidiana, specie in Italia, oltre alla sopraggiunta crisi economica.
Riesce duro tuttavia comprendere come i nonni nel dopoguerra non avevano praticamente più nulla eppure per i figli le coppie erano disposte a fare tutto senza attendere troppo tempo.
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